20° FAR EAST FILM FESTIVAL – THE BATTLESHIP ISLAND: DIRECTOR’S CUT di Ryoo Seung-wan

battleship-islandTITOLO: THE BATTLESHIP ISLAND: DIRECTOR’S CUT; REGIA: Ryoo Seung-wan; genere: storico, guerra; paese: Corea del Sud; anno: 2017; durata: 151′

Presentato in anteprima alla 20° edizione del Far East Film Festival, The Battleship Island: Director’s Cut è l’ultimo lungometraggio realizzato dal regista sudcoreano Ryoo Seung-wan, del quale al festival è stato proiettato anche Veteran (2015).

Siamo nel 1945. Il direttore d’orchestra Gang-ok è solito tenere concerti a Seul insieme a Sohee, la sua figlioletta di undici anni. In seguito a un flirt con la moglie di un alto ufficiale, però, l’uomo sarà costretto a partire e si imbarcherà, insieme alla figlia, alla volta del Giappone. Non appena giungerà a destinazione, però, Gang-ok si renderà conto di essere stato deportato, insieme a un nutrito gruppo di coreani, su un’isola al largo della costa di Nagasaki, dove molti prigionieri saranno costretti a lavorare in una miniera in condizioni disumane. Tale sito è stato nominato nel 2016 patrimonio dell’UNESCO. Ciò che è accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale è una ferita ancora aperta.

Dopo la visione di un lungometraggio come il presente, dunque, non ci si può che sentire arricchiti. Merito non solo della messa in scena di eventi storici tanto importanti quanto meno noti rispetto ad altri, ma anche del pregiato valore artistico dell’intero lavoro. Al di là dell’impeccabile regia – con una macchina da presa agile, perfettamente in grado di gestire gli spazi sia in momenti di calma che durante i combattimenti – al di là delle fedeli ricostruzioni degli ambienti dell’epoca, è soprattutto un sapiente e raffinato lavoro di scrittura a far sì che un prodotto come The Battleship Island non solo non perda mai di ritmo e sappia reggere bene la durata di oltre due ore e mezzo, ma vanti anche al suo interno un nutrito numero di personaggi interessanti e ben caratterizzati. A partire, appunto, proprio da Gang-ok e da sua figlia Sohee. Un accurato lavoro di ricostruzione storica che vede al proprio interno anche un evento doloroso come il lancio della bomba atomica su Nagasaki (particolarmente d’effetto, a tal proposito, le scelte cromatiche attuate dal regista nel mostrarci l’evento, con un improvviso bianco e nero su cui stride il giallo fuoco dei fumi della bomba stessa).

E poi c’è l’Arte. L’Arte come puro amore per il Bello, così come strumento salvifico nel vero senso della parola. È (soprattutto) grazie al loro talento che Sohee e suo padre riescono a ottenere un trattamento meno duro rispetto agli altri durante la loro prigionia. È soltanto durante qualche performance artistica che anche il più spietato dei comandanti giapponesi sembra placarsi anche solo momentaneamente. L’Arte, secondo quanto ha voluto mettere in scena Ryoo Seung-wan, è l’unico elemento che accomuna tutti e che ci rende più umani. E, pertanto, va celebrata.

Ciò che Ryoo Seung-wan ha voluto realizzare è, dunque, sì un film di denuncia contro i crimini di guerra compiuti dai giapponesi (e, più in generale, da ogni essere umano), ma anche – e soprattutto – una dichiarazione d’amore rivolta al proprio paese e alla propria gente: uomini forti e dignitosi, in grado di far fronte alle situazioni più complicate. Che sia, questa, una sorta di “incoraggiamento” rivolto proprio al popolo coreano, in un periodo storico difficile come quello che sta vivendo? Al pubblico il privilegio di ogni personale, soggettiva interpretazione.

Piccola chicca: durante una delle battaglie più cruente di tutto il lungometraggio, il regista ha scelto come sottofondo una musica firmata Ennio Morricone. Non mancano, in tutto il mondo, ottimi estimatori del nostro buon cinema e dei nostri grandi autori. E questo, ovviamente, non può che riempirci di orgoglio.

