12° FESTA DEL CINEMA DI ROMA – CABROS DE MIERDA di Gonzalo Justiniano

cabros_de_mierdaTITOLO: CABROS DE MIERDA; REGIA: Gonzalo Justiniano; genere: drammatico; paese: Cile; anno: 2017; cast: Nathalia Aragonese, Daniel Contesse, Elias Collado; durata: 124′

Presentato in anteprima all’interno della Selezione Ufficiale durante la 12° edizione della Festa del Cinema di Roma, Cabros de mierda è l’ultimo lungometraggio del cineasta cileno Gonzalo Justiniano.

Siamo nel 1983. Un giovane missionario nordamericano, Samuel Thompson, viene inviato nel cosiddetto Terzo Mondo presso una famiglia cilena, al fine di predicare la parola di Dio. L’uomo verrà ospitato dalla bella Gladys, la quale vive con la madre, la figlioletta (anch’esse di nome Gladys) ed il nipotino Vladi. La famiglia, oltre a dover affrontare mille difficoltà al fine di riuscire a sbarcare il lunario, è impegnata anche a prendere parte alle prime rivolte contro la dittatura di Pinochet.

Ed ecco che le vicende del giovane missionario prendono il via, alternando scene di girato a filmati di repertorio, flashback e flashforward, ma riuscendo, allo stesso tempo, a mantenere una certa compattezza narrativa ed una certa linearità. L’operazione portata avanti da Justiniano è particolarmente interessante, in quanto, negli anni Ottanta, è stato lo stesso regista – al seguito di un gruppo di missionari – a girare i filmati di repertorio utilizzati. Ѐ soprattutto la necessità di raccontare la dittatura, dunque, che ha spinto Gonzalo Justiniano – cileno di nascita, ma francese di adozione – a dare vita ad un lungometraggio come Cabros de mierda. Un lavoro particolarmente sentito, addirittura urlato – come sta a suggerirci lo stesso titolo, che tradotto vuol dire proprio “teste di cazzo”, riferito a tutti coloro che a loro tempo hanno collaborato con Pinochet – che, tuttavia, quasi fino alla fine riesce a mantenersi piuttosto moderato nella regia, senza mai mostrarci violenze esplicite (fatta eccezione per l’uccisione di innocenti da parte della polizia) e senza mai andare sopra le righe. Soltanto nel finale – quando vediamo Samuel recarsi in Cile nel 2017 ed osservare in un museo le fotografie delle vittime della dittatura – sembra che il regista si sia lasciato prendere eccessivamente la mano dall’emotività ed abbia abbandonato, per un attimo, quel necessario distacco che serve a mettere in scena una storia. Considerata la lunga gestazione del film ed il coinvolgimento in prima persona dell’autore, però, questa è una piccola pecca che può essere facilmente perdonata.

Ma Cabros de mierda non è soltanto un film di denuncia, un urlo di rabbia di chi ha vissuto la tragedia sulla propria pelle. Cabros de mierda, al contrario, oltre a mettere in scena uno dei più grandi crimini contro l’umanità, solleva anche importanti questioni riguardanti principalmente la religione, la differenza tra essere praticanti per convenzione ed operare realmente il bene e, soprattutto, l’ipocrisia che si nasconde dietro a certi comportamenti. Particolarmente emblematica, a tal proposito, la scena in cui vediamo un anziano Samuel incontrare uno dei suoi torturatori, convertitosi ormai al Cristianesimo e dedito a preghiere collettive, affermando di essersi pentito e di essere stato perdonato da Dio.

A Gonzalo Justiniano va una particolare nota di merito per essere riuscito, nonostante lo stretto coinvolgimento, a mantenere una certa lucidità nel raccontare i fatti e ad aver evitato ogni possibile retorica. Siamo d’accordo, Cabros de mierda non è un film di Pablo Larrain (giusto per restare all’interno dei confini nazionali), questo no. Eppure, indubbiamente, ci troviamo di fronte ad un prodotto di tutto rispetto, certamente degno della nostra attenzione.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

OSCAR 2017 – PREMI E CONCLUSIONI

063332506-1b6b1111-b93f-4b73-9679-1a73defda926Eccoci giunti, dunque, alla fine della cerimonia di premiazione dell’89° edizione degli Academy Awards, che ha visto Moonlight – diretto da Barry Jenkins – vincitore del Premio Oscar per il Miglior Film. Come sempre, molte sono state le sorprese, come molte le perplessità riguardo i premi assegnati. La La Land, candidato con 14 nominations, alla fine ha portato a casa “soltanto” sei Oscar, pur essendo, di fatto, il vincitore morale di questa edizione. Storica gaffe, a tal proposito, quella di Warren Beatty, il quale, al momento della lettura del titolo vincitore, ha pronunciato erroneamente il nome di La La Land al posto di Moonlight, facendo salire tutta la troupe sul palco a fare il discorso di ringraziamento. Finale a sorpresa, dunque. Ma, forse, tale gaffe ha ulteriormente ravvivato una serata che, pur portata avanti magistralmente dal comico Jimmy Kimmel – il quale ha sovente colto l’occasione per scagliarsi contro Donald Trump! – è sempre troppo lunga da seguire fino in fondo.

