20° FAR EAST FILM FESTIVAL – THE BATTLESHIP ISLAND: DIRECTOR’S CUT di Ryoo Seung-wan

battleship-islandTITOLO: THE BATTLESHIP ISLAND: DIRECTOR’S CUT; REGIA: Ryoo Seung-wan; genere: storico, guerra; paese: Corea del Sud; anno: 2017; durata: 151′

Presentato in anteprima alla 20° edizione del Far East Film Festival, The Battleship Island: Director’s Cut è l’ultimo lungometraggio realizzato dal regista sudcoreano Ryoo Seung-wan, del quale al festival è stato proiettato anche Veteran (2015).

Siamo nel 1945. Il direttore d’orchestra Gang-ok è solito tenere concerti a Seul insieme a Sohee, la sua figlioletta di undici anni. In seguito a un flirt con la moglie di un alto ufficiale, però, l’uomo sarà costretto a partire e si imbarcherà, insieme alla figlia, alla volta del Giappone. Non appena giungerà a destinazione, però, Gang-ok si renderà conto di essere stato deportato, insieme a un nutrito gruppo di coreani, su un’isola al largo della costa di Nagasaki, dove molti prigionieri saranno costretti a lavorare in una miniera in condizioni disumane. Tale sito è stato nominato nel 2016 patrimonio dell’UNESCO. Ciò che è accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale è una ferita ancora aperta.

Dopo la visione di un lungometraggio come il presente, dunque, non ci si può che sentire arricchiti. Merito non solo della messa in scena di eventi storici tanto importanti quanto meno noti rispetto ad altri, ma anche del pregiato valore artistico dell’intero lavoro. Al di là dell’impeccabile regia – con una macchina da presa agile, perfettamente in grado di gestire gli spazi sia in momenti di calma che durante i combattimenti – al di là delle fedeli ricostruzioni degli ambienti dell’epoca, è soprattutto un sapiente e raffinato lavoro di scrittura a far sì che un prodotto come The Battleship Island non solo non perda mai di ritmo e sappia reggere bene la durata di oltre due ore e mezzo, ma vanti anche al suo interno un nutrito numero di personaggi interessanti e ben caratterizzati. A partire, appunto, proprio da Gang-ok e da sua figlia Sohee. Un accurato lavoro di ricostruzione storica che vede al proprio interno anche un evento doloroso come il lancio della bomba atomica su Nagasaki (particolarmente d’effetto, a tal proposito, le scelte cromatiche attuate dal regista nel mostrarci l’evento, con un improvviso bianco e nero su cui stride il giallo fuoco dei fumi della bomba stessa).

E poi c’è l’Arte. L’Arte come puro amore per il Bello, così come strumento salvifico nel vero senso della parola. È (soprattutto) grazie al loro talento che Sohee e suo padre riescono a ottenere un trattamento meno duro rispetto agli altri durante la loro prigionia. È soltanto durante qualche performance artistica che anche il più spietato dei comandanti giapponesi sembra placarsi anche solo momentaneamente. L’Arte, secondo quanto ha voluto mettere in scena Ryoo Seung-wan, è l’unico elemento che accomuna tutti e che ci rende più umani. E, pertanto, va celebrata.

Ciò che Ryoo Seung-wan ha voluto realizzare è, dunque, sì un film di denuncia contro i crimini di guerra compiuti dai giapponesi (e, più in generale, da ogni essere umano), ma anche – e soprattutto – una dichiarazione d’amore rivolta al proprio paese e alla propria gente: uomini forti e dignitosi, in grado di far fronte alle situazioni più complicate. Che sia, questa, una sorta di “incoraggiamento” rivolto proprio al popolo coreano, in un periodo storico difficile come quello che sta vivendo? Al pubblico il privilegio di ogni personale, soggettiva interpretazione.

Piccola chicca: durante una delle battaglie più cruente di tutto il lungometraggio, il regista ha scelto come sottofondo una musica firmata Ennio Morricone. Non mancano, in tutto il mondo, ottimi estimatori del nostro buon cinema e dei nostri grandi autori. E questo, ovviamente, non può che riempirci di orgoglio.

VOTO: 8/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE – AGADAH di Alberto Rondalli

agadah-immagine-filmTITOLO: AGADAH; REGIA: Alberto Rondalli; genere: drammatico, storico, commedia; paese: Italia; anno: 2017; cast: Nahuel Perez Biscayart, Alessandro Haber, Caterina Murino; durata: 126′

Nelle sale italiane dal 16 novembre, Agadah è l’ultimo lungometraggio diretto da Alberto Rondalli e tratto dal celebre Manoscritto trovato a Saragozza di Jan Potoki.

