Anche Alessandro Cecchi Paone nella Napoli esoterica di Carlo Lo Vetro

Prodotto da Alberto De Venezia per Ipnotica Film, è in post-produzione Tenet Nunc Parthenope – Napoli esoterica, documentario scritto e diretto da Carlo Lo Vetro.

Un documentario che tratta della realtà esoterica propria di Napoli, richiamando molte delle innumerevoli espressioni che la compongono e la caratterizzano quale secolare centro di tradizione.

Le testimonianze raccolte sono quelle di rigorosi studiosi e operai dell’esoterismo e della tradizione partenopea in particolare, che dissertano di alchimia, pitagorismo, egizianesimo, astrologia e orientatio, simbolismo rosacrociano e massonico, ermetismo, medianità, spaziando anche nella mitologia, nella magia e stregoneria, la lava vulcanica, Virgilio-Mago, Giordano Bruno, fino al genius loci, alla devozioni pagane e alla religiosità popolare. Richiamando, inoltre, la riflessione junghiana su alcuni archetipi partenopei.

Il regista dichiara: “C’è veramente un’altra città dentro Napoli, visibile a tutti, ma non comprensibile da tutti. Si tratta di uno spazio cosmicizzato, in cui la tradizione ha stratificato la propria presenza. I simboli e i riti la rivelano e la tramandano ai consapevoli. I miti, le leggende e le cerimonie ne affidano la custodia al folklore, al popolo, ai molti  inconsapevoli. È l’esoterismo radiante della ‘Città solare’, dove anche l’ombra può trovare redenzione. Nell’opera che stiamo realizzando, tale realtà è trattata attraverso il contributo di qualificati e autorevoli suoi studiosi, che ne richiamano alcuni dei molteplici aspetti. Senza alcuna pretesa di esaustività – peraltro improbabile – ma con un intento rappresentativo che va compreso ben oltre la mera esemplificazione”.

Il cast di Tenet Nunc Parthenope – Napoli esoterica annovera Lucia AnnicelliClaudio CanzanellaEmanuele G. CasaleRoberto CassioRuggiero Ferrara Di CastiglioneAlessandro Cecchi PaoneFrancesco Afro De FalcoMaurizio ElettricoPasquale FonteSalvatore ForteClementina Gily RedaPaola GiovettiSigfrido E. F. HöbelPaolo IzzoMassimo MarraFederico MontanariMoreno NeriSara OlivieroMarco PerilloAntonio E. PiedimontePaola PierpaoliMarco RocchiRaffaele K. SalinariLuca Valentini. Con la rarità di un dialogo onirico tratto dal Libro rosso di Jung,  letto da Danilo Brugia e Sebastiano Somma.

Caratterizzato da immagini originali di simboli, oggetti e luoghi appartenenti alla scienza sacra curate dai direttori della fotografia Gabriele e Andrea Bizzoni su riprese di Sigfrido E. F. Höbel Jr.Tenet Nunc Parthenope – Napoli esoterica vede al montaggio Andrea D’Emilio ed è accompagnato da una colonna sonora realizzata da Bauch & Henik. La ricerca e la coordinazione dei media sono curate da Giorgio Catalano.

Link trailer: https://youtu.be/Q2JxdMd2MgA

Sito Ipnotica Film: www.ipnoticafilm.com

Currite Currite è l’inno di Vincenzo Peluso alla gioiosa Napoli estiva

Si intitola Currite Currite e, già disponibile online, è il brano attraverso cui l’attore e regista napoletano Vincenzo Peluso si cimenta nella sua più grande passione: la musica.

Una passione checoltiva, in realtà, da sempre e che ora concretizza grazie a questo pezzo prorompente e ritmato che, già al primo ascolto, entra prepotentemente in testa.

