VENEZIA 74 – ANGELS WEAR WHITE di Vivian Qu

angels_wear_white_immagineTITOLO: ANGELS WEAR WHITE; REGIA: Vivian Qu; genere: drammatico; paese: Cina; anno: 2017; cast: Wen Qi, Zhou Meijun, Shi Ke; durata: 107′

Presentato in concorso alla 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Angels wear white è l’opera seconda della giovane regista cinese Vivian Qu.

Mia e Wen sono due ragazzine di sedici e dodici anni, ognuna delle quali è stata costretta a diventare adulta prima del tempo. Mia è orfana, non conosce con esattezza la propria data di nascita e lavora come donna delle pulizie e receptionist presso un hotel in riva al mare. La sua vita cambierà nel momento in cui, da uno dei monitor di sorveglianza, assisterà all’aggressione di due bambine da parte del direttore dell’hotel. Una di queste due bambine è la piccola Wen.

Due storie che vanno in parallelo, due ragazzine costrette a vivere un’età non loro, il forte desiderio di riappropriarsi delle proprie vite. E di non smettere mai di rincorrere i propri sogni. Non sono storie facili da digerire, quelle qui messe in scena da Vivian Qu. Eppure, malgrado la durezza degli eventi, malgrado la drammaticità e la portata dei temi trattati, notiamo – perfettamente in linea con la poetica orientale – una sorta di toccante, ma mai banale o eccessivo, lirismo di fondo. Ed ecco che la macchina da presa, dallo sguardo discreto ed affettuoso, non si allontana quasi mai dalle due giovani protagoniste, restando in una dimensione narrativa interna alle loro percezioni degli eventi: sono rari i momenti – uno tra questi, il dialogo tra i genitori di Wen – in cui nessuna delle due ragazze è presente in scena. Particolarmente giusti risultano, dunque, gli intensi primi piani o i campi medi che ci mostrano le due ragazze vagare sulla spiaggia apparentemente senza meta, oppure ammirare, dal basso verso l’alto, l’immensa statua di Marilyn Monroe, nelle vicinanze dell’hotel. Statua che sta a simboleggiare, di fatto, l’infanzia, i sogni, un futuro roseo. In poche parole, quella dimensione ideale che ogni bambino dovrebbe vivere. E che va difesa a tutti i costi.

Al di là dei temi universali trattati, però, Angels wear white si classifica come fedele ritratto della contemporaneità soprattutto per l’importante – ma mai ingombrante – presenza delle tecnologie all’interno della narrazione: è con il cellulare che Mia, in apertura del film, fotografa la statua di Marilyn; è attraverso un monitor che la stessa si accorge dell’aggressione subita dalle due bambine. L’atto del vedere attraverso uno schermo, grande o piccolo che sia, viene qui osservato con profonda consapevolezza, esattamente come la postmodernità vuole che venga fatto.

Al di là della buona riuscita del lungometraggio, al di là dell’impatto che esso può avere sul pubblico, però, basterebbe la scena finale – in cui vediamo Mia correre in motorino e venire sorpassata, in autostrada, da un furgone che trasporta l’ormai danneggiata statua di Marilyn – a rendere Angels wear white un film indimenticabile. Una scena che è soprattutto un altro dei tanti regali che il Cinema ha voluto farci. E che custodiremo gelosamente dentro di noi.

VOTO: 8/10

Marina Pavido

VENEZIA 74 – HUMAN FLOW di Ai Weiwei

image001-9TITOLO: HUMAN FLOW; REGIA: Ai Weiwei; genere: documentario; paese: Germania; anno: 2017; durata: 140′

Presentato in concorso alla 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Human Flow è l’ultimo documentario diretto dal controverso artista cinese Ai Weiwei, il quale, per l’occasione, ha affrontato un lungo viaggio al fianco dei numerosi migranti di tutto il mondo.

Al giorno d’oggi, più di 65 milioni di persone in tutto il mondo sono state obbligate ad abbandonare le loro case ed il loro paese a causa di guerre, carestie o cambiamenti climatici. Per quanto riguarda l’informazione circa le reali cause scatenanti o le condizioni di vita dei migranti, vi sono, però, non poche lacune. Almeno per quanto riguarda i canali ufficiali di informazione. È (anche) per questo motivo, dunque, che Ai Weiwei – da sempre attento alla politica del proprio paese e di tutto il mondo, nonché, più in generale, alla società – ha deciso di dar vita al progetto Human Flow. Progetto, questo, maestoso, imponente, dove ad immagini particolarmente forti e disturbanti (prima fra tutte, quella del cadavere in decomposizione di un bambino), si contrappongono visioni decisamente poetiche (quali contemplativi tramonti sul mare), o anche suggestivi colpi d’occhio dati da frequenti plongés che ci mostrano, di volta in volta, accampamenti, bambini che giocano o giubbotti di salvataggio che – visti da lontano – stanno quasi a ricordarci un quadro astratto.

