LA RECENSIONE – WEST OF THE JORDAN RIVER di Amos Gitai

WestOfTheJordanRiver-Photo1-AmosGitai_986TITOLO: WEST OF THE JORDAN RIVER; REGIA: Amos Gitai; genere: documentario; paese: Israele; anno: 2017; durata: 88′

Presentato alla Quinzaine der Réalisateurs alla 70° edizione del Festival di Cannes, West of the Jordan River è l’ultimo documentario del celebre cineasta israeliano Amos Gitai.

Ricollegandosi inizialmente all’ ultimo documentario del cineasta israeliano (Rabin, the last day, presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2015), è proprio dalla figura dell’ex Primo Ministro israeliano – Yitzhak Rabin, appunto – e dal suo progetto di mediazione che prende il via West of the Jordan River. Fu lo stesso Gitai, a suo tempo ad intervistare Rabin. Molti anni dopo l’assassinio dello stesso, però, la situazione non appare migliorare, sebbene da parte della popolazione il desiderio di pace sia forte come non mai. Ed ecco che adulti, bambini, membri di associazioni che prevedono la convivenza tra arabi ed israeliani fanno sentire le loro voci alla telecamera, raccontando ognuno la propria, personale realtà ed alternandosi, di quando in quando, ad analisi di giornalisti e storici.

Ed il cinema, in tutto ciò, che fa? Di certo non è un semplice spettatore, o meglio un testimone silente. Il cinema, in questo ultimo lavoro di Gitai diviene di diritto un vero e proprio attore, presente com’è in ogni situazione mostrataci. Ed ecco che non solo il regista stesso, ma anche macchine da presa, microfoni ed operatori fanno il loro ingresso in campo, quasi a voler ricordare l’importanza stessa della Settima Arte, in qualità di ulteriore strumento di informazione, denuncia ed esortazione ad agire.

Se si pensa al penultimo lavoro di Gitai – Rabin, the last day, appunto – di certo West of the Jordan River per quanto riguarda la messa in scena stessa può essere – erroneamente – classificata come un’opera di gran lunga più modesta rispetto all’imponente documentario presentato a Venezia, in cui anche il live action aveva avuto il proprio spazio. Eppure, questa ultima fatica del cineasta israeliano modesta non lo è affatto. Ciò che abbiamo davanti agli occhi è un intenso film corale, molto personale e comunicativamente efficace che non esita a mostrarci la cruda realtà, ma che, tuttavia, non cela nemmeno una certa speranza ed un certo ottimismo per quanto riguarda un prossimo futuro. Sono la prova di ciò l’immagine di una giostra e di alcuni giocatori di backgammon in chiusura del film, che stanno a suggerire un contesto sereno e pacifico. Eccessivamente ingenuo? Fin troppo ottimista? Più che altro, decisamente speranzoso, West of the Jordan River. Speranzoso e tanto, tanto efficace. Anche stavolta, dunque, la Settima Arte ha saputo colpire nel segno.

VOTO: 7/10

Marina Pavido