Musicato e arrangiato da Alessandro Massa su testo di Riccardo MassaCurrite Currite nasce dalla voglia di raccontare la mia città, Napoli, nella sua forma più bella, ovvero quando la gioia dell’arrivo dell’estate fa uscire tutti fuori dalle case per assaporare il mare, i vicoli, i colori e la spensieratezza dei bambini che, correndo, si lasciano dietro ogni pensiero andando incontro alla bella stagione” dichiara Peluso, “È un brano che mi rappresenta molto, un vero e proprio inno all’estate, una melodia fresca, dal sapore mediterraneo e popolare”.

Dopo l’esordio nel 1991 nell’acclamato Il ladro di bambini di Gianni Amelio, Vincenzo Peluso ha iniziato una carriera nell’ambito del cinema d’autore, spaziando dal teatro alla televisione e lavorando al servizio di cineasti quali Pappi CorsicatoGiuseppe FerraraClaudio Bonivento Maurizio Zaccaro, affiancando oltretutto apprezzatissimi attori del calibro di Giancarlo Giannini, Claudio Amendola e Michele Placido. Fino ad approdare dietro la macchina da presa e a rendere la regia quella che rimane, tutt’oggi, la sua principale attività.

Visionabile al link riportato di seguito, il videoclip di Currite Currite è stato girato tra Napoli e l’isola di Procida, che con la loro bellezza e la magia dei colori gli hanno conferito un tocco particolare.

Link videoclip: https://www.youtube.com/watch?v=CvbyLjhToLs

POP BLACK POSTA in anteprima a Napoli

Pop_Black_Posta_NapoliRicevo e volentieri pubblico

In attesa della sua uscita ufficiale nelle sale cinematografiche, a partire dal 22 Agosto 2019 distribuito da Ahora! Film, il thriller/black comedy Pop Black Posta di Marco Pollini prosegue il proprio tour di antepr

Alla presenza del regista, degli attori Enzo Garramone, Noemi Maria Cognini e del cantautore Felice Romano, che nel film esegue il brano E poi la fine, il 14 Luglio 2019, infatti, verrà proiettato alle ore 21.00 a Napoli presso il N’ato Cinema – Ex base NATO – Arena estiva Cinema La Perla, come evento sostenuto e promosso da:
– Donne per il sociale onlus
– Arcidonna Napoli onlus
– Centro Studi donna comune di Napoli
– Delega Pari opportunità comune di Napoli

Il lungometraggio, con protagonista la due volte vincitrice del David di Donatello Antonia Truppo, qui in inedite vesti di psicopatica, include nel cast Annalisa Favetti, Stefano Ambrogi, Denny Mendez, Enzo Garramone, Pino Ammendola, Alessandro Bressanello, Hassani Shapi, Aaron T. Maccarthy, Luca Lobina, Noemi Maria Cognini e Luca Romano. La colonna sonora del film è stata curata dal compositore Marco Werba che ha registrato i brani con l’orchestra sinfonica della Bulgaria.

Pop Black Posta è ambientato in un luogo piuttosto inusuale: un ufficio postale. L’ufficio postale è diventato, infatti, negli ultimi anni, un luogo stravagante, caratterizzato nell’immaginario collettivo da un servizio poco accurato, da lungaggini burocratiche, file interminabili, macchinari obsoleti, personale frustrato e, non ultimo, a rischio di rapine. All’interno del film viene ricreato questo luogo immaginario, ma non lontano dalla realtà e caratterizzato da un’atmosfera claustrofobica e decisamente sopra le righe.

Sinossi: Alessia (Antonia Truppo) è un’impiegata di una piccola posta di provincia che, in un giorno qualunque, prende in ostaggio cinque persone e le obbliga a confessare vari crimini commessi. I cinque, un pastore di una chiesa evangelica (Hassani Shapi), una latinoamericana (Denny Mendez), un ragazzo del Sudan (Aaron T. Maccarthy), una bionda elegante (Annalisa Favetti) e un signore grasso apparentemente tecnologico (Alessandro Bressanello), dovranno difendersi da loro stessi e dagli errori compiuti, cercando di sopravvivere e di compiacere Alessia, che, nella sua follia, è pronta ad ucciderli per vendicare il suo passato.