Come in ogni sua opera – cinematografica o meno – che si rispetti, inoltre, anche qui Ai Weiwei ha deciso di “mostrarsi” al pubblico, di essere, in qualche modo, parte integrante dell’opera stessa, pur restando, però, almeno in questo contesto, decisamente moderato: non lo vediamo rompere un antico vaso cinese, non lo vediamo fare gestacci contro monumenti o istituzioni, ma, al contrario, ci appare, qui, particolarmente empatico, seppur un tantino autocompiacente. Ed eccolo, dunque, intento ad aiutare i più anziani, a danzare con un gruppo di persone o, addirittura, a riprendere gli interessati insieme alla sua piccola troupe, concentrato nel dare indicazioni ai tecnici. E, inutile dirlo, la componente metacinematografica riesce ad aggiungere, anche in questa occasione, un tocco in più.

Ciò che di Human Flow convince poco sono, in realtà, le numerose, troppe didascalie presenti, le quali – fatta eccezione per qualche citazione di poesie da tutto il mondo – si limitano a comunicare dati e numeri, contribuendo a dare al tutto un tocco pericolosamente televisivo. Lo scivolone peggiore, però, è stato preso dall’artista proprio nel finale, avendo scelto come frase di chiusura un’affermazione eccessivamente utopica e buonista pronunciata da uno dei politici da lui intervistati. Tale infelice scelta ha fatto perdere non pochi punti a tutto il lavoro nel suo insieme. E, soprattutto, ci ha fatto, in qualche modo, rimpiangere l’Ai Weiwei estremo che da sempre conosciamo ed apprezziamo.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE – STRANE STRANIERE di Elisa Amoruso

strane-straniere-0TITOLO: STRANE STRANIERE; REGIA: Elisa Amoruso; genere: documentario; anno: 2017; paese: Italia; cast: Radoslava Petrova, Sihem Zrelli, Ana Laznibat, Ljuba Jovicevic, Fenxia “Sonia” Zhou; durata: 72′

Nelle sale italiane dall’8 marzo, in occasione della Festa della Donna, Strane straniere è l’ultimo documentario della giovane regista romana Elisa Amoruso, conosciuta dal grande pubblico grazie a Fuoristrada, sua opera prima presentata alla Festa del Cinema di Roma 2013.

Sono queste le storie di Radoslava – che ha scoperto una grandissima passione per la pesca – di Sihem – direttrice di un centro accoglienza anziani – di Ana e Ljuba – titolari di una galleria d’arte nel cuore di Roma – e, infine, di Sonia – proprietaria di uno dei più rinomati ristoranti cinesi della Capitale. Tante storie, dunque, per tante diverse – e bellissime! – personalità. Conoscere meglio ognuna di queste coraggiose donne al fine di superare eventuali inutili pregiudizi è la principale finalità di questo lavoro della Amoruso, il quale, a sua volta, prende vita da un progetto a carattere prettamente antropologico portato avanti da Maria Antonietta Mariani.

22510_origSe un documentario come Fuoristrada, dunque, ha saputo colpire nei punti giusti, lo stesso ci si aspetta da Strane straniere, il quale mostra, a sua volta, in che modo lo stile di una cineasta come la Amoruso stia, in un modo o nell’altro, assumendo una propria, certa identità. Da un punto di vista prettamente cinematografico, infatti, è evidente come ci sia stata qui una più approfondita ricerca estetica: è questo il momento, quindi, in cui simmetrici plongés ed intensi primi piani, che seguono l’immagine – in apertura del film – di una cantante lirica intenta ad intonare l’aria Un bel di’ vedremo dalla Madama Butterfly di Puccini, si uniscono ad immagini poetiche ed evocative in cui variopinte lanterne cinesi si stagliano nel cielo di notte. Per il resto del documentario, scene di vita quotidiana, con le sole voci fuori campo delle dirette interessate a raccontarci il loro passato. Indubbiamente, si tratta di una messa in scena raffinata e meticolosamente studiata.

1476799554506La questione, qui, però è un’altra: pur tenendo in conto l’efficacia sia contenutistica che narrativa di entrambi i lavori, bisogna forse riconoscere che, malgrado una messa in scena maggiormente “rudimentale” (o forse proprio grazie ad essa), Fuoristrada gode indubbiamente di una maggiore genuinità, di una certa – e necessaria – spontaneità che sembra, al contrario, forse un po’ troppo debole in Strane straniere. Tutto farebbe pensare ad un’eccessiva preoccupazione riguardante l’estetica del prodotto, all’interno del quale, però, sarebbero stati indubbiamente interessanti ulteriori approfondimenti circa le vite delle protagoniste stesse, dalle quali, in fin dei conti, ci sentiamo affascinati e delle quali vorremmo sapere, se possibile, sempre di più. Una messa in scena, dunque, che si discosta non poco dal precedente lavoro. Segno, probabilmente, che lo stile di Elisa Amoruso sta sì maturando, ma che, per spiccare un ulteriore (e, forse, definitivo) salto in alto, ha ancora bisogno di affinarsi ulteriormente, senza prediligere un aspetto, piuttosto che un altro. Alla luce di quanto visto finora, comunque, le buone premesse sembrano esserci tutte.

