LA RECENSIONE – LIBERE DISOBBEDIENTI INNAMORATE di Maysaloun Hamoud

libere_disobbedienti_innamorateTITOLO: LIBERE DISOBBEDIENTI INNAMORATE; REGIA: Maysaloun Hamoud; genere: drammatico; anno: 2016; paese: Israele, Francia; cast: Mouna Hawa, Sana Jammelieh, Shaden Kanboura; durata: 103′

Nelle sale italiane dal 6 aprile, Libere disobbedienti innamorate è l’opera prima della giovane regista israeliana Maysaloun Hamoud, presentata in concorso al Toronto International Film Festival.

Siamo a Tel Aviv. Laila è un’affascinante avvocato, sicura di sé e molto ammirata. Salma, dal canto suo, ha una personalità molto più docile, lavora come barista e saltuariamente come deejay. Nour, infine, è la più fragile di tutte. Estremamente religiosa (soprattutto in seguito all’educazione ricevuta), è fidanzata e prossima alle nozze con un uomo considerato dalla propria famiglia “un buon partito”. Solo nel momento in cui andrà a vivere con Laila e Salma capirà cosa vuol dire davvero essere felici e, soprattutto, essere sé stesse.

in_between_still_1_h_2016Se si pensa al titolo originale del lungometraggio – In Between – si riesce ad inquadrare maggiormente la condizione in cui le tre ragazze si trovano. Sono donne, loro, che hanno già spiccato quel salto verso la libertà e l’affermazione di sé (cosa naturale all’interno della cultura occidentale), ma che, tuttavia, non riescono, loro malgrado, a superare del tutto la loro stessa cultura, ancora estremamente tradizionale. Il coesistere di questi due mondi, l’essere in bilico tra essi viene reso particolarmente bene dalla giovane regista, la quale, dal canto suo, pur dando al lungometraggio un andamento decisamente classico e lineare, parte inizialmente subito in quarta – grazie anche ad un particolare uso della musica (ad alto volume) e del montaggio (con tagli netti, quasi improvvisi) – facendo sì che il suo lavoro sia un lungometraggio arrabbiato, “urlato”, che sa il fatto suo e che, analogamente alle sue protagoniste, reclama a gran voce il diritto di “fare la differenza”, di distinguersi all’interno della cinematografia del proprio paese, sia per il tema trattato, sia per il fatto di essere stato girato da una donna (se si pensa a Ronit Elkabetz, a Rama Burstein e a poche altre, non sono molte, di fatto, le registe donne in Israele). E, di fatto, malgrado un (a volte fin troppo) forte attaccamento alla cinematografia occidentale, dovuto, probabilmente, in parte ai gusti personali, in parte alla scarsa esperienza dietro la macchina da presa, questo lavoro della Hamoud in qualche modo la differenza la fa. Se non altro per la genuinità della regista stessa e, soprattutto, per le brave interpreti che, malgrado una caratterizzazione forse un po’ troppo stereotipata e non del tutto naturale dei loro personaggi, riescono a rendere, di fatto, le loro Laila, Salma e Nour fortemente empatiche e fin da subito in sintonia con lo spettatore.

10_lLa creta ce l’abbiamo, ora pensiamo a modellare la scultura. E, chissà, magari prima di quanto si pensi, il cinema di Maysaloun Hamoud raggiungerà finalmente una propria, necessaria maturità, in modo da spiccare il volo una volta per tutte.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE – LA MIA FAMIGLIA A SOQQUADRO di Max Nardari

la-mia-famiglia-a-soqquadroTITOLO: LA MIA FAMIGLIA A SOQQUADRO; REGIA: Max Nardari; genere: commedia; anno: 2017; paese: Italia; cast: Gabriele Caprio, Marco Cocci, Bianca Nappi, Eleonora Giorgi; durata: 90′

Nelle sale italiane dal 30 marzo, La mia famiglia a soqquadro è il secondo lungometraggio diretto da Max Nardari, ispirato al libro Figli violati di Renea Rocchino Nardari, madre dell’autore.

