LA RECENSIONE DI MARINA: LE RICETTE DELLA SIGNORA TOKU di Naomi Kawase

le ricette della signora toky.jpgNelle sale italiane dal 10 dicembre, “Le ricette della signora Toku” è l’ultimo lungometraggio della regista giapponese Naomi Kawase, presentato nella sezione “Un certain regard” all’ultima edizione del Festival di Cannes.

Sentaro, giovane uomo dal passato difficile, gestisce una piccola pasticceria in cui vende i dorayaki, frittelle dolci ripieni di marmellata di fagioli rossi (an). Toku è un’anziana signora un po’ naif, la quale, un giorno, chiede a Sentaro di poterlo aiutare nella sua attività. Wakana, infine, è un’adolescente timida e solitaria, che solo in compagnia di Toku e Sentaro sentirà di aver trovato una famiglia.

Tre solitudini, tre personaggi che, apparentemente, non sembrano avere nulla in comune. Eppure sono più simili di quanto si pensi. Il lungometraggio della Kawase racconta proprio questo: l’incontro di tre mondi diversi che nel riscoprire piccole cose a cui normalmente non si suole dedicare molta importanza, ritrovano quel calore ormai quasi dimenticato.

Sullo sfondo, una calda primavera con ciliegi in fiore. E proprio i ciliegi, simbolo di morte, ma anche immagine di bellezza tanto effimera quanto magnetica, sono qui un’immagine speculare della singolare signora Toku, giunta nelle vite di Sentaro e di Wakana quasi dal nulla, ma in grado di riportare calore nelle loro quotidianità.

Particolare importanza ha, nella storia, la preparazione delle frittelle dorayaki. Una ricetta semplice, apparentemente facile, la quale, però richiede impegno, attenzione ed amore. Solo così si potrà ottenere un risultato eccellente. La cura che la signora Toku dedica alla cucina è la stessa che dedica alle persone che ama. Sarà proprio questa la lezione che impareranno i due giovani.

Naomi Kawase ha dimostrato una spiccata sensibilità nel raccontare questa storia delicata ed amara allo stesso tempo. Perfettamente in linea con l’estetica orientale. Il risultato finale è un prodotto tenero e commovente, curato nei dettagli, con una sceneggiatura robusta e personaggi che arrivano subito al cuore dello spettatore. Da gustare tutto fino alla fine.

VOTO: 8/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA: DOBBIAMO PARLARE di Sergio Rubini

Nelle sale italiane dal 19 novembre, “Dobbiamo parlare” è l’ultimo lungometraggio dell’attore e regista pugliese Sergio Rubini.

dobbiamo parlareVanni è uno scrittore cinquantenne che vive in un attico nel cuore di Roma insieme alla sua compagna Linda, trentenne. Una sera fanno irruzione in casa loro Costanza e Alfredo, una coppia di loro amici con ideali e tenore di vita diversi dai loro. L’evento da cui partirà la nostra storia e che sconvolgerà le vite dei protagonisti, è la scoperta, da parte di Costanza, che suo marito Alfredo ha un’amante.

Tratto dalla pièce teatrale “Provando…ne dobbiamo parlare” dello stesso Rubini, il film fa parte di una serie di lungometraggi ambientati in un’unica location, con i dialoghi protagonisti assoluti della scena. Basti pensare al recente “Il nome del figlio” di Francesca Archibugi (a sua volta remake del film francese “Cena tra amici”) o a “Carnage” di Roman Polanski.

Non è semplice, come sappiamo, mettere in scena qualcosa che si svolga in un unico ambiente, soprattutto quando ciò dovrà essere rappresentato sul grande schermo, piuttosto che su di un palco teatrale. Innanzitutto, c’è bisogno di interpreti bravi e capaci di mantenere alto il livello dell’opera durante tutta la sua durata. Da questo punto di vista, bisogna dire che Rubini ha fatto un’ottima scelta per quanto riguarda il cast: Isabella Ragonese, nel ruolo di Linda, Maria Pia Calzone nel ruolo di Costanza e Fabrizio Bentivoglio nel ruolo di Alfredo si sono rivelati perfettamente all’altezza dei loro ruoli.

