LA RECENSIONE – OTZI E IL MISTERO DEL TEMPO di Gabriele Pignotta

otzi.jpgTITOLO: ÖTZI E IL MISTERO DEL TEMPO; REGIA: Gabriele Pignotta; genere: fantastico; paese: Italia; anno: 2018; cast: Michael Smiley, Diego Delpiano, Alessandra Mastronardi; durata: 90′

Nelle sale italiane dall’8 novembre, Ötzi e il Mistero del Tempo è l’ultimo lungometraggio del regista e sceneggiatore Gabriele Pignotta.

Kip ha undici anni e vive con il padre a Bolzano. Sua madre era un’importante antropologa e il ragazzo, sentendo la sua mancanza, si reca spesso al museo della sua città – insieme ai suoi inseparabili amici – per vedere la mummia Ötzi, che era solito visitare con sua mamma. Un giorno, però, accade qualcosa di strano: la mummia si risveglia e inizia a rigenerarsi. I due diventeranno grandi amici e impareranno molto l’uno dall’altro, finché non arriverà chi tenterà di catturare lo stesso Ötzi, al fine di rubargli il segreto per fermare il tempo.

Più che un semplice fantasy, un interessante romanzo di formazione, questo lavoro di Pignotta. Distinguendosi, infatti, principalmente per il respiro internazionale, oltre a un cast per metà italiano per metà statunitense, il presente lungometraggio non può non far pensare a prodotti come I Goonies o Stand by me, che, come tutti sappiamo, sono diventati dei veri e propri cult della storia del cinema.

Ciò che, tuttavia, per nulla convince, è proprio lo stesso script, che vede la presenza di dialoghi il più delle volte vuoti o che tendono a doppiare le immagini, oltre a effetti speciali e scelte registiche a volte pacchiane e raffazzonate, che contribuiscono a far perdere di credibilità al tutto.

Peccato, dunque, che un’idea che tanto sta a discostarsi da ciò che offre il panorama cinematografico italiano sia, in realtà, così buttata via. Eppure, le idee ci sono. Bisognerà aspettare solo i futuri lavori del regista per vedere che strada prenderanno.

VOTO: 5/10

Marina Pavido

20° FAR EAST FILM FESTIVAL – ON HAPPINESS ROAD di Sung Hsin Yin

on happiness roadTITOLO: ON HAPPINESS ROAD; REGIA: Sung Hsin Yin; genere: animazione; paese: Taiwan; anno: 2017; durata: 111′

Presentato in anteprima europea alla 20° edizione del Far East Film Festival di Udine, On Happiness Road è un interessante lavoro di animazione della regista taiwanese Sung Hsin Yin.

Con una forte componente autobiografica, il lavoro ci racconta le vicende di Lin Shu-chi, la quale, dopo essere venuta a conoscenza della morte di sua nonna, decide di tornare per un periodo nella cittadina taiwanese dove è nata e cresciuta – precisamente in via Felicità – e che aveva abbandonato soltanto in età adulta per trasferirsi negli Stati Uniti. L’incontro con i suoi genitori e con alcuni amici d’infanzia l’aiuteranno a riflettere sulla sua vita e sui suoi desideri.

E così, con continui flashback e numerose scene oniriche, le vicende della giovane Chi vanno di pari passo con la storia del Taiwan stesso, con la sua politica, la sua cultura, i suoi movimenti studenteschi e le sue disgrazie. Un lungometraggio sentito e personalissimo, in cui si ripercorrono quarant’anni di storia di un’intera nazione, senza la pretesa di voler lanciare a tutti i costi un preciso messaggio politico, ma dove la messa in scena si fa espressione semplice e diretta di un grande amore nei confronti del proprio paese e delle proprie origini. Origini che, ovviamente, vengono intese anche nell’accezione di vere e proprie tradizioni popolari (particolarmente emblematico, a tal proposito, il personaggio della nonna di Chi, aborigena taiwanese che, come vediamo durante i flashback, ogni volta che va a trovare l’adorata nipote, non fa che presentarle nuove, bizzarre usanze).