Martino (interpretato dal giovane Gabriele Caprio) è un ragazzino undicenne appartenente alla classica famiglia del Mulino Bianco, emarginato a scuola perché considerato “diverso”, in quanto unico ragazzino con i genitori ancora uniti, che, però, al fine di integrarsi, farà di tutto affinché il suo nucleo famigliare si spacchi in due.

fam01Dato il tono di tutto il lungometraggio, anche se inizialmente il bambino può farci non poca simpatia, una volta entrati nel vivo della vicenda ed aver assistito alla presentazioni di personaggi e situazioni talmente stereotipati da sembrare addirittura irreali, ecco che, di punto in bianco, la storia inizia a perdere di ogni qualsivoglia interesse. Uno stereotipo dopo l’altro, una carrellata di luoghi comuni e buonismi di ogni genere, che culminano in un finale – che vede il giovane protagonista fare il suo discorso d’effetto, volto a chiarire qualsiasi equivoco e a riportare l’armonia in casa – ambientato, guarda caso, durante il periodo pre-natalizio. E chi più ne ha più ne metta.

la_mia_famiglia_a_soqquadro_clip_esclusiva_commedia-660x350Eppure, ripensando alle iniziali intenzioni dell’autore ed alla genesi del lungometraggio stesso, non si può non riconoscere una certa ingenuità ed anche una sorta di genuinità che manca, di fatto, a commedie recentissime come Mamma o papà?, diretta da Riccardo Milani, o La verità, vi spiego, sull’amore, di Max Croci – tutte nate da grandi produzioni. Il fatto di aver scelto di adattare per il grande schermo un libro scritto dalla propria madre e di averlo fatto con la propria casa di produzione, in realtà fa quasi tenerezza. Ed ecco che iniziamo a considerare La mia famiglia a soqquadro più come una specie di goliardata in famiglia che come un qualcosa che vuole definirsi a tutti i costi “il prodotto dell’anno”. E così iniziamo a “perdonare” tutti gli stereotipi presenti, gli attori eccessivamente sopra le righe, la disarmante prevedibilità della trama e via dicendo. Sul fatto che il lungometraggio di Nardari possa riuscire a fare o meno eccezione all’interno del palinsesto, però, vi sono ancora parecchie perplessità, per non dire addirittura scetticismi. Ma sta bene. Contenti loro, contenti tutti.

VOTO: 4/10

Marina Pavido

DALLO SVILUPPO AL PITCHING – 2° edizione

Ricevo e volentieri pubblico

Workshop per lo sviluppo di progetti di documentario e di preparazione ai pitching

Terranuova B.ni (AR) dal 28 aprile al 1 maggio 2017

16684147_1048915228587303_5233983176799870426_nDopo il successo della prima edizione con 11 progetti partecipanti, di cui 2 selezionati ai Match Making di Italian Doc Screenings Academy 2016 e 3 in fase di distribuzione, in occasione della 7a edizione del Festival Sguardi sul Reale (Terranuova B.ni – AR), Sguardi Factory Lab presenta la seconda edizione del workshop Dallo sviluppo al pitching. Una full immersion per cimentarsi in un training intensivo sul proprio progetto di documentario, condotto dai docenti dei Match Making di IDS, per approfondire alcuni aspetti della produzione, dello storytelling e dell’outreach, per confrontarsi con un panel di esperti composto da alcuni dei più importanti produttori, distributori, buyer e professionisti del cinema documentario. Inoltre il Festival offrirà un premio di €1.000,00 al regista del progetto che riterrà più meritevole.

A chi si rivolge

A filmmaker, autori e produttori che hanno un progetto di film documentario in fase di sviluppo e sono alla ricerca di un percorso produttivo e finanziario per realizzarlo e distribuirlo.