Grande delusione per quanto riguarda Jackie, di Pablo Larrain, il quale non ha portato a casa neanche un premio. E, di fatto, stupisce come un cineasta del calibro di Larrain stesso non abbia ancora ottenuto un riconoscimento importante. Così come sarà stato sicuramente deluso il nostro connazionale Gianfranco Rosi, visto che il Premio Oscar al Miglior Documentario è stato conferito a O. J.: Made in America. Nessuna sorpresa, invece, malgrado il buon livello degli altri film in concorso, per la vittoria come Miglior Film Straniero di Il cliente, di Asghar Farhadi, già vincitore dello stesso premio nel 2012 per Una separazione, il quale ha deciso, quest’anno, di non ritirare di persona il premio – delegando qualcuno a leggere una sua lettera di ringraziamento – per protestare contro le recenti leggi contro l’immigrazione promosse da Trump.

Ovviamente, non sono mancati momenti di grande emozione, come quando è stata omaggiata con un’ovazione la grande Meryl Streep o quando, come di consueto, sono stati ricordati i professionisti del mondo del cinema che ci hanno lasciato nello scorso anno. Commovente, a tal proposito, una non più giovanissima Carrie Fisher che, al termine del video commemorativo, ha pronunciato “May the force be with you!”.

E così, nel bene o nel male, un’altra pagina della storia di Hollywood è stata scritta. Pagina ricca, anch’essa di spunti ed aneddoti interessanti, alcuni dei quali, molto probabilmente, verranno ricordati e raccontati anche negli anni a venire.

Di seguito, tutti i vincitori di questa 89° edizione degli Academy Awards.

Miglior film
Moonlight

Miglior regia
Damien Chazelle – La La Land

Miglior attore protagonista
Casey Affleck – Manchester by the Sea

Miglior attrice protagonista
Emma Stone – La La Land

Miglior attore non protagonista
Mahershala Ali  – Moonlight

Miglior attrice non protagonista
Viola Davis – Barriere

Miglior sceneggiatura originale
Manchester by the Sea

Miglior sceneggiatura non originale
Moonlight

Miglior film straniero
Il cliente

Miglior film d’animazione
Zootropolis

Miglior montaggio
La battaglia di Hacksaw Ridge

Miglior scenografia
La La Land

Miglior fotografia
La La Land

Migliori costumi
Animali fantastici e dove trovarli

Miglior trucco e acconciature
Suicide Squad

Migliori effetti speciali
Il libro della giungla

Miglior sonoro
La battaglia di Hacksaw Ridge

Miglior montaggio sonoro
Arrival

Miglior colonna sonora originale
La La Land

Miglior canzone
“City of Stars” – La La Land

Miglior documentario
O.J.: Made in America

Miglior corto documentario
The White Helmets

Miglior cortometraggio
Sing

Miglior cortometraggio d’animazione
Piper

Marina Pavido

OSCAR 2017 – PRONOSTICI

oscar2017Ci siamo! Anche quest’anno, a Los Angeles, sta per avere luogo la lunga cerimonia di premiazione dell’89° edizione degli Academy Awards, durante la quale verrà assegnata l’ambita statuetta. Uno degli appuntamenti più attesi, dunque, per gli appassionati di cinema! Appuntamento che, come di consueto, ha avuto modo di far discutere non poco. In primo luogo, parecchie polemiche (giustificate? Ingiustificate?) sono sorte in seguito alle ben 14 nominations per il lungometraggio La La Land, diretto dal giovane Damien Chazelle. Ottimo film, indubbiamente. Molto probabile che riceva gran parte dei premi tecnici. Ma proprio il grande successo riscosso ha, in modo piuttosto prevedibile, sollevato un gran numero di polemiche.

Per il resto, i nominati rientrano tutti nei canoni delle scelte dell’ Academy. Ottime performances attoriali quelle di Emma Stone e Ryan Gosling (La La Land), ma anche un Casey Affleck, rivelazione in Manchester by the Sea, ed un’inimitabile Isabelle Huppert (Elle) non sono da meno. Oltre, ovviamente, ad una grande Natalie Portman per il bellissimo Jackie di Pablo Larrain. Così come notevole è la prova attoriale regalataci da Michelle William,sempre in Manchester by the Sea.

