LA RECENSIONE DI MARINA – CAFFE’ di Cristiano Bortone

24856-29316-caff-1-2_jpg_620x250_crop_upscale_q85TITOLO: CAFFÈ; REGIA: Cristiano Bortone; genere: drammatico; anno: 2016; paese: Italia, Cina, Belgio; cast: Hichem Yacoubi, Dario Aita, Fangsheng Lu; durata: 112′

Nelle sale italiane dal 13 ottobre, Caffè è l’ultimo lungometraggio diretto da Cristiano Bortone: una co-produzione italo-cinese-belga presentata in anteprima alla 73° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Giornate degli Autori.

Belgio. Hamed è fuggito dall’Iraq ed ha aperto un’attività insieme alla sua famiglia. Egli è un padre premuroso ed affettuoso. Un giorno, però, qualcuno rapina il suo negozio e l’uomo riesce a rintracciare il ladro – un giovane ragazzo padre disoccupato –al fine di farsi ridare almeno una preziosa macchina del caffè a cui è molto legato. Le cose, però, avranno un esito inaspettato.

Italia. Renzo è un giovane sommelier del caffè appena trasferitosi a Trieste con la sua ragazza, la quale aspetta un bambino. Il ragazzo, però, non riuscendo a trovare lavoro, verrà coinvolto da un gruppo di conoscenti nell’organizzazione di una rapina.

caffeCina. Fei è il giovane manager di un’industria chimica, il quale è in procinto di sposare la figlia del suo capo. Un giorno viene mandato nello Yunnan – la sua terra d’origine – al fine di occuparsi di un grave incidente in alcuni stabilimenti del posto. Qui, grazie anche ad una giovane pittrice solita dipingere i suoi quadri con del caffè, il ragazzo riscoprirà i veri valori della vita.

Senza dubbio, dal punto di vista della scrittura, l’operazione effettuata da Bortone è parecchio interessante. Soprattutto se si pensa ad una società come quella odierna, sempre più xenofoba ed individualista, all’interno della quale ognuno sembra pensare solo a sé stesso e a ciò che lo riguarda in prima persona. E, in questo caso, il caffè – al giorno d’oggi uno dei prodotti più diffusi del mondo – fa da perfetto McGuffin, nonché da indovinato collante all’interno delle tre storie. Storie, queste, che, nonostante tutto, non si incrociano mai. Ma che hanno, appunto, molto più in comune di quanto si possa pensare.

caff_hishem_yacoubi_jpg_351x0_crop_q85Detto questo, il fattore che meno convince è proprio la regia. Dopo una suggestiva scena iniziale in cui vediamo inquadrata una tazzina di caffè con la voce fuoricampo del figlioletto di Hamed intento a leggerne i fondi, tutto il resto del film non riesce a reggere la stessa poesia e la stessa potenza visiva. Saranno il troppo spazio dedicato ai dialoghi a scapito quasi delle immagini, sarà l’universale difficoltà nello scrivere film corali (il buon Robert Altman è stato, in questo settore, una vera e propria mosca bianca), sarà, appunto il troppo “detto” ed il troppo poco “non detto”, ma Caffè ha, purtroppo, tutto l’aspetto di una fiction televisiva. Interessanti le scene in cui viene operato un montaggio alternato (forse eccessivamente usato, però), ad esempio, ma la musica in sottofondo non sempre si rivela appropriata. Al contrario, soprattutto per quanto riguarda la scena del pestaggio di Hamed a casa del ladro, riesce quasi a disturbare lo spettatore.

Peccato. Soprattutto perché – malgrado il tema dell’universalità sia già stato sfruttato – l’idea di unire varie storie e varie culture grazie al caffè è senza dubbio originale, accattivante ed indovinata. Se non altro perché ci regala anche quel tocco di speranza e di ottimismo di cui tutti, in fondo, abbiamo bisogno. Almeno quanto abbiamo bisogno di caffè!

VOTO: 6/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA – PRIMA DI LUNEDI’ di Massimo Cappelli

maxresdefault.jpgTITOLO: PRIMA DI LUNEDÌ; REGIA: Massimo Cappelli; genere: commedia; anno: 2016; paese: Italia; cast: Vincenzo Salemme, Fabio Troiano, Andrea Di Maria, Sandra Milo, Martina Stella; durata: 90′

Nelle sale italiane dal 22 settembre, Prima di lunedì è l’ultima commedia diretta dal regista Massimo Cappelli, con protagonisti Vincenzo Salemme, Fabio Troiano, Andrea Di Maria e Martina Stella.

Marco ed Andrea sono due amici inseparabili. Un giorno, di ritorno da lavoro, vengono tamponati con la macchina da Carlito, un boss legato a numerosi furti di opere d’arte. Al fine di risarcire il danno, i due saranno costretti – su incarico dell’uomo – a trasportare da Torino a Napoli un uovo di Pasqua molto speciale. Per portare a termine la missione hanno meno di ventiquattro ore. Ad accompagnarli nel loro viaggio ci saranno anche Penelope – sorella di Andrea, ex di Marco e, a sua volta, alla vigilia del matrimonio – e Chanel, simpatica ed attempata francese, conosciuta via chat da Andrea.

images-2Malgrado la confezione – che fa da subito pensare ad una delle tante commedie, tutte somiglianti tra di loro, in uscita nelle sale italiane – c’è da dire che Prima di lunedì, pur non rappresentando nulla di particolarmente innovativo all’interno del palinsesto, ha diversi spunti interessanti che, tutto sommato, fanno sì che il film stesso scorra senza particolari intoppi o luoghi comuni.

