LA RECENSIONE – BOHEMIAN RHAPSODY di Bryan Singer

Bohemian-Rhapsody-film-3763-600x347TITOLO: BOHEMIAN RHAPSODY; REGIA: Bryan Singer; genere: biografico; paese: USA; anno: 2018; cast: Rami Malek, Ben Hardy, Gwilym Lee; durata: 134′

Nelle sale italiane dal 29 novembre, Bohemian Rhapsody è l’ultimo, attesissimo lavoro del regista Bryan Singer, nonché biopic del compianto Freddie Mercury, leader del gruppo musicale The Queen.

Il presente lavoro – prodotto da Brian May – segue per quindici anni la nota rock band inglese, dalla sua formazione nel 1970, fino al celebre Live Aid Concert del 1985, concentrando la sua attenzione proprio sulla figura di Mercury, impersonato per l’occasione dal giovane Rami Malek, il quale, oltre ad aver ottenuto una straordinaria somiglianza fisica con il cantante – con un trucco importante che non risulta mai posticcio né eccessivamente artefatto – ha esercitato un lungo e difficile lavoro su sé stesso, al fine di rendere al meglio sul grande schermo il suo impegnativo personaggio.

Cercando di evitare ogni pericolosa retorica, tipica dei biopic, Bohemian Rhapsody si apre con una bella carrellata a seguire che vede Mercury, rigorosamente di spalle, nel momento in cui, dopo essersi svegliato in casa sua, circondato dai numerosi gatti, si accinge a salire sul palco davanti al quale un’enorme folla di fan adoranti lo aspetta. Nel frattempo, la musica dei Queen fa il resto, oltre a un minuziosissimo lavoro di ricostruzione – inquadratura per inquadratura – di tutti i filmati riguardanti lo storico gruppo.

La peculiarità di un lungometraggio come il presente è, di fatto, quella di concentrarsi quasi esclusivamente sulla musica prodotta dal gruppo (memorabile, a tal proposito, la sequenza che ci mostra i quattro intenti a registrare in studio proprio la coraggiosa e sperimentale Bohemian Rhapsody), senza soffermarsi eccessivamente – ma, allo stesso tempo, trattando il tutto in modo adeguato – sulle vicende private dello stesso Mercury, dalla sua relazione con Mary Austin, alla scoperta della propria omosessualità, fino alla malattia.

Forte – come già è stato scritto – di una musica vincente, il presente lungometraggio vanta, accanto a una regia a tratti eccessivamente virtuosistica, un montaggio studiato fin nei minimi dettagli. il risultato finale è un prodotto decisamente coinvolgente, tra le più fedeli rappresentazioni di una delle icone della musica rock anni Settanta e Ottanta.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

13° FESTA DEL CINEMA DI ROMA – 7 SCONOSCIUTI A EL ROYALE di Drew Goddard

7 sconosciutiTITOLO: 7 SCONOSCIUTI A EL ROYALE; REGIA: Drew Goddard; genere: drammatico, commedia; paese: USA; anno: 2018; cast: Jeff Bridges, Cynthia Erivo, Dakota Johnson; durata: 141′

Presentato in anteprima – all’interno della Selezione Ufficiale – alla tredicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, 7 Sconosciuti a El Royale è l’ultimo lavoro del regista statunitense di Drew Godard, già apprezzato per Quella Casa nel Bosco.

Un hotel a cavallo tra la California e il Nevada. Un consierge timido e insicuro, dipendente dall’eroina. E poi, uno dopo l’altro, un arrogante agente segreto, un prete, una cantante blues e una nevrotica hippy. Fin dai primi minuti si respira tensione. Molta tensione. Una tensione che sta tanto a presagire l’imminente scoppio di una bomba. E la bomba, di fatto, non tarderà a scoppiare.

Con evidenti rimandi al cinema di Tarantino, di Hitchcock e – perché no? – anche di Sergio Leone, questo suo ultimo lungometraggio, seppur qualitativamente inferiore alla sopracitata opera prima, di fatto non ha deluso le aspettative. La storia messa in scena, dunque, è molto più complessa e intricata di quanto si possa pensare. Pian piano, però, tutto torna, quasi a formare, come tanti pezzi di un puzzle, un unico quadro, senza lasciare alcun elemento in sospeso, ma curando ogni cosa sin nel minimo dettaglio. Ad arricchire il tutto, una regia pulita, sapiente e che sta a giocare spesso con immagini simmetriche e riflessi: finti equilibri sul punto di disintegrarsi e false verità a cui ogni personaggio, di volta in volta, è portato a credere.