Uno dei titoli di cui maggiormente si sente l’assenza è proprio Neruda, capolavoro di Pablo Larrain, inizialmente proposto dal Cile come Miglior Film Straniero. Ma, si sa, la nomination alla Portman per un altro film dello stesso autore ha avuto il suo peso.

In questa 89° edizione anche l’Italia è in qualche modo rappresentata. Fuocoammare, infatti, ultima fatica del documentarista Gianfranco Rosi, già vincitore dell’Orso d’Oro alla 66° Berlinale, è in corsa per la statuetta al Miglior Documentario. Che ci sia aria di un ulteriore trionfo per Rosi?

In poche parole, grandi nomi, alta qualità, per un’edizione che si preannuncia politica come non mai (come ogni anno, del resto). Non resta che attendere qualche ora per scoprire gli esiti di questa lunga nottata, dunque!

Ricordiamo a tutti gli appassionati che la Notte degli Oscar sarà visibile dalle 22.50 su Sky Cinema Oscar e, in chiaro, su Tv8, sempre dalle 22.50.

In attesa della cerimonia di premiazione, ecco, di seguito, tutte le nominations con i possibili vincitori (evidenziati in rosso), secondo noi di Entr’Acte, della statuetta più ambita! Buon Cinema a tutti!

Miglior film
Arrival
Barriere
La battaglia di Hacksaw Ridge
Il diritto di contare
Hell or High Water
La La Land
Lion
Manchester by the Sea
Moonlight

Miglior regia
Denis Villeneuve – Arrival
Mel Gibson – La battaglia di Hacksaw Ridge
Damien Chazelle – La La Land
Kenneth Lonergan – Manchester by the Sea –
Barry Jenkins – Moonlight

Miglior attore protagonista
Casey Affleck – Manchester by the Sea
Andrew Garfield – La battaglia di Hacksaw Ridge
Ryan Gosling – La La Land
Viggo Mortensen – Captain Fantastic
Denzel Washington – Barriere

Miglior attrice protagonista
Isabelle Huppert – Elle
Ruth Negga – Loving
Natalie Portman – Jackie
Emma Stone – La La Land
Meryl Streep – Florence

Miglior attore non protagonista
Mahershala Ali  – Moonlight
Jeff Bridges – Hell or High Water
Lucas Hedges – Manchester by the Sea
Dev Patel – Lion
Michael Shannon – Animali notturni

Miglior attrice non protagonista
Viola Davis – Barriere
Naomie Harris – Moonlight
Nicole Kidman – Lion
Octavia Spencer – Il diritto di contare
Michelle Williams – Manchester by the Sea

Miglior sceneggiatura originale
Hell or High Water
La La Land
The Lobster
Manchester by the Sea
20th Century Women

Miglior sceneggiatura non originale
Arrival
Barriere
Il diritto di contare
Lion
Moonlight

Miglior film straniero
Land of Mine
A Man Called Ove
Il cliente
Tanna
Vi Presento Toni Erdmann

Miglior film d’animazione
Kubo e la spada magica
Oceania
La mia vita da zucchina
La tartaruga rossa
Zootropolis

Miglior montaggio
Arrival
La battaglia di Hacksaw Ridge
Hell or High Water
La La Land
Moonlight

Miglior scenografia
Arrival
Animali fantastici e dove trovarli
Ave, Cesare!
La La Land
Passengers

Miglior fotografia
Arrival
La La Land
Lion
Moonlight
Silence

Migliori costumi
Allied
Animali fantastici e dove trovarli
Florence
Jackie
La La Land

Miglior trucco e acconciature
A Man Called Ove
Star Trek Beyond
Suicide Squad

Migliori effetti speciali
Deepwater: Inferno sull’oceano
Doctor Strange
Il libro della giungla
Kubo e la spada magica
Rogue One: A Star Wars Story

Miglior sonoro
Arrival
La battaglia di Hacksaw Ridge
La La Land
Rogue One: A Star Wars Story
13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi (Candidatura revocata da parte dell’Academy)

Miglior montaggio sonoro
Arrival
Deepwater Horizon
La battaglia di Hacksaw Ridge
La La Land
Sully

Miglior colonna sonora originale
Jackie
La La Land
Lion
Moonlight
Passengers

Miglior canzone
“Audition ( The Fools Who Dream)” – La La Land
“Can’t Stop the Feeling” – Trolls
“City of Stars” – La La Land
“The Empty Chair” – Jim: the James Foley Story
“How Far I’ll Go” – Oceania

Miglior documentario
Fuocoammare
I am not your negro
Life Animated
O.J.: Made in America
13th

Miglior corto documentario
Extremis
4.1 Miles
Joe’s Violin
Watani: My Homeland
The White Helmets