VOTO: 6/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA – THE GREAT WALL di Zhang Yimou

The Great WallTITOLO: THE GREAT WALL; REGIA: Zhang Yimou; genere: storico, drammatico, azione; anno: 2017; paese: USA, Cina; cast: Matt Damon, Tian Jing, Pedro Pascal, Willem Defoe; durata: 104′

Nelle sale italiane dal 23 febbraio, The great wall è l’ultimo lungometraggio diretto dal celebre regista cinese Zhang Yimou, nonché suo primo blockbuster in coproduzione con gli Stati Uniti.

William e Tovar sono due mercenari europei recatisi in Cina al fine di recuperare un po’ di famigerata “polvere nera”, antenata della polvere da sparo. Qui,però, verranno attaccati da misteriose creature verdi, i cosiddetti Taotie che ogni sessant’anni minacciano il mondo degli uomini. Per loro è stata costruita a suo tempo la Grande Muraglia Cinese. I due uomini avranno modo, dunque, di combattere al fianco dell’esercito cinese contro queste pericolose creature.

images-3C’è poco da fare: da un bel po’ di anni a questa parte, ormai, il cineasta cinese è diventato decisamente mainstream. E la cosa andrebbe anche bene, se non fosse per il fatto che i suoi ultimi lavori hanno, comunque, deluso le aspettative di pubblico e critica sia dal punto di vista della sceneggiatura in sé che anche, spesso e volentieri, per quanto riguarda una messa in scena a volte eccessivamente pomposa ed ingiustificatamente sopra le righe. Per quanto riguarda lo script, lo stesso discorso può essere fatto, purtroppo, per The Great Wall, dove si può dire che una sceneggiatura vera e propria non c’è (e la cosa non è stata fatta volutamente!). Tutto serve come pretesto per dare vita alle numerose azioni presenti, dimenticando, però, di inserire qualche necessario snodo narrativo di rilievo.

Senza parlare, ovviamente, delle numerose potenzialità qui mal sfruttate, soprattutto per quanto riguarda attori del calibro di Willem Defoe, relegato in questo caso a poche e scarne scene secondarie, mentre, di fianco, un poco convincente Matt Damon è stato scelto addirittura come protagonista.

63993_pplFortunatamente, però, dopo tante delusioni in merito, ci troviamo qui di fronte ad un 3D ben sfruttato, con raffinate e ritmate coreografie unite ad effetti speciali da cardiopalma. In poche parole, se ci si dimentica della storia in sé e ci si lascia trasportare semplicemente dalle immagini, questo ultimo lungometraggio di Zhang Yimou può indubbiamente essere apprezzato. Solo se lo si guarda in questa ottica, però.

Perché, di fatto, anche se i film del regista cinese vengono sempre attesi con naturale curiosità, i tempi di Lanterne rosse o di La locanda della felicità sembrano ormai irrimediabilmente lontani.

VOTO: 6/10

Marina Pavido

 

34° TORINO FILM FESTIVAL – TA’ANG di Wang Bing

1-wbTITOLO: TA’ANG; REGIA: Wang Bing; genere: documentario; anno: 2016; paese: Hong Kong, Francia; durata: 147′

Presentato nella sezione Tff doc/fuori concorso al 34° Torino Film Festival – e dopo essere passato in anteprima anche alla Berlinale 2016Ta’ang è il penultimo lavoro del celebre documentarista cinese Wang Bing, nonché la sua prima opera ad essere stata girata al di fuori della Cina.

Ci troviamo in un campo profughi al confine cinese. Qui migliaia di persone appartenenti ad una minoranza etnica burnese – i Ta’ang, appunto – si sono rifugiate in seguito allo scoppio della guerra civile nel 2015, con la speranza di tornare presto alle loro abitazioni. Il regista osserva attento la loro quotidianità, dal mattino fino a sera, ascoltando i loro racconti circa la recente migrazione, osservando i bambini – adulti precoci – giocare e prendersi cura dei fratellini più piccoli e seguendo gli spostamenti dei singoli gruppi.