Ciò che, immediatamente dopo la visione di un prodotto come 7 Sconosciuti a El Royale salta agli occhi è soprattutto il fatto che lo stesso Goddard pare si sia divertito parecchio nel realizzare il presente lavoro, giocando sapientemente con lo spettatore e le sue suggestioni e lavorando soprattutto di montaggio. Un film, il suo, dai toni pulp che sì prende a esempio quanto già realizzato in passato, ma che, allo stesso tempo, riesce ad assumere un’identità tutta sua, classificandosi più come omaggio ai cineasti sopracitati che come risultato di diverse suggestioni dal passato. E questo, di certo, non è poco.

VOTO: 8/10

Marina Pavido

VENEZIA 75 – FIRST MAN di Damien Chazelle

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TITOLO: FIRST MAN; REGIA: Damien Chazelle; genere: biografico; paese: USA; anno: 2018; cast: Ryan Gosling, Claire Foy, Corey Stoll; durata: 135′

Presentato in concorso – e come film d’apertura – alla 75° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, First Man è l’ultimo lungometraggio del giovane e acclamato cineasta statunitense Damien Chazelle.

La storia qui messa in scena è quella dell’astronauta Neil Armstrong, uomo segnato da un grave lutto famigliare (la figlioletta è morta prematuramente), ma che, nonostante tutto, è riuscito a coronare un sogno e ad essere il primo uomo ad atterrare sulla Luna.

Tema interessante, dunque, questo scelto da Chazelle, il quale, reduce dal successo planetario del suo La La Land (che già aveva aperto il concorso veneziano nel 2016), ha certamente sentito il forte peso della responsabilità di non deludere le aspettative dei suoi estimatori. Il giovane autore, dunque, ha deciso di dare alla vita dell’astronauta un taglio del tutto personale, evitando ogni pericolosa retorica, tipica della maggior parte dei biopic. Ed ecco che, di punto in bianco, viene abbandonata (quasi) del tutto quell’estetica ricercata e patinatissima di La La Land, per lasciare spazio unicamente al protagonista e alle numerose e intense emozioni da lui vissute. Al via, dunque, primi e primissimi piani, dettagli di oggetti che ricordano un passato (non troppo) lontano e giochi di sguardi che ben sanno delineare i personaggi qui presentatici. A tal proposito, particolarmente degna di nota è l’interpretazione di Ryan Gosling, la quale potrebbe anche lasciar prevedere più di un premio importante.

Tali momenti intimisti, tuttavia, ben si amalgamano con scene adrenaliniche riguardanti lanci di astronavi, atterraggi mozzafiato e, non per ultimo, la stessa scena in cui vediamo il protagonista sbarcare sulla Luna. Momenti fortemente d’effetto, che, grazie anche al supporto di un valido – e mai invasivo – commento musicale, riescono a conferire all’intero lungometraggio un carattere del tutto personale.

Non mancano numerose citazioni, in questo ultimo lavoro di Chazelle. Ma d’altronde, si sa, nel momento in cui si mettono in scena scene nello spazio, anche solo un oggetto che fluttua nel vuoto non può non far pensare al glorioso 2001 – Odissea nello Spazio, del maestro Stanley Kubrick. Diamo a Cesare quel che è di Cesare!

VOTO: 7/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE – LA RAGAZZA DEI TULIPANI di Justin Chadwich

la-ragazza-dei-tulipani-1-696x298.jpg.pagespeed.ce.R6eglcX7d5TITOLO: LA RAGAZZA DEI TULIPANI; REGIA: Justin Chawich; genere: drammatico; paese: USA; anno: 2018; cast: Alicia Vikander, Christoph Waltz, Judy Dench; durata: 105′

Nelle sale italiane dal 6 settembre, La Ragazza dei Tulipani è l’ultimo lungometraggio del regista inglese Justin Chadwich, tratto dal best seller Tulip Fever, di Debora Moggach.