Una riflessione particolare, inoltre, merita la realizzazione grafica. Particolarmente suggestiva l’animazione in 2D che prevede fondali realizzati con acquerelli dai toni prevalentemente pastello che contrastano sapientemente con figure dai contorni netti e ben delineati. Per non parlare dei momenti onirici o riguardanti l’immaginario di Chi bambina, dove i contorni spariscono del tutto, le immagini e i personaggi di fanno mutanti e non mancano raffinati riferimenti all’immaginario fiabesco che stanno a ricordarci che, in fondo, nessuno – né la protagonista, né tantomeno noi – ha in realtà mai smesso di essere bambino.

Ed ecco che – con un lungometraggio in cui, per certi versi, si sente forte l’influenza di lavori come Pioggia di Ricordi (1991) o I miei Vicini Yamada (1999), entrambi del maestro Isao Takahata e a cui, forse, si può rimproverare una sceneggiatura che tende a farsi leggermente più sfilacciata man mano che ci si avvicina al finale – il mondo dell’animazione taiwanese ha trovato una degna rappresentante in Sung Hsin Yin, la quale, con grande sensibilità e un lirismo di fondo tipico della cultura orientale, ha saputo mettere in scena una storia personale e universale allo stesso tempo, la storia di una singola persona e quella di un’intera nazione, apologia degli affetti, delle tradizioni e degli antichi valori, che vede in un singolare rapporto nonna-nipote una perfetta connessione tra presente e passato, tra sé stessi e il resto del mondo. Una strada sicura per la felicità.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE – 15:17 ATTACCO AL TRENO di Clint Eastwood

Film Review The 15:17 to ParisTITOLO: 15:17 ATTACCO AL TRENO; REGIA: Clint Eastwood; genere: drammatico; paese: USA; anno: 2017; cast: Spencer Stone, Anthony Sadler, Alek Skarlatos; durata: 94′

Nelle sale italiane dall’8 febbraio, 15:17 Attacco al treno è l’ultima fatica del celeberrimo cineasta ed attore statunitense Clint Eastwood.

Tratto da una storia vera, il lungometraggio racconta la vita dei tre ragazzi americani – qui presenti anche in qualità di interpreti nel ruolo di sé stessi – che salvarono la vita a più di 500 persone durante un attacco terroristico ad un treno diretto a Parigi avvenuto il 21 agosto 2015.

Questo attesissimo lavoro di Eastwood ci racconta, nello specifico, tre storie di tre ragazzi problematici sin dall’infanzia, che, tuttavia, ben presto si sono rivelati dei veri e propri eroi. Interessante, a tal proposito, l’idea di voler raccontare come determinati personaggi relegati quasi ai margini della società possano poi rivelarsi tra i più meritevoli esempi di coraggio ed amore per il proprio paese. Ed è, come tradizione eastwoodiana vuole, proprio l’amore per la propria nazione, unito anche ad una profonda religiosità (da notare, a tal proposito, la presenza costante di crocefissi ed immagini sacre nelle scene ambientate in interni) il leit motiv dell’opera di Eastwood, nonché vera e propria colonna portante di tutta la sua cinematografia.

Ciò che, però, di un lungometraggio come 15:17 Attacco al treno proprio non convince è il fatto che Eastwood stesso, evidentemente in difficoltà nel dover arrivare al punto e nel portare avanti la storia, abbia attuato scelte registiche e di sceneggiatura in cui vediamo una serie di elementi posticci, collocati all’interno dello script solo per colmare un problematico vuoto, che vengono lasciati cadere senza mai più essere ripresi. È questo il caso, ad esempio, dei personaggi incontrati durante le già di per sé problematiche scene del viaggio dei ragazzi. Senza contare che il viaggio stesso sembra più una sorta di “video promozionale” per qualche agenzia turistica; un momento del tutto superfluo che non ha fatto altro che far perdere punti al film stesso e che avrebbe potuto essere tagliato di oltre mezz’ora.

Nulla da dire dal punto registico, questo è chiaro. Che Eastwood sappia il fatto suo per quanto riguarda la gestione del mezzo cinematografico, è qualcosa che abbiamo avuto modo di appurare già da tempo. Però una cosa è certa: i tempi gloriosi di Mystic River – ma anche del recentissimo Sully – ci sembrano, oggi, lontani anni luce. Peccato.

