VENEZIA 74 – FIRST REFORMED di Paul Schrader

first-reformed-movie-reviewTITOLO: FIRST REFORMED; REGIA: Paul Schrader; genere: drammatico; paese: USA; anno: 2017; cast: Ethan Hawke, Amanda Seyfried, Cedric Kyles; durata: 108′

Presentato in concorso alla 74° edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, First Reformed è l’ultimo lungometraggio diretto dall’acclamato regista Paul Schrader.

Padre Toller è un ex cappellano militare, nonché pastore di una piccola chiesetta di provincia, tormentato dai sensi di colpa per la morte di suo figlio, dopo averlo costretto ad arruolarsi, ma, allo stesso tempo, con il difficile compito di aiutare una coppia di giovani sposi in attesa del loro primo bambino a ritrovare la fiducia nei confronti della vita.

Alcuni dei leit motiv di tutta la filmografia del regista sembrano, qui, finalmente, trovare un proprio, giusto compimento. Primi fra tutti: i temi della religione e della scoperta di sé stessi, in un modo o nell’altro vere e proprie costanti all’interno della carriera di Schrader stesso.

Il formato in 4:3, unito ad una fotografia virata al grigio, ad inquadrature a camera fissa e ad un copioso uso del grandangolo, sta fin dai primi minuti a suggerirci un contesto apparentemente senza tempo (sappiamo dai dialoghi dei personaggi, che la storia è ambientata nel 2017, ma, di fatto, sia per quanto riguarda le scenografie che gli oggetti di scena – fatta eccezione per un computer – abbiamo l’impressione di trovarci in una sorta di luogo dove il tempo stesso sembra essersi fermato), talmente angusto ed angosciante da rispecchiarsi perfettamente nell’animo del bressoniano protagonista.

La sua iniziale compostezza e la sua apparente sicurezza, però, inizieranno ben presto a vacillare, al punto di arrivare a prendere, dopo mesi e mesi di terribili tormenti interiori, una decisione a dir poco estrema. Ed ecco che anche l’iniziale (e magistrale!) rigidità registica sembra lasciare il posto, man mano, a movimenti di macchina via via più agili che, insieme ad una musica paragonabile più che altro ad un bordone, ci accompagneranno durante tutto il difficile percorso del protagonista. Da un maestro come Paul Schrader, d’altronde, viene praticamente naturale aspettarsi una tale padronanza del mezzo cinematografico. Stesso discorso vale per Ethan Hawke, il quale rende alla perfezione i vari cambi di registro del protagonista, in un crescendo di emozioni, senza mai andare sopra le righe.

Purtroppo, però, all’interno di un prodotto che sa ben mettere in scena l’intimo dei personaggi e che, malgrado il tema trattato, evita di scadere in banali clichés, sporadiche cadute di stile – prima fra tutte: la scena, quasi onirica, in cui vediamo il protagonista sollevarsi dal suolo insieme alla giovane Mary, compiendo, insieme a lei, una sorta di “viaggio” immaginario – lasciano intuire che Schrader stesso, preso probabilmente dalla foga del voler raccontare una storia che – come egli stesso ha dichiarato – aveva in serbo da quasi cinquant’anni, si sia lasciato prendere un po’ troppo la mano.

Peccato. Soprattutto perché, nonostante la qualità complessivamente buona del lungometraggio, da un cineasta come Paul Schrader ci si sarebbe aspettato molto, ma molto di più. Ma tant’è. Ad un autore del suo calibro si perdona questo ed altro.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

VENEZIA 74 – DOWNSIZING di Alexander Payne

downsizing-recensione-venezia-74-inizia-con-alexander-payne-recensione-v8-34806-1280x16TITOLO: DOWNSIZING; REGIA: Alexander Payne; genere: fantascienza, drammatico, commedia; paese: USA, Canada; anno: 2017; cast: Matt Damon, Christoph Waltz, Kristen Wiig; durata: 135′

Film di apertura di questa 74° edizione della Mostra del Cinema di Venezia è Downsizing, ultima fatica dell’acclamato cineasta Alexander Payne, in concorso per il Leone d’Oro.