Amsterdam, 1636. La giovane Orfana Sophia accetta di sposare il ricco mercante Cornelis Sandvoort, il quale, a sua volta, desidera a tutti i costi un erede. Al fine di rendere felice la moglie, l’uomo assolderà il pittore Jan Van Loos, commissionandogli un ritratto. tra l’artista e la giovane Sophia, però, scoppierà ben presto la passione. A seguito di ciò, verranno ideati una serie di complessi inganni che cambieranno le vite di ognuno di loro.

Un importante cast (Alicia Vikander in primis, nel ruolo della protagonista, ma anche Christoph Waltz e, non per ultima, la grande Judy Dench) per un’importante trasposizione, sulla quale sembra si sia puntato parecchio. E, di fatto, i buoni risultati ci sono: non è solo uno script tutto sommato pulito (all’interno del quale, tuttavia, si sarebbe necessitato di una caratterizzazione più esaustiva del personaggio di Cornelis) a far si che il risultato finale sia complessivamente convincente, ma soprattutto la ricostruzione fedele degli ambienti, grazie alla quale possiamo ammirare una Amsterdam dai mille volti, dove forti sono le tradizioni e dove il dislivello tra ricchi e poveri è purtroppo troppo marcato.

Ed ecco che, di fronte a ciò, la passione stessa tra la protagonista e il giovane pittore sembra passare quasi in secondo piano, troppo banale, già vista troppe volte e, soprattutto, penalizzata dal fatto che il pubblico, alla fin fine, non riesce realmente a empatizzare con nessuno dei due personaggi.

Ciò che rappresenta il vero punto di forza di un lungometraggio come La Ragazza dei Tulipani (oltre a ritmi sorprendentemente coinvolgenti e, di quando in quando, a un interessante utilizzo del montaggio alternato) è, dunque, proprio il suggestivo ritratto di un’epoca: una porzione di storia europea che ha inevitabilmente influenzato il destino di una nazione come l’Olanda e che, magari, avrebbe potuto essere ulteriormente approfondita proprio nella descrizione di avvenimenti storici esterni (ma non troppo) alle vicende dei personaggi stessi.

VOTO: 6/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE: RABBIA FURIOSA – ER CANARO di Sergio Stivaletti

rabbiafuriosaTITOLO: RABBIA FURIOSA – ER CANARO; REGIA: Sergio Stivaletti; genere: thriller; paese: Italia; anno: 2018; cast: Riccardo de Filippis, Romina Mondello, Virgilio Olivari; durata: 116′

Roma, quartiere Portuense, 18 febbraio 1988. Il toelettatore Pietro De Negri, detto “Er Canaro della Magliana”, uccide, dopo ore e ore di torture, il pugile Giancarlo Ricci. I due, amici e complici da anni, avevano architettato tempo prima una rapina, di cui era stato accusato solamente De Negri, e il forte rancore covato da quest’ultimo nei confronti di Ricci, lo porterà a compiere uno dei delitti più efferati d’Italia. Un delitto, ancora oggi, tristemente impresso nella memoria collettiva.

Ed ecco che, a trent’anni di distanza, sono ben due le pellicole cinematografiche a ispirarsi a tale fatto di cronaca. Se, infatti, da un lato, Matteo Garrone ha presentato in concorso alla 71° edizione del Festival di Cannes il suo Dogman (che ha visto la vittoria dell’esordiente Marcello Fonte, premiato con la Palma d’Oro alla Miglior Interpretazione Maschile), appena poche settimane dopo – e precisamente dal 7 giugno 2018 – vediamo in palinsesto un ulteriore prodotto che verte sul tema, realizzato questa volta dal maestro degli effetti speciali Sergio Stivaletti. Stiamo parlando di Rabbia Furiosa – Er Canaro, il quale differisce parecchio nella forma dal lavoro di Garrone, dimostrandosi, pertanto, una delle numerose, possibili declinazioni della Settima Arte nel momento in cui si vuol mettere in scena un determinato argomento.