Registicamente parlando, interessanti alcune operazioni adottate da Rubini: la macchina da presa è sulla stessa lunghezza d’onda dei personaggi. I suoi movimenti sono più lenti quando i protagonisti stanno vivendo un momento di calma, mentre si fanno concitati quando gli animi si scaldano, con numerosi raccordi sull’asse e campi e controcampi frenetici.

Ciò che Rubini mette in scena sono i rapporti di coppia, le certezze, le insicurezze e le bugie sulle quali essi sono fondati. C’è una visione piuttosto scettica dei legami affettivi: l’amore non basta a sé stesso, ma spesso sono proprio le coppie che vanno avanti per abitudine, legate da particolari interessi economici ad andare avanti. Due coppie, due stili di vita differenti, due posizioni politiche opposte. La coppia Vanni-Linda, moderna, di sinistra, convivente e senza figli è legata da un profondo amore. La coppia Costanza-Alfredo, sposata, di destra, è ormai una coppia stanca, che va avanti più per abitudine, per convenienza ed interessi economici che per un certo legame che unisca i due.

Il tutto è pervaso da luoghi comuni con rimandi a Gaber (la scopa è di sinistra, l’aspirapolvere di destra o l’amore vero è di sinistra, il matrimonio che bada alle convenzioni di destra) poco credibili. Addirittura superficiali.

Ed è proprio questo il problema dell’opera di Rubini: la superficialità, i luoghi comuni un tantino esagerati ed un colpo di scena finale che poco convince lo spettatore, quasi come se volesse a tutti i costi stupire senza avere, però, solide ragioni per farlo.

Nonostante Rubini si sia dimostrato un regista capace ed un bravo interprete, questo suo ultimo lungometraggio fa un po’ storcere il naso allo spettatore, il quale, abituato ad altre opere come “La terra” e “Tutto l’amore che c’è”, sempre del regista pugliese, resta quasi nostalgico ed a bocca asciutta.

VOTO: 6/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA: IL SEGRETO DEI SUOI OCCHI di Billy Ray

Nelle sale italiane, ed in anteprima mondiale, “Il segreto dei suoi occhi” è l’ultimo lungometraggio del regista e sceneggiatore americano Billy Ray.

il segreto dei suoi occhiJess è un affermato detective. Insieme al suo collaboratore ed amico Ray ed al loro supervisore Claire fa parte di un team vincente. La sua vita, e quella dei suoi colleghi, verrà totalmente sconvolta quando sua figlia adolescente verrà brutalmente assassinata.

Il lungometraggio, remake del film argentino “El Secreto de Sus Ojos” di Juan Campanella, vincitore del Premio Oscar al Miglior Film Straniero, è una fedele trasposizione con una narrazione puramente statunitense e con personaggi complessi e ricchi di sfaccettature.

Jess è una madre forte e determinata ad ottenere giustizia per sua figlia. Il suo personaggio appare, in un primo momento, quasi rassegnato, stanco di vivere. Eppure nei suoi occhi c’è una luce che lascia intravedere una forza ed una combattività mai del tutto sopite. Ray è anch’egli ossessionato da questo omicidio. Si sente in parte responsabile di quanto è accaduto, dal momento in cui avrebbe dovuto incontrare la ragazza il giorno della sua morte, al fine di organizzare una festa a sorpresa per il compleanno di Jess.

Ciò che viene messo in scena è, dunque, un’ossessione. Ma ossessione di chi? Di Ray, che non sa darsi pace per quanto è accaduto? Ossessione di Jess, dal momento in cui l’assassino di sua figlia si trova in libertà vigilata? La situazione è, in realtà, molto più complessa di quanto possa sembrare.