Contenuti

Training intensivo sui progetti, a distanza e in loco, attraverso l’approfondimento dei fondamenti di scrittura e di esposizione pubblica del progetto. Approfondimento sui rapporti con la produzione. Dialogo autore-produttore. Analisi delle potenzialità di mercato, di finanziamento e di promozione dei progetti. Approfondimento sull’utilizzo del crossmedia: dallo storytelling all’outreach. Presentazione dei progetti agli esperti, confronto aperto e networking.

Docenti

Edoardo Fracchia, Glenda Galliano, Stefano Tealdi, Gregorio Paonessa

Esperti

Simone Catania, Claudio Giapponesi, Riccardo Chiattelli, Serena Gramizzi, Fabio Mancini, Stefano Mutolo, Markus Nikel

Iscrizione

Il corso prevede una selezione di massimo 12 progetti Per ogni progetto è ammesso un secondo partecipante Inoltre sono ammessi massimo 6 partecipanti senza progetto. Le iscrizioni per i partecipanti senza progetto sono a esaurimento posti Quote di iscrizione: partecipanti con progetto €150,00 (IVA inclusa) secondo partecipante €100,00 (IVA inclusa) partecipanti senza progetto €70,00 (IVA inclusa).

Chi vorrà iscriversi al workshop dovrà inviare a segreteria@macma.it con oggetto della mail: Dallo sviluppo al pitching 2 entro le ore 24.00 del 9 aprile 2017: > (obbligatorio — per i partecipanti con progetto) un progetto di max 3 cartelle > (obbligatorio) domanda di iscrizione in corpo di mail; > (obbligatorio) una breve biografia di presentazione e/o curriculum vitae; > (consigliato — per i partecipanti con progetto) un trailer di max 3 min o un estratto di max 5 min Entro le ore 24.00 del 12 aprile 2017 verrà comunicato l’esito della selezione dei progetti e i partecipanti ammessi al workshop.

I candidati che riceveranno conferma di ammissione, dovranno perfezionare l’iscrizione inviando a segreteria@macma.it ricevuta di bonifico effettuato della quota sopra indicata entro le ore 24.00 del 15 aprile 2017, pena l’esclusione. Dati per bonifico bancario: Associazione culturale MACMA IBAN: IT 97 M 08811 71540 000000605599 c/o BANCA DEL VALDARNO CREDITO COOPERATIVO – Filiale di Montevarchi La causale del bonifico dovrà riportare la seguente dicitura: per progetto: sviluppo-pitching + (titolo progetto). Per il secondo partecipante legato al medesimo progetto:  sviluppo-pitching + (titolo progetto) 2° partecipante . Per partecipante senza progetto: sviluppo-pitching + partecipante senza progetto .

A pagamento effettuato, nel caso di mancata partecipazione o di ritiro dell’iscrizione, la quota non verrà restituita, salvo che per motivi dipendenti dall’organizzazione (annullamento del corso, mancato raggiungimento del numero minimo di partecipanti, ecc.).

Per ulteriori informazioni:

MACMA –> https://www.facebook.com/macmassociazione/?fref=ts
Sguardi Factory Lab –> https://www.facebook.com/sguardifactorylab/?fref=ts
Dallo sviluppo al pitching – 2a edizione –> https://www.facebook.com/events/376504939373035/

LA RECENSIONE – DALL’ALTRA PARTE di Zrinko Ogresta

ON-THE-OTHER-SIDE-Dallaltra-parte-un-film-di-Zrinko-Ogresta-2017-1TITOLO: DALL’ALTRA PARTE; REGIA: Zrinko Ogresta; genere: drammatico; anno: 2016; paese: Croazia, Serbia; cast: Ksenija Marinkovic, Lazar Ristovski, Tihana Lazovic; durata: 80′

Nelle sale italiane dal 30 marzo, Dall’altra parte è l’ultimo lungometraggio – di produzione serbo-croata – diretto dal regista Zrinko Ogresta, presentato alla 66° Berlinale nella sezione Panorama, dove ha ricevuto una menzione speciale e distribuito in Italia da Cineclub Internazionale Distribuzione.