VOTO: 8/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE – NINNA NANNA di Dario Germani e Enzo Russo

nino frassica-2TITOLO: NINNA NANNA; REGIA: Dario Germani, Enzo Russo; genere: drammatico; paese: Italia; anno: 2017; cast: Francesca Inaudi, Fabrizio Ferracane, Nino Frassica; durata: 112′

Nelle sale italiane dal 29 giugno, Ninna nanna è l’opera prima di Dario Germani ed Enzo Russo, prodotta da Tonino Abballe.

Anita è un’enologa di successo che vive in un piccolo paesino della Sicilia. La donna è felicemente sposata con Salvo ed aspetta la prima figlia. In seguito alla nascita della piccola Gioia, però, qualcosa si incrina e la donna inizierà a vedere la figlioletta più come una minaccia per il suo matrimonio ed il suo lavoro che come una benedizione. Non sarà facile gestire il suo disagio, soprattutto perché nessuno sembrerà disposto a capirla.

ninna_nanna1Dopo l’uscita nelle sale di Girotondo, per la regia di Tonino Abballe, ecco un nuovo prodotto proveniente dalla stessa équipe che, analogamente al primo lavoro, tenta di analizzare un disagio interiore ancora sconosciuto ai più. In questo caso parliamo di depressione post partum e la storia di Anita è la storia di molte altre donne nelle sue condizioni che difficilmente riescono a trovare conforto e comprensione.

nn01Seppur delicata ed adeguatamente empatica, la storia della protagonista vede una sceneggiatura con troppi clichés, per una soluzione finale che appare fin troppo scontata ed anche un po’ affrettata. Il fatto che Ninna nanna sia un’opera prima, lo si vede, purtroppo, da una maldestra direzione attoriale, di fianco ad un cast di tutto rispetto, con un’importante esperienza alle spalle, come anche da scelte registiche che risultano spesso eccessive, malgrado le buone intenzioni (in particolare per quanto riguarda le scene oniriche).

Un po’ di sbavature, anche per quanto riguarda la post produzione, e qualche eccesso di troppo, dunque, per un lavoro in cui tutto sommato si vede che chi ci ha lavorato ha creduto molto. Bisognerà aspettare un nuovo lavoro dei due giovani registi per sapere in come si evolverà il loro modo di fare cinema.

VOTO: 5/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE – SASHA E IL POLO NORD di Rémy Chayé

sasha-e-il-polo-nord-1-1800x730TITOLO: SASHA E IL POLO NORD; REGIA: Rémy Chayé; genere: animazione; paese: Francia; anno: 2015; durata: 81′

Nelle sale italiane dal 4 maggio, distribuito dalla P.F.A. Films, Sasha e il Polo Nord è il lungometraggio d’esordio del giovane regista francese Rémy Chayé.

Sasha è una giovane aristocratica russa. Vivace e ribelle, si oppone fin da subito alla sua famiglia, la quale ha già organizzato per lei un matrimonio combinato. La ragazza è da sempre appassionata di viaggi. Passione, questa, che le è stata trasmessa da suo nonno Oloukine, stimato esploratore mai tornato a casa dopo un viaggio al Polo Nord. Sarà volontà di Sasha partire alla volta del Grande Nord sulle tracce di suo nonno.

sasha-e-il-polo-nord-3-500x360Interessante esordio nel lungometraggio, questo di Rémy Chayé. Dopo essersi fatto notare, infatti, per i suoi precedenti lavori (The secret of Kells, del 2009, e La tela animata, del 2011) ecco dare vita, a quattro anni dalla sua ultima produzione, ad un romanzo di formazione sincero ed appassionante, con personaggi ben scritti – Sasha in primis, così come suo nonno ed i suoi compagni di viaggio, ad esempio – e, non per ultima, una realizzazione grafica particolarmente interessante, la quale prevede figure quasi bidimensionali e prive di contorni, ma, allo stesso tempo, curate nei dettagli, analogamente ai fondali che ci mostrano ora gli interni dell’aristocratico palazzo dove vive Sasha, ora il magnetico e sconosciuto Polo Nord.

sasha.ritagliareUna storia ambientata in Russia alla fine dell’Ottocento, ma che – proprio per la portata universale dei temi trattati, ossia la scoperta di sé stessi, la crescita, il difficile passaggio all’età adulta, l’amore per la verità e per l’avventura – può essere considerata a tutti gli effetti una storia senza tempo.