Interessante sorpresa, dunque, questa presentataci da Stivaletti, il quale, forte della sua maestria nel campo degli effetti speciali e, non per ultima, della sua propensione verso lo splatter, ci ha regalato una rilettura del delitto del Canaro del tutto soggettiva, ma mai scontata. Se, infatti, i suoi precedenti lavori si sono contraddistinti (anche) per la violenza e i relativi spargimenti di sangue, questo suo Rabbia Furiosa prevede sì momenti del genere, ma è anche vero che relega questi agli ultimi minuti del lungometraggio stesso, prediligendo per quasi l’intera durata toni da thriller classico. Il risultato finale è un giustamente auspicato crescendo di tensione, smorzato, tuttavia, dal fatto di aver tirato un po’ troppo per le lunghe tutti i momenti che precedono il tanto atteso climax. Poco male, però. Ciò che alla fine arriva allo spettatore è l’interessante ricostruzione – senza edulcorazione alcuna – non soltanto di un fatto di cronaca, ma anche – e soprattutto – di uno spaccato di società odierno. A tal proposito, particolarmente interessante l’ambientazione scelta dal regista: con il quartiere del Mandrione sullo sfondo – che tanto sta a ricordare le location di alcuni film di Pier Paolo Pasolini, a cui viene anche fatto riferimento – vediamo una rilettura dei fatti in chiave contemporanea. Scelta, questa, dovuta anche a motivi di budget, ma che è stata ben gestita fin dall’inizio, rivelandosi infine del tutto azzeccata.

Se c’è, tuttavia, un qualcosa che nel presente lavoro di Stivaletti risulta particolarmente degno di nota, è il montaggio alternato che vede scene di violenza da parte del Pugile unite a momenti di tranquilla vita lavorativa del Canaro: gesti simili con uso di strumenti diversi ben si sposano con le note dell’aria Largo al Factotum de Il Barbiere di Siviglia come commento musicale. Ed è, dunque, (anche) con un copioso utilizzo del montaggio alternato, unito a dissolvenze incrociate che ci mostrano interessanti similitudini tra il Canaro e i suoi amici a quattro zampe (unici esseri viventi a cui il protagonista si sente realmente affine) che Sergio Stivaletti si è divertito a lasciare la propria firma.

Un lavoro di tutto rispetto, dunque, questo Rabbia Furiosa, il quale, tuttavia, poco convince nel momento in cui vengono realizzate poco appropriate scene oniriche che ci mostrano il protagonista e la sua cagnolina Bea mentre giocano spensierati sui prati. Scelte, queste, sempre rischiose, che spesso e volentieri finiscono per dare al tutto un che di stucchevole che – come in questo caso – mal si amalgama a un lavoro complessivamente dignitoso.

Ultima considerazione: se in Dogman Marcello Fonte si è rivelato una vera e propria sorpresa, nel presente Rabbia Furiosa, Riccardo de Filippis (nel ruolo del Canaro) altro non ha fatto che confermare ancora una volta il proprio talento. Un’altra delle (non poche) chicche di questa ultima fatica di Stivaletti.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

OSCAR 2018 – I PREMI

5a3af92ee01a4.image_Si è appena conclusa la cerimonia di premiazione degli Oscar 218 con la vittoria di La Forma dell’Acqua come Miglior Film, proclamata da Faye Dunaway e Warren Beatty. La pellicola, candidata a ben 13 premi Oscar, ne ha vinti quattro, ma non è l’unico titolo ad aver ottenuto un buon numero di statuette: altrettanto successo ha avuto, ad esempio, Tre Manifesti a Ebbing, MIssouri, così come Coco, vincitore sia dell’Oscar al Miglior Film d’Animazione che l’Oscar alla Miglior Canzone (Remember Me).