Al fine di risolvere il problema della sovrappopolazione, alcuni scienziati norvegesi trovano un modo per rimpicciolire le persone di parecchi centimetri. A questo modo vi saranno non pochi vantaggi, sia dal punto di vista economico che ambientale. Ovviamente ogni cittadino sarà libero di scegliere se farsi rimpicciolire o meno. Paul e sua moglie Audrey, ad esempio, sono tra le persone interessate a questo nuovo esperimento. Al momento di cambiare vita, però, Audrey si tirerà indietro, lasciando Paul da solo a fare i conti con il nuovo mondo ed a cercare di capire quale sia il suo ruolo all’interno di esso.

Una grande metafora della vita, del suo senso e, non per ultima, della società – in particolare quella americana, più volte “tirata in causa” quale vera, grande protagonista di tutta la cinematografia di Payne insieme al tema del viaggio stesso, in qualità di passaggio necessario alla crescita ed al cambiamento. Se pensiamo, però, alle precedenti opere dell’autore, ci rendiamo conto che questo suo ultimo lungometraggio sta a sancire quasi una sorta di “cambio di rotta”: dalla necessità di raccontare l’universale attraverso il singolo badando alla sostanza più che alla forma, si passa irrimediabilmente ad un’opera in cui la forma sembra avere la meglio su tutto il resto. Ed ecco che, qui, allo stesso Payne sembra sfuggire di mano il controllo della situazione, dando vita ad un’opera “maestosa”, ma molto, molto pretenziosa in cui un’iniziale idea potenzialmente brillante finisce ben presto per scadere in una pericolosa retorica ed in banali manierismi.

Poco convincono, dunque, interpreti brillanti come Matt Damon ed il grandissimo Christoph Waltz: seppur scorrevole e, in qualche modo “leggero”, questo lungometraggio di Payne sembra a tutti gli effetti uno di quei prodotti finalizzati a far incetta di Premi Oscar, ma dei quali, in seguito alla visione, resterà purtroppo ben poco.

Peccato. Soprattutto perché, in genere, in apertura di un festival come questo di Venezia ci si aspetta sempre di urlare al capolavoro. L’inizio, però, quest’anno è stato piuttosto tiepidino. E pensare che lo scorso anno si era scelto di aprire la Mostra addirittura con un’opera come La La land..ma questa è un’altra storia.

VOTO: 5/10

Marina Pavido

VENEZIA 74 – PRESENTAZIONE

mostra-del-cinema-di-venezia-2017Ci siamo. Ormai mancano soltanto poche ore e, come ogni anno, prenderà il via, nella suggestiva cornice del Lido, uno dei festival cinematografici più antichi (e amati!) del mondo. È qui, infatti, che mercoledì 30 agosto avrà inizio la 74° edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, presieduta da Paolo Baratta e sotto la direzione artistica di Alberto Barbera.

La manifestazione verrà preceduta, quest’anno, dalla proiezione in anteprima – ed in versione restaurata – del capolavoro di Ernst Lubitsch Rosita (1923). La pellicola, musicata dal vivo, verrà proiettata in sala Darsena, a detta di molti una delle sale più belle di tutto il Lido, martedì 29 agosto.

Come già detto, però, l’inizio ufficiale avrà luogo mercoledì 30, con la proiezione di Downsizing, film d’apertura della 74° Mostra diretto da Alexander Payne ed in corsa per il tanto ambito Leone d’Oro. A tal proposito, il programma di quest’anno risulta tra i più discussi degli ultimi anni: estremamente innovativo ed interessante per alcuni, pericolosamente stantio e privo di spunti per altri. Solo nei prossimi giorni, però, potremo scoprire tutte le sorprese che avrà in serbo per noi. In ogni caso, ad un primo, sommario sguardo, di nomi interessanti ce n’è eccome: dall’artista contemporaneo Ai Weiwei (Human flow) al cineasta coreano Kore’Eda Hirokazu (The third murder), da Darren Aronofsky, con il suo controverso Mother!, al regista marsigliese Robert Guediguian (La villa), senza dimenticare il grandissimo documentarista Frederick Wiseman (Ex Libris). Altrettanto interessanti alcuni dei nomi Fuori Concorso come William Friedkin – che per l’occasione ci presenterà il suo ultimo documentario The Devil and Father Amorth – Stephen Frears (Victoria and Abdoul) o Abel Ferrara (Piazza Vittorio). E poi, non dimentichiamo le sezioni collaterali Orizzonti, Giornate degli Autori e Settimana della Critica, sempre ricche di grandi perle della cinematografia di tutto il mondo.