Ed ecco che un altro nome si affaccia sul panorama dell’animazione in Francia, la quale, a sua volta, grazie ad una particolare ricerca del nuovo e grazie soprattutto ad autori come Alain Gagnol, Jean-Loup Felicioli e Jean-François Laguionie (giusto per citarne solo alcuni) si conferma come uno dei paesi europei maggiormente interessanti nell’ambito del cinema d’animazione.

VOTO: 8/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA – COLLATERAL BEAUTY di David Frankel

collateral-beautyTITOLO: COLLATERAL BEAUTY; REGIA: David Frankel; genere: sentimentale; anno: 2016; paese: USA; cast: Will Smith, Edward Norton, Kate Winslet, Helen Mirren; durata: 97′

Nelle sale italiane dal 4 gennaio, Collateral beauty è l’ultimo lungometraggio diretto da David Frankel, già osannato dal grande pubblico per aver diretto pellicole come Io&Marley ed Il diavolo veste Prada.

Un manager di un’importante azienda newyorkese sembra aver perso ogni interesse verso la quotidianità dopo aver perso prematuramente la figlioletta di sei anni. Non trovando un senso alla propria vita, l’uomo cerca una risposta dall’universo scrivendo tre lettere alla Morte, al Tempo ed all’Amore. I suoi amici, preoccuparti per questo suo stato, organizzano un piano al fine di poterlo aiutare.

knightleynortonCirca l’esito del piano dei colleghi, ovviamente, non diremo nulla. Eppure si può facilmente immaginare l’epilogo di una storia che, man mano che va avanti, diventa a tutti gli effetti apologia dei buoni sentimenti e – in questo caso nello specifico – ahimé, anche culla delle più sdolcinate banalità. Nulla da dire, sia ben chiaro, contro uno script che nel suo piccolo tutto sommato non presenta sbavatura alcuna. Così come, di fronte alla presenza di interpreti come – giusto per citarne alcuni – Edward Norton, Kate Winslet ed Helen Mirren, non possiamo che confermare ancora una volta il loro talento. Eppure Collateral beauty, proprio per questa sua banalità e per la forte prevedibilità anche di ciò che sembra esserci presentato come vero e proprio “colpo di scena”, mal cela il suo triste ma inevitabile destino, ossia il fatto di venire presto dimenticato anche dagli spettatori più benevoli, nonostante la probabile lunga permanenza in palinsesto.

917749599cA nulla servono scorci di New York tutto sommato suggestivi, così come poco d’aiuto sono immagini magnetiche di numerosi mattoncini del domino che crollano uno dopo l’altro. Tali estemporanee manifestazioni sono soltanto piacevoli visioni, piccoli regali ai nostri occhi che, però, ben poco potere hanno sull’innalzamento della qualità dell’intero prodotto.

Ma a Collateral beauty, tutto sommato, una cosa va riconosciuta: pur essendo a tutti gli effetti uno dei tanti prodotti studiati a tavolino e con poca anima al loro interno, essenzialmente finalizzati a rimpolpare le casse delle grandi major, sorprendentemente non dà ai nervi, ma – udite udite! – di quando in quando riesce a strappare un sorriso anche allo spettatore più cinico. Sarà, probabilmente, che questa atmosfera natalizia ci ha contagiati proprio tutti!

VOTO: 5/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA – IL GGG di Steven Spielberg

gggTITOLO: IL GGG; REGIA: Steven Spielberg; genere: animazione, fantasy; anno: 2016; paese: USA; cast: Mark Rylance, Rebecca Hall, Ruby Barnhill; durata: 110′

Nelle sale italiane da 30 dicembre, Il GGG è l’atteso lungometraggio diretto da Steven Spielberg tratto dall’omonimo romanzo per ragazzi di Roald Dahl.

Sophie ha dieci anni e vive in un orfanotrofio di Londra. Una notte una misteriosa creatura va a farle visita: si tratta di un gigante buono proveniente dalla Terra dei Giganti che, essendo stato notato dalla ragazzina, decide di rapirla affinché nessuno venga a conoscenza della sua esistenza.

ilggg-e1449670628617Che dire? Per quanto riguarda la maestria di Spielberg, ormai non vi è più nulla da dover dimostrare. Se ad essa aggiungiamo una storia d’effetto come quella inizialmente ideata da Dahl (e magistralmente adattata per il grande schermo dalla grande Melissa Mathison, purtroppo recentemente scomparsa), insieme alle sempre giuste musiche del maestro John Williams, a scenografie ben dettagliate e ad un cast di tutto rispetto dove tra tutti si distingue il bravo Mark Rylance (già apprezzato – e pluripremiato – ne Il ponte delle spie, sempre per la regia di Spielberg), oltre a Rebecca Hall, Penelope Wilton e Rafe Spall, ecco che otteniamo un lungometraggio che di certo farà impazzire grandi e piccini, destinato a diventare un grande classico del periodo natalizio. Una favola senza tempo che diverte e fa riflettere e che -perché no? – insegnerà a tutti, in qualche modo, a “diventare grandi”.

