LA RECENSIONE – DARK NIGHT di Tim Sutton

dark-night-633x356TITOLO: DARK NIGHT; REGIA: Tim Sutton; genere: drammatico; paese: USA; anno: 2016; cast: Robert Jumper, Eddie Cacciola, Aaron Purvis; durata: 85′

Nelle sale italiane dal 1° marzo, Dark night è l’ultimo lungometraggio del regista-rivelazione Tim Sutton, presentato in anteprima alla 73° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Orizzonti.

Il film è ispirato ad un recente fatto di cronaca avvenuto il 20 luglio 2012, quando, all’interno di un cinema in Colorado, durante la proiezione di mezzanotte di The Dark Knight Rises di Christopher Nolan, un ragazzo ha sparato con diverse armi da fuoco contro gli spettatori presenti in sala, provocando la morte di dodici persone e ferendone una settantina. Ciò che Sutton mette in scena sono sei storie di sei ragazzi coinvolti nella sparatoria – compreso il killer – ambientate nelle ore immediatamente precedenti l’avvenimento.

Ciò che maggiormente colpisce di un lungometraggio come Dark Night è la straordinaria maturità artistica del regista – il quale aveva già avuto modo di farsi conoscere ed apprezzare con Pavillion (2012) e Memphis (2013), anch’esso presentato a Venezia. Con un sapiente uso del montaggio alternato (come lo stesso David W. Griffith insegna), le storie dei sei ragazzi viaggiano in parallelo, con un crescendo emotivo che ci fa pensare che chiunque dei sei possa diventare il futuro carnefice. L’andamento registico e narrativo, tuttavia, facendo da contrappunto al tema trattato, è sorprendentemente, ma anche necessariamente contemplativo, quasi come se volesse rappresentare la noia ed il nichilismo dei giovani protagonisti, i quali hanno tutti in comune un forte bisogno di scosse, di un qualcosa che rivoluzioni le loro stesse esistenze. Tale quiete, sapientemente messa in scena, fa nascere, volutamente, una certa tensione nello spettatore, il quale, perfettamente a conoscenza di ciò che sta per avvenire, sa che essa stessa non durerà per sempre.

I giovani raccontati da Sutton ricordano tanto alcuni lungometraggi di Larry Clark, e, malgrado uno stile registico totalmente diverso, viene anche da pensare, data la struttura narrativa adoperata ed una scena in particolare in cui uno dei ragazzi è impegnato a giocare con un violento videogioco, al bellissimo Elephant di Gus van Sant, in cui veniva raccontata una sparatoria all’interno di un liceo americano.

Ed ecco che, ancora una volta, Tim Sutton non delude le aspettative. Il regista e fotografo statunitense ha tutte le carte in regola per entrare ben presto a far parte dell’Olimpo dei Grandi. Non resta che attendere con impazienza, dunque, i suoi lavori futuri.

VOTO: 8/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA: BANG GANG di Eva Husson

bang-gang-03TITOLO: BANG GANG; REGIA: Eva Husson; genere: drammatico; anno: 2016; paese: Francia; cast: Finnegan Oldfield, Marilyn Lima, Lorenzo Lefèbvre; durata: 98′

Presentato in anteprima durante la rassegna Rendez-vous con il Nuovo Cinema Francese, che proprio in questi giorni sta avendo luogo in diverse città d’Italia, Bang Gang è il lungometraggio d’esordio della giovane regista Eva Husson.

George e Laetitia sono due adolescenti, amiche per la pelle, annoiate, spaesate a causa dei cambiamenti tipici della loro età ed alle prese con i primi amori.Un giorno si recano a casa di due loro compagni di classe e da quel momento avranno inizio i loro singolari incontri basati su alcool, droghe e sesso.

bang gang 2Ispirato ad un fatto di cronaca avvenuto negli Stati Uniti intorno alla metà degli anni Novanta, l’opera prima della Husson racconta in modo trasversale l’adolescenza, età difficile e di cambiamento, in cui essere accettati dai propri coetanei e sentirsi, in qualche modo, amati, assume un’importanza centrale nella quotidianità. I personaggi qui raccontati sono, appunto, ragazzi allo sbando, estremamente fragili, che per riempire le loro giornate e sentirsi – per così dire – trasgressivi, giocano con il fuoco, anche a rischio di rimetterci la salute.

313415Un po’ di Gus van Sant, una generosa dose di Larry Clark. Il film di Eva Husson si può riassumere in questa breve descrizione. Al di là dell’interesse per il fatto di cronaca, infatti, nulla di particolarmente nuovo viene messo in scena. L’impressione è quella di un déjà vu, di una sorta di collage di numerose pellicole che più e più volte hanno trattato l’argomento in questione. Il nichilismo, vero protagonista del lungometraggio, fa sì che lo spettatore non riesca ad empatizzare fino in fondo con nessuno dei giovani protagonisti. Effetto, questo, sicuramente voluto, ma che fa sì che ne risenta, alla fine, l’intero film. Peccato, perché – come spesso accade – pur essendo il fatto di cronaca in sé di grande interesse, non sempre la sua trasposizione sullo schermo riesce a rendere al meglio ciò che si vuole raccontare.

Medium-a254a167-91c4-40c2-b5c8-4765f57daa49Uno dei maggiori pregi del lungometraggio è, però, una regia magistrale, che addirittura sorprende, dal momento che stiamo parlando di un’opera prima. La macchina da presa, mediante intensi primi piani dei protagonisti, racconta in modo singolare ed intenso le emozioni che attraversano i loro animi di adolescenti. Senza dimenticare immagini particolarmente poetiche, come il tramonto visto dal fiume che attraversa la cittadina, con il ponte che si rispecchia sull’acqua, mentre George e Gabriel si accingono a tornare a casa.

Eva Husson si è senza dubbio rivelata una regista dal precoce talento. E – benché Bang Gang non sia un film particolarmente nuovo ed entusiasmante – ciò presuppone la produzione, in futuro, di opere certamente più interessanti e ben realizzate.

VOTO: 6/10

Marina Pavido