VOTO: 5/10

Marina Pavido

PIZZA MARCONI – A BREVE LE RIPRESE DEL FILM TRATTO DAL CORTO DI MAURIZIO M. MERLI

WhatsApp Image 2017-11-17 at 23.10.01Andrea e Massimo sono due amici che, al fine di riuscire ad arrivare a fine mese, lavorano nella pizzeria del padre di Andrea. Entrambi appassionati di motori e di corse, entrambi apparentemente spensierati, purtroppo devono convivere con un passato decisamente non facile.

Doppio ribaltamento per questo breve, ma interessante lavoro del giovane cineasta Maurizio M. Merli. Un lavoro, questo, che per le ambientazioni particolarmente indovinate in una Roma degli anni Novanta e per la struttura a meccanismo che per i cortometraggi si rivela spesso vincente, si classifica indubbiamente come un prodotto particolarmente degno di nota. Al punto da spingere lo stesso autore a voler realizzare un lungometraggio che prende spunto proprio da qui, le cui riprese inizieranno tra marzo ed aprile.

Prodotto da CinemAlfa e da Father and Son, Pizza Marconi ci suggerisce un altro nome da tenere d’occhio all’interno del panorama cinematografico nostrano. Un autore che, muovendo i primi passi nel circuito underground, ci ha sorpreso piacevolmente. Attendiamo fiduciosi, dunque, il risultato della sua prossima, appassionante sfida.

LA RECENSIONE – LA DEFENSA DEL DRAGON di Natalia Santa

La_defensa_del_dragon-3TITOLO: LA DEFENSA DEL DRAGON; REGIA: Natalia Santa; anno: 2017; paese: Colombia; cast: Gonzalo Sagarminaga; durata: 88′

Presentato in anteprima alla Quinzaine, durante la 70° edizione del Festival di Cannes, La defensa del dragon è l’opera prima della regista colombiana Natalia Santa, prima donna colombiana ad aver preso parte al Festival di Cannes.

Nel gioco degli scacchi la variante del Dragone è una disposizione dei pedoni neri sull’ala del re che ricorda, appunto, la costellazione del Drago. Con tale disposizione il re è praticamente inattaccabile, chiuso com’è da una così solida difesa. Tale disposizione sembra essere particolarmente apprezzata da Samuel, giocatore di scacchi professionista che si divide tra un torneo ed una lezione, cercando di trovare del tempo anche per la sua figlioletta, nata da un matrimonio ormai finito da tempo. Analogamente al re, l’uomo, in realtà, si è chiuso al mondo esterno, usando gli scacchi come difesa verso tutto ciò che possa attaccarlo. Stessa sorte, a quanto pare, è toccata ai suoi due migliori amici.

Giovane sì. “Inesperta”, se vogliamo, abbastanza, data la sua scarsa esperienza – diretta, almeno – dietro la macchina da presa. Eppure Natalia Santa con questa sua opera prima ha indubbiamente dimostrato una grande maturità registica e stilistica. Analogamente alle vite dei tre personaggi, la macchina da presa evita volutamente inutili virtuosismi, ma, al contrario, predilige inquadrature fisse con una composizione del quadro spesso eccessivamente statica, quasi come se, come avviene per il gioco degli scacchi, appunto, si volesse a tutti i costi rispettare uno schema. Samuel, il protagonista – interpretato dal bravo Gonzalo Sagarminaga, autore anche di gran parte delle musiche – dal canto suo sembra faticare non poco ad abbandonare tale schema, sicuro com’è all’interno di quel mondo apparentemente perfetto – ma in realtà piuttosto frustrante – che si è costruito intorno nel corso degli anni. E la regista, di fronte a tutto ciò, cosa fa? Semplicemente si limita ad osservare ciò che accade, senza voler a tutti i costi far sentire la propria presenza, ma facendo sì, allo stesso tempo, che lo spettatore noti ogni singolo dettaglio di ciò che circonda i personaggi stessi, entrando, così, in contatto con loro fin dai primi minuti.