7cd734caa9La riuscita commistione tra computer grafica e live action, unita ad una regia che ben sa gestire i tempi narrativi e l’alternarsi di momenti di riflessione con scene di vera e propria adrenalina fa sì che questo ultimo lungometraggio di Spielberg – pur non essendo al medesimo livello di suoi precedenti capolavori – abbia una certa, ben definita identità e possa essere annoverato tra le migliori trasposizioni dei classici per ragazzi, tra cui non possiamo non menzionare il Canto di Natale di Dickens (in particolare la versione Disney) ed Oliver Twist (sia il più recente – diretto da Polanski – che il classico di David Lean, con un indimenticabile Alec Guinness).

Ultima considerazione: le numerose gag ambientate all’interno di Buckingham Palace sono davvero irresistibili!

VOTO: 8/10

Marina Pavido

34° TORINO FILM FESTIVAL – SARAH WINCHESTER, OPERA FANTOME di Bertrand Bonello

sarahwinc_f04cor_2016111726TITOLO: SARAH WINCHESTER, OPÉRA FANTÔME; REGIA: Bertrand Bonello; genere: documentario; anno: 2016; paese: Francia; cast: Marie-Agnès Gillot, Reda Kated; durata: 24′

Presentato nella sezione Onde al 34° Torino Film Festival, Sarah Winchester, opéra fantôme è l’ultimo cortometraggio diretto dall’acclamato cineasta francese Bertrand Bonello.

La scena si apre sul palco dell’Opéra Garnier: Marie-Agnès Gillot – prima ballerina dell’Opéra – sotto le indicazioni di un musicista, cerca di dar vita al misterioso personaggio di Sarah Winchester, moglie giovane ed innamorata di William Winchester, l’inventore del celebre fucile da guerra. Il suo matrimonio in giovane età, il suo amore per il marito e per la figlioletta, la perdita prematura di quest’ultima, l’improvvisa vedovanza, il dolore, la follia, il progetto di una nuova casa-rifugio. Tutto questo viene messo in scena in soli 24 minuti. Minuti che ad una prima impressione possono sembrare pochi, ma che, in realtà, riescono a farci entrare immediatamente in confidenza con il controverso personaggio di Sarah.

Una vita piena di contrasti, quella di Sarah Winchester. Il grande amore della sua vita che, dall’altro canto, è stato, in qualche modo, responsabile della morte di migliaia di soldati. La prematura scomparsa dei suoi affetti più importanti che si contrappone al rifiuto cieco ed ostinato della morte stessa ed al desiderio di rendere migliore la vita di chi le sta intorno. Momenti di follia apparentemente senza via d’uscita che si alternano a giorni di estrema lucidità. E poi il mistero. Quel fitto mistero che per anni ha avvolto la vita della donna, di cui tanto poco si è sentito parlare, ma che – forse proprio per il grande numero di disgrazie che hanno costellato la sua vita e per le sommarie informazioni sul suo conto – ha sempre suscitato grande curiosità.

La singolare messa in scena adottata da Bonello, dal canto proprio, rispecchia appieno ciò che è stata la vita di Sarah Winchester. In primo luogo abbiamo il contrasto: passi di danza classica ballati sulle note di una musica elettronica (composta, tra l’altro, dallo stesso Bonello) che, a sua volta, si contrappone all’aria lirica cantata dal coro dell’Opéra. Più che una rappresentazione vera e propria, delle prove che vanno a convergere in un’unica opera: un’opera reale che prende vita, appunto, da un’opera fantasma. Il tutto, ovviamente, pervaso, dall’inizio alla fine, dallo stesso alone di mistero che ha caratterizzato la vita della Winchester stessa. Non vediamo il naturale svolgimento dei fatti, non vediamo immagini rappresentanti Sarah o la sua famiglia, non vediamo oggetti che le sono appartenuti. Semplicemente il suo personaggio viene riportato alla vita attraverso la danza, la musica e vecchi disegni d’epoca che – montati in dissolvenza incrociata con il resto della messa in scena – stanno a creare, a loro volta, una sorta di danza, di singolare armonia, insieme alle parole ed al resto del girato.