Si tratta di un thriller ricco di colpi di scena e con personaggi ben scritti e ben delineati. Ognuno dei protagonisti presenta numerose sfaccettature, con aspetti del carattere che vengono fuori a poco a poco nel corso della narrazione.

Un’importante questione viene sollevata dal film: dove finisce il bene e dove inizia il male? E’ poi tanto netto il confine tra questi due ambiti?

Il dolore di un genitore che ha assistito all’omicidio del proprio figlio è talmente soggettivo e delicato da non poter essere in alcun modo giudicato, qualsiasi reazione esso generi.

Ottime performances attoriali per Julia Roberts, che qui interpreta una donna particolarmente stanca, invecchiata, arrabbiata. Come sempre ha dimostrato di essere in gran forma ed all’altezza del suo ruolo. Anche per quanto riguarda Chiwetel Ejiofor, vincitore del Premio Oscar al Miglior Attore Protagonista per “Dodici anni schiavo”, possiamo dire che, come al solito, non ha deluso il pubblico.

Peccato per Nicole Kidman, che, a quanto pare, quando non viene diretta e “strapazzata” come si deve, fa fatica a togliersi di dosso l’immagine della bambolina di porcellana statica ed algida.

“Il segreto dei suoi occhi” è, in conclusione, un thriller ben scritto, ben riuscito e con i ritmi giusti. Pur non essendo un prodotto rivoluzionario nel suo genere, è, comunque, un lungometraggio intenso ed accattivante.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA: MATRIMONIO AL SUD di Paolo Costella

Nelle sale italiane dal 12 novembre, “Matrimonio al sud” è l’ultimo lungometraggio diretto da Paolo Costella ed interpretato da Massimo Boldi e Biagio Izzo.

fotografo vincenzo schettino castellammare di stabia (1387 di 1819)Lorenzo è un imprenditore milanese, orgoglioso delle sue origini. La sua vita verrà sconvolta il giorno in cui scoprirà che suo figlio Teo sta per sposare Sofia, figlia di Pasquale, pizzaiolo napoletano.

Il lungometraggio di Costella è uno dei tanti film che trattano l’eterno divario nord-sud, ormai da almeno dieci anni a questa parte. Sebbene tematiche del genere siano state spesso affrontate (basti pensare al fortunato “Benvenuti al sud”), è anche importante il modo in cui il tema viene trattato. Ebbene, questo film non si salva nemmeno da questo punto di vista. Banale, scontato, pieno di stereotipi, è perfettamente in linea con i tanti film del duo Boldi – De Sica (ormai scoppiato) e con tutti gli altri lungometraggi interpretati dai due comici dopo la rottura. In poche parole, un film totalmente visto e rivisto.

fotografo vincenzo schettino (46)Ma andiamo con ordine. Le famiglie qui presentate sono stereotipate ai limiti del ridicolo. Quasi come se il film fosse ambientato decenni fa, quando non si conoscevano gli usi e i costumi delle diverse regioni d’Italia, se non per sentito dire. Ok, la scelta di adottare questi stereotipi è finalizzata a creare un effetto comico. Tale effetto comico, però, è del tutto inesistente. Come si può pensare che possa far ridere vedere Boldi che, per sbaglio, si soffia il naso con la pasta della pizza, che resta traumatizzato dall’idea di dover mangiare un capitone o che si schiaccia le dita chiudendo un portone?

Fa ancora ridere mettere in scena la freddezza della gente del nord insieme alla pacchianeria della gente del sud? Ormai nessuno crede più a certi clichés.

fotografo vincenzo schettino castellammare di stabia-282Anche per quanto riguarda le singole gag comiche (se così si può chiamarle), si tratta di qualcosa di visto e rivisto, spesso e volentieri viene usata la volgarità come unico espediente. Basti pensare, ad esempio, alla scena in cui Boldi e Izzo vanno in sacrestia e, vedendo il prete fare un’iniezione al sacrestano, subito sono portati a pensare ad una situazione sessualmente ambigua.