Siamo nel maggio del 1734. Alfonso van Worden, giovane ufficiale Vallone al servizio di Re Carlo, ha ricevuto l’ordine di raggiungere il suo reggimento a Napoli. Durante il viaggio, nonostante il suo servitore Lopez cerchi di dissuaderlo dall’attraversare l’altopiano delle Murgie poiché infestato da spettri e demoni, il giovane Alfonso decide di mettersi ugualmente in cammino. Ed ecco che, nell’arco di dieci giornate, vivendo di volta in volta situazioni a metà tra sogno e realtà, tra reale e fiabesco, il ragazzo compirà una sorta di percorso iniziatico, al termine del quale non avrà mai la certezza se ciò che ha vissuto sia stato, appunto, un sogno o meno.

Per i temi trattati e la struttura che, al di là di quanto inizialmente possa sembrare, di lineare ha ben poco, questo lavoro di Alberto Rondalli risulta di non facile lettura e piuttosto stratificato: se da un lato abbiamo il sogno e la fiaba, dall’altro c’è la storia, così come i fatti si sono svolti (non dimentichiamo che la vicenda è ambientata all’indomani della Battaglia di Bitonto). E la cosa in sé è anche piuttosto interessante. Peccato, però, che, proprio per quanto riguarda la realizzazione, il regista si sia lasciato prendere eccessivamente la mano con repentini cambi di scena e di ambientazione, con un susseguirsi eccessivamente confusionario di personaggi e con un andamento narrativo che, a tratti, avrebbe necessitato anche di qualche attimo di respiro.

Detto questo, particolarmente interessanti e ben riuscite sono proprio le ambientazioni e gli effetti speciali (piuttosto interessante, ad esempio, la realizzazione di alcuni scheletri viventi, per i quali sono stati adoperati dei veri scheletri opportunamente scenografati). Fattori, questi, sempre a rischio, quando si tratta di realizzare un film in costume e non si dispone di un grosso budget. In questo caso, però, notiamo con piacere che il problema è stato brillantemente arginato.

Peccato, dunque, che un lungometraggio come Agadah non sempre sia riuscito a centrare l’obiettivo. Magari, evitando il “troppo” si sarebbe potuto dar vita ad una vera e propria chicca all’interno del panorama italiano contemporaneo. Che dire? Attenderemo fiduciosi nuovi lavori da parte dell’autore. Vediamo, le prossime volte, in che modo riuscirà a stupirci.

VOTO: 6/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA – THE GREAT WALL di Zhang Yimou

The Great WallTITOLO: THE GREAT WALL; REGIA: Zhang Yimou; genere: storico, drammatico, azione; anno: 2017; paese: USA, Cina; cast: Matt Damon, Tian Jing, Pedro Pascal, Willem Defoe; durata: 104′

Nelle sale italiane dal 23 febbraio, The great wall è l’ultimo lungometraggio diretto dal celebre regista cinese Zhang Yimou, nonché suo primo blockbuster in coproduzione con gli Stati Uniti.

William e Tovar sono due mercenari europei recatisi in Cina al fine di recuperare un po’ di famigerata “polvere nera”, antenata della polvere da sparo. Qui,però, verranno attaccati da misteriose creature verdi, i cosiddetti Taotie che ogni sessant’anni minacciano il mondo degli uomini. Per loro è stata costruita a suo tempo la Grande Muraglia Cinese. I due uomini avranno modo, dunque, di combattere al fianco dell’esercito cinese contro queste pericolose creature.

images-3C’è poco da fare: da un bel po’ di anni a questa parte, ormai, il cineasta cinese è diventato decisamente mainstream. E la cosa andrebbe anche bene, se non fosse per il fatto che i suoi ultimi lavori hanno, comunque, deluso le aspettative di pubblico e critica sia dal punto di vista della sceneggiatura in sé che anche, spesso e volentieri, per quanto riguarda una messa in scena a volte eccessivamente pomposa ed ingiustificatamente sopra le righe. Per quanto riguarda lo script, lo stesso discorso può essere fatto, purtroppo, per The Great Wall, dove si può dire che una sceneggiatura vera e propria non c’è (e la cosa non è stata fatta volutamente!). Tutto serve come pretesto per dare vita alle numerose azioni presenti, dimenticando, però, di inserire qualche necessario snodo narrativo di rilievo.