Vesna vive a Zagabria, dove lavora come infermiera a domicilio, conducendo un’esistenza tranquilla e spesso monotona. La donna, però, porta dentro di sé un grande segreto. Il suo difficile passato tornerà inaspettatamente a bussare alla porta nel momento in cui suo marito – processato vent’anni prima per crimini di guerra – le telefonerà dopo tanti anni di silenzio.

Dallaltra-parte-immagine-filmUn lungometraggio decisamente complesso e stratificato, questo di Ogresta. Ciò che qui viene raccontato non riguarda solo la guerra e le pesanti conseguenze che ha portato dietro di sé. Il vero fulcro intorno a cui ruota Dall’altra parte è il tema universale del perdono, con tutte le sfumature che un argomento del genere può avere. Da qui, l’avvincente storia di Vesna (interpretata da una straordinaria Ksenija Marinkovic), donna forte, coraggiosa ma con una grande cicatrice dentro di sé, alle prese con problemi quotidiani riguardanti il lavoro ed i figli ormai adulti e, soprattutto alle prese con un passato non facile e con sentimenti contrastanti.

1455168718712_0570x0389_1455257794083La macchina da presa – prediligendo il piano sequenza in ogni scena – si pone, dal canto suo, quasi in disparte, come osservatrice mai giudicante, rispettosa e silente del dramma della protagonista. Ed ecco che, quindi, i personaggi ci vengono mostrati spesso decentrati rispetto al campo, riflessi in uno specchio o semi nascosti dietro vetri e tende.

La maturità artistica di Ogresta, dunque, ci ha regalato in questo caso un vero e proprio gioiello della cinematografia dell’Est Europa. Cinematografia che, dal canto suo, si è spesso rivelata interessante, ma che, purtroppo, non ha quasi mai ottenuto – almeno in Italia – l’attenzione che merita, fatta eccezione per sporadici festival cinematografici.

VOTO: 8/10

Marina Pavido

EVENTO SPECIALE – RAFFAELLO IL PRINCIPE DELLE ARTI 3D di Luca Viotto

cq5dam.web.738.462TITOLO: RAFFAELLO – PRINCIPE DELLE ARTI 3D; REGIA: Luca Viotto; genere: documentario; anno: 2017; paese: Italia; cast: Flavio Parenti, Angela Curri, Enrico Lo Verso; durata: 90′

Nelle sale italiane solo il 3, 4 e 5 aprile, Raffaello – Il principe delle arti 3D è il quarto film – dopo Firenze e gli Uffizi 3D, Musei Vaticani 3D e S. Pietro e le Basiliche Papali di Roma 3D – prodotto da Sky, Musei Vaticani e Nexo Digital, in collaborazione con Magnitudo Film, nonché prima trasposizione cinematografica su Raffaello Sanzio.

Grazie ad interessanti ricostruzioni storiche in live action ed ai consulti di storici dell’arte come Antonio Paolucci, Antonio Natali e Vincenzo Farinella, oltre ad un’accurata rivisitazione in 3D delle opere dell’artista urbinate, sarà possibile rivivere sul grande schermo alcuni dei più grandi capolavori di tutti i tempi.

Come è stato per i precedenti lavori, anche Raffaello – principe delle arti 3D si è rivelato un prodotto di tutto rispetto, che, al di là di ogni qualsivoglia scelta registica e/o produttiva,merita di essere visto anche solo per un’ora e mezzo di puro piacere per gli occhi.