Battute volgari, personaggi volgari e una sensazione di dejà vu sono i veri protagonisti del film, il quale, pur essendo stato girato solo nei mesi scorsi, risulta vecchio di almeno vent’anni.

foto mas 2 (1)Ciò che lascia interdetti è la convinzione che il pubblico possa essere attirato solo da roba del genere. E questa è decisamente un’offesa bella e buona all’intelligenza umana, dal momento che certi film resteranno in palinsesto chissà per quante settimane, mentre altri interessanti prodotti, che non hanno importanti case di produzione alle spalle, sono destinati a passare quasi inosservati.

Ma forse anche questo è un discorso affrontato ormai così tante volte da essere quasi superato.

Per concludere, l’effetto finale di questo film è quello di sollevare un unico interrogativo: che ne sarà di questo nostro cinema che tanto ha insegnato in tutto il mondo negli anni passati e nel quale sembra ormai non credere più nessuno? Personalmente, ho quasi paura a conoscere la risposta.

VOTO: 1/10

Marina Pavido​

LA RECENSIONE DI MARINA: 45 ANNI di Andrew Haigh

Nelle sale italiane dal 5 novembre, “45 anni”, in concorso all’ultima edizione del Festival di Berlino, è l’ultima fatica cinematografica di Andrew Haigh.

45 anniTratto dal racconto “In another country” di David Constantine, il lungometraggio racconta la storia di Kate e Geoff, una coppia di sessantenni che conduce una tranquilla vita in campagna e si appresta a festeggiare i 45 anni di matrimonio. Gli equilibri venutisi a creare negli anni verranno minati da una lettera inaspettata contenente la notizia che il corpo di Katya, un amore di gioventù di Geoff, è stato ritrovato, intatto, all’interno del ghiacciaio in cui la giovane era precipitata.

454Una sceneggiatura di ferro ed una forte caratterizzazione dei personaggi fanno entrare lo spettatore nel vivo della vicenda fin dai primi minuti. I sentimenti descritti sono vivi e ricchi di sfumature. Quello che qui viene raccontato è un rapporto apparentemente solido, ma che nasconde parecchi segreti. La presenza di questa giovane donna scomparsa, ciò che quest’ultima ha sempre rappresentato per Geoff, è stata una costante nel matrimonio dei protagonisti. Invisibile, quasi dimenticata, ma pronta a tornare per stravolgere gli equilibri. Lo stesso corpo di Katya, ritrovato intatto dopo più di cinquant’anni, quasi come se il tempo non fosse mai passato, rappresenta qualcosa di ancora vivo, in grado di esercitare una notevole influenza sulle persone che, in qualche modo, sono state legate a lei.

451Kate, moglie di Geoff, dal canto suo mostra non poche insicurezze. Segreti che per anni hanno fatto parte del suo matrimonio, il grande amore per Geoff e la figura sconosciuta quanto pericolosa di Katya fanno in modo che, nonostante un’intera vita trascorsa insieme, la donna rimetta in discussione tutto.

455Una nota di merito va agli attori protagonisti: i bravissimi Charlotte Rampling e Tom Courtenay, entrambi premiati a Berlino per le loro interpretazioni, sono riusciti alla perfezione nel compito non facile di mettere in scena tutte le sottili sfumature dei personaggi protagonisti.

457Con un ottimo lavoro di regia ed una fotografia che ricorda, a tratti e soprattutto per quanto riguarda gli esterni, i quadri di Turner, “45 anni” può dirsi un lungometraggio decisamente riuscito, intenso ed introspettivo, quasi bergmaniano per la straordinaria capacità di scavare nell’animo umano. Decisamente da non perdere.

VOTO: 8/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA: MISS JULIE di Liv Ullmann

Nelle sale italiane dal 19 novembre, “Miss Julie” è l’ultima fatica da regista della celebre attrice norvegese Liv Ullmann.

