Nelle sale italiane dal 21 gennaio, “Ti guardo” (“Desde allà”) è il primo lungometraggio di finzione del documentarista venezuelano Lorenzo Vigas, che, con questo suo esordio, si è aggiudicato il Leone d’Oro alla 72° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.
Armando, uomo di mezza età, è solito adescare adolescenti per le strade di Caracas, offrendo loro del denaro in cambio di poterli osservare a casa sua, senza mai toccarli. La sua vita cambierà radicalmente in seguito all’incontro con Elder, giovane teppista con il quale si instaurerà un legame intimo e profondo. L’enigmatico Armando, però, nasconde un ben più drammatico ed inquietante segreto.
Ci troviamo, senza dubbio, in un’epoca d’oro per quanto riguarda il cinema sudamericano. Molti stati, tra cui Argentina, Cile e Venezuela, hanno da tempo attuato una politica che permetta a giovani cineasti di produrre la propria opera prima, favorendo, inoltre, anche un cinema di ricerca, spesso sperimentale, ed attuando sovente scelte coraggiose e, il più delle volte, decisamente azzeccate. Basti pensare a nomi come Raul Perrone, Andrea Tonacci (di origini italiane), o all’ormai celeberrimo Pablo Larrain.
La Mostra del Cinema di Venezia ha voluto omaggiare proprio questo cinema. Numerosi i film provenienti dal Sud America presenti alla Mostra, oltre al cineasta messicano Alfonso Cuaron in qualità di presidente di giuria. Eppure, quale rappresentante di una certa cinematografia, “Ti guardo” risulta piuttosto debole, poco convincente, per non dire addirittura deludente. Vediamo perchè.
L’esordio al lungometraggio di finzione di Vigas è stato, in linea di massima, apprezzato da molti. E infatti sul talento del regista sudamericano non vi è alcun dubbio. Una regia attenta e consapevole, con una grande capacità di scavare nell’animo umano è senza dubbio un pregio dell’autore venezuelano. Forte si sente l’influenza del collega cileno Pablo Larrain. A differenza di quest’ultimo, però, il quale ha fin da subito dimostrato una propria identità cinematografica, Vigas sembra quasi voler emulare a tutti i costi il suo collega, dando vita ad un cinema che sta a metà tra l’autoriale ed il commerciale, con molte pretese, ma che non vanta di una propria identità filmica, quasi come se i modelli seguiti dall’autore avessero avuto un ruolo tutt’altro che marginale durante la realizzazione del lungometraggio.
Ed è proprio questo il problema di “Ti guardo”: si tratta di un film gradevole, ben riuscito, ben realizzato, con ottime prove attoriali da parte di Alfredo Castro e del giovane Luis Silva, ma purtroppo privo di quella verve, di quella forza che faccia sì che il pubblico lo annoveri tra i film indimenticabili della vita. O quantomeno dell’ultima stagione cinematografica. Un Leone d’Oro che ha fatto storcere il naso a molti. Una storia sì interessante, ma poco incisiva, nonostante le sue numerose potenzialità.
VOTO: 6/10
Marina Pavido