Marina Pavido

LA RECENSIONE – PICCOLI CRIMINI CONIUGALI di Alex Infascelli

piccolicriminiconiugali01TITOLO: PICCOLI CRIMINI CONIUGALI; REGIA: Alex Infascelli; genere: commedia; anno: 2017; paese: Italia; cast: Sergio Castellitto, Margherita Buy; durata: 85′

Nelle sale italiane dal 6 aprile, Piccoli crimini coniugali è l’ultimo lungometraggio diretto da Alex Infascelli, tratto dall’omonimo romanzo bestseller di Eric-Emmanuel Schmitt.

Una macchina, in carrellata a seguire, cammina per la strada. Al suo interno si intravedono una testa bionda di donna – capelli lunghi e fluenti – e la testa incerottata di un uomo. Chi saranno mai i due personaggi? Il mistero sarà presto svelato, nel momento in cui l’uomo e la donna entrano in un elegante appartamento e scopriamo che, dopo molti anni di matrimonio, l’uomo, a causa di un non bene identificato incidente domestico, ha perso la memoria e non sa più chi sia né da dove venga. Ma questo è solo l’inizio.

piccolicriminiconiugali03Bisogna ammetterlo: il fatto che Infascelli sia specializzato in videoclip e sia egli stesso un compositore fa la differenza. Fin dai primi fotogrammi, infatti, una musica essenziale, a metà strada tra il drammatico e lo scherzoso – con una buona dose di tensione – ci preannuncia ciò che andrà ad accadere una volta che si entrerà nel vivo della vicenda. E la cosa sembra indubbiamente reggere fin da subito, grazie a quel senso dell’assurdo e di spaesamento che viene dato al lungometraggio: ci troviamo davanti ad una coppia stanca, talmente stanca da non avere voglia neanche di chiedersi chi sia diventato il partner e da riversare su di lui le proprie paure e le proprie frustrazioni. L’uomo e la donna sullo schermo non sono, di fatto, nient’altro che stereotipi di personaggi dell’alta borghesia che non hanno più nulla da dirsi e che trovano nella violenza un mero antidoto contro la noia e contro il senso di vuoto che ha ormai pervaso le loro vite. Nulla di nuovo, vero? Nulla di nuovo, senza dubbio. Eppure, soprattutto nella prima parte, i due personaggi (interpretati da una Margherita Buy ed un Sergio Castellitto in splendida forma) funzionano, credibili e ricchi di sfaccettature come sono. Il problema di fondo sta, in realtà, nello script in sé: troppo prevedibile, fondamentali snodi narrativi collocati troppo presto in sceneggiatura, finale tirato troppo per le lunghe, storia vista e rivista. E chi più ne ha più ne metta.

cpicc2676Eppure, nonostante tutto, il lungometraggio di Infascelli sembra tutto sommato funzionare. Sarà che, in questo caso, il merito è proprio della regia – che, passi la frase fatta, qui “vale più di mille parole”, con tutti i giochi di riflessi, di luci e di ombre, con inquadrature sghembe, con angusti corridoi e trombe delle scale da far venire il capogiro – sarà che i due attori protagonisti reggono bene tutta la durata (eccessiva?) del film, fatto sta che Piccoli crimini coniugali di certo si distingue dall’imbarazzante caterva di commedie inutili e pretenziose che continuano ad arrivare copiose sul grande schermo. E poi, non dimentichiamolo, fino ad ora, a quanto pare, solo Infascelli – insieme a pochi altri “eroi” – è riuscito, finalmente, a valorizzare il talento di un’interprete come Margherita Buy, senza relegarla al solito ruolo che sembra (tristemente) destinata ad interpretare, da ormai molti anni a questa parte, in qualsiasi film le capiti di lavorare. Dai a Cesare quel che è di Cesare.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE – PER UN FIGLIO di Suranga D. Katugampala

arton2538TITOLO: PER UN FIGLIO; REGIA: Suranga D. Katugampala; genere: drammatico; anno: 2017; paese: Italia; cast: Kaushalya Fernando, Julian Wijesekara, Nella Pozzerle; durata: 75′

Nelle sale italiane dal 30 marzo, Per un figlio è l’opera prima del giovane regista originario dello Sri Lanka Suranga D. Katugampala, prodotta da Antonio Augugliaro, già noto per aver diretto il documentario Io sto con la sposa.