IMG_4627.CR2La giovane Julie, figlia di un ricco barone ed orfana di madre da quando era ancora una bambina, è un’affascinante quanto altezzosa venticinquenne convinta di poter ottenere tutto con il comando. John è un servo che abita nel suo palazzo, da sempre innamorato di lei e legato alla cuoca Kathleen. Tutto ha inizio la sera dei preparativi per la festa di mezza estate. In questa notte in cui il sole non tramonterà, gli equilibri verranno completamente stravolti e ogni personaggio sarà costretto a calare la propria maschera.

MISSJULIE_HELENSLOAN_DSC8050.nefTratto dall’omonima opera teatrale del celebre drammaturgo svedese August Strindberg, il lungometraggio della Ullmann rispetta appieno i canoni della tragedia greca. Pochi i personaggi, solo tre, una storia apparentemente semplice e banale, ma che – in piena linea con la tradizione nordeuropea – riesce a scavare nell’animo di ogni singolo protagonista, rivelando le mille sfaccettature delle personalità di queste figure che da subito riescono ad entrare in empatia con lo spettatore.

MISS JULIE - Still 2L’equilibrio iniziale si regge sulle maschere che ognuno di loro ha indossato per molti, troppi anni. Nel corso della nottata le maschere verranno calate e gli equilibri stravolti. Si tratta di un ribaltamento di ruoli continuo in tutto il film: dapprima la giovane Julie è il carnefice, autoritaria e viziata padrona di casa che pensa che tutto le sia dovuto; i servitori sono, invece le vittime di questo suo modo di fare dispotico ed autoritario. Eppure, entrando nel vivo della vicenda, ci si accorge che in realtà è proprio Julie ad essere vittima di chi la circonda e, soprattutto, di sé stessa e, più in generale, dell’ambiente in cui vive. Fino al climax finale.IMG_4138.CR2

Liv Ullmann è stata molto abile a raccontarci, con una regia sapiente e consapevole, queste mille sfaccettature dei protagonisti: i primi piani ci mostrano il personaggio che sta tirando fuori il vero sé, mentre le figure intere ci mostrano la farsa, la recita che ognuno di loro sta mettendo in scena, quasi come se ci si trovasse davvero ad assistere ad un’opera teatrale. Per fortuna anni di collaborazione con il grande maestro Ingmar Bergman hanno dato i loro frutti.

MISS JULIE - Still 5Un’ulteriore nota di merito va agli interpreti: Jessica Chastain, Colin Farrell e Samantha Morton. Ognuno di loro ha saputo essere all’altezza del proprio ruolo ed ha dimostrato di conoscere a fondo il proprio personaggio.00571.NEF

“Miss Julie” non è il solito dramma sentimentale o la solita trasposizione teatrale che al cinema rende molto meno rispetto ad un palcoscenico. E’, soprattutto, un viaggio all’interno della mente umana, in una società conservatrice, benpensante ed ipocrita. Attuale, coinvolgente e mai pretenzioso, trascina lo spettatore in un crescendo di emozioni e riesce a mantenere il ritmo giusto fino alla fine.

VOTO: 8/10

Marina Pavido

Fotogrammi romani (10° edizione) by Marina – Conclusioni

Cari amici!

Benvenuti al nostro ultimo appuntamento con la rubrica “Fotogrammi romani”.

Angry-Indian-Goddesses-681x404Nella giornata di oggi è stato annunciato il film della Selezione Ufficiale vincitore del Premio del Pubblico: si tratta dell’indiano “Angry Indian Goddesses”, diretto da Pan Nalin.

Una vittoria, questa, non troppo scontata, che vede protagoniste le donne ed i loro diritti troppe volte negati. Un film corale, frizzante e coinvolgente, con personaggi femminili particolarmente empatici, malgrado la sceneggiatura un po’ didascalica.