Di seguito, tutti i premi di questa edizione degli Oscar 2018:

Miglior film

La forma dell’acqua

Miglior regia

Guillermo del Toro, La forma dell’acqua

Miglior attore protagonista

Gary Oldman, L’ora più buia

Miglior attrice protagonista

Frances McDormand, Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Miglior attore non protagonista

Sam Rockwell, Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Miglior attrice non protagonista

Allison Janney, Io, Tonya

Miglior film d’animazione

Coco

Miglior documentario

Icarus

Miglior film straniero

A Fantastic Woman

Miglior sceneggiatura originale

Get Out

Miglior cortometraggio documentario

Heaven is a Traffic Jam on the 405

Miglior canzone

“Remember me”, Coco

Miglior sceneggiatura non originale

Chiamami col tuo nome

Migliori costumi

Il filo nascosto

Miglior trucco e acconciature

L’ora più buia

Migliore scenografia

La forma dell’acqua

Miglior cortometraggio

The Silent Child

Miglior montaggio sonoro (“sound mixing”)

Dunkirk

Miglior effetti speciali (“visual effects”)

Blade Runner 2049

Miglior fotografia

Blade Runner 2049

Miglior sonoro (“sound editing”)

Dunkirk

Miglior cortometraggio animato

Dear Basketball

Miglior colonna sonora originale

La forma dell’acqua

Miglior montaggio

Dunkirk

OSCAR 2018 – PRONOSTICI E ANTICIPAZIONI

oscar-2018Anche quest’anno ci siamo! Tra polemiche, sorprese e conferme di ogni genere, tra poco inizierà l’attesa Cerimonia di Premiazione presso il Dolby Theatre di Los Angeles, condotta, come l’anno scorso, dal comico Jimmy Kimmel.

Se lo scorso anno è stato La La Land di Damien Chazelle ad accaparrarsi ben quattordici nomination, anche quest’anno abbiamo un titolo che quasi lo ha eguagliato: La Forma dell’Acqua, diretto da Guillermo Del Toro e vincitore del Leone d’Oro alla 74° edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Ma il festival lidense ha sfornato anche un altro lungometraggio che potrebbe ricevere non poche statuette. Stiamo parlando di Tre Maifesti a Ebbing, Mossouri, prima produzione statunitense dell’irlandese Martin McDonagh, dove ad una sceneggiatura impeccabile si affianca anche un cast in stato di grazia.

E se a contendersi le ambite statuette sono anche un film italiano (Chiamami col tuo nome, di Luca Guadagnino) e – finalmente! – un film horror (Get Out di Jordan Peele), siamo certi che ne vedremo delle belle.

Vi ricordiamo che la cerimonia potrà essere seguita su Sky CinemaOscar HD o in chiaro su TV8, mentre, per chi desiderasse seguire il tutto da pc, smartphone o tablet, potrà usufruire della piattaforma SkyGo (previo abbonamento Sky) o gratis sul sito di TV8.

In attesa di conoscere i nomi dei vincitori, ecco l’elenco di tutte le Nomination per questi Oscar 2018. In grassetto, troverete i probabili vincitori, mentre in corsivo i vincitori da noi auspicati. Restate con noi per il resoconto finale di questa Notte degli Oscar 2018! Buon Cinema a tutti!

MIGLIOR FILM

Chiamami col tuo nome
Dunkirk
Get Out
Il filo nascosto
Lady Bird
La forma dell’acqua
L’ora più buia
The Post
Tre manifesti a Ebbing, Missouri

MIGLIOR REGIA

Christopher Nolan, Dunkirk
Greta Gerwig, Lady Bird
Paul Thomas Anderson, Il filo nascosto
Guillermo del Toro, La forma dell’acqua
Jordan Peele, Get Out

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA

Daniel Day-Lewis, Il filo nascosto
Daniel Kaluuya, Get Out
Denzel Washington, Roman J. Israel, Esq.
Gary Oldman, L’ora più buia
Timothée Chalamet, Chiamami col tuo nome

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA

Frances McDormand, Tre manifesti a Ebbing, Missouri
Margot Robbie, Io, Tonya
Meryl Streep, The Post
Sally Hawkins, La forma dell’acqua
Saoirse Ronan, Lady Bird

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA

Christopher Plummer, Tutti i soldi del mondo
Richard Jenkins, La forma dell’acqua
Sam Rockwell, Tre manifesti a Ebbing, Missouri
Willem Dafoe, The Florida Project
Woody Harrelson, Tre manifesti a Ebbing, Missouri

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA

Allison Janney, Io, Tonya
Laurie Metcalf, Lady Bird
Lesley Manville, Il filo nascosto
Mary J. Blige, Mudbound
Octavia Spencer, La forma dell’acqua