Di seguito alcuni Partner che hanno collaborato  al film POP BLACK POSTA: Phonopress, Finstal , SicurItalia, Vimar, Signor Peperoncino,  Zorzi, Leader Form/Extreme printing, Residence All’Adige, Agec, Verona Film Commission, Fondazione Arena di Verona,  Mibac, Regione Veneto, Comune di Verona, Regione Lazio, Reel One, Sud Sound Studios.

È Claudio Morales il nuovo Diabolik?

Claudio Diabolik Maschera MQRicevo e volentieri pubblico

Fisico atletico, ex nuotatore agonista e 187 centimetri di altezza.

È stato “avvistato” per le vie della città di Napoli l’attore che maggiormente ricorda Diabolik, popolare ladro protagonista dell’omonimo fumetto creato dalle sorelle Giussani.

Il nome è Claudio Morales e ne danno conferma un recente commento della regista Simona Izzo su Facebook e una sua fotografia che il conduttore televisivo Piero Chiambretti – appassionato, appunto, di Diabolik – ha postato sul proprio profilo ufficiale Instagram.

Diabolik auto in corsa right(1)Influencer con 139000 followers sul noto social network (@claudiovmorales), non è un sosia del professionista del furto, ma lo interpreta alla perfezione e sembra veramente incarnarlo nella realtà.

Non a caso, ne ha vestiti i panni in un fotoromanzo, a teatro, in eventi importanti come quello di Rabarbaro Zucca con Carolina Crescentini o quello della catena Hotel Meliá a Milano e in uno spot per una società internazionale che si occupa di sistemi di sicurezza, il cui breve estratto è diventato virale, superando le 550000 visualizzazioni su YouTube.

fotoromanzo Diabolik 1 medium qualityUn video che sta ottenendo moltissime visualizzazioni su tutti i social e che conferma Morales unico attore italiano che, al momento, ha interpretato Diabolik, avendolo preceduto soltanto l’americano John Phillip Law nel noto cinecomic diretto nel 1968 da Mario Bava e il Daniel McVicar della soap opera Beautiful nel videoclip Amore impossibile dei Tiromancino.

Di conseguenza, con all’interno della propria filmografia quattro lungometraggi di genere firmati dal regista stracult Bruno Mattei (tra i quali Cannibal world e Land of death), potrebbe essere il volto maggiormente adatto da prestare al tanto discusso Diabolik che i Manetti Bros hanno da qualche tempo in progetto.

L’età, le caratteristiche fisiche e il viso ne danno evidente conferma, come pure i consensi ottenuti sul web dai fan del Re del terrore, che sembrano tutti tifare per lui, che ha studiato recitazione presso l’accademia Duse a Roma.

LA RECENSIONE – AGADAH di Alberto Rondalli

agadah-immagine-filmTITOLO: AGADAH; REGIA: Alberto Rondalli; genere: drammatico, storico, commedia; paese: Italia; anno: 2017; cast: Nahuel Perez Biscayart, Alessandro Haber, Caterina Murino; durata: 126′

Nelle sale italiane dal 16 novembre, Agadah è l’ultimo lungometraggio diretto da Alberto Rondalli e tratto dal celebre Manoscritto trovato a Saragozza di Jan Potoki.

Siamo nel maggio del 1734. Alfonso van Worden, giovane ufficiale Vallone al servizio di Re Carlo, ha ricevuto l’ordine di raggiungere il suo reggimento a Napoli. Durante il viaggio, nonostante il suo servitore Lopez cerchi di dissuaderlo dall’attraversare l’altopiano delle Murgie poiché infestato da spettri e demoni, il giovane Alfonso decide di mettersi ugualmente in cammino. Ed ecco che, nell’arco di dieci giornate, vivendo di volta in volta situazioni a metà tra sogno e realtà, tra reale e fiabesco, il ragazzo compirà una sorta di percorso iniziatico, al termine del quale non avrà mai la certezza se ciò che ha vissuto sia stato, appunto, un sogno o meno.