E’ stato un festival, questo, che ha visto all’interno della selezione ufficiale linee guida ben definite: la donna, l’omosessualità, la prigionia, il desiderio di scoprire sé stessi e di fuggire da un mondo che non ci appartiene. La ricerca di una propria identità e di una propria affermazione è ben in linea con la situazione che oggi tutti noi stiamo vivendo: molte, troppe volte vediamo negati i nostri diritti e ci troviamo di fronte ad un futuro sempre più incerto, che non ci dà alcuna sicurezza e che vede la tecnologia prendere il sopravvento sulla vita reale e sull’uomo. Il cinema è riuscito a cogliere tutto questo.

In linea di massima, parecchio ha lasciato a desiderare l’organizzazione del festival: si ha quasi l’impressione che sia stato organizzato in poco tempo. Basti pensare ad un’unica sezione (facendo eccezione per “Alice nella città” e per le retrospettive) in cui sono stati raggruppati i film (a differenza degli anni precedenti). Il livello medio dei lungometraggi proiettati è di gran lunga più basso del previsto. Anche per quanto riguarda le retrospettive, interessante quella dedicata ad Antonio Pietrangeli, simpatica la retrospettiva sulla Pixar, ma, soprattutto per quanto riguarda quest’ultima, sarebbe stato ancor più interessante vedere qualche lavoro sconosciuto prima che la casa di produzione acquisisse il nome “Pixar”, dal momento che ai festival ci si aspetta sempre di vedere qualcosa di raro e poco noto.

Un festival piuttosto povero, nel quale, purtroppo, neanche chi lavora sembra credere. Eppure, basterebbe un po’ di sana passione e di voglia di fare per creare qualcosa di stimolante ed innovativo. Non ci resta che aspettare il prossimo anno per vedere in che modo evolverà la situazione.

“Fotogrammi romani” vi dà appuntamento all’anno prossimo! Nel frattempo continuate a seguirci e ad amare il Cinema! A presto e grazie di essere stati con noi!

Marina Pavido

Fotogrammi romani (10° edizione) by Marina – 9° giornata

Cari amici!

Eccoci giunti al termine di questa 10° edizione della Festa del Cinema di Roma. Four-Kings-21-620x330Per quanto riguarda la sezione autonoma “Alice nella città”, il lungometraggio vincitore di quest’anno è il tedesco “Four kings” di Theresa von Eltz. The Wolfpack 1 - CopiaIl Premio TAODUE alla Miglior Opera Prima  è stato conferito al documentario “Wolfpack” di Crystal Moselle, mustang2mentre una menzione speciale è andata all’acclamato “Mustang” di Deniz Gamze Erguven, film, tra l’altro, che la Francia presenterà agli Oscar.

Nell’attesa di conoscere il titolo del film vincitore del premio del pubblico, vediamo insieme quali sono gli ultimi titoli presentati nella giornata di oggi.

SEZIONE “ALICE NELLA CITTA'”

LE PETIT PRINCE  di Mark Osborne

piccolo-principe-03-1024x576La delicata e commovente storia del Piccolo Principe, che ognuno di noi ha amato, è sempre attuale. Qui viene raccontata all’interno di una cornice, in cui è protagonista una bambina che sta per entrare nel mondo degli adulti, senza vivere appieno, però, la sua età. All’interno del lungometraggio sono presenti due stili di animazione: per quanto riguarda la storia del Piccolo Principe è stato utilizzato un interessante stop motion, con le figure che sembrano quasi di cartapesta. Per quanto riguarda la cornice, invece, è stata utilizzata una classica computer grafica, senza dubbio ben riuscita, ma di gran lunga inferiore alla precedente animazione. E’ sempre la cornice, inoltre, ad essere la parte più debole di tutto il film. Addirittura si potrebbe pensare che se fosse stata del tutto eliminata e ci si fosse concentrati solo sulla storia vera e propria, la qualità del prodotto finale sarebbe migliorata. Detto questo, però, il film è nel complesso ben riuscito, gradevole e capace di far appassionare grandi e piccini.