Un’opera, questa, che, in quanto “piccolina”, rischierebbe ingiustamente di passare quasi inosservata. Eppure c’è da riconoscere che Natalia Santa ci ha regalato un vero e proprio gioiellino, molto personale, sottile e privo di sbavature. Per molti versi addirittura meglio riuscito di alcuni lungometraggi presenti in concorso. Che sia (anche) merito dell’ottima scuola sudamericana che da anni ci regala, spesso e volentieri, piacevoli sorprese? Può darsi. Ad ogni modo, l’attenzione che il Sudamerica dedica ogni anno ai nuovi nomi che si affacciano sulla scena è non solo encomiabile, ma dimostra anche un’apertura ed una voglia di sperimentare all’interno di un campo che senza tali elementi rischia di diventare angusto, stagnante. Praticamente morto. E in Italia, fatte poche eccezioni, purtroppo ne sappiamo qualcosa.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE – LA MIA FAMIGLIA A SOQQUADRO di Max Nardari

la-mia-famiglia-a-soqquadroTITOLO: LA MIA FAMIGLIA A SOQQUADRO; REGIA: Max Nardari; genere: commedia; anno: 2017; paese: Italia; cast: Gabriele Caprio, Marco Cocci, Bianca Nappi, Eleonora Giorgi; durata: 90′

Nelle sale italiane dal 30 marzo, La mia famiglia a soqquadro è il secondo lungometraggio diretto da Max Nardari, ispirato al libro Figli violati di Renea Rocchino Nardari, madre dell’autore.

Martino (interpretato dal giovane Gabriele Caprio) è un ragazzino undicenne appartenente alla classica famiglia del Mulino Bianco, emarginato a scuola perché considerato “diverso”, in quanto unico ragazzino con i genitori ancora uniti, che, però, al fine di integrarsi, farà di tutto affinché il suo nucleo famigliare si spacchi in due.

fam01Dato il tono di tutto il lungometraggio, anche se inizialmente il bambino può farci non poca simpatia, una volta entrati nel vivo della vicenda ed aver assistito alla presentazioni di personaggi e situazioni talmente stereotipati da sembrare addirittura irreali, ecco che, di punto in bianco, la storia inizia a perdere di ogni qualsivoglia interesse. Uno stereotipo dopo l’altro, una carrellata di luoghi comuni e buonismi di ogni genere, che culminano in un finale – che vede il giovane protagonista fare il suo discorso d’effetto, volto a chiarire qualsiasi equivoco e a riportare l’armonia in casa – ambientato, guarda caso, durante il periodo pre-natalizio. E chi più ne ha più ne metta.

la_mia_famiglia_a_soqquadro_clip_esclusiva_commedia-660x350Eppure, ripensando alle iniziali intenzioni dell’autore ed alla genesi del lungometraggio stesso, non si può non riconoscere una certa ingenuità ed anche una sorta di genuinità che manca, di fatto, a commedie recentissime come Mamma o papà?, diretta da Riccardo Milani, o La verità, vi spiego, sull’amore, di Max Croci – tutte nate da grandi produzioni. Il fatto di aver scelto di adattare per il grande schermo un libro scritto dalla propria madre e di averlo fatto con la propria casa di produzione, in realtà fa quasi tenerezza. Ed ecco che iniziamo a considerare La mia famiglia a soqquadro più come una specie di goliardata in famiglia che come un qualcosa che vuole definirsi a tutti i costi “il prodotto dell’anno”. E così iniziamo a “perdonare” tutti gli stereotipi presenti, gli attori eccessivamente sopra le righe, la disarmante prevedibilità della trama e via dicendo. Sul fatto che il lungometraggio di Nardari possa riuscire a fare o meno eccezione all’interno del palinsesto, però, vi sono ancora parecchie perplessità, per non dire addirittura scetticismi. Ma sta bene. Contenti loro, contenti tutti.

VOTO: 4/10

Marina Pavido

67° FESTIVAL DI BERLINO – THE PARTY di Sally Potter

the-party-clipTITOLO: THE PARTY; REGIA: Sally Potter; genere: commedia; anno: 2017; paese: GB; cast: Bruno Ganz, Timothy Spall, Kristin Scott Thomas; durata: 71′

Presentato in concorso alla 67° Berlinale, The Party è l’ultima commedia diretta dalla regista britannica Sally Potter.

