LA RECENSIONE DI MARINA: THE HATEFUL EIGHT di Quentin Tarantino

Nelle sale italiane dal 4 febbraio, ecco l’ultimo, attesissimo lavoro di una dei più discussi ed acclamati cineasti dei giorni nostri: “The hateful eght” diretto da Quentin Tarantino.

hateful-eight-banner-whatWyoming, pochi anni dopo la fine della Guerra Civile. Una diligenza, diretta nella cittadina di Red Rock, sta trasportando il cacciatore di taglie John Ruth (Kurt Russell), il quale deve consegnare alla giustizia la spietata assassina Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh). Durante il percorso si uniranno al viaggio il Maggiore Marquis Warren (Samuel L. Jackson), diventato anch’egli cacciatore di taglie, e Chris Mannix (Walton Goggins), il nuovo sceriffo di Red Rock. A causa della bufera, i quattro sono costretti a fermarsi nell’emporio di Minnie, dove incontreranno altri quattro loschi figuri: Bob (Demian Bichir), che si occupa dell’emporio mentre Minnie è in visita alla madre, Oswaldo Mobray (Tim Roth), boia di Red Rock, il mandriano Joe Gage (Michael Madsen) ed il Generale Sanfors Smithers (Bruce Dern). Durante il soggiorno nell’emporio, verranno fuori intrighi e cospirazioni, a seguito dei quali per ognuno degli otto diventerà difficile giungere, prima o poi, a Red Rock.hatefuleght

Quentin Tarantino è stato da sempre il cineasta più discusso dei nostri giorni. Famoso per le sue innumerevoli citazioni ed omaggi al cinema (in particolare al western italiano degli anni d’oro), per i lunghi dialoghi che caratterizzano i suoi film, oltre che per la violenza presente nelle sue opere, ha sovente sollevato non poche critiche nei confronti della sua cinematografia,
venendo accusato di “copiare” in qualche modo cineasti del passato, di essere tutta forma e poca sostanza, oltre che di rappresentare un fenomeno di cui presto si smetterà di parlare. Eppure bisogna ammettere una cosa: il regista ha, senza ombra di dubbio, un grande talento sia nel dirigere che nello scrivere le sceneggiature. Sarà, questo, frutto solo della sua cinefilia quasi maniacale? Non credo.

1453291219-1453291036-hateful-eight-1-1200x898“The hateful eight”, analogamente ad ogni altro film di Tarantino, presenta una sceneggiatura di ferro, nulla è lasciato al caso, tutto, prima o poi, torna. I dialoghi, lunghi oltre ogni standard, hanno sì la funzione di far crescere nello spettatore la tensione, in attesa di una svolta, di un avvenimento che ribalterà le sorti dei personaggi, però, allo stesso tempo, non sono mai superflui, mai ridondanti. 188 minuti che volano via in un batter d’occhio. E questo risultato è tutt’altro che facile da ottenere. Basti pensare a tutti gli sceneggiatori e registi che tentano di giungere allo stesso risultato creando degli effetti a dir poco imbarazzanti. Dopo la metà del film, il tutto prende una piega diversa: ritmi serrati, sparatorie, tensione, ma anche divertimento, tutto in piena tradizione tarantiniana, tutto secondo una logica inattaccabile.

hateful_eight_twc_2.0I personaggi, controversi, con un oscuro passato alle spalle e tutti, a loro modo, odiosi, sono caratterizzati fin nei minimi dettagli. Ricchi di sfumature raccontate in modo sottile ed arguto, riescono a far sì che lo spettatore si ricorderà di loro a lungo. Merito di uno script redatto in modo magistrale e merito, anche, di un cast stellare: Jennifer Jason Leigh, innanzitutto, nel ruolo della prigioniera condannata alla forca (candidata, per questa sua interpretazione, all’Oscar come Miglior Attrice Non Protagonista), Samuel L. Jackson, diventato, in qualche modo, attore feticcio di Tarantino, ma anche Michael Madsen, Bruce Dern e molti altri.

tim-roth-walton-goggins-hateful-eight-xlargeDal punto di vista della regia, i grandangoli ed i campi lunghi per gli esterni stanno a comunicare allo spettatore un senso di “agorafobia”, si avverte fin da subito che qualcosa di terribile sta per accadere. Lo stesso vale per le scene in cui i lunghi dialoghi fanno da protagonisti: i personaggi vengono sovente inquadrati insieme e di profilo, quasi si volesse mettere in evidenza quella sorta di “filo rosso” che li lega: ognuno di loro, in qual momento, conosce nel profondo, nell’intimo il proprio interlocutore ed è pronto a smascherare la sua farsa. Tarantino, senza ombra di dubbio, si diverte moltissimo a giocare con tutti questi aspetti, durante la lavorazione dei suoi film. Ed è particolarmente bravo anche a coinvolgere lo spettatore in questi suoi giochi: in questo suo ultimo lungometraggio, in particolare, il dialogo con il pubblico è quantomai evidente, grazie anche alla presenza di una voce narrante che sta a suggerire il tono di tutta l’opera. Lo stesso vale per le scene di violenza: spesso considerate eccessive, addirittura splatter, hanno, in realtà, un effetto catartico nello spettatore, allentano quanto mai la tensione, divertono. Ed è proprio questo il risultato sperato da Tarantino stesso. Egli è, in conclusione, il primo a volersi divertire durante i suoi film, il primo a dichiararsi un cinefilo sfegatato, il primo a presentare i suoi stessi film quasi come un gioco. Tutte le critiche a lui mosse, forse, a volte potrebbero risultare eccessive.

THE HATEFUL EIGHT

Ultima considerazione: il film è stato girato rigorosamente tutto in pellicola, addirittura in 70mm. Purtroppo, solo poche sale e poche città hanno la possibilità di mostrarlo nel formato originale. Informatevi sulla sala più vicina a casa vostra per poterlo vedere così come Tarantino l’ha pensato e creato, merita davvero.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

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