FUCK YOU, PROF! di Bora Dagtekin in sala dal 15 ottobre

Ricevo e volentieri pubblico

FUCK YOU, PROF! È IL PAUKERFILM CHE HA FATTO MORIRE DAL RIDERE LA GERMANIA, INCASSANDO 60 MILIONI DI EURO

LA “GOETHE GESAMTSCHULE” CI FARÀ VEDERE IN ANTICIPO COME POTREBBE ESSERE LA “BUONA SCUOLA” VARATA DAL GOVERNO RENZI. MA NON SOLO…

ARRIVA IN ITALIA IL 15 OTTOBRE, DISTRIBUITO DA CAMIMOVIE IN PARTNERSHIP CON MEDUSA

fuck you prof 3La “buona scuola” è legge e, dopo tante proteste, dalla Germania arriva un film che ci permetterà di riderci sopra. È il giovane regista Bora Dagtekin, ideatore della riuscitissima serie tv Kebab for Breakfast – fra le più popolari in patria e sbarcata su Mtv Italia a partire dal 2007 – ad offrirci un ottimo esempio del nuovo modello scolastico prospettato nel suo Fuck You, Prof! Un divertente ritratto della scuola di oggi rappresentata, ancora una volta, dal bravissimo Elyas M’Barek nei panni del “professore abusivo” Zeki Müller e dalla sua vivace classe. Ricco di sfumature tonali, il film passa con naturalezza da un genere all’altro, abbracciando in un primo momento il paukerfilm (il classico teen movie americano) per poi virare verso una comicità in bilico fra il demenziale ed il grottesco – a tratti anche piuttosto “sboccata” – e cambiare nuovamente rotta sul finale verso un genere più sentimentale. L’immancabile love story, così come l’happy end, però, non distolgono l’attenzione dalla tematica centrale che è quella sul rapporto fra studenti ed insegnanti.

Non solo, Fuck You, Prof!, oltre a sfatare il mito sul mancato senso dell’umorismo dei tedeschi, dimostra di essere un racconto spumeggiante in grado di farsi apprezzare da un pubblico di ogni età – all’uscita in Germania, ha venduto sei milioni di biglietti, guadagnando più di 60 milioni di euro al box office e battendo nel primo weekend di uscita un kolossal come Lo Hobbit – La desolazione di Smaug di Peter Jackson.

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Il regista Bora Dagtekin e l’attore Elyas M’Barek, protagonista di Fuck You, Prof! nei panni di Zeki Müller, si conoscono da anni e il loro affiatamento è una delle chiavi del successo di questo film e dei loro lavori precedenti.

 

{PRIMA DIFUCK YOU, PROF!