Quando ci accingiamo a vedere un film di Wang Bing, si sa, ormai siamo quasi del tutto certi di stare per assistere ad un lavoro di altissima qualità. Anche in questa sede la sua poetica, ormai diventata suo marchio stilistico collaudato, ci fa entrare nel mondo di queste famiglie semplicemente mostrandoci la realtà così com’è, senza bisogno di voci fuori campo, di interviste o di un eccessivo numero di didascalie. Molto semplicemente, dopo poche righe iniziali che ci illustrano la realtà delle minoranze qui raccontate, la macchina da presa – usata rigorosamente a spalla – entra nel mondo degli sfollati Ta’ang e – paziente osservatrice – segue le loro vite con occhio empatico, ma distaccato quanto basta e mai giudicante, proprio secondo le modalità teorizzate a suo tempo da Cesare Zavattini. Il risultato è un prodotto onesto e leale, altamente suggestivo per alcune immagini mostrateci, come, ad esempio, i volti in primo piano di bambini e di anziani o le scene in cui vediamo le singole famiglie raccolte – di sera – intorno al fuoco, intente a raccontare le loro esperienze riguardanti l’esodo. Wang Bing, dal canto suo, si “limita” a collocarsi esclusivamente sul piano di ascolto, senza mai intervenire, senza mai interagire con i protagonisti del film, senza mai esplicitamente dire la sua in merito.

Il risultato – come ben si può immaginare – più che un semplice documentario, è uno spettacolo che potrebbe molto tranquillamente essere definito “magnetico”, un vero e proprio viaggio all’interno di comunità per noi del tutto sconosciute, da cui – grazie anche all’occhio esperto del regista – non possiamo non sentirci affascinati. E dalle quali non vorremmo separarci mai. Perché, in fin dei conti, il punto è proprio questo: nonostante la lunghezza – talvolta considerata, a seconda dei diversi punti di vista, eccessiva – dei suoi lavori, non si può non riconoscere a Wang Bing la straordinaria capacità di far entrare lo spettatore a far parte del mondo che, di volta in volta, ha deciso di raccontare. Peccato solo che, al di fuori di ambiti prettamente “festivalieri”, raramente i suoi prodotti ottengono l’attenzione che meritano. Almeno per quanto riguarda la situazione italiana.

VOTO: 9/10

Marina Pavido

OGGI AL CINEMA: tutte le novità in sala del 19/05/2016

A cura di Marina Pavido

Mentre numerosi ed interessanti film vengono presentati, in anteprima, in questi giorni al festival di Cannes, anche nelle sale italiane vediamo in palinsesto parecchi nuovi titoli che sembrano venire incontro a tutti gli spettatori. Dall’atteso lungometraggio di Paolo Virzì, La pazza gioia (presentato proprio nei giorni scorsi a Cannes), al film di animazione Mortadello e Polpetta contro Jimmy lo Sguercio, da X-Men: Apocalisse al documentario di Antonietta De Lillo Oggi insieme domani anche. Come ogni settimana, ecco una breve guida per aiutarvi a scegliere ciò che più fa per voi!

 

LA PAZZA GIOIA

02-la-pazza-gioia-paolo-virzi-valeria-bruni-tedeschi-e-micaela-ramazzotti

REGIA: Paolo Virzì; genere: commedia, drammatico; anno: 2016; paese: Italia, Francia; cast: Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti, Valentina Carnelutti

Beatrice e Donatella sono due donne agli antipodi, entrambe ospiti di una comunità terapeutica per donne con disturbi mentali. Presto le due stringeranno una forte amicizia, che le porterà ad organizzare una bizzarra e strampalata fuga. Attualmente in corsa per la Palma d’Oro al Festival di Cannes.

 

SI VIS PACEM PARA BELLUM

si-vis-pacem-para-bellum-recensione-v5-29544-1280x16

REGIA: Stefano Calvagna; genere: thriller; anno: 2016; paese: Italia; cast: Stefano Calvagna, Francesca Fiume, Massimo Bonetti

Stefano è un ragazzo di strada che lavora come buttafuori in una discoteca ed è appassionato di cucina cinese. Un giorno conosce Lee Ang, che lavora come cameriera nel ristorante di famiglia. I due si innamorano, ma la famiglia di lei ostacolerà la loro unione. Pian piano, inoltre, i due verranno a conoscenza dei loschi traffici in cui è coinvolto il padre della ragazza.

 

X MEN: APOCALISSE

b58b32f89448aa4391e6617a6a5ff1e0

REGIA: Bryan Singer; genere: azione, avventura, fantasy; anno: 2016; paese: USA; cast: Jennifer Lawrence, James McAvoy, Michael Fassbender

Siamo nel 1983. Il terribile mutante Apocalisse – liberato da un millenario sepolcro – ha intenzione, insieme al suo gruppo di adepti, di distruggere l’umanità e di creare un nuovo ordine su cui regnare. Sarà compito degli X-Men proteggere il genere umano e fermare il pericoloso Apocalisse, in questo nuovo capitolo della saga.