MIGLIOR FILM D’ANIMAZIONE

Baby Boss
Coco
Loving Vincent
Ferdinand
The Breadwinner

MIGLIOR DOCUMENTARIO

Abacus: Small Enough to Jail
Faces Places
Icarus
Strong Island
Last man in Aleppo

MIGLIOR FILM STRANIERO

A Fantastic Woman
Loveless
The Insult
On body and soul
The Square

MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE

Get Out
Lady Bird
La forma dell’acqua
The Big Sick
Tre manifesti a Ebbing, Missouri

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO DOCUMENTARIO

Edith+Eddie
Heaven is a Traffic Jam on the 405
Heroin(e)
Knife Skills
Traffic Stop

MIGLIOR CANZONE

“Mighty River”, Mudbound
“Mystery of Love”, Chiamami col tuo nome
“Remember me”, Coco
“Stand Up for Something”, Marshall
“This is me”, The Greatest Showman

MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE

Chiamami col tuo nome
Logan
Molly’s Game
Mudbound
The Disaster Artist

MIGLIORI COSTUMI

Il filo nascosto
La bella e la bestia
La forma dell’acqua
L’ora più buia
Victoria & Abdul

MIGLIOR TRUCCO E ACCONCIATURE

L’ora più buia
Victoria & Abdul
Wonder

MIGLIORE SCENOGRAFIA

Blade Runner 2049
La Bella e la Bestia
Dunkirk
La forma dell’acqua
L’ora più buia

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO

DeKalb Elementary
My Nephew Emmett
The Eleven O’Clock
The Silent Child
Watu Wote/All of Us

MIGLIOR MONTAGGIO SONORO

Baby Driver
Blade Runner 2049
Dunkirk
La forma dell’acqua
Star Wars: Gli ultimi Jedi

MIGLIORI EFFETTI SPECIALI

Blade Runner 2049
Guardiani della Galassia: Vol. 2.
Kong: Skull Island
Star Wars: Gli ultimi Jedi
The War – Il pianeta delle scimmie

MIGLIOR FOTOGRAFIA

Blade Runner 2049
Dunkirk
La forma dell’acqua
L’ora più buia
Mudbound

MIGLIOR SONORO

Baby Driver
Blade Runner 2049
Dunkirk
La forma dell’acqua
Star Wars: Gli ultimi Jedi

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO ANIMATO

Dear Basketball
Garden Party
Lou
Negative Space
Revolting Rhymes

MIGLIOR COLONNA SONORA ORIGINALE

Dunkirk
Il filo nascosto
La forma dell’acqua
Star Wars: Gli ultimi Jedi
Tre manifesti a Ebbing, Missouri

MIGLIOR MONTAGGIO

Baby Driver
Dunkirk
Io, Tonya
La forma dell’acqua
Tre manifesti a Ebbing, Missouri

LA RECENSIONE – DARK NIGHT di Tim Sutton

dark-night-633x356TITOLO: DARK NIGHT; REGIA: Tim Sutton; genere: drammatico; paese: USA; anno: 2016; cast: Robert Jumper, Eddie Cacciola, Aaron Purvis; durata: 85′

Nelle sale italiane dal 1° marzo, Dark night è l’ultimo lungometraggio del regista-rivelazione Tim Sutton, presentato in anteprima alla 73° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Orizzonti.

Il film è ispirato ad un recente fatto di cronaca avvenuto il 20 luglio 2012, quando, all’interno di un cinema in Colorado, durante la proiezione di mezzanotte di The Dark Knight Rises di Christopher Nolan, un ragazzo ha sparato con diverse armi da fuoco contro gli spettatori presenti in sala, provocando la morte di dodici persone e ferendone una settantina. Ciò che Sutton mette in scena sono sei storie di sei ragazzi coinvolti nella sparatoria – compreso il killer – ambientate nelle ore immediatamente precedenti l’avvenimento.