Sono solo ventiquattro minuti, in fondo. Eppure, una volta giunti ai titoli di coda, sentiamo di conoscere nel profondo quella Sarah Winchester che solo poco tempo prima ci era del tutto sconosciuta. “Sarah, je t’aime!” pronuncia, alla fine della rappresentazione, il musicista, rivolgendosi alla ballerina. Ed insieme a lui, anche noi sentiamo di voler davvero bene a quel personaggio tanto fragile e controverso. Quella sorta di personaggio “fantasma” che – grazie ai sorprendenti mezzi della Settima Arte – è magicamente riuscito ad apparire vivo e reale davanti ai nostri occhi.

VOTO: 8/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA – SE PERMETTI NON PARLARMI DI BAMBINI di Ariel Winograd

sepermetti6-u202075405625vvf-896x504gazzetta-webTITOLO: SE PERMETTI NON PARLARMI DI BAMBINI; REGIA: Ariel Winograd; genere: commedia; anno: 2016; paese: Argentina; cast: Diego Peretti, Maribel Verdù; durata: 100′

Nelle sale italiane dal 29 settembre, Se permetti non parlarmi di bambini è l’ultimo lavoro del regista argentino Ariel Winograd.

Gabriel e Vicky si conoscono e si piacciono dai tempi del liceo, anche se tra loro c’è sempre stata solo una sommaria amicizia. Qualche anno dopo si incontrano di nuovo, per poi perdersi nuovamente di vista. Passano alcuni anni, Gabriel nel frattempo si è sposato, è diventato papà ed ha divorziato da sua moglie. Attualmente vive con la figlioletta di nove anni, Sofia. Vicky, invece, non ha una famiglia sua, ha viaggiato per anni ed ha sempre evitato qualsiasi legame stabile. Quando i due si rivedono, è subito amore. Tutto sembra andare per il verso giusto, finché Vicky non rivela a Gabriel di non sopportare i bambini, ignorando che l’uomo è egli stesso padre. Che fare a questo punto? Non sarà facile, per Gabriel, tenere nascosta la verità.

copertina_sin-hijos-1000-620x350Il Sud America, si sa, – restando nell’ottica del cinema contemporaneo – spesso e volentieri ci riserva delle gran belle sorprese. Basti pensare ad uno dei più validi cineasti all’interno del panorama cinematografico attuale, ossia Pablo Larrain. Stesso discorso va fatto per quanto riguarda il cinema sperimentale – altro importante settore particolarmente incentivato nella zona. È in questo ambito, infatti, che abbiamo recentemente visto l’affermarsi di autori come Raoul Perrone (Ragazzi) ed Andrea Tonacci (Jà visto – Jamais visto), di origini italiane. Ma volendo restare esclusivamente nell’ambito della commedia, non possiamo non citare l’argentino Storie pazzesche, lungometraggio particolarmente riuscito, candidato – nel 2015 – al Premio Oscar come Miglior Film Straniero. Ebbene sì, il cinema sudamericano è questo. Ma è anche Se permetti non parlarmi di bambini, ultimo lavoro del cineasta argentino Ariel Winograd.

Tralasciando la complessità del tema trattato – ossia la scelta di alcune donne di non avere figli e la mancanza dell’istinto materno – che qui viene trattato del tutto sommariamente e procedendo per stereotipi, Se permetti non parlarmi di bambini risulta un prodotto deludente per molti altri motivi.

se-permetti-non-parlarmi-di-bambiniSe proviamo ad analizzare il lungometraggio seguendo i classici canoni della commedia, ad esempio, possiamo vedere come alcune trovate e pseudo-gag siano già viste e riviste, oltre ad essere fortemente e pericolosamente prevedibili. Basti pensare, ad esempio, alla figura di Keko – fratello del protagonista: talmente stereotipato e banalizzato da risultare prevedibile nelle sue battute ed assolutamente poco credibile. Stesso discorso vale per i personaggi degli amici del protagonista: la classica coppia che cerca in tutti i modi di “accasare” l’amico single. E, soprattutto per quanto riguarda la scrittura stessa, vi è, purtroppo, una scarsa indagine psicologica. Carenza, questa, che fa sì che ogni personaggio risulti quasi piatto, privo di spessore, fatta eccezione – forse – per la stessa Vicky.