Senza parlare, ovviamente, delle numerose potenzialità qui mal sfruttate, soprattutto per quanto riguarda attori del calibro di Willem Defoe, relegato in questo caso a poche e scarne scene secondarie, mentre, di fianco, un poco convincente Matt Damon è stato scelto addirittura come protagonista.

63993_pplFortunatamente, però, dopo tante delusioni in merito, ci troviamo qui di fronte ad un 3D ben sfruttato, con raffinate e ritmate coreografie unite ad effetti speciali da cardiopalma. In poche parole, se ci si dimentica della storia in sé e ci si lascia trasportare semplicemente dalle immagini, questo ultimo lungometraggio di Zhang Yimou può indubbiamente essere apprezzato. Solo se lo si guarda in questa ottica, però.

Perché, di fatto, anche se i film del regista cinese vengono sempre attesi con naturale curiosità, i tempi di Lanterne rosse o di La locanda della felicità sembrano ormai irrimediabilmente lontani.

VOTO: 6/10

Marina Pavido

 

EVENTO SPECIALE: IL VIAGGIO DI FANNY di Lola Doillon

fannys-journey-460x230TITOLO: IL VIAGGIO DI FANNY; REGIA: Lola Doillon; genere: drammatico; anno: 2016; paese: Francia; cast: Cécile De France, Léonie Souchaud, Fantine Harduin; durata: 94′

Nelle sale italiane esclusivamente il 26 e 27 gennaio-in occasione della Giornata della MemoriaIl viaggio di Fanny è l’ultimo lungometraggio diretto dalla regista francese Lola Doillon, ispirato ad una storia vera.

La tredicenne Fanny viene lasciata dai genitori – insieme alle due sorelline più piccole – in una colonia, dove alcuni insegnanti si occupano di proteggere dai nazisti i bambini ebrei. Le cose cambiano quando le SS scoprono l’attività segreta della colonia. A quel punto, a Fanny, alle sue sorelline e ad i nuovi amici, non resterà che intraprendere un lungo e pericoloso cammino al fine di raggiungere il confine svizzero.

il-viaggio-di-fanny-immagine-dal-set-con-il-gruppo-di-bambini-protagonisti-e-madame-forman-maxw-1280Interessante operazione, quella compiuta dalla Francia,la quale, a differenza della Germania, di rado ha trattato un tema come quello dell’olocausto. Eppure Il viaggio di Fanny ha dalla sua innanzitutto il merito di raccontarci qualcosa di sconosciuto ai più,ossia l’esistenza di case-famiglia disposte ad occuparsi dei figli di genitori ebrei al fine di salvarli dai nazisti. Visto da un punto di vista prettamente divulgativo, dunque, questo ultimo lungometraggio della Doillon si rivela alquanto interessante.

I principali problemi, in realtà, sono altri. E riguardano la realizzazione del lungometraggio in sé: eccessivamente invadente, di fatto, è la musica presente, la quale fa in modo che l’intero prodotto somigli quasi ad un lavoro pensato per la tv. Stesso discorso va fatto per lo script in sé: dialoghi troppo espliciti tendono a doppiare le immagini e non poche forzature rendono il tutto poco credibile (nonostante, appunto, si tratti di una storia vera).

fannys-journey-01-460x230Discorso a parte va fatto sui bambini protagonisti: i giovani attori hanno sì parecchie potenzialità, ma tuttavia risultano a volte eccessivamente ingessati, protagonista compresa. Peccato. Soprattutto perché la storia in sé è davvero molto promettente e ricca di spunti. Chissà se qualcun altro deciderà di raccontarla nuovamente a modo proprio. Staremo a vedere! Nel frattempo, Il viaggio di Fanny, in sala in occasione della Giornata della Memoria, è senza dubbio un altro importante documento di una delle più grandi disgrazie del secolo scorso.

VOTO: 5/10

Marina Pavido

RIFF 2016 – ADOLFO PEREZ ESQUIVEL – RIVERS OF HOPE di Dawn Gifford Engle

adolfo-perez-esquivel-9831TITOLO: ADOLFO PEREZ ESQUIVEL – RIVERS OF HOPE; REGIA: Dawn Gifford Engle; genere: documentario; anno: 2016; paese: Argentina; durata: 77′

Presentato in anteprima – e come film di chiusura – alla XV edizione del Rome Independent Film Festival, Adolfo Perez Esquivel – Rivers of Hope è l’ultimo documentario della regista Dawn Gifford Engle,la quale ci racconta la storia dell’artista ed attivista per i diritti umano che nel 1980 è stato insignito del Premio Nobel per la Pace.