Prendi una bella villa borghese, con tanto di giardino e salotto elegante. Mettici dentro i due proprietari: una coppia di mezza età senza figli e senza, apparentemente, più niente che li faccia sentire uniti. Aggiungi una seconda coppia, amica della prima, anch’essa senza prole, con il marito appassionato di filosofia new age. Se a questo allegro gruppetto aggiungiamo un’altra coppia lesbica in attesa di tre gemelli ed un uomo in carriera cocainomane, insicuro e terrorizzato dal fatto che la moglie possa lasciarlo, ecco che abbiamo tutti gli elementi per un film leggero (ma non troppo), non del tutto nuovo, ma pur sempre in grado di intrattenerci per poco più di un’ora, strappandoci anche qualche sorriso.

Fin da una prima, sommaria lettura della trama proviamo, di fatto, una ben precisa sensazione di déjà vu. Volendo ripensare anche solo ad alcune delle uscite degli ultimi anni, infatti, ecco tornare con la mente – giusto per menzionare un paio di titoli – al bellissimo Carnage di Roman Polanski o anche all’acclamata commedia francese Cena tra amici, di cui anche la nostra connazionale Francesca Archibugi ne ha recentemente girato un remake (Il nome del figlio, 2015). Ed ecco che anche Sally Potter ha voluto dire la sua in fatto di commedie ad impronta teatrale ambientate nel mondo dell’alta borghesia. Ed il suo lavoro, di fatto, soprattutto grazie ad un cast d’accezione che vede interpreti del calibro di Bruno Ganz, Timothy Spall e Kristin Scott Thomas, tutto sommato regge. Merito anche di una confezione perfettina e con un curato bianco e nero che sa tanto di espediente ruffiano finalizzato principalmente a regalare a The Party quel qualcosa in più che lo differenzi dalla miriade di commedie del genere (senza però del tutto riuscirci, a dir la verità). Ma va bene così. Indubbiamente, questo ultimo lungometraggio della Potter tanto di facile realizzazione non è. Oltre agli elementi sopra menzionati, infatti, affinché un prodotto del genere funzioni, è necessaria soprattutto una sceneggiatura di ferro. Cosa, questa, che per fortuna è presente (non dimentichiamo che la stessa Potter nasce anche come sceneggiatrice, d’altronde), con tanto di battute decisamente politically scorrect – che ci piacciono tanto – e di personaggi neanche troppo stereotipati, tra i quali vediamo venire a galla legami a volte leggermente prevedibili, ma che, tutto sommato, sembrano nel complesso funzionare. Veri e propri mattatori della fiera sono ovviamente i due mostri sacri Bruno Ganz e Timothy Spall, ma anche il personaggio di Cillian Murphy risulta vincente – anche se probabilmente più grazie alla bravura dell’attore in sé che alla scrittura stessa.

Forse il più grande scivolone di The Party sta proprio nel finale – che va a chiudere in ellissi tutto il lungometraggio – con una furiosa Kristin Scott Thomas che punta la pistola in macchina. La scelta di lasciare le cose in sospeso, in questo caso non solo non ha quasi del tutto effetto sullo spettatore, ma risulta anche un espediente decisamente forzato, addirittura pretenzioso.

Malgrado gli enormi sforzi di Sally Potter, dunque, è assai probabile che il suo The Party, dopo aver piacevolmente intrattenuto il pubblico (che, per carità, potrebbe anche essere assai ben nutrito) sia destinato a confondersi nella mischia. Ma va bene così, ci siamo divertiti e questo è comunque un fattore positivo. L’unico dubbio è: come ha fatto un’opera del genere ad essere selezionata tra i lungometraggi in corsa per l’Orso d’Oro?

VOTO: 5/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA – POVERI MA RICCHI di Fausto Brizzi

Poveri ma ricchiTITOLO: POVERI MA RICCHI; REGIA: Fausto Brizzi; genere: commedia, comico; anno: 2016; paese: Italia; cast: Christian De Sica, Enrico Brignano, Anna Mazzamauro; durata: 97′

Nelle sale italiane dal 15 dicembre, Poveri ma ricchi è l’ultimo lungometraggio diretto da Fausto Brizzi, remake del francese Les Tuche (2011), perla regia di Olivier Baroux.