L’happy end è, inoltre, talmente scontato e banale da far cadere – nello spettatore – qualsiasi interesse per quanto riguarda ulteriori possibili sviluppi della trama. Il risultato è un prodotto maldestro, che – pur tentando di trattare un tema non facile – risulta solo una brutta copia delle già deludenti commedie americane di grande distribuzione. Ebbene sì, il Sud America – così come ogni altro paese – ci riserva anche questo. Siamo certi, però, che – malgrado qualche scivolone lungo il percorso – avrà da regalarci ancora tante e tante soddisfazioni.

VOTO: 4/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA: MA MA di Julio Medem

ma-maTITOLO: MA MA; REGIA: Julio Medem; genere: drammatico; anno: 2016; paese: Spagna; cast: Penelope Cruz, Luis Tosar, Asier Etxeandia; durata: 110′

Nelle sale italiane dal 16 giugno Ma Ma è l’ultimo lungometraggio diretto da Julio Medem.

Magda è una giovane donna, non ancora quarantenne. Un giorno le viene diagnosticato un tumore al seno destro, fortunatamente curabile. Durante una partita di calcio in cui gioca suo figlio, la donna conosce Arturo, un talent scout del Real Madrid, il quale, a sua volta, da subito nota le grandi capacità del ragazzo. Arturo, però, si troverà ben presto ad affrontare un grave lutto, dal momento che sua figlia è stata investita da una macchina e sua moglie è in coma. Entrambi impegnati a combattere due dure battaglie, Magda ed Arturo legheranno fin da subito e tra i due nascerà presto l’amore. Tutto sembra andare per il meglio, in seguito anche alla guarigione di Magda – finché non verrà diagnosticato un altro tumore – questa volta al seno sinistro – che, ad un primo esame, sembra incurabile. L’inaspettata gravidanza della donna, però, darà a tutti una nuova forza per affrontare la vita.

Ma-ma-tutto-andrà-beneInteressante il percorso interiore della protagonista, il quale si divide in due fasi ben distinte (come d’altronde suggerisce anche il titolo: Ma Ma). La prima Magda (Ma) prende coscienza di sé e di ciò che la fa star bene. La seconda Magda, invece, capisce cosa sia realmente importante nella vita – ossia la felicità dei propri cari e la possibilità di trascorrere più tempo possibile insieme a loro. In questa seconda fase, inoltre, la donna riceverà un dono speciale che, a sua volta, donerà alla sua famiglia, quasi come se la sua stessa vita avesse modo di continuare nel corpo della sua creatura.

Non ha paura Medem ad osare con la macchina da presa. Una fotografia fredda e quasi ipnotica allo stesso tempo – che dà l’idea che i personaggi stessi siano quasi sommersi in acqua (nel grembo materno) – e movimenti di macchina liberi da ogni convenzione che, tramite ribaltamenti della macchina da presa stessa e scavalcamenti di campo, rappresentano appieno lo stato d’animo della protagonista sono le vere, grandi peculiarità di questo suo ultimo lavoro, dal quale si evince che l’autore non ha paura di calcare la mano ed i suoi frequenti virtuosismi registici non risultano mai eccessivi o gratuiti.

ma_ma_stillIl vero problema del lungometraggio, però, è l’indugiare costante ed esagerato sull’aspetto melodrammatico della vicenda. Ciò avviene sia attraverso i dialoghi, sia attraverso precisi momenti. Si pensi – ad esempio – alla scena in cui, dopo essersi svegliata dal primo intervento, la protagonista sogna che Arturo vada a trovarla, regalandole un seno nuovo o a quando (con un risultato decisamente pacchiano) viene mostrato il cuore della protagonista che batte. Tutto questo, purtroppo, fa sì che il film assuma dei toni eccessivamente strappalacrime, addirittura stucchevoli. Ed è un peccato. Soprattutto perché – sia dal punto di vista dell’indagine introspettiva che dal punto di vista prettamente registico – le basi ci sono tutte.

mamaDopo la visione di Ma Ma, inoltre, viene immediatamente di pensare ad Haut les coeurs!, della recentemente scomparsa Solveig Anspach, la quale, in questo suo lavoro autobiografico, ha raccontato una storia per certi versi molto simile a quella messa in scena da Medem: una donna che scopre di essere malata e, allo stesso tempo, si trova ad affrontare una gravidanza. Ovviamente, nel lungometraggio della Anspach, sono stati evitati manierismi di ogni genere ed il risultato finale è di gran lunga migliore.