Interessante figura, quella di Adolfo Perez Esquivel. Da amante dell’arte e studioso, fin da giovanissimo si ritrova coinvolto in prima persona nei tristi avvenimenti accaduti nel suo paese, l’Argentina. Coinvolto a tal punto, da entrare a far parte, dopo pochi anni dal suo inizio come attivista, dei desaparecidos (salvandosi, in seguito, miracolosamente), per poi diventare prigioniero politico e continuare a svolgere la sua attività anche dall’estero. E, sebbene al giorno d’oggi le dittature siano sparite e si siano ottenuti parecchi diritti rispetto al passato, Esquivel continua tutt’ora a battersi per il bene della propria nazione, quale combattente instancabile ed idealista che è sempre stato.

Interessante operazione – anche se spesso già abbondantemente adoperata come soluzione finale in parecchi documentari – quella di alternare le interviste a filmati di repertorio, fotografie e girato. Il tutto, senza dubbio, contribuisce a dare ritmo ed a rendere ancora più accattivante un tema che già di per sé attira l’attenzione di molti. Se, poi, si aggiunge anche una chiara e – per quanto possibile – esaustiva spiegazione degli avvenimenti storici, oltre ad un’indovinata e, soprattutto, mai eccessiva o “invadente” musica (composta, peraltro, dalla stessa signora Esquivel), ecco che abbiamo un documentario di tutto rispetto che, pur non distinguendosi per una marcata o innovativa autorialità, resta comunque un prodotto valido ed intellettualmente onesto.

Perché, di fatto, il punto è proprio questo: data la portata di determinati avvenimenti ed il breve periodo di storicizzazione trascorso, uno dei rischi che maggiormente si corrono nel momento in cui si decide di girare un documentario in merito, è proprio quello di autocommiserarsi, di piangersi addosso. Ma, fortunatamente, questo non è il caso di Adolfo Perez Esquivel – Rivers of Hope, che, al contrario, come già si può intuire dal titolo, ciò che maggiormente vuole trasmettere è proprio una ventata di speranza nei confronti del futuro, che, energica e “rigenerante” come l’acqua fresca di un fiume, non manca di toccare tutti noi, al termine della visione.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

SCUOLA D’ARTE CINEMATOGRAFICA VOLONTE’: LANCIATO IL BANDO PER LE ISCRIZIONI

Ricevo e volentieri pubblico

Corso_recitazioneSono aperte le iscrizioni per la Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté per la formazione triennale 2017/2019. La scadenza del bando lanciato dalla Regione Lazio, scaricabile a questo link, è il 28 settembre 2016.

La Scuola Gian Maria Volonté, che ha sede a Roma, è una scuola pubblica e gratuita della regione Lazio, co-finanziata dalFondo sociale europeo e offre undici percorsi di formazione professionale nelle principali aree tecnico-artistiche che concorrono alla realizzazione di un film: regia, sceneggiatura, organizzazione della produzione, recitazione, direzione della fotografia, scenografia, costume cinematografico, ripresa del suono, montaggio del suono, montaggio della scena e VFX compositing. A partire da quest’anno l’organizzazione didattica della scuola è stata profondamente rinnovata e da biennale diventa un percorso di formazione triennale(2100 ore). Il funzionamento della Scuola è garantito dalla Città Metropolitana di Roma Capitale, che la gestisce in convenzione con la Regione Lazio.

ScolaMastandreaSul piano personale e professionale, sento che la Scuola Volonté è un’esperienza irrinunciabile. Il percorso formativo degli allievi è lo stesso che compiono i grandi professionisti che li affiancano ogni giorno mettendosi in gioco, si tratta di imparare facendo e divertirsi lavorando. Cioè realizzare, sognando, qualcosa che non esiste ancora.” Così la descrive  il regista Daniele Vicari, direttore artistico della Scuola, le cui lezioni sono tenute dai maggiori professionisti dei vari settori, tra cui Marta Maffucci, Massimo Gaudioso, Marco Spoletini, Grazia Colombini, Roberto Forza.