Per i temi trattati e la struttura che, al di là di quanto inizialmente possa sembrare, di lineare ha ben poco, questo lavoro di Alberto Rondalli risulta di non facile lettura e piuttosto stratificato: se da un lato abbiamo il sogno e la fiaba, dall’altro c’è la storia, così come i fatti si sono svolti (non dimentichiamo che la vicenda è ambientata all’indomani della Battaglia di Bitonto). E la cosa in sé è anche piuttosto interessante. Peccato, però, che, proprio per quanto riguarda la realizzazione, il regista si sia lasciato prendere eccessivamente la mano con repentini cambi di scena e di ambientazione, con un susseguirsi eccessivamente confusionario di personaggi e con un andamento narrativo che, a tratti, avrebbe necessitato anche di qualche attimo di respiro.

Detto questo, particolarmente interessanti e ben riuscite sono proprio le ambientazioni e gli effetti speciali (piuttosto interessante, ad esempio, la realizzazione di alcuni scheletri viventi, per i quali sono stati adoperati dei veri scheletri opportunamente scenografati). Fattori, questi, sempre a rischio, quando si tratta di realizzare un film in costume e non si dispone di un grosso budget. In questo caso, però, notiamo con piacere che il problema è stato brillantemente arginato.

Peccato, dunque, che un lungometraggio come Agadah non sempre sia riuscito a centrare l’obiettivo. Magari, evitando il “troppo” si sarebbe potuto dar vita ad una vera e propria chicca all’interno del panorama italiano contemporaneo. Che dire? Attenderemo fiduciosi nuovi lavori da parte dell’autore. Vediamo, le prossime volte, in che modo riuscirà a stupirci.

VOTO: 6/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE – L’INTRUSA di Leonardo Di Costanzo

covermd_home (2)TITOLO: L’INTRUSA; REGIA: Leonardo Di Costanzo; genere: drammatico; paese: Italia; anno: 2017; cast: Raffaella Giordano, Valentina Vannino, Martina Abbate; durata: 95′

Nelle sale italiane dal 28 settembre, L’intrusa è il secondo lungometraggio a soggetto diretto da Leonardo Di Costanzo e presentato alla Quinzaine des Réalisateurs durante l’ultima edizione del Festival di Cannes.

Giovanna è la fondatrice del centro “La Masseria” di Napoli, un luogo di ritrovo dove i bambini possono imparare a convivere gli uni con gli altri e possono stimolare la loro creatività, restando, dunque, alla larga dalla malavita locale. Un giorno giunge al centro Maria, giovane moglie di un camorrista ricercato per un efferato omicidio. La donna chiederà a Giovanna di essere ospitata presso il centro insieme ai suoi due bambini. La sua presenza, però, causerà non pochi problemi all’interno del centro stesso.

Dopo il successo di L’intervallo – prima opera di finzione di Di Costanzo, presentata nel 2012 alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti – di certo il nuovo lungometraggio del giovane autore partenopeo è stato uno dei titoli più attesi dalla critica nostrana. E, di fatto, sebbene con meno mordente rispetto al precedente lavoro, L’intrusa si è rivelato un’ulteriore conferma del talento e della straordinaria sensibilità di Di Costanzo nel raccontare una Napoli fortemente segnata dalla malavita, senza scadere in banali luoghi comuni o in qualcosa di già visto.