Ci troviamo, innanzitutto, in un piccolo paesino sulla Prenestina, appena fuori dalla Capitale. La famiglia Tucci, mai stata particolarmente abbiente, vince inaspettatamente cento milioni di euro al superenalotto. Malgrado le iniziali intenzioni di tenere la cosa segreta in paese, presto si viene a conoscenza dell’identità dei fortunati vincitori e, di conseguenza, la famiglia intera – a causa delle insistenti richieste di aiuti economici da parte di amici e parenti – sarà costretta a lasciare la propria casa per trasferirsi nella città che registra il più alto reddito pro capite in Italia: Milano.

pmr-1Sarà per la scelta di far interpretare ad alcuni attori del cast personaggi a cui normalmente non si sono mai rapportati, sarà per l’idea di far ridere evitando la volgarità, sarà per la giusta gestione dei tempi comici, sarà per l’impiego, in sceneggiatura, di trovate più che indovinate, sarà (e questa è una cosa che potrebbero pensare i più “malignetti”) che il film stesso è tratto da una commedia che poco ha a che vedere con i cinepanettoni nostrani, ma Poveri ma ricchi si presenta in linea di massima come un lungometraggio onesto e ben riuscito, nel suo genere.

Convincente è un Christian De Sica nei panni di un lavoratore “burino” e di gran cuore, azzeccata la brava Anna Mazzamauro nel ruolo della nonna appassionata di fiction televisive ed innamorata di Gabriel Garko. Il vero pezzo forte di questo lungometraggio di Brizzi, però, è la comparsata di Al Bano nel ruolo di sé stesso e le conseguenti gag che ne vengono fuori: trovate fuori dagli schemi della comicità standard “da cinepanettone” che, in questo contesto, funzionano piuttosto bene.

poveri-ma-ricchi-bill-gates-clip-dal-film-youtubeIl problema principale di Poveri ma ricchi è, in realtà, un altro: per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi stessi, troppo repentini sono i cambiamenti interiori (in particolare per quanto riguarda il personaggio interpretato da De Sica) per poter essere credibili. Così come ripetitivi appaiono i contrasti tra nord e sud Italia qui messi in scena. Ripetitivi e, ormai, troppo inflazionati all’interno delle grandi produzioni cinematografiche italiane. Detto questo, però, questo ultimo lavoro di Brizzi resta comunque un prodotto che, in un certo senso, sorprende. E, proprio per la sua onestà, merita una priorità di visione rispetto ad altri cinepanettoni, nel caso in cui si desiderasse fruire esclusivamente di un certo tipo di cinema.

VOTO: 6/10

Marina Pavido

34° TORINO FILM FESTIVAL – ANIMAL POLITICO di Tiao

unnamed-7TITOLO: ANIMAL POLITICO; REGIA: Tião; genere: commedia, drammatico; anno: 2016; paese: Brasile; cast: Rodrigo Bolzan, Elisa Heidrich, Victor Laet; durata: 75′

Presentato in anteprima – all’interno della sezione AfterHours– al 34° Torino Film Festival, Animal politico è l’opera prima del regista brasiliano Tião.

Una mucca e la sua quotidianità: la vita in famiglia, lo shopping, le serate in discoteca con le amiche, la palestra, eccetera. Come la protagonista stessa sta a raccontarci nel lungo monologo/flusso di coscienza presente in fuori campo per tutto il film, non le manca apparentemente nulla per essere felice. Eppure, durante una cena con i parenti in occasione della Vigilia di Natale, la nostra protagonista avverte per la prima volta un senso di vuoto, come se, in fondo, le mancasse davvero qualcosa. Avrà inizio, così, un lungo periodo di crisi, fino al giorno in cui la mucca deciderà di allontanarsi da casa, in una sorta di ritiro spirituale in giro per il mondo e lontano da qualsiasi forma di civiltà, al fine di raggiungere l’unica cosa che probabilmente riuscirà a farla sentire meno insignificante: la conoscenza assoluta.