La scuola è stata fondata nel 2011 dalla Provincia di Roma insieme a un gruppo di cineasti tra cui Valerio Mastandrea, Daniele Vicari, Marco Spoletini, Gherardo Gossi,Andrea Porporati, Paola Sangiovanni, dallo storico e critico del cinema Antonio Mediciche ne coordina la didattica, con il sostegno convinto e appassionato sin dall’inizio diEttore Scola, Elio GermanoFrancesca Comencini, Domenico Procacci, Simona Paggi,Alessandro Zanon, Giovanni Spagnoletti, Lorenzo Balardi, Giovanna Gravina Volonté.

PaoloSorrentinoIMG_4705La passione per il cinema e la volontà dei suoi fondatori ha permesso la nascita di questa struttura che offre un’occasione di studio completamente gratuita a chi altrimenti non se lo potrebbe permettere. Ettore Scola, presidente onorario del comitato tecnico-scientifico, ha dichiarato che “si tratta di una scuola gratuita, per tutti. Questo non è soltanto un vantaggio per quelli che ci partecipano, è un vantaggio per tutti. Una scuola pubblica di cinema, è una cosa che non c’è altrove, non esiste.”  Le candidate e i candidati che superano la selezione non avranno infatti alcuna retta né tasse da pagare, e saranno spesati dalla scuola stessa durante i tirocini obbligatori quando si svolgono fuori regione.

LINK SCUOLA VOLONTE

Per ulteriori informazioni e chiarimenti, è possibile rivolgersi alla segreteria della Scuola ai numeri telefonici 06.6766. 4893 / 4822/ 2496 e all’indirizzo e-mail scuolacinema@cittametropolitanaroma.gov.it 

 

Grande successo per FESTINA LENTE di LUCILLA COLONNA

Francesca Ceci

TITOLO: FESTINA LENTE – AFFRETTATI LENTAMENTE; REGIA: Lucilla Colonna; genere: drammatico, storico; anno: 2016; paese: Italia: cast: Francesca Ceci, Francesco Rossini, Silvia Delfino, Rimi Beqiri; durata: 102′

Pluripremiato in Spagna e negli Stati Uniti al Wild Rose Film Fest, grande successo all’ Ischia Film Festival, al festival internazionale Tracce Cinematografiche di Nettuno ed a Fabriano, Festina lente – Affrettati lentamente, opera prima scritta e diretta da Lucilla Colonna si è rivelata un’operazione particolarmente interessante nel panorama cinematografico attuale.

La storia della poetessa Vittoria Colonna (Francesca Ceci) viene qui ricostruita – in seguito ad una lunga preparazione in merito – focalizzando l’attenzione sul coraggio della protagonista e sulla sua forza interiore nell’affrontare difficoltà nella vita privata e, soprattutto, nel rapportarsi con il potere, con la Chiesa e con le istituzioni. Il tutto messo in scena con suggestive ambientazioni, imponenti costumi ed una colonna sonora di tutto rispetto. Una Vittoria Colonna appassionata e determinata, un personaggio come ce ne vorrebbero tanti, soprattutto al giorno d’oggi.

Diego Bottiglieri, Francesca Ceci e Silvia Delfino“Se si maneggiassero più libri che armi, non si vedrebbero tante stragi, tanti misfatti, tante brutture.”. Così disse il tipografo Aldo Manuzio, citato – anche per questa sua affermazione – in Festina lente. E il concetto da cui prende spunto tutto il film, soprattutto per questo motivo, risulta attuale più che mai. Così come esemplare è il processo da cui è nato tutto il lungometraggio. Nell’ambito di un panorama cinematografico che sembra proporci – per quanto riguarda la grande distribuzione – spesso e volentieri prodotti visti e rivisti, un’operazione come quella di produrre e realizzare un film totalmente indipendente risulta quasi un’impresa eroica, che presuppone anni ed anni di lavoro e non poche difficoltà. Impresa, questa, realizzata durante la produzione di Festina lente, che – a sua volta – si è rivelato un film fortemente sentito e pieno di pathos e che vede la sua regista – Lucilla Colonna, appunto – quasi come un alter ego della protagonista stessa, perseverante, combattiva ed appassionata più che mai.