Perché, di fatto, il cinema di Di Costanzo ci racconta piccole realtà racchiuse quasi in un mondo a sé, non immuni, però, da “contaminazioni” esterne. E le locations, vero marchio di fabbrica della cinematografia del regista, giocano, dunque, un ruolo fondamentale: le storie messe in scena sembrano svolgersi in delle specie di non-luoghi, o meglio, di luoghi isolati dal mondo, dove in pochi sembrano essere ammessi. È stato così con L’intervallo, dove abbiamo visto una ragazzina tenuta in ostaggio da un coetaneo in una vecchia casa abbandonata immersa nel verde, ed è così anche in L’intrusa, dove il centro fondato dalla protagonista sembra quasi una sorta di “isola felice”, dove i bambini possono ancora giocare all’aria aperta e sentirsi liberi.

Particolarmente interessante è il personaggio di Giovanna, protagonista del lungometraggio. Il suo conflitto interiore dovuto alla presenza di Maria viene ben messo in scena dall’occhio attento del regista. Eppure, purtroppo, lo stesso non si può dire per quanto riguarda il personaggio della stessa Maria, nei confronti del quale il regista sembra troppo distaccato, troppo poco empatico.

Detto questo, il lavoro realizzato è comunque un fiore all’occhiello della cinematografia italiana contemporanea, la quale, in questo 2017, ci ha comunque regalato piacevoli sorprese (basti pensare, ad esempio, a titoli come A Ciambra di Jonas Carpignano, Sicilian Ghost Story di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza o anche a L’equilibrio di Vincenzo Marra, giusto per fare alcuni nomi).

Non ci resta che aspettare, a questo punto, un nuovo lavoro di Di Costanzo, per vedere come si evolverà il suo modo di fare cinema. Quasi sicuramente non ne resteremo delusi. E poi, diciamolo pure, quanto è suggestiva la scena finale in cui vediamo i bambini ospiti del centro far fare una sfilata a Mr Johns, un pupazzo da loro costruito assemblando parti di vecchie biciclette?

VOTO: 7/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE – L’EQUILIBRIO di Vincenzo Marra

LEquilibrio-trailer-coverTITOLO: L’EQUILIBRIO; REGIA: Vincenzo Marra; genere: drammatico; paese: Italia; anno: 2017; cast: Mimmo Borrelli, Roberto del Gaudio, Autilia Ranieri; durata: 90′

Nelle sale italiane dal 21 settembre, L’equilibrio è l’ultimo lungometraggio diretto da Vincenzo Marra e presentato in anteprima alla 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Giornate degli Autori.

Ci troviamo a Roma. Don Giuseppe, al fine di scappare da una donna che lavora insieme a lui come volontaria e per la quale prova dei sentimenti, chiede di essere trasferito nel suo paese di origine, in provincia di Napoli. Qui prenderà il posto di don Antonio e si scontrerà inevitabilmente con la dura realtà che affligge la sua terra. Tra la lotta contro la malavita locale ed i problemi di salute degli abitanti dovuti alla copiosa presenza di rifiuti tossici, non sarà facile mantenere l’equilibrio che lo stesso don Antonio era riuscito, in qualche modo, a creare.

Un lungometraggio coraggioso, questo ultimo lavoro di Vincenzo Marra. Il regista non esita a toccare temi scomodi, come, appunto, la questione della Terra dei fuochi, e a mostrarci uno Stato ed una Chiesa vergognosamente assenti ed omertosi. Chiunque voglia rompere l’equilibrio creatosi sembra destinato, dunque, a soccombere. Dal canto suo, il personaggio di don Giuseppe (interpretato da un convincente Mimmo Borrelli) è una figura più che mai umana, non immune ai desideri carnali, che urla, soffre, addirittura bestemmia. Ma che, con tutte le sue “debolezze” di comune mortale, risulta, in realtà, molto più forte e coraggioso di chiunque altro.

La potenza di ciò che è stato messo in scena viene da Marra sapientemente sottolineata da una regia essenziale, diretta, priva di inutili fronzoli, con una macchina da presa che segue passo passo il protagonista con angusti piani sequenza e figure a tratti statiche all’interno del quadro, quasi in una sorta di straniamento brechtiano.