Ciò che maggiormente colpisce di un lungometraggio come Dark Night è la straordinaria maturità artistica del regista – il quale aveva già avuto modo di farsi conoscere ed apprezzare con Pavillion (2012) e Memphis (2013), anch’esso presentato a Venezia. Con un sapiente uso del montaggio alternato (come lo stesso David W. Griffith insegna), le storie dei sei ragazzi viaggiano in parallelo, con un crescendo emotivo che ci fa pensare che chiunque dei sei possa diventare il futuro carnefice. L’andamento registico e narrativo, tuttavia, facendo da contrappunto al tema trattato, è sorprendentemente, ma anche necessariamente contemplativo, quasi come se volesse rappresentare la noia ed il nichilismo dei giovani protagonisti, i quali hanno tutti in comune un forte bisogno di scosse, di un qualcosa che rivoluzioni le loro stesse esistenze. Tale quiete, sapientemente messa in scena, fa nascere, volutamente, una certa tensione nello spettatore, il quale, perfettamente a conoscenza di ciò che sta per avvenire, sa che essa stessa non durerà per sempre.

I giovani raccontati da Sutton ricordano tanto alcuni lungometraggi di Larry Clark, e, malgrado uno stile registico totalmente diverso, viene anche da pensare, data la struttura narrativa adoperata ed una scena in particolare in cui uno dei ragazzi è impegnato a giocare con un violento videogioco, al bellissimo Elephant di Gus van Sant, in cui veniva raccontata una sparatoria all’interno di un liceo americano.

Ed ecco che, ancora una volta, Tim Sutton non delude le aspettative. Il regista e fotografo statunitense ha tutte le carte in regola per entrare ben presto a far parte dell’Olimpo dei Grandi. Non resta che attendere con impazienza, dunque, i suoi lavori futuri.

VOTO: 8/10

Marina Pavido

45 LE OPERE SELEZIONATE ALLA TERZA EDIZIONE DELL’IVELISECINEFESTIVAL

IvelisecinefestivalRicevo e volentieri pubblico

Saranno 45 le opere cinematografiche che andranno in concorso alla terza edizione dell’IveliseCinefestival, festival di corti e documentari, prodotto dal Teatro Ivelise e dall’Associazione Culturale Allostatopuro ed organizzato con il patrocinio di ACSI e Metis Teatro ed in collaborazione con il Teatro Kopò ed il Caffè Letterario Mangiaparole. La manifestazione si svolgerà, con una proiezione parallela, nei giorni 30 novembre e 1-2 dicembre non solo al Teatro Ivelise, ma anche in altre sedi artistiche della Capitale: il Nuovo Teatro Kopò, il Caffè Letterario Mangiaparole e l’Associazione Culturale Metis Teatro. Domenica 3 dicembre, sul palco dell’Ivelise, si svolgerà la premiazione delle opere vincitrici con, a seguire, la tavola rotonda di “chiusura festival”, tra finalisti, addetti stampa e membri della Giuria.

Le categorie di genere che si sono costituite sono:

  • Documentario
  • Fantasy
  • Tematica Sociale
  • Drammatico
  • Commedia
  • Horror/Thriller/Psicologico

Anche quest’anno il pubblico dell’IveliseCinefestival sarà partecipativo, in quanto, costituirà Giuria Popolare, avendo la possibilità di votare la “Migliore Opera a Categoria di Genere” nelle giornate del 30 novembre e del 1° dicembre.

Come per le precedenti edizioni, ricordiamo che si è costituita una Giuria di Esperti, composta da nomi illustri del panorama cinematografico italiano e internazionale. Quest’anno i membri della Commissione sono: Massimiliano Bruno (Regista, Sceneggiatore e Attore, nonché Presidente della Giuria), Alessandro Pesci (Direttore della Fotografia), Marta Gervasutti (Regista e Sceneggiatrice), Luigi Parisi (Regista), Vincent Riotta (Attore), Sarah Maestri (Attrice e Conduttrice Televisiva) e Francesco Bruschettini (Produttore Cinematografico). Saranno loro a decretare: la Miglior opera fra tutte, la Miglior Regia, la Miglior Sceneggiatura, la Miglior Fotografia, il Miglior Montaggio, il Miglior Attore e la Migliore Attrice protagonisti, il Miglior Attore e la Migliore Attrice non protagonisti.

La grande novità, introdotta dalla seconda edizione del festival, sono le Nomination, quattro per ogni singolo premio, decretate sempre dalla Commissione di Esperti.