Miglior cortometraggio
Ennemis Intérieurs
La Femme et le TGV
Silent Nights
Sing
Timecode

Miglior cortometraggio d’animazione
Blind Vaysha
Borrowed Time
Pear Cider and Cigarettes
Pearl
Piper

Marina Pavido

67° FESTIVAL DI BERLINO – UNA MUJER FANTASTICA di Sebastian Lelio

una-mujer-fantasticaTITOLO: UNA MUJER FANTÁSTICA; REGIA: Sebastián Lelio; genere: drammatico; anno: 2017; paese: Cile; cast: Daniela Vega, Francisco Reyes; durata: 100′

Presentato in concorso alla 67° Berlinale, Una mujer fantástica è l’ultimo lungometraggio del giovane regista cileno Sebastián Lelio, che già grande successo aveva avuto, sempre a Berlino, nel 2013 con Gloria, per cui la protagonista, Paulina Garcìa, era stata premiata con l’Orso d’Oro. Due protagoniste donne, dunque, per due percorsi non proprio facili. Ma andiamo per gradi.

Marina – giovane transessuale – ha da qualche anno una relazione con Orlando, molto più vecchio di lei. Le cose sembrano andare per il meglio, finché una notte l’uomo non viene colpito da aneurisma e cade dalle scale, per poi morire poco dopo in ospedale. A questo punto la famiglia di lui – che non ha mai visto di buon occhio la loro storia – si farà avanti, accusando Marina di aver causato, in qualche modo, la morte di Orlando, e riappropriandosi della casa e del cane, appartenuti in passato alla coppia. Alla donna non sarà consentito neanche di prendere parte ai funerali del proprio compagno.

Anche Marina, dunque, come Gloria, si trova in un momento cruciale della propria esistenza, quando la propria identità, il proprio valore in quanto essere umano non sembra riconosciuto dal resto del mondo. Si tratta, in entrambi i casi, di donne forti, con un difficile passato alle spalle, ma che non si danno mai per vinte. Nel caso di Gloria, l’obiettivo principale è quello di ricostruire la propria vita dopo un divorzio, anche se non più giovanissima. Nel caso di Marina, lo scopo è quello di poter conservare, almeno in parte, i ricordi e le cose che ha condiviso con l’uomo che amava, prima della morte di lui. Se per quanto riguarda Gloria, però, ci siamo trovati di fronte ad una sceneggiatura decisamente classica e priva di ogni qualsivoglia virtuosismo registico, ecco che con Una mujer fantástica Lelio – particolarmente lanciato – inserisce all’interno della messa in scena anche parecchi elementi rimandanti l’onirico, che contribuiscono a rendere il tutto anche a tratti decisamente surreale. Non ci ricorda qualcosa, o meglio, qualcuno? Ci arriveremo man mano, non preoccupatevi.

La macchina da presa ha come obiettivo (quasi) esclusivo quello di rappresentare la protagonista e la sua interiorità. Tutto il resto – la famiglia del compagno, le indagini della polizia, il suo lavoro – si limita a fare da cornice assumendo contorni volutamente sfocati, a tratti irreali, quasi grotteschi, con non pochi elementi lasciati consapevolmente in sospeso. Non male come idea iniziale, non v’è alcun dubbio. Eppure, una volta realizzata, non convince del tutto, in quanto tutto ciò che circonda la protagonista stessa risulta eccessivamente piatto. Talmente piatto da far calare di qualità tutto il film, il quale, a sua volta, fatica non poco a tenersi in piedi contando esclusivamente su di un solo personaggio, anche se molto ben costruito (e ben interpretato da una Daniela Vega intensa come non mai).

Ad ogni modo, volendo riprendere il discorso lasciato precedentemente in sospeso ed osservando più in generale la produzione di Lelio – tenendo anche in conto la piega tendente al surreale che i suoi lavori sembrano aver preso – non si può non pensare, ovviamente, ad un cineasta come Pedro Almodóvar, con le sue meravigliose protagoniste. E probabilmente è proprio a lui che il giovane regista cileno tende – inconsapevolmente o meno – a rifarsi. Peccato, però, che, in questo caso, forse i successi passati non hanno aiutato le produzioni venute dopo, in quanto non è raro che il rischio di mettere nel proprio lavoro anche una buona dose di megalomania sia sempre molto alto. E, per quanto riguarda Una mujer fantástica, di fatto, è stato quasi fatale.