Uno stile molto singolare, quello di Vincenzo Marra. Singolare, ma mai compiaciuto o gratuito. Non a caso, in poco tempo è riuscito a farsi ricordare nell’ambito del panorama cinematografico nazionale ed a creare, allo stesso tempo, un proprio “marchio di fabbrica”. L’efficacia di ciò che viene messo in scena, poi, anche in questo ultimo lungometraggio, si sente eccome.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

VENEZIA 74 – IL SIGNOR ROTPETER di Antonietta De Lillo

coverlg (1)TITOLO: IL SIGNOR ROTPETER; REGIA: Antonietta De Lillo; genere: drammatico; paese: Italia; anno: 2017; cast: Marina Confalone; durata: 37′

Presentato fuori concorso alla 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Il signor Rotpeter è l’ultimo lavoro della regista partenopea Antonietta De Lillo, tratto da un testo di Franz Kafka, interpretato da Marina Confalone e facente parte del film partecipato L’uomo e la bestia.

Una poltrona vuota davanti alla macchina da presa. Un grande giardino con una sedia di vimini. Una casa apparentemente disabitata. Eppure, qualcuno c’è. Percepiamo la sua presenza nel momento in cui lo sentiamo russare in camera da letto, per poi vederlo in primo piano, seduto in poltrona, mentre, intervistato da una voce fuori campo, si accinge a raccontarci la propria storia: quella di uno scimpanzé divenuto uomo.

Il testo di Kafka ed il carisma della Confalone riescono indubbiamente a coinvolgerci fin dai primi momenti. E la storia del signor Rotpeter stessa è, per quanto singolare, una storia universale: la storia di chi, snaturato da sé, sente il bisogno di combattere al fine di sopravvivere. Istinto di sopravvivenza, il suo, che presto lo porterà a preoccuparsi non solo per sé stesso, ma anche per gli altri.

Le scenografie, le locations – quasi tutte in interni, tra la casa del protagonista ed un’aula universitaria, fatta eccezione per brevi momenti in cui vediamo Rotpeter/Confalone passeggiare sul lungomare di Napoli – ed una regia fatta perlopiù di camera fissa, rendono il tutto eccessivamente – e volutamente – essenziale: in linea con l’universalità della storia, non c’è probabilmente il reale bisogno di inutili orpelli per arrivare allo spettatore. Idea condivisibile, quello sì. Però, a questo punto, più che parlare di cinema verrebbe quasi di considerare il lavoro come teatro filmato. La stessa macchina da presa, non allontanandosi mai dalla protagonista, ci mostra quest’ultima come se ci trovassimo in platea davanti ad un palcoscenico. Stesso discorso vale per le musiche, totalmente assenti. L’impressione che si ha è che la regista stessa voglia restare quasi del tutto invisibile, lasciando il campo esclusivamente all’interprete, oltre che al testo.

Soluzione interessante, quello sì. Però, quando viene adottato un tipo di messa in scena del genere, il rischio è sempre quello di far sì che il prodotto finale risulti, in qualche modo, quasi “snaturato” dalla sua natura cinematografica. E che, almeno nell’ambito della settima arte, perda molte, molte potenzialità.

Ciò che ci resta dopo la visione de Il signor Rotpeter è, di fatto, oltre al sopracitato e sempreverde testo kafkiano, la grande interpretazione di Marina Confalone. A lei il merito di catalizzare l’attenzione del pubblico per oltre mezz’ora, senza pause, senza interruzioni alcune. Ma, alla fine dei conti, il cinema dov’è?

VOTO: 6/10

Marina Pavido

EVENTO SPECIALE: PINO DANIELE – IL TEMPO RESTERA’ di Giorgio Verdelli

1200x675TITOLO: PINO DANIELE – IL TEMPO RESTERA’; REGIA: Giorgio Verdelli; genere: documentario; anno: 2017; paese: Italia; durata: 105′

Nelle sale italiane solo il 20, 21 e 22 marzo, Pino Daniele – Il tempo resterà è un sentito documentario diretto dall’esperto di musica Giorgio Verdelli, omaggio all’indimenticato cantante partenopeo.