Nel 2006 Bora Dagtekin ha diretto una serie tv, Türkisch für Anfänger (Turco per principianti), che ha ottenuto un’enorme popolarità e tra gli attori principali c’era il giovane Elyas M’Barek. La serie era ambientata a Berlino, la città europea in cui risiede il più alto numero di immigrati e cittadini di origine turca. I protagonisti erano i componenti di due famiglie: una di origine turca, gli Öztürk, composta da Metin (il padre, commissario di polizia), Cem (il figlio maggiore, molto orgoglioso, interpretato dal nostro M’Barek) e Yağmur (la figlia minore, molto credente e rispettosa della religione musulmana); ed una tedesca, gli Schneider, composta da Doris (la madre, psicologa), Lena (la figlia maggiore, una ragazza esuberante ma piena di dubbi sentimentali e in piena adolescenza) e Nils (il fratello minore di Lena), che un giorno si trovano a vivere insieme dopo che i due capofamiglia si innamorano e decidono di convivere, formando una famiglia allargata. Le difficoltà non sono poche, date le differenze culturali. La trama ruotava principalmente intorno a Lena, che con una videocamera racconta tutte le sue disavventure alla sua migliore amica Khaty – trasferitasi negli Stati Uniti – nelle prime due stagioni, e a suo padre – che fa l’etologo in Amazzonia – nella terza. L’arco narrativo aveva una durata di quattro anni: quando inizia il telefilm la protagonista ha 16 anni, quando si conclude ne ha compiuti 20. La serie ha chiuso i battenti in Germania il 12 dicembre 2008 al termine della terza stagione, dopo 52 episodi. In Italia è stata l’emittente MTV a mandare in onda tutte e tre le stagioni con il titolo Kebab for breakfast (Kebab a colazione). Una serie tv pluripremiata con il German Television Award 2006 (tra i più prestigiosi premi televisivi tedeschi), l’Adolf Grimme Award e il Prix Italia 2006 come “Best tv drama”, con la motivazione di trattare in salsa agrodolce e con i ritmi accelerati di una sit-com temi ben più seri come la multietnicità, le famiglie allargate e il superamento delle barriere sociali. In una società come quella tedesca dove le comunità di origine turca sono ormai parte economicamente attiva nei bilanci del Paese, i tentativi dei quattro ragazzi di superare e accettare le proprie differenze culturali ne hanno fatto una delle produzioni televisive più innovative delle ultime stagioni. Kebab for breakfast, che ha debuttato su MTV Italia nell’ottobre 2007, si è rivelata una serie di culto per il pubblico più giovane anche nel nostro Paese. Dato il successo internazionale, sia in termini di audience che per le tematiche affrontate nel narrare la convivenza tra turchi e tedeschi, Bora Dagtekin decide di farci un lungometraggio che arriva sul grande schermo nel 2012 con attori principali Josefine Preuß e Elyas M’Barek, ovvero i Lena e Cem della sit-com, oltre a tutti gli altri attori che hanno raccontato le vicissitudini delle famiglie Schneider e Öztürk. Il film, Türkisch für Anfänger, inizia con uno strambo incidente aereo che fa ritrovare Lena Schneider sola – anche se solo inizialmente – sulle Isole Andamane in compagnia di un attraente Cem Öztürk. Peccato che dopo un primo idillio inizino ad apparire anche gli altri membri delle due famiglie, a cominciare dalla religiosissima madre di Lena, Doris Schneider (Anna Stieblich).}

 

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Dopo avere infilato un successo dopo l’altro, era piuttosto naturale che Bora ed Elyas non si perdessero di vista. Così, l’anno successivo, nel 2013, girano insieme Fuck You, Prof! (Fack ju Göhte), e con questo film superano ogni più roseo sogno di successo. Il regista ha affermato di aver scritto il personaggio di Zeki Müller – il protagonista del film – proprio per Elyas M’Barek. Ed oltre ad essere la prova che non è vero che i tedeschi non hanno il senso dell’umorismo, Fuck You, Prof! ha ottenuto un consenso di pubblico in Germania sbalorditivo: sei milioni di biglietti dalla sua uscita, guadagnando più di 60 milioni di euro al box office e battendo nel primo weekend di uscita un kolossal come Lo Hobbit – La desolazione di Smaug di Peter Jackson. La riuscita del film si deve a molti fattori, primo fra tutti il carisma dell’attore Elyas M’Barek (Zeki) che si sposa perfettamente con il temperamento ironico delle attrici, a cominciare da Karoline Herfurth (Lisi) e Katja Riemann (la Preside) fino a Jana Pallaske (Charlie, l’amica prostituta di Zeki per la quale stravede Quentin Tarantino, tanto da ritagliarle il piccolo ruolo di Babette nel suo capolavoro Bastardi senza gloria – Inglourious Basterds) ed Alwara Höfels (Caro, amica, coinquilina e insegnante nella stessa scuola di Lisi). Ma M’Barek appare in sintonia anche con i giovani studenti, da Jella Haase (Chantal Akerman), Max von der Groeben (Danger) ad Anna-Lena Klenke (Laura, la sorella minore di Lisi che quest’ultima ha in affidamento). Fuck You, Prof! è un film divertente, in grado di attrarre il pubblico adolescenziale di tutto il mondo, e non solo. La comicità demenziale, in particolare all’inizio della storia che si rivela anche un po’ “sboccata”, non ferisce la sensibilità del pubblico perché tutti i protagonisti, in particolare Zeki ed alcuni studenti, non sono quelle “carogne” che vorrebbero apparire. E così si ride, lasciandosi trasportare da questa vicenda in continua evoluzione per arrivare ad un finale che vira verso il romanticismo. Il film, infatti, è ricco di sfumature tonali e passa con semplicità da un genere all’altro. La storia si apre come un classico teen movie americano per poi abbracciare la comicità demenziale e cambiare nuovamente rotta sul finale verso un genere più sentimentale. Il tutto pur rimanendo assolutamente originale ed imperniato sul rapporto tra studenti ed insegnanti. A tal proposito, il personaggio della direttrice della Goethe Gesamtschule Gudrun Gerster, magistralmente interpretata da Katja Riemann, ricorda moltissimo, con le dovute differenze che esistono tra un personaggio da commedia e la realtà, la nuova figura del preside introdotta dall’ultima riforma della scuola, recentemente varata dal Governo italiano. Uno dei punti cruciali del ddl La Buona Scuola, infatti, è proprio quello di un preside con maggior potere esecutivo, con la possibilità di assumere gli insegnanti a chiamata diretta con contratti di tre anni (rinnovabili), premiando i più meritevoli. In fondo, è un po’ quello che succede in Fuck You, Prof! con la bravissima Katja Riemann nei panni della direttrice Gudrun, che gestisce l’Istituto come una vera e propria manager. Infatti, è lei a decidere quali professori possono rimanere e quali se ne devono andare, deve far quadrare i conti e rientrare tra le migliori scuole della nazione, dato che è attraverso il ‘merito’ che vengono assegnati i sussidi dallo Stato. Su questo e tanti altri punti il sistema scolastico tedesco assomiglia molto a quello prospettato dalla nuova riforma, che entrerà in vigore nel nostro Paese dal 2016.