Sunita è una donna srilankese di mezza età che lavora come badante presso un’anziana signora in una cittadina di provincia del nord Italia. La donna ha un figlio adolescente da poco giunto in Italia, con il quale, però, c’è un rapporto tutt’altro che facile, sia per il fatto di non averlo seguito durante i suoi primi anni di vita, sia per il tentativo di quest’ultimo di integrarsi in un contesto culturale che la stessa Sunita fa fatica ad accettare.

Per-un-figlio-2Per un figlio racconta, dunque, la storia di tante donne che, al fine di garantire ai propri figli una vita dignitosa, sono costrette ad abbandonarli fin da piccoli per andare a vivere e lavorare all’estero. Da qui la decisione da parte del giovane regista di focalizzare l’attenzione esclusivamente sulla donna, secondo una messa in scena che rispecchia in tutto e per tutto le teorie del pedinamento zavattiniano. Ed ecco che ci troviamo di fronte ad un lungometraggio estremamente asciutto e realista, dove non v’è spazio per ogni qualsivoglia abbellimento, ma che ci mostra la cruda realtà così com’è. Ciò che vediamo è la quotidianità di una donna divisa tra un lavoro non facile e la gestione di un figlio adolescente che nutre nei suoi confronti non pochi rancori. Una donna che non sa come dividersi e che ogni giorno corre da una parte all’altra della cittadina con il proprio scooter, senza avere un attimo di tregua per sé stessa. La macchina da presa, dal canto suo, sembra allontanarsi dalla protagonista solo per mostrarci brevi stralci della vita del ragazzo fuori casa, insieme agli amici, nel tentativo di trovare un proprio posto nella società.

Per-un-figlio-1La storia di una singola persona che, però, è la storia di tanta gente costretta a fare scelte non sempre facili. Non a caso, dunque, la protagonista, Sunita, è l’unico personaggio ad essere identificato con un nome proprio. Tutti gli altri sono attori di una pièce che sembra ripetersi quasi quotidianamente, indipendentemente dal luogo o dal contesto in cui ci si trova. Una pièce che, in questo caso, è stata messa in scena grazie ad uno sguardo sì giovane, ma anche estremamente maturo e consapevole, per quanto riguarda il linguaggio cinematografico. Di conseguenza, Per un figlio rappresenta un ottimo esordio sulla scena di Katugampala, da sempre attento alle problematiche del suo paese di origine e che di sicuro ha in serbo non poche sorprese per il futuro.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE – SLAM – TUTTO PER UNA RAGAZZA di Andrea Molaioli

slam-e1479658803352-700x430TITOLO: SLAM: TUTTO PER UNA RAGAZZA; REGIA: Andrea Molaioli; genere: commedia; anno: 2016; paese: Italia; cast: Luca Marinelli, Jasmine Trinca, Ludovico Tersigni, Barbara Ramella; durata: 100′

SLAM: tutto per una ragazza, prodotto da Indigo Film con Rai Cinema, sarà distribuito nelle sale da Universal Pictures Italia dal 23 marzo.

Il film è stato presentato al 34mo TFF dal Trio Francesco Bruni, Ludovica Rampoldi e Andrea molaioli che hanno firmato una nuova  commedia italiana sulla gioventù e sul diventare adulti attingendo dall’omonimo romanzo del britannico Nick Hornby tradotto in Italia come TUTTO PER UNA RAGAZZA. Cosa viene fuori dall’humor inglese mescolato dai nostri tre autori in una commedia già vista nel recente Piuma di Roan Johnson anche lui per metà di origini inglesi? E’ cosa certa che gli adolescenti sono uguali a tutte le latitudini, soprattutto se debbono affrontare un evento come una gravidanza inaspettata.