 

MORTADELLO E POLPETTA CONTRO JIMMY LO SGUERCIO

Mortadello-e-polpetta-contro-jimmy-lo-sguercio-13-wpcf_970x545

REGIA: Javier Fesser; genere: animazione; anno: 2016; paese: Spagna

Jimmy lo Sguercio ruba una preziosa cassaforte alla T.I.A., l’azienda per cui lavorano Mortadello e Polpetta. Sarà compito dei due – in un turbinio di disavventure di ogni genere – recuperare il prezioso oggetto.

 

MY FATHER JACK

My-Father-Jack

REGIA: Tonino Zangardi; genere: commedia; anno: 2016; paese: Italia; cast: Francesco Pannofino, Matteo Branciamore, Eleonora Giorgi

Matteo, avvocato di successo, sta per sposare la bella Clara, figlia del titolare dello studio legale per cui lavora. Le nozze dei due, però, verranno messe a repentaglio da una serie di improbabili e bizzarri imprevisti.

 

OGGI INSIEME DOMANI ANCHE

oggi-700x430

REGIA: Antonietta De Lillo; genere: documentario; anno: 2016; paese: Italia

Il documentario partecipato – sotto la supervisione di Antonietta De Lillo – attraverso testimonianze, filmati ed animazione ci racconta l’amore ai giorni nostri.

 

WHISKEY TANGO FOXTROT

anglo_2000x1025_tinafey

REGIA: Glenn Ficarra, John Requa; genere: commedia, drammatico, guerra, biografico; anno: 2016; paese: USA; cast: Tina Fey, Margot Robbie, Martin Freeman

Tratto dal romanzo The Taliban Shuffle: Strange Days in Afghanistan and Pakistan della giornalista Kim Barker, il lungometraggio racconta in versione tragicomica la storia vera della producer di notiziari,che, insoddisfatta della propria vita, deciderà di diventare inviata di guerra.

 

La nostra rubrica vi dà appuntamento alla prossima settimana! Nel frattempo, continuate ad andare numerosi al cinema e lasciatevi rapire da quella magia che solo il grande schermo sa regalare!

LA RECENSIONE DI MARINA: NEMICHE PER LA PELLE di Luca Lucini

coverlg_home1TITOLO: NEMICHE PER LA PELLE; REGIA: Luca Lucini; genere: commedia; anno: 2016; paese: Italia; cast: Margherita Buy, Claudia Gerini, Giampaolo Morelli, Paolo Calabresi; durata: 92′

Nelle sale italiane dal 14 aprile, Nemiche per la pelle è l’ultima commedia diretta da Luca Lucini.

Lucia e Fabiola si conoscono da anni e si detestano a vicenda: Lucia è la prima moglie di Paolo, mentre Fabiola è la donna che gliel’ha rubato anni prima e che l’ha successivamente sposato. Un giorno Paolo muore improvvisamente e l’avvocato amico di famiglia convoca le due donne, per comunicare loro che entrambe dovranno occuparsi del piccolo Paolo Junior, che il marito delle due aveva avuto da una relazione segreta con una ragazza cinese, anch’ella morta da poco. Lucia e Fabiola saranno, quindi, costrette a condividere l’affidamento del bambino, cercando di trovare, in qualche modo, un punto d’incontro.

111626762-ec4943fb-1f39-4e9d-a2ef-1133903b03c4Il lungometraggio di Lucini (Amore, bugie e calcetto, Solo un padre) rientra perfettamente nei canoni della commedia italiana contemporanea di grande distribuzione. Il che presuppone comicità forzata e scontata, prevedibilità, oltre ad un gran numero di stereotipi. In pratica, un film come se ne vedono tanti da anni, che – pur promettendosi di trattare un tema “nuovo” (la famiglia allargata, così come l’integrazione degli extracomunitari, in questo caso) – di nuovo non ha ben nulla, dal momento che il risultato finale è un prodotto banale, scontato, con pseudo-gag che dovrebbero creare un effetto comico, ma che in realtà hanno stancato lo spettatore medio già da tempo.

2I personaggi di Lucia e di Fabiola sono due donne agli antipodi – carrierista ed attenta al denaro e al lusso l’una, spirituale e sempre con la testa tra le nuvole l’altra – che, soprattutto per aver diviso per anni lo stesso uomo, proprio non riescono a trovare un accordo. Sarà merito del bambino (il piccolo Jasper Cabal, qui per la prima volta sul grande schermo) se il rapporto tra le due diventerà, col tempo, una solida amicizia. Ma questo si può facilmente intuire già prima dei titoli di testa.