Nel film di Bora Dagtekin, la Goethe Gesamtschule deve fare i conti con una classe che abbassa notevolmente la media dell’intera scuola. Sarà proprio un ex criminale a cambiare l’atteggiamento di questi studenti “sbandati”, facendogli comprendere appieno l’importanza dello studio al fine di crearsi un futuro dignitoso.

fuck you prof 4Nella nuova legge sulla riforma della scuola, Renzi e il suo Governo, hanno ovviamente optato per un tipo di scuola che si distacchi il più possibile dal modello attuale, apportando decisi cambiamenti nel nostro sistema di istruzione ed educazione. Ad iniziare dal ‘merito’ che, in qualsiasi paese civile, è l’unico criterio con il quale vengono esaminati gli studenti ma anche i professori. In Fuck You, Prof! i ragazzi fanno la loro classifica online degli insegnanti, ed essendo una commedia le voci sono esilaranti, dalla professoressa più sexy al professore più “cool”. Nella realtà chiaramente gli insegnanti saranno giudicati per altri motivi ma anche questa è una novità. Dal prossimo anno, infatti, nel sistema scolastico italiano, non solo gli studenti ma anche gli insegnanti saranno sottoposti a valutazioni periodiche sui risultati raggiunti. Un film che, pur nella sua leggerezza, potrà concedere interessanti spunti di riflessione su questo dibattutissimo tema. Nonostante le critiche che si possono muovere al decreto e ai punti che possono e devono essere migliorati, questo pone al centro alcune tematiche fondamentali nell’istruzione. A cominciare dal rapporto fra studenti ed insegnanti, sempre più distante ed incapace di trovare un modo per comunicare, fino alla formazione dei ragazzi che dovrebbero essere più preparati, culturalmente e professionalmente, per rendersi competitivi nel mondo del lavoro. Una competizione che sia, certamente, basata solo ed unicamente sul merito ma che riesca a coinvolgere anche gli stessi insegnanti, affinché anche loro siano più motivati nel formare le nuove generazioni. I “migliori” da noi, studenti ed insegnanti, devono sgomitare non per farsi valere, ma per esistere. In Fuck You, Prof! non è un caso che il solo in grado di rimettere in riga i ragazzi e motivarli fino in fondo, tanto da riuscire a trasformarli da cinici ragazzi sulla via del crimine in studenti appassionati, non sia un professore. Siamo nella finzione, certo, ma anche questo aspetto può aiutarci a comprendere meglio l’importanza di un dialogo fra docenti ed allievi che si basi su un sistema meritocratico.