Francesca Ceci e Filippo GiliPiù e più volte – in particolare negli ultimi anni – si è parlato di cinema indipendente. Un cinema realizzato da giovani autori che, senza importanti case di produzione alle spalle, hanno deciso di dar vita alle loro opere, scegliendo, in compenso, una grande libertà produttiva. Ed è questo un cinema che man mano sta prendendo sempre più piede e che ha visto l’affermarsi di non pochi nomi nel panorama cinematografico. Che sia questo anche il destino dell’esordiente Lucilla Colonna? Staremo a vedere. Nel frattempo, la sua opera prima, Festina lente, ha già conquistato numerosi spettatori nell’ambito di festival italiani ed internazionali. E questa, di certo, non è cosa da poco.

Marina Pavido

OGGI AL CINEMA: tutte le novità in sala del 30/06/2016

A cura di Marina Pavido

È giovedì e, come ogni settimana, il palinsesto si rinnova. Anche oggi sono numerosi i nuovi titoli in programmazione nelle sale italiane: dall’iraniano A girl walks home alone at night alla commedia americana Il piano di Maggie, dal lungometraggio di animazione Ratchet & Clank al giapponese Tokio Love Hotel. Come di consueto, ecco una breve rubrica per aiutarvi a scegliere ciò che maggiormente incontra i vostri gusti. In fondo ad alcune trame, inoltre, sarà possibile leggere qualche nostra recensione.

 

NAHID

Nahid

REGIA: Ida Panahandeh; genere: drammatico; anno: 2015; paese: Iran; cast: Sareh Bayat, Pejman Bazeghi

Nahid è una giovane donna divorziata con il figlioletto a carico. Il suo ex marito, tossicodipendente, minaccia di toglierle l’affidamento del bambino qualora lei si risposasse. Le cose si complicano quando la donna si innamora di un uomo che sembra amarla a sua volta.

LA RECENSIONE:

LA RECENSIONE DI MARINA: NAHID di Ida Panahandeh

 

A DRAGON ARRIVES!

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REGIA: Mani Haghighi; genere: avventura, horror; anno: 2016; paese: Iran; cast: Amir Jadidi, Ehsan Goodarzi, Homayoun Ghanizadeh

Il detective Babak Hafizi, incaricato di indagare su un sospetto suicidio di un esule politico, viene a conoscenza di un’antica leggenda, secondo la quale ogni volta che qualcuno viene sepolto in un vecchio cimitero (vicino al luogo del suicidio) si scatena un misterioso terremoto.

IL PIANO DI MAGGIE

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REGIA: Rebecca Miller; genere: commedia; anno: 2016; paese: USA; cast: Greta Gerwig, Ethan Hawke, Julianne Moore

Maggie è una brillante trentenne che decide di avere un figlio da sola. I suoi piani cambiano quando incontra un affascinante scrittore in crisi e se ne innamora. L’uomo, a sua volta, però, è infelicemente sposato con una professoressa universitaria. Tra i tre verrà a crearsi una bizzarra situazione.

RATCHET & CLANK – IL FILM

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REGIA: Kevin Munroe, Jericca Cleland; genere: animazione, avventura, azione, commedia; anno: 2016; paese: USA

Ratchet è l’ultimo extraterrestre della sua specie, mentre Clank è un piccolo e simpatico robot. I due, insieme, avranno il compito di fermare un pericoloso alieno che minaccia di distruggere ogni pianeta della galassia.

A GIRL WALKS HOME ALONE AT NIGHT

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REGIA: Ana Lily Amirpour; genere: drammatico, horror; anno: 2013; paese: Iran, USA; cast: Sheila Vand, Arash Marandi, Marshall Manesh

A Bad City, una malfamata città iraniana, una misteriosa ragazza si aggira da sola per le strade di notte. Dal suo incontro con un ragazzo con una difficile situazione familiare, le cose inizieranno a cambiare in città.

LA RECENSIONE:

LA RECENSIONE DI MARINA: A GIRL WALKS HOME ALONE AT NIGHT di Ana Lily Amirpour

AMERICAN ULTRA

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REGIA: Nima Nourizadeh; genere: commedia, azione; anno: 2015; paese: USA; cast: Kristen Stewart, Jesse Eisenberg, Walton Goggins

Mike e Phoebe vivono in una tranquilla cittadina americana, passando le loro giornate a far uso di droghe. I due, però, sono anche stimati agenti segreti che, di quando in quando, vengono catapultati in un altro mondo, al fine di portare a termine importanti missioni.

CATTIVI VICINI 2

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REGIA: Nicholas Stoller; genere: commedia; anno: 2016; paese: USA; cast: Seth Rogen, Zac Efron, Rose Byrne

Mac e Kelly aspettano il loro secondo figlio e stanno per trasferirsi in periferia. Peccato che vicino casa abbiano un’associazione di studentesse universitarie fuori di testa, che hanno affittato una casa fuori città al fine di potersi scatenare il più possibile.