Sono stati in molti a raccontarci la vita di questo straordinario personaggio venuto a mancare prematuramente: da James Senese a Renzo Arbore, da Jovanotti ad Enzo Gragnaniello, fino a Peppe Servillo, Massimo Ranieri, Vasco Rossi e molti altri ancora. In sottofondo, le canzoni del celebre cantautore che tutti – chi più, chi meno – conosciamo. E così, tra filmati di repertorio ed interviste, ecco arrivare in sala un prodotto profondamente sentito e toccante, sincero e mai didascalico, che, forse, soltanto nel finale – con l’apparizione di Bianca Guaccero a rimirare i dischi del cantante – sembra risultare un po’ forzato.

Eppure, chi ha avuto modo di apprezzare il cantautore in vita, non potrà non essere soddisfatto anche da questo omaggio. Si preannunciano, dunque, tre giorni di pienone nelle sale che lo avranno in palinsesto!

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA- FALCHI di Tony D’Angelo

falchi_michele_riondino_fortunato_cerlino_jpg_1003x0_crop_q85TITOLO: FALCHI; REGIA: Tony D’Angelo; genere: poliziesco, drammatico; anno: 2017; paese: Italia; cast: Fortunato Cerlino, Michele Riondino, Pippo Delbono, Stefania Sandrelli; durata: 97′

Nelle sale italiane dal 2 marzo, Falchi è l’ultimo lungometraggio diretto da Tony D’Angelo.

Peppe e Francesco sono due Falchi, ossia due poliziotti della sezione speciale della Squadra Mobile di Napoli, soliti usare spesso e volentieri metodi anticonvenzionali al fine di far rispettare la legge nei quartieri più malfamati della città. Un giorno si troveranno a dover fronteggiare una pericolosa banda della malavita cinese, dedita ai combattimenti clandestini tra cani ed allo sfruttamento della prostituzione.

00176-1150x748Non vi sono personaggi privi di colpe, in questo lungometraggio di Tony D’Angelo. Gli stessi protagonisti, infatti, si troveranno nelle condizioni di dover fare i conti con il proprio passato ed i propri sensi di colpa. E questo, ovviamente, avrà un peso decisivo nello svolgimento dei loro compiti.

Interessanti le atmosfere create appositamente per l’occasione. Fatta eccezione per qualche sbavatura di troppo (scene ed azioni a volte eccessivamente “urlate”, ad esempio), Falchi rivela ben precise intenzioni nel volere assumere l’aspetto dei poliziotteschi anni Settanta. E ci riesce particolarmente bene, dal punto di vista di una messa in scena dove non mancano anche, di quando in quando, anche interessanti panoramiche e dolly che ci mostrano la città di Napoli in tutto il suo fascino.

maxresdefault-2Ciò che convince meno, in questo ultimo lavoro di D’Angelo, è proprio lo script da cui parte il lavoro. Poco sviluppato, a tal proposito, è, ad esempio, il personaggio di Arianna, interpretato da Stefania Sandrelli. Personaggio, questo, che risulta quasi privo di spessore a causa di una mancata e necessaria caratterizzazione, malgrado le numerose potenzialità. Così come, ad esempio, particolarmente forzato risulta il finale stesso del lungometraggio, in cui la decisione di lasciare volutamente delle porte aperte risulta, una volta completatala realizzazione, decisamente inefficace e priva di nerbo, carente, dunque, di quel carico emotivo inizialmente immaginato.

Eppure, nonostante ciò, Falchi risulta un prodotto interessante nel suo genere. Chissà, magari, man mano l’arte di Tony D’Angelo finirà con l’affinarsi sempre di più. Le premesse di certo ci sono tutte!

VOTO: 6/10

Marina Pavido