VOTO: 6/10

Marina Pavido

 

LA RECENSIONE DI MARINA: NERUDA di Pablo Larrain

neruda-luis-gneccoTITOLO: NERUDA; REGIA: Pablo Larrain; genere: drammatico, biografico; anno: 2016; paese: Cile; cast: Luis Gnecco, Gael Garcìa Bernal, Mercedes Moran, Alfredo Castro; durata: 107′

Nelle sale italiane dal 13 ottobre, Neruda è il penultimo lungometraggio del grande cineasta cileno Pablo Larrain, presentato all’ultima edizione del Festival di Cannes, nella sezione Quinzaine des Réalisateurs.

Cile, 1948. La Guerra Fredda è arrivata anche qui. Dopo aver accusato il governo di tradire il Partito Comunista, il senatore e poeta Pablo Neruda viene messo sotto accusa dal Presidente Gonzalez Videla, il quale, a sua volta, incaricherà l’ispettore di polizia Oscar Pelluchonneau di arrestarlo. Neruda sarà, così, costretto a fuggire da suo paese insieme alla moglie. Durante la fuga, inoltre, scriverà la sua raccolta di poesie “Canto general” e si divertirà a lasciare indizi circa i suoi spostamenti a Pelluchonneau.

0-e1437860435563Che dire? Senza dubbio possiamo affermare a gran voce che Pablo Larrain è, al momento, uno degli autori più complessi, prolifici ed interessanti del panorama cinematografico mondiale. Uno dei pochi autori a mettere d’accordo tutti, pubblico e critica. E questo suo penultimo lavoro non è solo una conferma del suo talento, bensì quasi una summa di tutto quello che fino ad oggi è stata la sua poetica. Si tratta, infatti, di un’opera maestosa, talmente complessa e stratificata da distinguersi per grandezza dalla maggior parte dei prodotti attualmente in sala.

Ma, in sostanza, cos’è Neruda? Definirlo biopic potrebbe forse essere eccessivo, dal momento che lo stesso Larrain ha affermato di essersi voluto concentrare solo su un particolare aspetto della vita del poeta cileno, creando per l’occasione anche episodi e personaggi di fantasia. Egli ha definito il suo film, pertanto, un falso biopic. Definizione, questa, che cela un lavoro molto più minuzioso e complesso di quanto si possa immaginare.

maxresdefaultEppure non è il personaggio di Neruda la vera peculiarità del film. La vera chicca è, in realtà, la figura di Oscar Pelluchonneau. A lui spetta il compito – non facile – di tentare di comprendere la sfaccettata personalità del poeta. Lui è quella persona che lo odia e – allo stesso tempo – lo ammira profondamente. É con lui che Neruda si diverte a giocare, facendogli trovare indizi lungo il percorso e mandandolo, di conseguenza, su tutte le furie. É lui che – vittima di un forte desiderio di rivalsa dopo un’infanzia travagliata – cerca in tutti i modi di dimostrare – soprattutto a sé stesso – di essere un bravo poliziotto. É sua, infine, la voce narrante, costante dall’inizio alla fine, la quale – a sua volta – raggiunge il suo climax proprio nelle ultime scene. Voce narrante che mai come in questo caso risulta appropriata e che non fa altro che arricchire ulteriormente tutto il prodotto.

Un crescendo di emozioni. Un concentrato di ironia, dramma e poesia. Il tutto condito da una sapiente regia, da una fotografia dai colori tenui e retrò (tipica del cinema di Larrain), oltre che da un’appropriata e ben riuscita colonna sonora, realizzata da Federico Jusid. Neruda è, senza dubbio, quanto di meglio possiamo vedere al momento. Una vera perla che sembra a tutti gli effetti destinata ad entrare di diritto nella storia del cinema.

VOTO: 9/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA – SE PERMETTI NON PARLARMI DI BAMBINI di Ariel Winograd

sepermetti6-u202075405625vvf-896x504gazzetta-webTITOLO: SE PERMETTI NON PARLARMI DI BAMBINI; REGIA: Ariel Winograd; genere: commedia; anno: 2016; paese: Argentina; cast: Diego Peretti, Maribel Verdù; durata: 100′

Nelle sale italiane dal 29 settembre, Se permetti non parlarmi di bambini è l’ultimo lavoro del regista argentino Ariel Winograd.