Se già il talento di Tião si era rivelato al mondo intero con i suoi primi cortometraggi (Eisenstein, Muro e Sem coração), questo esordio nel lungometraggio, malgrado le imperfezioni presenti, di sicuro non passerà inosservato. E lo si capisce subito fin dai primi fotogrammi, in cui vediamo due uomini senza testa ed in giacca e cravatta venirsi incontro nel bel mezzo di un deserto. L’esplosione vera e propria, però, avviene quando per la prima volta la mucca fa la sua apparizione sullo schermo: perfettamente integrata in un contesto convenzionalmente “riservato agli umani”, suscita fin da subito una grande ilarità. Una volta “abituati” a tali bizzarrie, però, i toni del lungometraggio cambiano, pur mantenendo il forte surrealismo che caratterizza tutta l’opera. Ed ecco che il comico – pur restando appartato in un angolino – lascia spazio alla riflessione, per un “secondo tempo” più contemplativo e ricco di citazioni e riferimenti (impossibile non ricordare, a tal proposito, il riferimento a Kubrick – con tanto di monolito – ed al suo 2001: Odissea nello spazio, così come ad Isaac Newton, nel momento in cui una mela cade in testa alla nostra protagonista mentre quest’ultima è intenta a leggere ai piedi di un albero).

Un’opera bizzarra, questa di Tião. Bizzarra e fortemente provocatoria – con un importante sottotesto alla base – surreale ed esilarante, ma che, purtroppo, mal cela significative difficoltà nella gestione dei tempi. Il vero problema di Animal politico, infatti, è quello di tendere involontariamente a ripetersi ed a ripetere incessantemente ed in modo talvolta ridondante concetti già espressi, quando, magari, sarebbe stato sufficiente realizzare anche solo un mediometraggio per raccontare ciò che Tião ha qui messo in scena.

Capitano scivoloni del genere quando si è alle prese con un’opera prima. Soprattutto se quest’ultima tratta un tema di tale portata che viene messo in scena in chiave surreale e grottesca. Un’opera rischiosa, se la si vuol vedere sotto questo punto di vista. Eppure, tutto sommato, un’opera che fa ben sperare nelle future realizzazioni di Tião, al quale tutto si può dire, tranne che non sia un cineasta coraggioso e brillante come non se ne vedono molti in circolazione ai giorni nostri.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

OGGI AL CINEMA: tutte le novità in sala del 23/06/2016

A cura di Marina Pavido

Grandi novità, anche questa settimana, in arrivo nelle sale italiane! Dal film di animazione La canzone del mare alla commedia spagnola Kiki e i segreti del sesso, dal sudamericano Gueros allo statunitense Mother’s Day. Come di consueto, ecco per voi una breve guida per aiutarvi a scegliere ciò che maggiormente incontra i vostri gusti. Sotto alcune trame, inoltre, sarà possibile trovare alcune delle nostre recensioni. Buona lettura!

 

CINQUE TEQUILA

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REGIA: Jack Zagha Kababie; genere: commedia, drammatico, fantastico; anno: 2016; paese: Messico; cast: José Carlos Ruiz, Luis Bayardo, Eduardo Manzano

Tre anziani signori intraprendono un avventuroso viaggio per esaudire l’ultimo desiderio dell’amico Pedro, da poco scomparso: consegnare ad un museo un tovagliolo che un cantante aveva autografato per lui. La vita e la morte in una commedia fresca e leggera.

LA RECENSIONE:

LA RECENSIONE DI MARINA: 5 TEQUILA di Jack Zagha Kababie

 

GUEROS

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REGIA: Alonso Ruizpalacios; genere: drammatico, commedia; anno: 2014; paese: Messico; cast: Tenoch Huerta, Sebastiàn Aguirre, Ilse Salas

Tomàs è un giovane adolescente che va a vivere insieme a suo fratello Federico a Città del Messico. Un giorno il ragazzo vorrà recarsi in ospedale per rendere omaggio al suo cantante preferito, in fin di vita. Così i due fratelli – insieme ad altri due amici – partiranno per un lungo viaggio in cui impareranno a conoscersi ed a crescere insieme.

LA RECENSIONE:

LA RECENSIONE DI MARINA: GUEROS di Alonso Ruizpalacios

 

JEM AND THE HOLOGRAMS

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REGIA: Jon M. Chu; genere: avventura, fantasy, musicale; anno: 2016; paese: USA; cast: Aubrey Peeples, Molly Ringwald, Juliette Lewis

Una ragazza di provincia viene catapultata dal mondo dei video underground ai palcoscenici più celebri. Così, insieme alle sue due sorelle, intraprenderà un lungo cammino che la porterà a diventare una stimata cantante.