Che dire? Medem può rivelarsi – a seconda dei casi – una brutta o una piacevole sorpresa. Non ci resta che aspettare i suoi prossimi lavori, che certamente saranno diretti da una mano esperta, ma – si spera – saranno anche privi di imbarazzanti cadute di stile.

VOTO: 4/10

Marina Pavido

OGGI AL CINEMA: tutte le novità in sala del 12/05/2016

A cura di Marina Pavido

Grandi novità, nelle sale italiane, anche da questa settimana! Dall’horror The boy a Tini – La nuova vita di Violetta, dall’arabo Viaggio da paura al documentario di Al Pacino Wilde Salomé. Sperando di farvi cosa gradita, ecco, come di consueto, un elenco con tutti i nuovi titoli presenti in palinsesto. Oltre alle trame, sarà possibile anche leggere alcune delle nostre recensioni. Sta a voi scegliere ciò che più vi piace!

 

WHERE TO INVADE NEXT

invade

REGIA: Michael Moore; genere: documentario; anno: 2015; paese: USA

Al fine di comprendere in cosa le altre nazioni sono più forti degli Stati Uniti, Michael Moore parte per un lungo viaggio intercontinentale, “invadendo” scherzosamente le suddette nazioni.

LA RECENSIONE:

LA RECENSIONE DI MARINA: WHERE TO INVADE NEXT di Michael Moore

THE BOY AND THE BEAST

the-boy-and-the-beast

REGIA: Mamoru Hosoda; genere: animazione, azione, avventura, fantasy; anno: 2015; paese: Giappone

Kyuta è un piccolo orfano che, smarritosi per le strade di Tokyo, si imbatte in Kumatetsu, una creatura simile ad un orso che lo prenderà sotto la sua protezione e gli insegnerà l’arte del combattimento.

CON TUTTO L’AMORE CHE HO

1e4e5821-cfa6-4f1a-9562-2a1b653c0b11_medium

REGIA: Angelo Antonucci; genere: drammatico; anno: 2016; paese: Italia; cast: Cristel Carrisi, Biagio D’Anelli, Barbara De Rossi

Lisa è una giovane studentessa romana con la passione per il teatro. La ragazza ha avuto una storia con il coetaneo Marco, un giovane violento ed irascibile, il quale, dopo essere stato lasciato, non smetterà di perseguitare la ragazza con minacce ed aggressioni.

IL RAGAZZO DELLA GIUDECCA

il-ragazzo-della-giudecca-alfonso-recensione-alto

REGIA: Alfonso Bergamo; genere: drammatico; anno: 2016; paese: Italia; cast: Carmelo Zappulla, Franco Nero, Giancarlo Giannini

Agli inizi degli anni novanta, il cantante partenopeo Carmelo Zappulla viene accusato da un pentito di essere il mandante di un omicidio. Da quel momento la sua vita cambierà e l’uomo inizierà una lunga battaglia, al fine di dimostrare la propria innocenza.

IL REGNO DI WUBA

13-04-2016-il-regno-di-wube

REGIA: Raman Hui; genere: avventura, azione, fantasy, animazione; anno: 2015; paese: Cina; cast: Eric Tsang, Wallace Chung, Baihe Bai

La regina dei mostri affida il suo piccolo – destinato a diventare il re della sua specie – al giovane Tianyin, il quale dovrà proteggerlo dai cacciatori di mostri che cercano di catturarlo. Presentato in anteprima all’ultima edizione della Festa del Cinema di Roma.

LA SPOSA BAMBINA

IMG_0916

REGIA: Khadija Al-Salami; genere: drammatico; anno: 2015; paese: Emirati Arabi Uniti, Francia, Yemen; cast: Reham Mohammed

Il film racconta la storia di Nojoom, una bambina di dieci anni, che – dopo essere stata costretta dalla sua famiglia a sposare un uomo di vent’anni più grande di lei – riesce finalmente ad ottenere il divorzio da suo marito.