Gabriel e Vicky si conoscono e si piacciono dai tempi del liceo, anche se tra loro c’è sempre stata solo una sommaria amicizia. Qualche anno dopo si incontrano di nuovo, per poi perdersi nuovamente di vista. Passano alcuni anni, Gabriel nel frattempo si è sposato, è diventato papà ed ha divorziato da sua moglie. Attualmente vive con la figlioletta di nove anni, Sofia. Vicky, invece, non ha una famiglia sua, ha viaggiato per anni ed ha sempre evitato qualsiasi legame stabile. Quando i due si rivedono, è subito amore. Tutto sembra andare per il verso giusto, finché Vicky non rivela a Gabriel di non sopportare i bambini, ignorando che l’uomo è egli stesso padre. Che fare a questo punto? Non sarà facile, per Gabriel, tenere nascosta la verità.

copertina_sin-hijos-1000-620x350Il Sud America, si sa, – restando nell’ottica del cinema contemporaneo – spesso e volentieri ci riserva delle gran belle sorprese. Basti pensare ad uno dei più validi cineasti all’interno del panorama cinematografico attuale, ossia Pablo Larrain. Stesso discorso va fatto per quanto riguarda il cinema sperimentale – altro importante settore particolarmente incentivato nella zona. È in questo ambito, infatti, che abbiamo recentemente visto l’affermarsi di autori come Raoul Perrone (Ragazzi) ed Andrea Tonacci (Jà visto – Jamais visto), di origini italiane. Ma volendo restare esclusivamente nell’ambito della commedia, non possiamo non citare l’argentino Storie pazzesche, lungometraggio particolarmente riuscito, candidato – nel 2015 – al Premio Oscar come Miglior Film Straniero. Ebbene sì, il cinema sudamericano è questo. Ma è anche Se permetti non parlarmi di bambini, ultimo lavoro del cineasta argentino Ariel Winograd.

Tralasciando la complessità del tema trattato – ossia la scelta di alcune donne di non avere figli e la mancanza dell’istinto materno – che qui viene trattato del tutto sommariamente e procedendo per stereotipi, Se permetti non parlarmi di bambini risulta un prodotto deludente per molti altri motivi.

se-permetti-non-parlarmi-di-bambiniSe proviamo ad analizzare il lungometraggio seguendo i classici canoni della commedia, ad esempio, possiamo vedere come alcune trovate e pseudo-gag siano già viste e riviste, oltre ad essere fortemente e pericolosamente prevedibili. Basti pensare, ad esempio, alla figura di Keko – fratello del protagonista: talmente stereotipato e banalizzato da risultare prevedibile nelle sue battute ed assolutamente poco credibile. Stesso discorso vale per i personaggi degli amici del protagonista: la classica coppia che cerca in tutti i modi di “accasare” l’amico single. E, soprattutto per quanto riguarda la scrittura stessa, vi è, purtroppo, una scarsa indagine psicologica. Carenza, questa, che fa sì che ogni personaggio risulti quasi piatto, privo di spessore, fatta eccezione – forse – per la stessa Vicky.

L’happy end è, inoltre, talmente scontato e banale da far cadere – nello spettatore – qualsiasi interesse per quanto riguarda ulteriori possibili sviluppi della trama. Il risultato è un prodotto maldestro, che – pur tentando di trattare un tema non facile – risulta solo una brutta copia delle già deludenti commedie americane di grande distribuzione. Ebbene sì, il Sud America – così come ogni altro paese – ci riserva anche questo. Siamo certi, però, che – malgrado qualche scivolone lungo il percorso – avrà da regalarci ancora tante e tante soddisfazioni.

VOTO: 4/10

Marina Pavido

VENEZIA 73 – PREMI E CONCLUSIONI

imageSi è da poco conclusa la cerimonia di premiazione, in Sala Grande, di questa 73° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, culminata con il meritatissimo conferimento del Leone d’Oro al maestro filippino Lav Diaz, per il suo The woman who left. A parte Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza di Roy Andersson nel 2014, si tratta, senza dubbio, di uno dei migliori Leone d’Oro degli ultimi anni. La sua vittoria fa sperare in una riconsiderazione di un cinema considerato, a torto, élitario ed aprirà – grazie alla necessaria uscita in sala del lungometraggio – magari anche nuovi orizzonti a chi non è abituato a rapportarsi ad un certo modo di fare cinema.

Per quanto riguarda gli altri premi conferiti, in molti hanno storto (a ragione) il naso per l’ex aequo a Escalante (La region salvaje) e a Konchalovsky (Paradise), non essendo, appunto, tra i migliori titoli presenti in concorso (il film di Escalante è addirittura considerato uno dei peggiori lungometraggi presenti al Lido).

Grande soddisfazione, invece, per la vittoria di Oscar Martinez, il quale si è aggiudicato la Coppa Volpi alla miglior interpretazione maschile per El ciudadano ilustre. Insieme al Leone d’Oro, decisamente il premio più azzeccato del festival.

