LA RECENSIONE DI MARINA: LA CANZONE PERDUTA di Erol Mintas

Nelle sale italiane dal 24 marzo, “La canzone perduta” è l’opera prima del giovane regista curdo Erol Mintas, vincitrice del Sarajevo Film Festival nel 2014 e del Babel Film Festival nel 2015.

Lacanzoneperduta003Ali è un giovane insegnante curdo che, all’inizio degli anni Novanta, è costretto, insieme all’anziana madre, ad abbandonare il proprio villaggio, per trasferirsi nella periferia di Istanbul. Nigar, madre di Ali, non si adatterà mai a questa sua nuova vita e, per molti anni ancora, continuerà costantemente a cercare un’antica canzone popolare, l’unica cosa che la aiuti a rivivere i suoi anni passati.

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Una regia semplice e pulita, con un costante uso di camera a mano, ed una fotografia dai colori freddi e saturi, raccontano una storia semplice, delicata e cruda allo stesso tempo – la storia dei due protagonisti, che è anche quella di migliaia di persone. Ali, con una madre anziana a carico, è combattuto tra il desiderio di integrarsi nella vita di città ed il richiamo alle proprie origini. Dal canto suo, la madre continuerà a mantenere vivo il legame del protagonista con il suo villaggio natale. É qui presente, inoltre, una forte simbologia, che vede come protagonisti due elementi in particolare: la lingua curda – nella quale Ali scrive i propri libri e comunica con l’anziana madre – ed una vecchia canzone popolare, quasi una sorta di McGuffin hitchcockiano, in quanto è proprio dalla ricerca di questa canzone che le vicende del protagonista hanno inizio. Sono questi gli unici due fattori – simboli di un’identità perduta – che fanno sì che i due protagonisti non dimentichino le proprie origini.

Still_NigarLaptopTutta la cinematografia dell’Europa dell’Est si contraddistingue per il realismo e l’intensità nel raccontare storie semplici di gente comune. Questo è anche il caso del lungometraggio di Mintas. Particolarmente degne di nota sono le scene che ritraggono l’anziana Nigar intenta ad osservare dal balcone del proprio appartamento la città di Istanbul, grande, fin troppo grande, fredda ed estranea. Come anche d’effetto è la scena in cui la donna e suo figlio sono intenti a guardare in tv un vecchio film di Charlie Chaplin: qualcosa che appartiene al passato, che ricorda a Niger, in qualche modo, gli anni della sua giovinezza e che riesce a regalarle momenti di serenità.

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Erol Mintas – di origine curda – è riuscito molto bene nell’intento di trasmettere al pubblico la sensazione di smarrimento e il mancato senso di appartenenza ad una comunità che questo popolo ha vissuto e continua a vivere ancora oggi. Il risultato è un lungometraggio intenso delicato, tenero ed amaro allo stesso tempo, che vanta, inoltre, la presenza di personaggi ben caratterizzati nella loro semplicità e di una sceneggiatura pulita e priva di fronzoli.

Distribuito da Lab 80, “La canzone perduta” è un film che merita di essere visto sia per osservare da vicino una porzione di storia contemporanea spesso poco conosciuta, sia per poter apprezzare un piccolo gioiellino di una cinematografia interessante, della quale, però, solo pochi prodotti hanno avuto la distribuzione che meritavano.

VOTO: 7/10

Marina Pavido