MONEY MONSTER

df-09428_r-h_2016

REGIA: Jodie Foster; genere: drammatico, thriller; anno: 2016; paese: USA; cast: Julia Roberts, George Clooney, Jack O’Connell

Il presentatore televisivo finanziario Lee Gates e la sua produttrice Patty si trovano in serie difficoltà quando un investitore – dopo aver perso una grande somma di denaro in seguito ad un investimento fallimentare suggerito dal programma – sequestra i due all’interno dello studio televisivo.

PERICLE IL NERO

56090_ppl

REGIA: Stefano Mordini: genere: drammatico, noir; anno: 2016; paese: Italia; cast: Riccardo Scamarcio, Marina Fois, Gigio Morra

Durante una spedizione punitiva, Pericle, che lavora per conto di un boss della camorra, commette un grave errore che sancirà la sua condanna a morte. Egli farà di tutto per sfuggire al suo destino scappando fino in Francia, dove incontrerà la bella Anastasia, con la quale potrà iniziare una vita migliore.

THE BOY

the-boyy

REGIA: William Brent Bell; genere: horror, thriller; anno: 2016; paese: USA; cast: Lauren Cohan, Rupert Evans, James Russell

Dopo un passato travagliato, Greta si rifugia in un isolato villaggio inglese, dove viene assunta da una coppia di anziani genitori in una villa vittoriana, per fare da babysitter al loro bambino. Ben presto, però, la donna scoprirà che il bambino altri non è che una bambola a grandezza naturale che viene trattata come un ragazzo vero.

TINI – LA NUOVA VITA DI VIOLETTA

Tini-La-nuova-vita-di-Violetta-660x350

REGIA: Juan Pablo Buscarini; genere: commedia, musicale; anno: 2016; paese: Argentina, Spagna, Italia; cast: Martina Stoessel, Jorge Blanco, Adrian Salzedo

In seguito ad una notizia sconvolgente che metterà in discussione tutte le sue conoscenze sulla vita e sull’amore, la cantante Violetta deciderà di partire per un lungo viaggio, al fine di conoscere meglio sé stessa.

UN POLIZIOTTO ANCORA IN PROVA

un-poliziotto-ancora-in-prova-disponibile-il-primo-trailer-in-italiano-235258

REGIA: Tim Story; genere: commedia, azione; anno: 2016; paese: USA; cast: Ice Cube, Kevin Hart, Olivia Munn

Ben, appena diplomato all’Accademia, aspira a diventare uno stimato poliziotto come suo cognato. Quando i due partiranno in missione a Miami, però, una serie di rocambolesche avventure metterà a repentaglio le loro carriere ed anche l’imminente matrimonio di Ben.

VIAGGIO DA PAURA

screen-sitemaps_x

REGIA: Alì F. Mostafa; genere: commedia, drammatico; anno: 2016; paese: Emirati Arabi Uniti, Giordania, Libano; cast: Fadi Rifaai, Shadi Alfons, Fahad Albutairi

Omar, Ramy e Jay decidono di partire per un viaggio a Beirut, al fine di visitare la tomba dell’amico Hadi. Tra rocambolesche avventure e situazioni paradossali, i tre avranno modo di rafforzare il loro rapporto e di imparare a conoscere sé stessi.

LA RECENSIONE:

LA RECENSIONE DI MARINA: VIAGGIO DA PAURA di Alì F. Mostafa

WILDE SALOMÉ

LR-Wilde-Salome2

REGIA: Al Pacino; genere: drammatico, documentario; anno: 2011; paese: USA; cast: Al Pacino, Jessica Chastain, Kevin Anderson

Il documentario ci mostra un insolito Al Pacino, alle prese con la messa in scena in teatro della Salomé di Oscar Wilde. Cinema, teatro e documentario si fondono in quest’opera intensa e coinvolgente, presentata in anteprima alla 68° edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

LA RECENSIONE:

LA RECENSIONE DI MARINA: WILDE SALOME’ di Al Pacino

 

La nostra rubrica vi dà appuntamento alla prossima settimana! Nel frattempo, non avete che l’imbarazzo della scelta per decidere cosa faccia maggiormente al caso vostro. A presto e…buone visioni!