Di seguito, tutti i vincitori di questa 73° edizione. Il nostro speciale su Venezia 73 finisce qui. É stato un piacere condividere con voi tutte le emozioni che ci ha riservato questo festival! Grazie a tutti voi! E buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

PREMI VENEZIA 73

CONCORSO

LEONE D’ORO The woman who left – Lav Diaz

LEONE D’ARGENTO – GRAN PREMIO DELLA GIURIA Nocturnal animals – Tom Ford

LEONE D’ARGENTO – MIGLIOR REGIA La region salvaje – Amat Escalante / Paradise – Andrei Konchalovsky

COPPA VOLPI MIGLIOR ATTRICE Emma Stone (La La Land)

COPPA VOLPI MIGLIOR ATTORE Oscar Martinez (El ciudadano ilustre)

PREMIO MIGLIOR SCENEGGIATURA Jackie – Pablo Larrain (sceneggiatura di Noah Oppenheim)

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA The bad batch – Ana Lily Amirpour

PREMIO MARCELLO MASTROIANNI MIGLIOR ATTRICE EMERGENTE Paula Beer (Frantz)

PREMIO LEONE DEL FUTURO The last of us – Ala Eddine Slim

PREMI ORIZZONTI

PREMIO MIGLIOR FILM Liberami – Federica Di Giacomo

PREMIO ORIZZONTI MIGLIOR REGIA Home – Fien Troch

PREMIO SPECIALE GIURIA Big big world – Reha Erdem

PREMIO MIGLIOR ATTRICE Ruth Diaz (Tarde para la ira)

PREMIO MIGLIOR ATTORE Nuno Lopes (Sao Jorge)

PREMIO MIGLIOR SCENEGGIATURA Bitter money – Wang Bing

PREMIO MIGLIOR CORTOMETRAGGIO La voz perdida – Marcelo Martinessi

PREMI VENEZIA CLASSICI

PREMIO MIGLIOR DOCUMENTARIO SUL CINEMA Le concours – Claire Simon

PREMIO MIGLIOR RESTAURO Break Up – L’uomo dei cinque palloni – Marco Ferreri

VENEZIA 73 – CONSIDERAZIONI E PRONOSTICI

StampaMancano poche ore, ormai, al conferimento del Leone d’Oro della 73° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Anche quest’anno – come ogni anno, d’altronde – il programma è stato particolarmente ricco, sebbene il numero di lungometraggi selezionati sia di poco inferiore rispetto alle precedenti edizioni.

Salvo qualche eccezione, quest’anno il concorso si è rivelato piuttosto tiepido. Grande spazio è stato dato a lungometraggi provenienti dal continente americano, il che ha reso la selezione non troppo variegata nei suoi standard. Eppure, qualche prodotto particolarmente interessante c’è: The woman who left di Lav Diaz in primis, ma anche Jackie di Pablo Larrain (sebbene non alla portata dei precedenti lavori del regista), come anche El ciudadano ilustre di Mariano Cohn e Gaston Duprat, o Une vie di Stéphane Brizé.

Destinati a passare alla storia come i peggiori film in concorso di Venezia 73, invece, sono Questi giorni di Giuseppe Piccioni, Brimstone di Martin Koolhoven e La region salvaje di Amat Escalante.

Peccato per alcuni registi in concorso, da cui ci si sarebbe aspettato di più, come, ad esempio, Emir Kusturica (On the milky road), Ana Lily Amirpour (The bad Batch) o la coppia di documentaristi D’Anolfi e Parenti (Spira Mirabilis).

Tra i prodotti più interessanti qui presentati, invece, troviamo Monte di Amir Naderi e Austerlitz di Sergei Lonitsa (fuori concorso), oltre agli ottimi Bitter Money di Wang Bing e King of the Belgians (Brosens – Woodworth), nella sezione Orizzonti.

Nell’attesa di sapere a chi verranno assegnati i principali premi della Mostra, proviamo a fare qualche pronostico:

Leone d’OroJackie di Pablo Larrain o The woman ho left di Lav Diaz

Leone d’Argento – come sopra (o almeno si spera)

Miglior sceneggiaturaEl ciudadano ilustre (Cohn – Duprat) o Frantz (François Ozon)

Coppa Volpi alla miglior interpretazione maschile – Oscar Martinez (El ciudadano ilustre)

Coppa Volpi alla miglior interpretazione femminile – Nathalie Portman (Jackie) o Judith Chemla (Une vie)

Sperando che il Presidente di Giuria Sam Mendez non ci riservi spiacevoli sorprese, Entr’Acte si collegherà più tardi, al termine della premiazione, per tutti gli aggiornamenti su questa 73° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

Marina Pavido

VENEZIA 73 – PRESENTAZIONE

292Anche quest’anno, come ogni anno, il Lido di Venezia diventerà teatro del più antico festival cinematografico del mondo. Mercoledì 31 agosto, infatti, prenderà il via la 73° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, anche quest’anno sotto la direzione artistica di Alberto Barbera.