A nulla serve la qualità del cast: la Buy, seppur interprete capace, si ritrova inevitabilmente, anche qui, a recitare lo stesso ruolo che impersona ormai da anni: quello della donna svampita, stressata e pasticciona. La Gerini convince, così come il bravo Paolo Calabresi. Ma, comunque, il tutto è da rapportarsi al contesto in cui hanno atto le loro performances attoriali.

nemiche_per_la_pelle_02-1030x686

Il colpo di grazia, come tradizione vuole, viene inferto nel finale: qui il buonismo fa da protagonista assoluto, rendendo il tutto smielato e poco credibile. Per quanto riguarda, in particolare, la scena del processo per l’affidamento del bambino, sono presenti addirittura pericolose incongruenze riguardo la caratterizzazione dei personaggi stessi. Nello specifico, per niente convince la figura di Ruggero (impersonato da Andrea Bosca), che prima – giusto per creare un po’ di “suspence” – denuncia ai servizi sociali la situazione in cui il bambino vive, per poi miracolosamente “redimersi” durante il processo stesso, affermando che è l’amore a far sì che una famiglia possa definirsi tale. Qualsiasi altro commento a riguardo sarebbe, a questo punto, superfluo.

Nemiche per la pelle – una delle tante commedie destinate a finire nel dimenticatoio collettivo già pochi giorni dopo la sua permanenza in sala – rappresenta, in poche parole, uno dei peggiori modi di trascorrere un’ora e mezza del nostro prezioso tempo.

VOTO: 4/10

Marina Pavido

ROMA 2015: IL PREMIO PONTECORVO VA IN CINA

Ricevo e volentieri pubblico

IL PREMIO PONTECORVO VA IN CINA

 

Martedì 20 ottobre alle ore 11 – Auditorium Parco della Musica

(accanto alla libreria), presso lo spazio

ATT1

nasce 

GILLO PONTECORVO AWARD

al miglior film cinese di coproduzione

 

Ne parleranno Sandro Silvestri e Picci Pontecorvo, 

alla presenza di alcuni dei premiati nel corso del tempo 

e di Wang Bing (http://www.treccani.it/enciclopedia/wang-bing_(Lessico_del_XXI_Secolo)/  regista e produttore, che riceverà  il

 “Gillo Pontercorvo Award speciale”  

per il suo impegno nelle coproduzioni con la Cina 

 

Il Premio Gillo Pontecorvo, dal 2002, ha l’intento di promuovere e amplificare la presenza delle coproduzioni cinematografiche per celebrare la solidarietà, non solo economica, nell’immaginare film costruiti tra culture diverse.

Il Premio Gillo Pontecorvo è un riconoscimento al cinema come creatività e industria, per favorire quei film che sottolineano la dimensione culturale senza dimenticare l’intelligenza del pubblico, l’intrattenimento di qualità, la personalità degli autori, la diversità di stili e lingue di tutti i paesi, in risposta al predominio dell’industria di Hollywood.

Nel 2014 la famiglia Pontecorvo e gli amici della “Associazione Gillo Pontecorvo” hanno deciso di assegnare il premio, oltre che alle coproduzioni presenti ai Festival di Cannes e Venezia, anche a quelle Cinesi, assegnandolo al miglior film cinese coprodotto con uno dei paesi che hanno firmato un accordo di coproduzione con la Cina (vedi elenco di seguito).

Il Premio vuole essere un segnale e un riconoscimento dell’importanza che oggi hanno e che avranno sempre di più, le coproduzioni con la Cina. Infatti tutte le previsioni danno che, entro il 2020, il Box Office cinese rappresenterà il 50% di quello mondiale. Inoltre il premio vuole sottolineare la sfida intellettuale nel costruire film per pubblici così diversi.

 

Il “Gillo Pontecorvo AWARD” usufruisce di un finanziamento  del MiBACT (Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo)

PAESI FIRMATARI DELL’ACCORDO DI COPRODUZIONE CON LA CINA

Paesi i cui governi hanno firmato, ad oggi, gli accordi di coproduzione con il Governo cinese: Italia, Francia, Canada, Australia, Spagna, India, Gran Bretagna, Korea, Belgio, Nuova Zelanda, Singapore.

 

 

I PREMIATI CON IL PREMIO PONTECORVO DAL 2002

 

Manolo Gutierrez Aragon,

Daniele Vicari,

Marco Tullio Giordana,

Sylvain Chomet,

Pablo Reyero,

Edoardo Winspeare,

Walter Salles,

Alejandro Agresti,

Pino Solanas,

Cristina Comencini,

Nanni Moretti,

Vittorio De Seta,

Spiros Stathoulopoulos,

Rodrigo Pla,

Matteo Garrone,

Marco Pontecorvo,

Ciro Guerra,

Citto Maselli,

Renzo Rossellini,

John Turturro,

Alice Rohrwacher,

Gilles Jacob,

Laura Delli Colli,

Diego Quemada – Diez,

Walter Veltroni,

Costanza Quatriglio,

Salvo Basile,

Ra De Martino,

Claudio Caligari.