 

KIKI E I SEGRETI DEL SESSO

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REGIA: Paco León; genere: commedia; anno: 2016; paese: Spagna; cast: Natalia De Molina, Alex Garcia, Paco León

Tante storie, tante coppie che non riescono a trovare l’armonia. Colpa di manie segrete riguardanti i loro gusti sessuali. Con una serie di gag e disavventure di ogni genere, però, i nostri protagonisti riusciranno, finalmente, a prendere coscienza delle proprie ossessioni.

LA RECENSIONE:

LA RECENSIONE DI MARINA: KIKI E I SEGRETI DEL SESSO di Paco Leon

 

LA CANZONE DEL MARE

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REGIA: Tomm Moore; genere: animazione, family, fantasy; anno: 2014; paese: Irlanda, Lussemburgo, Belgio, Francia, Danimarca

Ben vive in un faro insieme a suo padre ed alla sorellina Saoirse, la quale è per metà una creatura fantastica. Un giorno i due bambini saranno costretti ad andare a vivere in città insieme alla nonna. Nel loro tentativi di tornare alla casa paterna, verranno a contatto con un altro mondo popolato da creature magiche ed in cui vivono antiche tradizioni.

LA RECENSIONE:

LA RECENSIONE DI MARINA: LA CANZONE DEL MARE di Tomm Moore

 

MOTHER’S DAY

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REGIA: Garry Marshall; genere: commedia; anno: 2016; paese: USA; cast: Julia Roberts, Kate Hudson, Jennifer Aniston

Le storie di tante madri alle prese con diverse situazioni familiari: la mamma divorziata con due figli piccoli, la mamma che ha sacrificato tutto in nome della carriera, la giovane mamma che ama il suo compagno, ma ha paura di sposarlo e, infine, la neo mamma che ha nascosto ai propri genitori il fatto di essersi formata una famiglia.

LA RECENSIONE:

LA RECENSIONE DI MARINA: MOTHER’S DAY di Garry Marshall

 

PASSO FALSO

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REGIA: Yannick Saillet; genere: thriller; anno: 2016; paese: Francia; cast: Pascal Elbé, Laurent Lucas, Arnaud Henriet

Dopo essere sopravvissuto ad un attacco nel deserto afghano, Denis – rimasto completamente solo – è bloccato con il piede su una mina. Avrà solo un paio d’ore di tempo per potersi salvare.

 

SEGRETI DI FAMIGLIA

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REGIA: Joachim Trier; genere: drammatico; anno: 2015; paese: Norvegia, Francia, Danimarca, USA; cast: Isabelle Huppert, Gabriel Byrne, Jesse Eisenberg

La fotografa di guerra Isabelle Reed, scomparsa in un incidente d’auto, verrà celebrata con una grande mostra a New York. Al fine di organizzare l’archivio, la sua famiglia si riunirà e, durante il periodo di convivenza, verranno fuori segreti della donna mai confessati prima.

LA RECENSIONE:

LA RECENSIONE DI MARINA: SEGRETI DI FAMIGLIA di Joachim Trier

 

THE CONJURING

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REGIA: James Wan; genere: horror, thriller; anno: 2016; paese: USA; cast: Vera Farmiga, Patrick Wilson, Frances O’Connor

I coniugi Warren, trasferitisi a Londra, avranno a che fare con una minacciosa entità demoniaca. Da qui avrà inizio una delle indagini più inquietanti e controverse della storia.

 

UN MERCOLEDì DI MAGGIO

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REGIA: Vahid Jalilvand; genere: drammatico; anno: 2015; paese: Iran; cast: Niki Karimi, Amir Aghaei, Vahid Jalilvand

Un mercoledì di maggio, una grande folla si riunisce in una strada di Teheran: sul giornale è appena stato pubblicato un annuncio in cui un misterioso benefattore ha appena dichiarato di voler regalare un’ingente somma di denaro a chi ne abbia maggiormente bisogno.

LA RECENSIONE:

LA RECENSIONE DI MARINA: UN MERCOLEDì DI MAGGIO di Vahid Jalilvand

 

La nostra rubrica vi dà appuntamento alla prossima settimana. Nel frattempo non avete che l’imbarazzo della scelta per decidere cosa andare a vedere in sala ed in che modo lasciarvi suggestionare dal grande schermo. Buon Cinema a tutti!