LA BATTAGLIA DEGLI IMPERI – DRAGON BLADE

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REGIA: Daniel Lee; genere: azione, arti marziali, avventura, storico; anno: 2015; paese: Cina, Hong Kong; cast: Jackie Chan, John Cusack, Adrien Brody

Siamo nelle pianure cinesi di duemila anni fa. Un esercito misterioso cavalca lungo la Via della Seta. Si tratta di un esercito dell’Impero Romano guidato dal generale Lucio e diretto ad est per proteggere Publio, figlio del console Crasso.

MY BAKERY IN BROOKLYN

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REGIA: Gustavo Ron; genere: commedia, sentimentale; anno: 2016; paese: Spagna, USA; cast: Aimee Teegarden, Linda Lavin, Josh Pais

Vivien e Chloe ereditano da una zia una prestigiosa pasticceria a Brooklyn. Vivien vorrebbe rinnovare tutto, mentre Chloe vuole che il locale rimanga com’è. Così le due decidono di dividerlo a metà – mediante una striscia nera – in modo che ognuna possa gestire la propria sezione come meglio crede.

TOKYO LOVE HOTEL

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REGIA: Hiroki Ryuichi; genere: drammatico, sentimentale; anno: 2015; paese: Giappone; cast: Shota Sometani, Atsuko Maeda, Lee Eun-woo

Il film si svolge nell’arco di un giorno e di una notte all’interno dello squallido Hotel Atlas – nel quartiere a luci rosse di Tokyo – dove, sotto lo sguardo rassegnato del giovane Toru – proprietario dell’hotel – si consumano numerose tresche, storie d’amore e litigi di ogni genere.

 

La nostra rubrica vi dà appuntamento alla prossima settimana. Nel frattempo, approfittate di queste novità per lasciarvi sedurre – come sempre – dalla magia del grande schermo. Buon Cinema a tutti!

FAR EAST FILM FESTIVAL: ASSASSINATION di Choi Dong-Hoon

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REGIA: Choi Dong-Hoon; genere: storico; anno: 2015; paese: Corea del Sud; durata: 140′

Presentato in anteprima alla diciottesima edizione del Far East Film Festival di Udine, Assassination è l’ultimo lungometraggio diretto dal cineasta sudcoreano Choi Dong-Hoon.

Ci troviamo in Corea, nel 1933. Lo stato è sotto l’occupazione giapponese ed un gruppo di ribelli – capitanati dalla bella e coraggiosa An – complotta per uccidere un prestigioso ufficiale nipponico. Portare a termine la missione, però, sarà più difficile del previsto.

assassination-2015Fin dai primi minuti – una volta iniziata la visione – ci accorgiamo di quanto il regista coreano si sia divertito a mettere in scena una storia di tale portata. E non solo perché – ammettiamolo – le ambientazioni in costume esercitano sempre un certo fascino sia sugli addetti ai lavori che sugli spettatori, ma anche perché la grande quantità di suggestioni che hanno portato alla nascita di tale prodotto dev’essere stata senz’altro entusiasmante da gestire.

Un’importante porzione della storia della Corea, una grande ironia – ed autoironia – una regia dinamica e brillante che si diverte a regalare allo spettatore – grazie anche all’importante contributo dei numerosissimi tagli di montaggio – un crescendo di emozioni ed adrenalina. E, non per ultima, un’eroina che ha tutte le carte in regola per restare nell’immaginario collettivo per molto, molto tempo. Sono queste le peculiarità di questo ultimo lavoro di Dong-Hoon, il quale – a sua volta – strizza volentieri l’occhio anche al genere spaghetti-western, con evidenti influenze tarantiniane ed uno spirito goliardico di fondo che non guasta mai.

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Sia ben chiaro, se ci si aspetta di vedere sullo schermo il nuovo Tarantino o il nuovo Sergio Leone coreano si rischia di rimanere fortemente delusi. Ma – preso così com’è – Assassination resta comunque una visione gradevole e coinvolgente, nonché un interessante prodotto della cinematografia asiatica contemporanea.