Per quanto riguarda il regista Bora Dagtekin e tutto il resto della troupe di Fuck You, Prof!, hanno realizzato il sequel del film che uscito il 10   settembre 2015 in Germania ha nuovamente sbancato i botteghini tedeschi con un’altra avventura esilarante del Professor Zeki Müller (Elyas M’Barek) e della sua ‘collega’ Lisi Schnabelstedt (Karoline Herfurth). Insieme ai ‘terribili’ studenti della “Scuola Superiore Goethe” questa volta i due insegnanti se ne andranno anche in Thailandia per rendere ancora più deliranti e divertenti le loro storie.

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La CAMiMOVIEche, in partnership con Medusa ha distribuito come primo film French Connection (uscito il 26 marzo 2015), è una nuova società del Gruppo Abate (Industrie Abate Holding). Dopo l’ingresso nel mondo televisivo, avvenuto lo scorso gennaio con la nascita dell’emittente a carattere regionale (Campania) Piuenne, entra anche nel mondo del cinema con una nuova società che va ad ampliare ed arricchire le numerose e solide realtà del Gruppo. La CAMiMOVIE, infatti, si occupa di produzione e di distribuzione cinematografica. Il secondo film distribuito è stato un sequel attesissimo, uno degli horror più apprezzati ed elogiati dalla critica, Wolf Creek 2 – La preda sei tu, che è arrivato nelle sale italiane il 10 giugno 2015. Nel 2005 l’australiano Greg Mclean ha diretto Wolf Creek, presentato al Sundance Film Festival, che è diventato subito un film cult, passando in diverse manifestazioni cinematografiche e vincendo innumerevoli premi. Il seguito, sempre diretto da Mclean, per alcuni critici è perfino migliore dell’originale.

Il terzo film è Fuck You, Prof! (titolo originale: Fack ju Göhte) di Bora Dagtekin, una divertentissima e scorretta commedia ambientata in un liceo made in Germany che arriverà nelle sale italiane il 15 ottobre. E se qualcuno pensa che i tedeschi non abbiano senso dell’umorismo si ricrederà con questo film che ha ottenuto un enorme successo di pubblico in Germania: sei milioni di biglietti dalla sua uscita, guadagnando più di 60 milioni di euro al box office tedesco. Last but not least, a novembre uscirà nelle sale italiane Un momento di follia (titolo originale: Un moment d’égarement) diretto da Jean-François Richet con Vincent Cassel e François Cluzet, remake del film di Claude Berri del 1977. Una commedia uscita in Francia a giugno del 2015, che ha conquistato immediatamente il podio al box office nel primo weekend e che ha suscitato un grande dibattito sulla stampa. Come accadde alla fine degli anni ’70 con il film di Berri che fu definito scandaloso, oggi più che mai la storia di un uomo di oltre quarant’anni che cede alle lusinghe di un’adolescente fa molto discutere. Antoine (François Cluzet) e Laurent (Vincent Cassel) sono amici di vecchia data e decidono di passare le vacanze in Corsica con le rispettive figlie: Louna di 17 anni e Marie di 18. Una sera sulla spiaggia, Louna seduce Laurent. La ragazza si innamora dell’amico del padre mentre per lui è stato solo ‘un momento di follia’ di cui ora dovrà affrontare le conseguenze… Per quanto tempo riuscirà a mantenere il segreto con l’amico Antoine?

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NOTE

Fuck You, Prof! è stato distribuito dalla Constantin Film nei cinema tedeschi e ha realizzato più di 6 milioni di biglietti venduti ed un incasso ai botteghini di oltre 60.000.000 di euro.