11.SLAM-Tutto-per-una-ragazza_ZAY2140_foto-di-F.-Zayed_L.Marinelli-L.Tersigni-FILEminimizerIl protagonista se sullo skateboard è bravino, diventa imbranato nel dover fare il padre anzitempo. Se poi dalla nascita ha vissuto sempre con la madre con un padre che è un assente mattacchione, viene compreso dallo spettatore che tifa disperatamente per lui. La madre interpretata da Jasmine Trinca è anche lei goffa, e si stenta riconoscere in lei la protagonista della Stanza del Figlio e del drammatico Miele. Piuttosto rivediamo in lei con qualche anno di meno Margherita Buy che da tempo interpreta madri che si pongono come amiche dei figli. E’ il padre interpretato da un lanciatissimo Luca Marinelli che da respiro alla commedia che vira decisamente verso un humor più mediterraneo. Quello che incanta della pellicola è la MUSICA che fa da padrone per l’intera durata del film con una scelta accurata di brani di successo. Ma anche le riprese iniziali rasoterra dello skate board danno dinamicità alla storia, insieme ai continui flashback tra sogni, anzi incubi, che poi sistematicamente si trasformano in realtà.

slam-tutto-per-una-ragazza-nuove-foto-1Insomma siamo lontani da Andrea Molaioli, regista ricordiamo de La Ragazza del Lago, caso cinematografico vincitore di 10 David di Donatello. Nei panni del giovane ragazzo padre Ludovico Tersigni visto in L’estate addosso di Gabriele Muccino. Insieme alla protagonista femminile  Barbara Ramella vista in Non si ruba a casa dei ladri di Carlo Vanzina. Sembra che i due non abbiano avuto modo di riscaldarsi per immedesimarsi nelle parti loro assegnate se non verso la fine della commedia. Per pura curiosità segnaliamo che il titolo SLAM in gergo consolidato ricorda i rumori di sbattere, scagliare, scaraventare, nei fumetti il rumore di una porta chiusa con forza, nel gergo dello skateboarding, attività principale del nostro eroe, la caduta rovinosa al termine di un’evoluzione acrobatica!

VOTO: 5/10

Luigi Noera

LA RECENSIONE – LA VERITA’, VI SPIEGO, SULL’AMORE di Max Croci

coverlg_home (2)TITOLO: LA VERITA’, VI SPIEGO, SULL’AMORE; REGIA: Max Croci; genere: commedia; anno: 2017; paese: Italia; cast: Ambra Angiolini, Carolina Crescentini, Edoardo Pesce; durata: 92′

Nelle sale italiane dal 30 marzo, La verità, vi spiego, sull’amore è l’ultimo lungometraggio diretto da Max Croci, prodotto dalla Notorious Pictures e tratto dall’omonimo romanzo di Enrica Tesio.

Dora ha due figli piccoli, un lavoro ed una migliore amica. Il padre dei suoi bambini, dopo sette anni di convivenza, ha capito di non amarla più e da Torino si è trasferito a Milano. Non sarà facile, però, organizzare la gestione comune dei figli. Ad ogni modo, tra ritorni di fiamma, famiglie fuori dagli schemi, amicizie e nuovi amori la vita di Dora sembra ripartire col piede giusto.

44325Enrica Tesio, autrice del romanzo e indubbiamente dotata di uno spiccato senso dell’umorismo, ha aperto, dopo la separazione, un suo blog, dedicato alle mamme e alle storie d’amore. In molti, dunque, hanno parlato di scrittura terapeutica.Scrittura che, indubbiamente, ha aiutato molto l’autrice, ma che, se si pensa ad un eventuale prodotto destinato al grande schermo, non si sa quale efficacia possa avere ai giorni nostri.