Trattando un argomento che grande importanza ha avuto per il popolo coreano, notiamo, però, come il lungometraggio – ed è questo il suo principale difetto – pecchi decisamente di eccessivo nazionalismo, quasi come se non si riuscisse ancora a raggiungere quel distacco necessario finalizzato alla creazione di un’opera. E, come sappiamo, spesso e volentieri questo errore viene commesso anche dai cineasti più smaliziati. A ciò si aggiunge anche una colonna sonora che diventa a tratti addirittura ingombrante, tanto si vuol stare a sottolineare i meriti della Corea nella vicenda qui raccontata.

assassination-korean-film-2015-still-noscaleIn fin dei conti, è un peccato vedere come pochi elementi possano influire sulla riuscita finale di un prodotto che – tutto sommato – risulta costruito anche piuttosto bene.

Detto questo, comunque, senza dubbio questo ultimo lavoro di Dong-Hoon si è classificato come un lungometraggio più che soddisfacente. E che dalla sua ha anche il merito di scorrere via come acqua fresca, malgrado le quasi tre ore di durata.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

ALCIDE DE GASPERI IL MIRACOLO INCOMPIUTO di Franco Mariotti al Bif&st

Ricevo e volentieri pubblico

 

Oggi Al BIF&ST – Bari International Film Festival 2016

 

ALCIDE DE GASPERI

IL MIRACOLO INCOMPIUTO


un film documentario di

FRANCO MARIOTTI

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una produzione TETRAKTYS srl

in associazione con ISTITUTO LUCE CINECITTÀ e AMARCORD

una distribuzione ISTITUTO LUCE CINECITTÀ

 

E’ per oggi l’appuntamento con l’anteprima assoluta di ‘Alcide De Gasperi – Il miracolo incompiuto’ il film documentario di Franco Mariotti dedicato a un padre della Repubblica italiana, alla sua vicenda politica e a una visione – inaspettatamente – attualissima.

A poco più di sessant’anni dalla morte, avvenuta il 19 agosto 1954, un omaggio a una figura fondante e fondamentale per la storia politica italiana, e non solo. Alcide De Gasperi ha contributo, da protagonista, alla ricostruzione del Paese, nell’arco di una vita vissuta tra dominazione austriaca, due guerre mondiali e il dopoguerra; una vita terminata ben prima di concludere la sua opera politica in Italia e in Europa.

De Gasperi con la moglie 004.jpgIl documentario ripercorre la vita pubblica e privata dello statista trentino, fortemente attaccato alle proprie origini e alla propria italianità, sentimenti che lo portarono all’abiura del fascismo e alle dure conseguenze di questa scelta. Fino alla nascita della Democrazia Cristiana e al difficile compito di tenere unito un Paese funestato dalla guerra, dissestato nell’economia e diviso dalla diffidenza e dalle ideologie (con il grande avversario politico dell’epoca, Palmiro Togliatti; avversario duro ma leale, anch’egli come De Gasperi, capace di comunicare alla sua gente).

Vita e opere di De Gasperi, tra i padri fondatori della nostra Repubblica, scorrono attraverso un ricchissimo materiale d’archivio, audiovisivo e fotografico, proveniente dall’Archivio Storico Luce, le Teche Rai e altri importanti Fondi. E grazie a preziose testimonianze di quanti lo conobbero, di chi ha raccolto la sua eredità e, ancora, dei tanti altri che lo hanno studiato. Volti e voci eterogenei che rendono conto della viva complessità del personaggio: da studiosi come Andrea Riccardi, Giuseppe Vacca, Giuseppe Sangiorgi, a personaggi come Nino Benvenuti e Teddy Reno, a cineasti come Francesco Rosi, Liliana Cavani, Giuliano Montaldo e Pupi Avati, e critici come Gianluigi Rondi e Tatti Sanguineti, a uomini politici e delle istituzioni come Luigi Mazzella, Emanuele Macaluso, Pierferdinando Casini, Giuseppe De Rita e la figlia dello statista, Maria Romana De Gasperi.

A narrare i passaggi della parabola del protagonista, l’appassionante voce di Remo Girone.

Alcide De Gasperi - 1.JPGUn documentario che restituisce con equilibrio, e vivacità, la figura spesso rimossa di quello che è stato un protagonista decisivo della democrazia repubblicana italiana. Figura complessa e sfaccettata, di cui viene restituita, ad esempio, la fortissima ambizione europeista e di pace continentale. Spesso incompresa già al tempo di De Gasperi, che ne fece una battaglia appassionata fino alla fine.

Oggi – e qui sta l’attualità impressionante delle sue parole – quella battaglia merita ancora di essere portata avanti.