La stessa casa di distribuzione il 10 settembre 2015 ha fatto uscire il sequel, Fack Ju Göhte 2 sempre diretto da Bora Dagtekin sempre con Elyas M’Barek, Karoline Herfurth, tutto il cast del primo film più qualche new entry e il risultato è stato nuovamente strabiliante. Fack Ju Göhte 2 ha guadagnato 2.1 milioni di euro nel primo fine settimana ed era arrivato a 17.7 milioni di euro nel giro di dieci giorni. Questo segna la migliore apertura in Germania per un film dall’inizio di quest’anno e segna, inoltre, il migliore debutto di un film tedesco mai ottenuto. Un vero record.

Fuck You, Prof! è stato prodotto da Lena Schömann e Christian Becker (Turkish for Beginners; Vorstadtkrokodile 1-3; Wickie und die starken Männer); è una produzione Rat Pack Filmproduktion in coproduzione con la Constantin Film. La commedia ha ricevuto finanziamenti dal FilmFernsehFonds della Baviera, dal Medienboard Berlin-Brandenburg, dal Federal Film Board (FFA – Commissione Federale per il Cinema) e dal German Federal Film Fund (DFFF – Fondo Federale Tedesco per il Cinema).

NEWS IN SALA: WOLF CREEK 2 di Greg Mclean in sala dal 10 giugno

Ricevo e volentieri pubblico

WOLF CREEK 2 – La preda sei tu: DA MERCOLEDÌ 10 GIUGNO NEI CINEMA

 

CAMiMOVIE presenta WOLF CREEK 2 – La preda sei tu, una distribuzione MEDUSA

DOPO LO STRAORDINARIO SUCCESSO DI PUBBLICO E CRITICA DI WOLF CREEK, RITORNA MICK TAYLOR, IL FOLLE SERIAL KILLER CHE HA TERRORIZZATO L’AUSTRALIA E IL MONDO INTERO. ANCORA UNA VOLTA, SARÀ L’INCUBO DI AUTOSTOPPISTI E TURISTI CON SACCO A PELO CHE SI ADDENTRANO NELLE SPLENDIDE E REMOTE AREE INTERNE DEL CONTINENTE AUSTRALIANO.

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Wolf Creek 2 – La preda sei tu (regia di Greg Mclean con John Jarratt, Ryan Corr, Shannon Ashlyn, Philippe Klaus, scritto da Greg Mclean e Aaron Sterns e prodotto da Helen Leake, Greg Mclean e Steve Topic), è il tanto atteso sequel del primo incubo nell’outback, il film australiano vietato ai minori che ha ottenuto il più grande successo di botteghino di tutti i tempi. Da mercoledì 10 Giugno, CAMiMOVIE, in partnership con Medusa, lo distribuisce nelle sale italiane.

{IL PRECEDENTE DEL 2005: TUTTO COMINCIÒ CON WOLF CREEK

Nel gennaio del 2005, al Sundance Film Festival di Robert Redford, viene presentato l’horror australiano di Greg Mclean Wolf Creek. La pellicola, che si lascia apprezzare subito anche dai non appassionati del genere, viene poi proiettata nella sezione Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes e, nel novembre dello stesso anno, riesce ad arrivare anche nelle nostre sale accolta come un grande successo di pubblico e critica.

Greg Mclean, infatti, è un giovane e talentuoso esordiente che è riuscito a girare il film in soli 25 giorni, facendo conoscere a tutto il mondo la storia del ferocissimo serial killer Mick Taylor – interpretato da un bravissimo John Jarratt e conosciuto dal pubblico del grande schermo per il suo ruolo da protagonista nel celebre film del 1975 di Peter Weir Picnic a Hanging Rock. Il film, realizzato con scarsissime risorse, è un low budget senza alcun nome di richiamo nel cast, con un panorama mozzafiato – il cratere meteoritico ed il mitico outback, infatti, sono esaltati da una fotografia ed una regia che si attestano a metà fra visionarietà e realismo – e con una trama, sicuramente già vista, ma con una caratterizzazione dei personaggi assolutamente innovativa per il genere.