VOTO: 7/10

SELEZIONE UFFICIALE

LEGEND  di Brian Helgeland

legend-750x400La storia vera dei gemelli Raggie e Ronnie Kray, gangster londinesi che molto fecero parlare di loro negli anni Sessanta. Il lungometraggio presenta non pochi problemi di scrittura: alcuni personaggi, primo fra tutti la moglie di Raggie, non sono caratterizzati come si deve, di conseguenza il pubblico fa fatica ad empatizzare con essi. Molte sequenze fondamentali per giustificare determinati eventi, inoltre, mancano del tutto, creando un effetto collage che rende davvero male. Interessante la realizzazione di alcune scene, ma, nel complesso, il film non riesce a coinvolgere lo spettatore come dovrebbe. Ottima interpretazione di Tom Hardy nel ruolo di entrambi i gemelli.

VOTO: 5/10

La nostra rubrica vi dà appuntamento a domani con il film vincitore e le conclusioni alla fine di questa 10° edizione della Festa del Cinema di Roma! Buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

Fotogrammi romani (10° edizione) by Marina – 8° giornata

Cari amici!

Siamo giunti, ormai quasi alla fine di questa 10° edizione della Festa del Cinema di Roma. I nuovi film presentati, però, sono ancora numerosi. Vediamo insieme quali sono le ultime novità!

SEZIONE “ALICE NELLA CITTA'”

MICROBE & GASOLINE  di Michel Gondry

microbe & gasolineDaniel è un ragazzino solitario che fatica molto ad ambientarsi nella sua classe. Il nuovo arrivato, però, riesce fin da subito ad entrare in sintonia con lui. I due progetteranno un singolare viaggio insieme alla scoperta del mondo e di sé stessi. Questo ultimo lungometraggio di Gondry, seppur di qualità superiore a “Mood indigo”, non riesce a distinguersi, come ci si aspetterebbe, dagli altri film della sezione. La storia raccontata è uguale a molte altre già viste, in più i personaggi sono sì ben caratterizzati, ma tendono ad essere facilmente dimenticati. Di certo Gondry ha fatto di molto meglio nella sua lunga e prolifica carriera.

VOTO: 5/10

SELEZIONE UFFICIALE

EXPERIMENTER  di Michael Almereyda

Experimenter-1024x576Nel 1961 lo psicologo Stanley Milgram ideò un singolare esperimento per dimostrare l’attitudine all’obbedienza delle persone: i soggetti in esame venivano spinti, da una voce autoritaria, a somministrare scosse elettriche ad altri esseri umani, malgrado le urla di dolore di questi ultimi, complici in segreto nell’esperimento. Il tema trattato è attuale e molto interessante, riesce fin da subito a catturare l’attenzione dello spettatore. La regia di Almereyda è convincente, nonostante il pericoloso sfondamento della “quarta parete”, in cui il protagonista parla agli spettatori.

VOTO: 7/10

ALASKA  di Claudio Cupellini

alaska4Fausto e Nadine si conoscono per caso in un albergo di lusso a Parigi: lui lavora lì come cameriere, mentre lei deve presentarsi ad un casting per modelle. In seguito ad un incidente con un ospite dell’albergo, Fausto viene arrestato e condannato a due anni di reclusione. Il rapporto con Nadine, però, continuerà nonostante la lontananza ed avrà risvolti inaspettati. Questa è la storia di due persone sole, che, partite da zero, faranno di tutto per poter vivere una vita agiata. Tema potenzialmente interessante, ma, purtroppo, con una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti: personaggi che compaiono e spariscono nel nulla senza avere alcuna rilevanza nella storia, eccessivo numero di colpi di scena e protagonisti che cambiano registro più volte durante il film. Anche alcune scelte registiche e musicali si sono rivelate eccessive e fuori luogo. Bravi gli interpreti, Elio Germano e Astrid Berges-Frisbey.