In poche parole, ce ne sarà davvero per tutti i gusti! Noi di Entr’Acte, anche quest’anno, saremo in prima linea per presentarvi tutte le novità che la Settima Arte ci offrirà in questa torrida fine estate. Restate con noi per scoprire, giorno dopo giorno, tutte le sorprese di questa 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia! Buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

LA RECENSIONE – THE TEACHER di Jan Hrebejk e Petr Jarchovsky

the-teacherTITOLO: THE TEACHER; REGIA: Jan Hrebejk, Petr Jarchovsky; genere: commedia; paese: Slovacchia; anno: 2016; cast: Zuzana Mauréry, Csongor Kassai, Peter Bebjak; durata: 102′

Nelle sale italiane dal 7 settembre, The teacher è l’ultimo lungometraggio dei registi Jan Hrebejk e Petr Jarchovsky, brillante commedia ispirata a fatti realmente accaduti, con una forte critica alla dittatura comunista dei decenni scorsi.

Siamo a Bratislava, Cecoslovacchia, nel 1983. In una scuola media fa il suo ingresso la signora Maria, professoressa dall’aspetto apparentemente materno ed un po’ eccentrico, vedova di un alto ufficiale comunista e rappresentante, anch’ella, il Partito nella scuola. Al momento dell’appello, la donna non esita a chiedere agli studenti che lavoro facciano i loro genitori. Il suo fine ultimo è quello di ottenere favori dagli stessi – dal taglio di capelli all’assistenza per la spesa – in cambio di buoni voti per i propri figli. I genitori stessi, però, inizieranno a protestare nel momento in cui alcuni alunni verranno ingiustamente vessati se i loro genitori non riusciranno a fare favori alla donna.

the-teacher-0080197-resChe l’Europa dell’Est sia da sempre stata culla di una cinematografia tanto raffinata quanto variegata, non v’è alcun dubbio. Anche quando si tratta di far ridere – in questo caso, come già detto, con grande amarezza di fondo ed una forte critica nei confronti del Comunismo – i paesi slavi si sono sempre rivelati dei grandi maestri. Basti pensare, ad esempio, a cineasti del calibro di Petr Zelenka (I fratelli Karamazov, Lost in Munich) o di Ladislav Smoljak (Corri uomo corri), giusto per fare un paio di esempi. Ed ecco che anche i colleghi slovacchi – Hřebejk e Jarchovsky, appunto – hanno saputo reggere il confronto, dando vita ad un lungometraggio tanto frizzante quanto arguto e tagliente, pregno di significato e dove il contesto scolastico si fa metafora di tutto il sistema politico degli scorsi decenni. La paura, il bisogno e, soprattutto, l’omertà si fanno ruote motrici di un meccanismo che a lungo andare, può solo portare all’annientamento dell’essere umano in quanto tale. A meno che non si trovi il coraggio di ribellarsi e di reagire. Ed è proprio quello che hanno fatto alcuni genitori, protagonisti della vicenda. Un episodio, quello qui messo in scena, che, se da un lato ci fa sperare in un futuro migliore, dall’altro, però, sembra ricondurci, di punto in bianco, di nuovo punto e a capo, quasi ci si trovasse all’interno di un circolo vizioso da cui è difficile – se non addirittura impossibile – uscire. Ottimista e pessimista (o sarebbe meglio dire realista?) allo stesso tempo.

3EaS5gHiQzmxVRlYYQbVIQAl di là dello script impeccabile, al di là di ogni qualsivoglia messaggio subliminale, però, la vera chicca di The teacher è proprio il personaggio dell’insegnante Maria, protagonista della vicenda ed impersonata dalla bravissima Zuzana Mauréry, che per questa sua interpretazione è stata premiata come miglior attrice al Festival di Karlovy Vary. I suoi tacchi a spillo, le sue gonne svolazzanti, così come le sue subdole espressioni e le sue pettinature eccentriche – ben messe in risalto da un’arguta macchina da presa – non verranno dimenticate poi tanto presto. Così come, ci auguriamo, anche l’importante messaggio qui contenuto, d’altronde.

VOTO: 7/10

Marina Pavido