Partendo da agghiaccianti dati reali – ogni anno, infatti, in Australia scompaiono nel nulla 30.000 persone, delle quali il 90% viene ritrovato nel giro di un mese mentre alcuni ricompaiono entro un anno e del resto non se ne sa più nulla – Mclean realizza una storia ispirata alla serie di omicidi chiamata “The Backpacker Murders” (ossia gli omicidi di coloro che hanno lo zaino sulle spalle e dormono nel sacco a pelo) compiuta da Ivan Milat, condannato nella prima metà degli anni Novanta per l’omicidio di sette autostoppisti. Da queste basi nasce il film del giovane australiano, edificato secondo i principi estetici del Dogma 95 – il gruppo di registi danesi guidato da Lars Von Trier, la cui cifra stilistica risponde a criteri di essenzialità e di un realismo al limite del documentaristico, al fine di realizzare una messa in scena quanto più scarna e minimalista. Tenendo conto della lezione danese, quindi, l’autore concepisce un impianto visivo che si snoda intono ad una feroce ed intollerabile crudeltà. Il ritmo è scandito da un funzionale gioco di continui colpi di scena che conducono ad una visione quasi frustrante dello spettatore, totalmente incapace di prevedere le mosse del regista. Ma il vero elemento di forza del film risiede nel fatto che questo non ha nulla a che vedere con i torture porn o i classici splatter. In Wolf Creek, infatti, la violenza c’è ed è assolutamente devastante ma non è mai eccessivamente ostentata. La brutalità dell’opera, infatti, viene accentuata più che dalle scene di tortura – appena accennate – dall’imprevedibilità con cui i personaggi scompaiono nel nulla, spiazzando totalmente lo spettatore.

E, se la solida sceneggiatura su cui può appoggiarsi il film punta ad una dettagliata costruzione di ciascun personaggio, il ritratto che ci viene concesso dell’assassino è assolutamente encomiabile. Mick Taylor è un degno erede di colossi della storia del cinema come M il mostro di Düsseldorf, Frankenstein, Dracula o i più recenti serial killer di Elm Street e di Halloween. Folle, xenofobo e motivato da un patriottismo al limite del grottesco, il furioso autore dei Backpacker Murders è un attento e minuzioso conoscitore della storia australiana da cui è letteralmente ossessionato. Una psicosi, questa, che lo porta ad odiare ogni viaggiatore perché visto come una sorta di “nemico” deputato al deturpamento paesaggistico della sua terra.

Wolf Creek è l’unico film che il critico Roger Ebert non è riuscito a finire di vedere, giudicando la sua violenza “insopportabile”.}

 

E OTTO ANNI DOPO… ARRIVA IL SEQUEL, WOLF CREEK 2!

Arriviamo al 2013 e, nel frattempo, di Mclean sappiamo ben poco. Ha girato un altro horror dal titolo Rogue, ma tutti attendono un sequel di Wolf Creek. L’autore, che certo non si aspettava di raggiungere il risultato ottenuto (il più alto incasso in Australia per un film vietato ai minori di 18 anni), sembra non comprendere la potenza del suo esordio. Mick Taylor, infatti, pare già essere entrato ufficialmente nell’immaginario horror del panorama cinematografico internazionale.

E se è cosa nota che per un regista l’opera seconda è sempre la più complessa, nel caso del giovane australiano, forse, la terza lo è a maggior ragione. Con queste premesse non è certo semplice approcciarsi ad un seguito di Wolf Creek, il rischio è quello di ripetere gli stessi codici e strutture narrative del precedente senza quella spinta innovativa che lo aveva precedentemente caratterizzato. Così, Mclean si è avvalso del supporto di Aaron Sterns per la stesura della sceneggiatura ed entrambi si sono ben guardati dal ripetere meccanicamente la stessa formula – seppure risultata vincente – del primo film.