In primis, la scelta del cast rappresenta un’ottima soluzione. Sul talento di Vincenzo Salemme ormai non vi è alcun dubbio. E qui l’attore mette in scena un boss apparentemente spietato, ma dal cuore d’oro. Ok, nulla di nuovo, eppure Salemme fa sì che il suo personaggio sia uno dei protagonisti meglio caratterizzati del film. Ottime interpretazioni anche quelle di Fabio Troiano (che già in passato ha lavorato con Massimo Cappelli in Il giorno + bello), di Andrea Di Maria e di Sandra Milo (nel ruolo di Chanel). Poco convince, invece, diversamente rispetto ad altre sue interpretazioni, Martina Stella, la quale – in questo caso – ha eccessivamente caricato il proprio personaggio, rendendolo oltremodo rigido e poco in linea con ciò che si sta raccontando.

images-3Altra trovata interessante è rappresentata dal gran numero di citazioni cinematografiche presenti nel lungometraggio: non possiamo, ad esempio, non pensare a Fellini nella scena ambientata al circo, dove Sandra Milo fa da protagonista assoluta. Così come la trovata stessa dell’uovo di Pasqua è un buon esempio di McGuffin ottimamente sfruttato, al fine di dare il via a tutta la vicenda. Il risultato è una sorta di road movie garbato, anche se a tratti piuttosto scontato (soprattutto per quanto riguarda il finale), ma con gag tutto sommato gradevoli e mai eccessive.

Nulla di particolarmente nuovo, l’abbiamo detto. Eppure Prima di lunedì si è dimostrato comunque un prodotto onesto e senza troppe pretese. Gli amanti del genere apprezzeranno di sicuro.

VOTO: 6/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA: LA CANZONE PERDUTA di Erol Mintas

Nelle sale italiane dal 24 marzo, “La canzone perduta” è l’opera prima del giovane regista curdo Erol Mintas, vincitrice del Sarajevo Film Festival nel 2014 e del Babel Film Festival nel 2015.

Lacanzoneperduta003Ali è un giovane insegnante curdo che, all’inizio degli anni Novanta, è costretto, insieme all’anziana madre, ad abbandonare il proprio villaggio, per trasferirsi nella periferia di Istanbul. Nigar, madre di Ali, non si adatterà mai a questa sua nuova vita e, per molti anni ancora, continuerà costantemente a cercare un’antica canzone popolare, l’unica cosa che la aiuti a rivivere i suoi anni passati.

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Una regia semplice e pulita, con un costante uso di camera a mano, ed una fotografia dai colori freddi e saturi, raccontano una storia semplice, delicata e cruda allo stesso tempo – la storia dei due protagonisti, che è anche quella di migliaia di persone. Ali, con una madre anziana a carico, è combattuto tra il desiderio di integrarsi nella vita di città ed il richiamo alle proprie origini. Dal canto suo, la madre continuerà a mantenere vivo il legame del protagonista con il suo villaggio natale. É qui presente, inoltre, una forte simbologia, che vede come protagonisti due elementi in particolare: la lingua curda – nella quale Ali scrive i propri libri e comunica con l’anziana madre – ed una vecchia canzone popolare, quasi una sorta di McGuffin hitchcockiano, in quanto è proprio dalla ricerca di questa canzone che le vicende del protagonista hanno inizio. Sono questi gli unici due fattori – simboli di un’identità perduta – che fanno sì che i due protagonisti non dimentichino le proprie origini.

Still_NigarLaptopTutta la cinematografia dell’Europa dell’Est si contraddistingue per il realismo e l’intensità nel raccontare storie semplici di gente comune. Questo è anche il caso del lungometraggio di Mintas. Particolarmente degne di nota sono le scene che ritraggono l’anziana Nigar intenta ad osservare dal balcone del proprio appartamento la città di Istanbul, grande, fin troppo grande, fredda ed estranea. Come anche d’effetto è la scena in cui la donna e suo figlio sono intenti a guardare in tv un vecchio film di Charlie Chaplin: qualcosa che appartiene al passato, che ricorda a Niger, in qualche modo, gli anni della sua giovinezza e che riesce a regalarle momenti di serenità.

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Erol Mintas – di origine curda – è riuscito molto bene nell’intento di trasmettere al pubblico la sensazione di smarrimento e il mancato senso di appartenenza ad una comunità che questo popolo ha vissuto e continua a vivere ancora oggi. Il risultato è un lungometraggio intenso delicato, tenero ed amaro allo stesso tempo, che vanta, inoltre, la presenza di personaggi ben caratterizzati nella loro semplicità e di una sceneggiatura pulita e priva di fronzoli.

Distribuito da Lab 80, “La canzone perduta” è un film che merita di essere visto sia per osservare da vicino una porzione di storia contemporanea spesso poco conosciuta, sia per poter apprezzare un piccolo gioiellino di una cinematografia interessante, della quale, però, solo pochi prodotti hanno avuto la distribuzione che meritavano.

VOTO: 7/10

Marina Pavido