Perché, di fatto, oggi come oggi ne abbiamo viste davvero di tutti i colori: dalle disavventure amorose in Sex and the city alle Desperate housewives, dalle varie Bridget Jones alle tante storie di mamme single ma con una grande forza di volontà dalla loro. Il tutto spesso narrato con ironia ed umorismo. Cosa può avere, dunque, di nuovo un lungometraggio come La verità, vi spiego, sull’amore, se – soprattutto dal punto di vista della messa in scena – non viene creato qualcosa che faccia sì che il prodotto in questione possa trovare una propria, marcata identità? A parte un giustificatissimo valore per chi ha ideato le storia, in realtà, ben poco. Soprattutto perché, volendoci concentrare anche solo sulla qualità del lavoro in sé, al solito ci troviamo a confrontarci inevitabilmente con quel solito, urticante buonismo che pare caratterizzare gran parte delle commedie italiane di grande distribuzione. Senza contare che anche i personaggi descritti sono talmente stereotipati da risultare quasi irreali e, ad ogni modo, poco credibili, troppo poco empatici, malgrado il tema trattato. Stesso discorso, purtroppo, vale per la protagonista stessa, interpretata da un’Ambra Angiolini in questo caso eccessivamente impostata.

5270a9025fEppure è facile prevedere un discreto successo al botteghino per questo lungometraggio di Croci. Che il pubblico abbia sempre e comunque voglia di certe storie, spesso a lui vicine? Che l’importante sia trascorrere un paio d’ore di intrattenimento senza pretesa alcuna? Ai posteri l’ardua sentenza.

VOTO: 4/10

Marina Pavido

 

LA RECENSIONE – INFEDELMENTE TUA di Preston Sturges

REX HARRISONTITOLO: INFEDELMENTE TUA; REGIA: Preston Sturges; genere: commedia; anno: 1948; paese: USA; cast: Rex Harrison, Linda Darnell; durata: 100′

Nelle sale italiane dal 30 marzo, ecco in versione restaurata – distribuito grazie a Lab80 ed al progetto Happy returns! che vede rimasterizzati in versione digitale alcuni grandi film del passato – Infedelmente tua, classico intramontabile firmato Preston Sturges.

Sir Alfred De Carter è un acclamato direttore d’orchestra, felicemente sposato con la dolce Daphne. Un giorno, però, poco dopo essere tornato da un lungo viaggio, l’uomo verrà a conoscenza tramite suo cognato del fatto che, molto probabilmente, sua moglie lo tradisce con il giovane segretario. Al via, da questo punto, una serie di equivoci e situazioni al limite del paradossale.

unfaithfullyyoursAnalogamente alle sinfonie di Rossini, di Wagner, di Haendel dirette da sir Alfred, ecco che i sentimenti del protagonista vengono messi in scena sul grande schermo assumendo, di volta in volta, toni e colori diversi. Il tutto seguendo una struttura ben delineata, in cui realtà e proiezioni mentali si alternano secondo uno schema predefinito e mantenendo un ritmo in costante crescendo per tutto il lungometraggio. Notevole, a tal proposito, la scena in cui Alfred tenta in modo alquanto maldestro di mettere in atto la propria vendetta. Notevole e, proprio perché priva di dialoghi con il solo protagonista a muoversi in modo impacciato per casa, ottimo esempio di cinema allo stato puro con le sole immagini a portare avanti la narrazione.

Unfaithfully_Yours-4Pur essendo ricordato Sturges più per altri generi cinematografici (come dimenticare il cult del western I magnifici sette?), bisogna ammettere che anche nell’ambito della commedia il cineasta americano è riuscito a distinguersi in modo più che dignitoso, dando vita, in questo caso nello specifico, ad una pellicola frizzante ed ironica, a tratti addirittura esilarante, che – grazie anche alla mimica facciale di uno straordinario Rex Harrison – di certo può essere considerata una vera e propria perla della Hollywood degli anni d’oro.

VOTO: 8/10

Marina Pavido