Gli elementi di base, però, rimangono gli stessi. Al centro dell’opera c’è ancora l’ancestrale rapporto che lega Mclean al suo Paese e che finisce per sfociare in un dissennato nazionalismo, così come la carica visionaria del paesaggio che, come nella miglior tradizione antononiana, diventa un vero e proprio protagonista. Ritroviamo anche gli ignari ed innocenti turisti che, animati dalla visione di immagini mozzafiato e da un audace spirito di viaggio, si addentrano nei meandri dell’outback australiano in cui si trasformeranno ben presto in vittime della furia omicida del killer – in particolare l’inglese Paul Hammersmith (interpretato da Ryan Corr) preda prediletta dell’assassino perché diretto discendente di quei “bastardi inglesi” che, nel 1786, iniziarono la colonizzazione dell’allora “Nuova Olanda” divenuta, poi, Australia.

A cambiare radicalmente è l’impianto estetico e narrativo. Infatti, se nel primo Wolf Creek l’autore si attesta su una regia più seria e rigorosa, in Wolf Creek 2 abbandona gli insegnamenti danesi per virare verso una messa in scena dagli echi tarantiniani. Momenti colmi di ironia, in cui l’elemento paradossale viene enfatizzato da un preponderante utilizzo ludico della musica, si alternano ad un citazionismo tipicamente cinefilo che ripercorre le immagini cinematografiche di classici come Le Iene, passando per Duel, fino a Babe – Maialino coraggioso e alla serie tv Skippy.

Un’opera, quindi, che pur mantenendo una personalissima cifra stilistica, può essere facilmente accostata ai film dei vari Rob Zombie o Marcus Nispel (regista del remake di Non aprite quella porta).

Wolf Creek 2 – presentato fuori concorso alla 71° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – si apre con l’assassino che, dopo avere “sistemato” due poliziotti che avevano osato trattarlo come una sorta di “rozzo bifolco”, incontra due giovani sventurati turisti tedeschi, Rutger (Philippe Klaus) e Katarina (Shannon Ashlyn).

La loro fine sarà molto rapida ma non indolore, dato che l’atteggiamento di irriverenza nei confronti della vita umana dell’omicida si è innalzato ad un nuovo livello di sadismo. Ma sarà Paul (Ryan Corr), turista inglese, che avrà a che fare maggiormente con lo psicopatico, colui che conoscerà fino in fondo il volto nero del clone spietato di Mr Crocodile Dundee. Il mostruoso protagonista australiano si divertirà a condurre un gioco impari del gatto con il topo con il giovane inglese, il cui massacro sembra essere inevitabile. Un faccia a faccia memorabile – anche grazie alle performance di Jarratt e Corr – in cui il maniaco mette in scena un sadico “quiz show” sulla storia e la cultura australiana. Ad ogni risposta sbagliata “dell’invasore inglese” il prezzo da pagare sarà altissimo. Una beffa da cui, forse, ci si potrà salvare solo ricordandosi il nome dell’esploratore inglese James Cook. Una sorta di game show caratterizzato da un forte umorismo nero in cui Taylor, pur di confermare l’esattezza delle sue folli teorie nazional-popolari, è pronto a tutto dimostrando, così, come il mondo sia diviso in due categorie: quella dei winner (vincenti) a cui lui appartiene, e quella dei looser (perdenti) di cui invece fa parte l’inglese.

Una montatura sofisticata che vuole strizzare l’occhio alle perverse idee che hanno attraversato il sanguinoso secolo precedente e che, oggi, stanno prendendo sempre più drammaticamente piede. Mick, infatti, pur essendo originario del sud – quindi non un vero “nativo” secondo l’originaria accezione – vuole ostentare a tutti i costi la purezza della sua “razza” con modalità esasperate ed esasperanti.

Greg Mclean è un artista a tutto tondo che spazia dalla pittura alla regia. Nella sua poliedricità, si diverte a scardinare gli stereotipi e a rovesciarli nel loro esatto contrario – tanto da aver creato l’archetipo di un maniaco cinematografico ferocemente radicato in ambienti sconfinati che lo hanno generato e che, quotidianamente, nutrono la sua violenza. Mick Taylor, infatti, trasporta maiali e li sventra come fa con gli esseri umani, nessuna diversità di trattamento. Insegue le sue vittime col suo pick-up o col suo camion investendo canguri che saltellano beatamente nelle immense strade assolate mentre, in sottofondo, canta The Lion Sleeps Tonight nella versione anni Sessanta di Hank Medress. Poi, l’obiettivo inquadra un cartello che cita: “Benvenuti in Australia!