Pagine FACEBOOK:  https://www.facebook.com/ivelisecinefestival/ https://www.facebook.com/teatroivelise?fref=ts

CONTATTI:

Ufficio Stampa: Marina Pavido ivelise.press@gmail.com

Associazione: allostatopuro.associazione@gmail.com Ivelisecinefestival: ivelise.progetto@gmail.com

12° FESTA DEL CINEMA DI ROMA – LOGAN LUCKY di Steven Soderbergh

DSC_3663.nefTITOLO: LOGAN LUCKY; REGIA: Steven Soderbergh; genere: commedia; paese: USA; anno: 2017; cast: Channing Tatum, Adam Driver, Daniel Craig, Hilary Swank; durata: 118′

Presentato in anteprima, all’interno della Selezione Ufficiale, alla 12° edizione della Festa del Cinema di Roma, Logan Lucky è l’ultimo lavoro del celebre cineasta statunitense Steven Soderbergh.

La storia raccontataci è quella di due fratelli: Jimmy e Clyde Logan. Il primo è separato, ha una figlioletta che adora ed è appena stato licenziato, mentre il secondo, in seguito alla perdita di un braccio durante una missione in Iraq, gestisce un bar. Al fine di risollevare le proprie sorti economiche, i due progettano una rapina alla Charlotte Motor Speedway, durante una corsa di auto, e, al fine di realizzare ciò, radunano un gruppo di vecchi amici (uno di loro viene addirittura aiutato ad evadere, per un solo giorno, dal carcere). Il piano sembra perfetto, gli imprevisti, tuttavia, sono sempre dietro l’angolo.

Basterebbe solo una sommaria lettura della sinossi per essere catturati fin da subito da questo ultimo lavoro di Soderbergh. Ed il bello è che, una volta entrati nel vivo della vicenda, il tutto si rivela come inizialmente auspicato: una singolare storia di una banda sgangherata ma, a suo modo, affiatata, ricca di colpi di scena, dai ritmi giusti e, soprattutto, con riuscite gag e momenti di pura ilarità. Merito di uno script inattaccabile? Indubbiamente. Eppure, come è ovvio, anche la regia – unita ad un montaggio (realizzato, come di consueto, dallo stesso Soderbergh) ed alle musiche giuste – fa sì che il prodotto non viva neanche un minuto di stanca, ma che, al contrario, veda al suo interno un vero e proprio crescendo. Particolarmente riusciti, ad esempio, la scena in cui i carcerati chiedono, in cambio del rilascio di tre guardie tenute come ostaggi, gli ultimi capitoli della saga letteraria Il Trono di Spade o il momento in cui, durante la rapina, il braccio finto di Clyde viene risucchiato da un bocchettone per l’aria. Lo stesso Soderbergh, come si può facilmente immaginare, pare si sia divertito non poco nella realizzazione di questo suo ottimo progetto e, per l’occasione, non ha esitato nemmeno ad auto-citarsi, quando in televisione si parla della rapina chiamando la banda “Ocean’s Seven-Eleven” (dal nome della nota catena di supermercati).

Un cast stellare e ben affiatato – capeggiato da Channing Tatum e da Adam Driver nel ruolo dei fratelli Lucky, insieme a Daniel Craig, Hilary Swank e Seth MacFarlane – si dimostra, inoltre, perfettamente a proprio agio nel progetto, dando vita a personaggi che potrebbero facilmente, in breve tempo, entrare a far parte dell’immaginario collettivo.

Che cos’è, dunque, questo ultimo lavoro di Steven Soderbergh? A pensarci bene, lo si potrebbe quasi definire una vera e propria corsa sulle montagne russe, dove raramente si riesce a tirare il fiato (salvo alcuni momenti di “pausa”, come quando la figlia di Jimmy canta una canzone dedicata al padre durante un concorso scolastico), ma che, al suo termine, fa sì che ci si senta pienamente soddisfatti e carichi di adrenalina. Una visione che dura quasi due ore, ma che va giù come un bicchiere d’acqua fresca. Un’esperienza consigliata a grandi e piccini. A chi lo vedrà, buon divertimento!

VOTO: 8/10

Marina Pavido