La selezione dei film in concorso – e non solo – si preannuncia, ad un primo sguardo, piuttosto interessante. Da Terrence Malick al grande regista filippino Lav Diaz, da Wim Wenders a Pablo Larrain, senza dimenticare Sergei Lonitsa, Kim Ki Duk e Wang Bing. Oltre a moltissimi altri, apprezzati autori.

Tra poche ore, ormai, il film in concorso La La Land di Damien Chazelle aprirà ufficialmente la manifestazione. Che, si spera, sarà ricca di interessanti sorprese!

Entr’Acte seguirà il festival presentando i principali lungometraggi proiettati al Lido. Restate con noi per saperne di più su quest’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA: IL CLUB di Pablo Larrain

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TITOLO: IL CLUB; REGIA: Pablo Larrain; genere: drammatico; anno: 2015; paese: Cile; cast: Alfredo Castro, Antonia Zegers, Roberto Farias, Jaime Vadell; durata: 98′

Attualmente – e finalmente! – in programmazione – da giovedì 25 febbraio – nelle sale italiane, Il club, vincitore dell’Orso d’Argento al Festival di Berlino nel 2015, è l’ultima fatica del cineasta cileno Pablo Larrain.

In una casa in riva al mare, in un piccolo paesino sulla costa cilena, vivono quattro sacerdoti, insieme ad una suora, i quali devono fare penitenza per i loro peccati. I cinque, però, si dedicano alle scommesse sulle corse clandestine di levrieri e conducono una vita non in linea con ciò che la Chiesa stessa gli ha imposto. L’arrivo di un quinto sacerdote ed il suo subitaneo suicidio, però, sconvolgeranno gli equilibri venutisi a formare.

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Pablo Larrain, autore tra i più influenti nel panorama cinematografico contemporaneo e da sempre impegnato sul piano politico, ha qui, per la prima volta, trattato un tema quanto mai attuale come quello dei preti pedofili e dell’omertà della Chiesa Cattolica a riguardo. Dopo la dittatura di Pinochet – ampiamente trattata già in Post mortem e nel recente No – I giorni dell’arcobaleno – ecco che il cineasta cileno approfondisce un nuovo tema, creando un prodotto altamente d’impatto, “scomodo” (basti pensare che in Italia sono pochissime le sale in cui viene proiettato), ma, allo stesso tempo di grande potenza cinematografica. Un prodotto politico, ma in cui il cinema non viene “assorbito” dal potere politico stesso.

Il-Club-di-Pablo-Larraín-05-1000x583Il lungometraggio si apre con un passo della Genesi: “Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre”. Partendo da questa dicotomia luce/tenebre, ecco che Larrain si concentra su queste ultime, mostrandoci un mondo “sporco”, oscuro, segreto. Ma chi è, in fin dei conti, la vittima e chi il carnefice? La figura del sacerdote mandato dalla Chiesa per indagare circa il passato dei quattro protagonisti sta a rappresentare questo potere supremo, corrotto, fasullo che dall’alto è pronto a giudicare chiunque provi a discostarsi da regole severamente imposte. I sacerdoti, dal canto loro, sono personaggi malati, ipocriti, che, dopo aver perso il contatto con sé stessi a furia di sentirsi costretti in una vita non loro, hanno anche perso la lucidità nell’affrontare la vita stessa.

El-clubUna figura particolarmente interessante è quella del pescatore alcolizzato Sandokan, vittima, durante l’infanzia, di abusi sessuali da parte di un prete. Egli, una sorta di “voce della verità” è un personaggio scomodo, ma anche una sorta di Cristo sceso in terra, che pertanto dovrà “espiare” le colpe dei suoi fratelli – secondo il giudizio della comunità del paesino – immolandosi al posto loro. Particolarmente intrisa di simbolismo religioso, a questo proposito, la scena in cui, dopo aver fatto picchiare Sandokan dalla gente del posto, accusandolo di una colpa non commessa, uno dei sacerdoti, in atto di penitenza, è intento a lavare i piedi all’uomo, per poi chinarsi a baciarli. Sandokan, dal canto suo, è composto sulla sedia alla stregua di un Cristo appena deposto dalla croce.

A021_C013_0722KAPablo Larrain racconta tutto ciò in modo assolutamente personale e spiazzante, senza voler proclamare a tutti i costi una tesi definitiva. Questo suo modo di raccontare viene, qui, inoltre, rafforzato da una regia sapiente e da una fotografia che gioca molto sul contrasto luce/ombra, con immagini spesso poco definite e con personaggi di cui vediamo sovente soltanto il controluce, il riflesso o l’ombra stessa.

Con questo suo ultimo lavoro, Larrain ha nuovamente dato prova del suo grande talento di cineasta e narratore, dimostrando, così, di essere una delle personalità più importanti del panorama cinematografico contemporaneo.

VOTO: 9/10

Marina Pavido