VOTO: 4/10

THE PROPAGANDA GAME  di Alvaro Longoria

the-propaganda-game-700x400Il documentario ci racconta la situazione che la Corea del Nord da più di sessant’anni a questa parte sta vivendo. Immagini di repertorio si alternano ad interviste e scene di vita quotidiana, mostrandoci diversi punti di vista prima di arrivare alla tesi finale. Prodotto decisamente ben riuscito. Mai retorico o ripetitivo e ben strutturato nell’insieme.

VOTO: 7/10

La nostra rubrica vi dà appuntamento a domani con le ultime novità presenti in sala in questa 10° edizione della Festa del Cinema di Roma! Buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

Fotogrammi romani (10° edizione) by Marina – 7° giornata

Cari amici!

Ben ritrovati al nostro appuntamento quotidiano con le ultime novità presenti alla Festa del Cinema di Roma!

SEZIONE “INCONTRI RAVVICINATI”

CAROL  di Todd Haynes

carolLa giovane commessa Therese incontra, nei grandi magazzini presso i quali lavora, l’affascinante Carol. Il rapporto tra le due sarà da subito molto intenso, ma, allo stesso tempo, problematico. Il lungometraggio di Haynes, che già molto successo ha avuto alla scorsa edizione del Festival di Cannes (la protagonista Rooney Mara è stata premiata come migliore interprete femminile), racconta una storia semplice e vera. La colonna sonora, la fotografia ed una sapiente regia ci coinvolgono fin dai primi minuti. Il rapporto d’amore tra le due protagoniste viene raccontato con grazia e non diventa mai retorico né fine a sé stesso. Decisamente un film ben riuscito.

VOTO: 8/10

SEZIONE “ALICE NELLA CITTA'”

GRANDMA  di Paul Weitz

827-00grandma-1La giovane Sage aspetta un bambino, ma non ha i soldi per abortire. Non avendo il coraggio di parlarne alla madre, si rivolge alla moderna ed anticonformista nonna, la quale, pur essendo al verde, tenterà in tutti i modi di aiutarla. Il lungometraggio di Weitz ha un ritmo frizzante, riesce a divertire il pubblico, ma, allo stesso tempo, lo porta anche a riflettere su un tema tanto scottante come quello dell’aborto. Tema, questo, che qui non viene assolutamente trattato con buonismo o falsi moralismi. Bello ed intenso il rapporto tra nonna e nipote e, più in generale, tra le tre generazioni della famiglia. Ottimamente interpretato.

VOTO: 7/10

SELEZIONE UFFICIALE

GIRLS LOST  di Alexandra-Therese Keining

girls_lost_04Tre ragazze, vittime di bullismo e stanche della propria vita, in seguito ad un rituale di stregoneria, bevono una pozione derivante da una strana pianta. Dopo pochi minuti si  ritroveranno assumeranno sembianze maschili. I temi trattati, come il bullismo, l’adolescenza e la ricerca di una propria identità sono potenzialmente interessanti. Il problema, però, è che in questo caso l’autrice ha intrapreso tante strade diverse senza approfondirne una come si deve. Il risultato è un fantasy-horror dai toni drammatici che più che coinvolgere lo spettatore a livello emotivo, lo diverte involontariamente. Finale aperto molto forzato e pretenzioso.

VOTO: 3/10

OURAGAN, L’ODYSEE D’UN VENT  di C. Barbacon e A. Byatt

_Ouragan-Films_Photo_Film_Extracts_71Il documentario ci racconta i momenti precedenti l’arrivo dell’uragano Lucy, a Cuba, ciò che avviene in mare e sulla terraferma e le conseguenze sulla natura e sulla popolazione. Le immagini, crude, ma allo stesso tempo suggestive, hanno un effetto magnetico sullo spettatore. L’uso del 3D, anche in questo caso, è decisamente appropriato. Unica nota di demerito: la scelta di dare all’uragano una voce fuoricampo si è rivelata inopportuna.

VOTO: 7/10

Non mancate, amici, al prossimo appuntamento con tutte le novità in sala in questa 10° edizione della Festa del Cinema di Roma! Buon Cinema a tutti!

Marina Pavido