FEFF 17: TRIS D’ASSI A UDINE

Ricevo e volentieri pubblico

 FEFF 17 - immagine ufficiale

#FEFF17 – 23 aprile/2 maggio 2015 – Udine – Teatro Nuovo e Visionario

 

TRIS D’ASSI A UDINE

 

Il 17° Far East Film Festival comincia a scoprire le sue carte:

in anteprima internazionale,

ecco lo sci-fi horror Parasyte: Part 1 di Yamazaki Takashi,

la commedia romantica Women Who Flirt di Pang Ho-Cheung

e il gangster movie Gangnam Blues di Yu Ha.  

 

 

UDINE – Cos’hanno in comune uno sci-fi horror giapponese, una romantic comedy cinese e un noir sudcoreano? La risposta è fin troppo facile: hanno in comune il Far East Film Festival di Udine, che sta curando le ultime rifiniture dell’edizione 17 e che, con questo notevole tris di anteprime internazionali, sta appunto cominciando a scoprire le sue carte!

Closing Film:?PARASYTE?Se i raggi del Sol Levante hanno già fatto sentire il proprio calore, dato che il FEFF 2015 sarà inaugurato il 23 aprile dal super concerto di Joe Hisaishi (biglietti polverizzati nell’arco di un giorno e mezzo di prevendita!), il Giappone brilla ovviamente anche sul piano cinematografico: sarà proprio Udine, infatti, a presentare l’attesissimo Parasyte: Part 1 di Yamazaki Takashi!

Ben noto al popolo fareastiano per aver firmato i due Always – Sunset on Third Street e per aver stravinto l’Audience Award 2014 con il melodramma bellico The Eternal Zero (registrando la media voto più alta nella storia del FEFF), Yamazaki Takashi affronta ora il bestseller manga di Hitoshi Iwaaki: un autentico fumetto cult, molto conosciuto anche in Italia (RW Edizioni), brillantemente capace di fondere fantascienza, horror e guizzi di black comedy.

Parasyte: Part 1 descrive la bizzarra battaglia tra Shinichi, un teenager ombroso, e Migi, il parassita alieno che si è impossessato della sua mano destra, attualizzando l’evergeen di Don Siegel (L’invasione degli ultracorpi) e rispecchiando, in qualche modo, anche le nostre paure più attuali e profonde: impossibile non pensare all’ebola e al terrore di una contaminazione… Come andrà a finire? Ma soprattutto: è pronto o no, Parasyte: Part 2? La risposta, forse, potrà darla direttamente il FEFF!

A-moment-from-Women-who-FlirtDi tutt’altro segno, invece, l’adorabile e irriverente Women Who Flirt, che segna il ritorno del mitico Pang Ho-Cheung ai territori di Love in a Puff e Love in a Buff (visti a Udine tre anni fa). Angie e Marco, due vecchi amici praticamente cresciuti assieme e legati da un forte cameratismo, si ritrovano a lavorare per la stessa azienda. Tutto scorre liscio, come sempre, ma quando Marco confessa ad Angie di aver trovato una fidanzata, il castello crolla e i veri sentimenti della donna salgono a galla: riuscirà a sabotare la nuova coppia e a dichiarare apertamente il proprio amore? Battute, equivoci, ritmo, risate. E, occhi aperti, non perdetevi l’esilarante extra dopo i titoli di coda!

Affettuoso habitué del Festival udinese fin dalla quarta edizione (You Shoot, I Shoot), e autore dell’eccentrico FEFF trailer per la decima, Pang Ho-Cheung è ormai uno dei più affermati e talentuosi maestri del panorama asiatico, in grado di spaziare tra generi e stili (dal comico allo splatter) con una versatilità che rasenta il virtuosismo…

Gangnam-1970-Gangnam-Blues_35A chiudere il tris d’assi, ecco infine lo scuro e solenne Gangnam Blues di Yu Ha, un affascinante gangster movie, tanto duro quanto stiloso, che farebbe la gioia di Martin Scorsese. Ambientata nella Seoul degli anni Settanta, dove la corruzione politica s’intreccia con la criminalità, è la storia di due amici d’infanzia che finiscono per trovarsi protagonisti di una spietatissima guerra metropolitana. La zona meridionale della città, il quartiere di Gangnam, si sta rapidamente trasformando in un’area di sviluppo e le speculazioni imperversano: quale sarà il punto d’arrivo di tutte queste nerissime traiettorie?

Tra scontri feroci e un progressivo (implacabile) clima di tensione, Gangnam Blues è sicuramente destinato a lasciare il segno. E la vitalità del nuovo cinema coreano, ancora una volta, farà parlare di sé!

Follow us on: Facebook | Twitter | YouTube | Flickr | Instagram

 

ROMA 2014 by MARINA: Fotogrammi Romani (5° giornata)

Carissimi lettori,

anche oggi eccoci con il nostro quotidiano appuntamento con la rubrica “Fotogrammi Romani”, per scoprire, insieme, tutte le novità presenti alla nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma!