Wolf Creek 2 – La preda sei tu paralizzerà e sconvolgerà. Gli spettatori parteciperanno al momento in cui Mick non lascerà scampo alle sue vittime, con tanto di girone infernale nel quale Paul si ritroverà sprofondato. Vi sono molte scene che lasceranno un segno nell’immaginario del pubblico, dall’incipit, di cui vi abbiamo parlato, ad un finale da brividi che ci trascina in un vero e proprio sotterraneo, un antro oscuro e profondo popolato da creature ingiustamente punite e maledette.

“Wolf Creek 2 è un’esplorazione della suspense cinematografica, ma dirigere il sequel di un film che ha avuto molto successo produce sempre un’interessante tensione creativa. Da un lato c’è il desiderio di rispettare il film precedente ma, dall’altro, c’è anche la voglia di espandersi, di allargare la visione e di andare più a fondo nell’esplorazione dei temi e delle idee che erano state al centro del film originale. Come nel primo film, infatti, in Wolf Creek 2 il paesaggio è uno dei protagonisti del film. I viaggiatori sono attratti da questo luogo esotico che inizialmente può sembrare un paradiso ma che, ben presto, si trasforma in un luogo da incubo dove bisogna lottare per la sopravvivenza. Da questo punto di vista, Mick e il paesaggio sono una cosa sola. I personaggi che s’imbattono in lui o che attraversano quei paesaggi, lo fanno a proprio rischio e pericolo perché, come l’affabile e amichevole Mick, anche l’outback può trasformarsi in un batter d’occhio in un luogo terrificante. Quello che sembra il paradiso è in realtà l’inferno sotto mentite spoglie, una nozione che era ben presente nella mente dei primi coloni che s’insediarono in Australia, i cui racconti violenti e raccapriccianti ambientati nell’inospitale e infinito deserto sono scolpiti nella memoria culturale australiana. Mick rappresenta l’incubo culturale collettivo, il nostro vero e unico ‘uomo nero’. Il personaggio di Mick Taylor è un’esplorazione della natura dell’identità nazionale australiana. Elementi del passato coloniale del paese, rancori storici e profonde ferite culturali covano sotto la superficie dell’affabile e stereotipato personaggio di Mick Taylor, ‘il bravo australiano dell’outback’.” (Greg Mclean)

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La CAMiMOVIE che, in partnership con Medusa, ha distribuito, come loro primo film French Connection (uscito il 26 marzo 2015), è una nuova società del Gruppo Abate (Industrie Abate Holding). Dopo l’ingresso nel mondo televisivo, avvenuto lo scorso gennaio con la nascita dell’emittente a carattere regionale (Campania) Piuenne, entra anche nel mondo del cinema con una nuova società che va ad ampliare ed arricchire le numerose e solide realtà del Gruppo. La CAMiMOVIE, infatti, si occuperà di produzione e di distribuzione cinematografica.

È giunto ora il momento dell’uscita del secondo film del listino, Wolf Creek 2 – La preda sei tu (questo il titolo italiano, nelle sale da mercoledì 10 giugno) di Greg Mclean, sequel del geniale Wolf Creek, basato sulla storia vera di un serial killer australiano – il film fu presentato al Sundance Film Festival nel 2005 e, in seguito, vinse molti premi in diverse manifestazioni cinematografiche. L’appuntamento successivo sarà con una divertentissima e scorretta commedia ambientata in un college made in Germany: Fack ju Göhte di Bora Dagtekin. E se qualcuno pensa che i tedeschi non abbiano senso dell’umorismo si ricrederà con questo film che ha ottenuto un enorme successo di pubblico in Germania: sei milioni di biglietti dalla sua uscita, guadagnando più di 60 milioni di euro al box office tedesco.