SEZIONE “WIRED NEXT CINEMA”

“JA VISTO JAMAIS VISTO” – Andrea Tonacci

ja vistoInteressante film di montaggio, in cui l’autore ha scelto vari spezzoni video, da lui filmati e mai selezionati, oppure semplicemente amatoriali. Come esperimento è ben riuscito, ciò che ne è venuto fuori è un lungometraggio contemplativo ed intenso, girato da una mano esperta che di cinema ne sa parecchio. VOTO: 9/10

“RAGAZZI” – Raul Perrone

ragazziViene qui raccontata la quotidianità di alcuni ragazzi, i loro giochi, i loro tuffi al fiume ed i loro amori. Riferimenti anche all’ultimo giorno di vita di Pasolini, dal punto di vista del suo aggressore, un ragazzo di strada. Film, questo, altamente sperimentale, diviso in due sezioni (“Primo movimento” e “Secondo movimento”), con un intenso bianco e nero e trovate stilistiche azzeccatissime, come quella di far pronunciare ai ragazzi frasi tratte da testi dello stesso Pasolini e di Raul Perrone. Si tratta di un lungometraggio ipnotico, con riferimenti al cinema muto ed alle opere di Jean Vigo. Dissolvenze incrociate frequenti e suggestive, colonna sonora perfetta. Un film come se ne vedono pochi in giro, un vero gioiello del festival. Magistrale. VOTO: 10/10

SEZIONE “PROSPETTIVE ITALIA”

“LOOKING FOR KADIJA” – Francesco G. Raganato

KadijaIl documentario racconta le vicende di una troupe cinematografica italiana in Eritrea, al fine di trovare, attraverso dei casting, un’attrice che interpreti la parte di Kadija, eroina della Seconda Guerra Mondiale. Attraverso questo procedimento, vengono raccontate sia l’appassionante storia della protagonista, che le drammatiche condizioni di vita in cui versa il popolo eritreo. Prodotto interessante, ben fatto, ma non si urla al capolavoro. VOTO: 7/10

SEZIONE “CINEMA D’OGGI”

“12 CITIZENS” – Xu Ang

12 Citizens-8Alcuni studenti di legge devono simulare un processo ispirandosi ad un delitto realmente accaduto. I padri di questi ragazzi compongono la giuria ed avranno un’ora di tempo per discutere il caso, al fine di raggiungere un giudizio all’unanimità, ossia 12 a 0. Tratto da una storia vera, il lungometraggio è ambientato interamente nell’aula dove la giuria dovrà discutere il caso. Film che si basa esclusivamente sulla recitazione degli attori, interessante ed avvincente, ma che, purtroppo, verso la fine scade troppo nel melodrammatico, complice anche la colonna sonora. VOTO: 7/10

EVENTI SPECIALI

“CHEN JIALING” – Tian Ye, Gu Yu-gao

CHEN JIALING STILL 2Il documentario vede come protagonista il celebre pittore cinese Chen Jialing, il quale racconta la sua vita, la nascita della sua passione per l’arte, la sua carriera e, in particolare, le tecniche pittoriche da lui adoperate. Si tratta di un prodotto coinvolgente, con immagini che catturano lo spettatore per la loro bellezza, sia per quanto riguarda i dipinti, che per quanto riguarda i paesaggi. Splendida fotografia, intenso e ben fatto. VOTO: 9/10

FILM IN CONCORSO

“GONE GIRL” – David Fincher

_DSC6240.NEFNuck e sua moglie Amy sembrano avere un matrimonio felice. In seguito alla misteriosa scomparsa di lei, si verranno a scoprire aspetti oscuri del loro matrimonio e delle loro personalità. Thriller mozzafiato e con una sceneggiatura di ferro, ricco di colpi di scena ed, a tratti, anche ironico. Prodotto valido, anche se facente parte di un genere più e più volte trattato. Godibile, ma non indimenticabile. VOTO: 7/10

“SOUL BOYS OF THE WESTERN WORLD” – George Hencken

Spandau Ballet press session 2014Il documentario racconta la storia della storica band Spandau Ballett, dagli anni ’80 fino ai giorni nostri, attraverso i racconti dei suoi componenti. Ben realizzato, il lungometraggio ha saputo ricreare in pieno, anche grazie a molti filmati di repertorio, l’atmosfera di quegli anni. Prodotto gradevole, ma più di stampo televisivo, lo si può immaginare difficilmente ad un festival cinematografico. VOTO: 7/10

Restate con noi anche domani per la prossima puntata di “Fotogrammi Romani”!! Buon Cinema a tutti!!!

Marina Pavido

QUI TROVI TUTTI GLI ARTICOLI DELLA RUBRICA – https://entracteblog.wordpress.com/fotogrammi-romani-news-da-roma-2014/