VENEZIA 75 – CONSIDERAZIONI E PRONOSTICI

di8gmuvw4aerjtySiamo giunti, dopo dieci giorni intensi ed emozionanti, alla conclusione di questa 75° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Quest’anno, come non mai, l’offerta è stata tanto vasta quanto piacevolmente raffinata. E così, tra una sorpresa e l’altra, tra una polemica e l’altra (come accade di consueto in situazioni del genere), ci si avvicina pian piano alla tanto attesa premiazione che si terrà a partire dalle ore 19 presso la Sala Grande.

Noi di Entr’Acte, un po’ per gioco, vogliamo provare a indovinare quali saranno i lungometraggi che, a breve, verranno premiati dalla giuria presieduta da Guillermo del Toro. Immediatamente dopo la premiazione, riporteremo i nomi dei vincitori effettivi. Ma per ora, divertiamoci un po’:

LEONE D’ORO: ROMA di Alfonso Cuaron (anche se il miglior film in assoluto è probabilmente Killing di Tsukamoto)

LEONE D’ARGENTO ALLA MIGLIOR REGIA: Sunset di Laszlo Nemes

PREMIO OSELLA ALLA MIGLIOR SCENEGGIATURA: The Ballad of Buster  Scruggs dei Fratelli Coen oppure Opera senza Autore di Florian Henckel von Donnersmarck

GRAN PREMIO DELLA GIURIA: Killing di Shinya Tsukamoto

COPPA VOLPI ALLA MIGLIOR INTERPRETAZIONE MASCHILE: Willem Dafoe per At Eternity’s Gate

COPPA VOLPI ALLA MIGLIOR INTERETAZIONE FEMMINILE: Olivia Colman per The Favourite

PREMIO MASTROIANNI PER IL MIGLIOR ATTORE EMERGENTE: Lali Esposito per Acusada

 

Restate con noi per sapere chi saranno i vincitori effettivi di questa 75° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia!

Marina Pavido

VENEZIA 75 – PRESENTAZIONE

75-mostra-cinema-veneziaEbbene sì. Ci risiamo. Anche quest’anno, finalmente, ci si accinge a iniziare una vera e propria maratona cinematografica, in occasione della 75° Mostra del Cinema di Venezia, che avrà luogo nella suggestiva cornice del Lido dal 29 agosto al 9 settembre 2018, sotto la direzione artistica di Alberto Barbera. Questa edizione – che prevede la consegna del Leone d’Oro alla Carriera a veri e propri mostri sacri come Vanessa Redgrave e David Cronenberg – si è da subito presentata come un vero e proprio evento rivoluzionario.

Già ad una prima, sommaria lettura del programma, infatti, sembrerebbe esserci, quest’anno, un’offerta ricca e variegata come non mai, tra le più interessanti e raffinate degli ultimi anni. Oltre a un’apertura scoppiettante che prevede la proiezione di First Man, diretto dall’ormai celeberrimo Damien Chazelle, trepida è l’attesa di lungometraggi in concorso firmati Yorgos Lanthimos (The Favourite), Alfonso Cuaron (ROMA), Roberto Minervini (Che fare quando il mondo è in fiamme?), Luca Guadagnino (discussissimo il suo remake di Suspiria), ma anche Joel e Ethan Coen, i quali hanno presentato in concorso la loro serie The Ballad of Buster Scruggs. E questa è solo una minima parte di ciò che ci aspetta nei prossimi giorni.

Oltre a un interessantissimo concorso, dunque, non dimentichiamo i numerosi titoli fuori concorso, così come le sezioni collaterali Settimana della Critica, Giornate degli Autori, Orizzonti e, non per ultima, Venezia Classici – Restauri.

Che dire? Ce ne sarà davvero per tutti i gusti! Noi di Entr’Acte, come ogni anno, saremo presenti, in prima fila, per tenervi informati su tutte le più interessanti novità lidensi. Restate con noi per sapere quali interessanti sorprese ha in serbo per noi la nostra amatissima Settima Arte.

Buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

LA RECENSIONE – SEASON OF THE DEVIL di Lav Diaz

season of the devilTITOLO: SEASON OF THE DEVIL; REGIA: Lav Diaz; genere: musicaldrammatico; paese: Filippine; anno: 2018; cast: Piolo Pascual, Shaina Magdayao, Pinky Amador; durata: 234′

Presentato in concorso alla 68° edizione del Festival di Berlino, Season of the Devil è l’ultimo lavoro del cineasta filippino Lav Diaz, il quale, appena due anni dopo il triondo a Venezia del suo The Whoman who left, ha tentato la strada del musical.

Fedele, sotto molti aspetti, alla sua poetica originaria, anche con questo suo lavoro Diaz ci racconta una porzione di storia delle Filippine, mettendo in scena il dramma di un villaggio che – intorno alla fine degli anni Settanta – viene occupato militarmente e all’interno del quale, privati di ogni libertà di parola e di operato, gli abitanti vivono costantemente nel terrore. Prendendo spunto – come ci viene detto da una voce fuori campo in apertura del lungometraggio – da vicende di personaggi realmente conosciuti dall’autore, vengono messe in scena, qui, le tristi vicende di Hugo, giovane poeta rivoluzionario, e di Lorena, sua moglie, la quale ha da poco avviato una clinica all’interno del proprio villaggio. Di fronte alla necessità di combattere e di reagire, il ragazzo entrerà in profonda crisi e, per un certo periodo, si allontanerà da casa.

Su una cosa siamo d’accordo: pur presentandosi come un autore tendenzialmente ostico, il buon vecchio Lav col cinema ci sa fare eccome. Sempre magnetiche e di forte impatto visivo, ad esempio, sono le numerose inquadrature – rigorosamente a camera fissa – degli ambienti ricostruiti, così come dei rari, rarissimi primi piani dei personaggi, tutte rigorosamente in un curato e contrastato quanto basta bianco e nero, vero e proprio marchio di fabbrica – insieme alle lunghe attese ed ai piani sequenza – dell’intera opera dell’autore. Privo, d’altronde, di ogni qualsivoglia arrangiamento musicale, l’intero lavoro prevede pochissimi dialoghi parlati, accanto a suggestivi canti a cappella. Il problema di un prodotto come Season of the Devil, però, è che – nonostante la presenza al suo interno di elementi più che validi – risulta sostanzialmente molto meno equilibrato – per quanto riguarda la stessa struttura narrativa – rispetto ai soliti lavori del regista. È il caso, questo, di intere sequenze che si ripetono per parecchi minuti di fila e che finiscono per risultare pericolosamente ridondanti (ne è un esempio il momento in cui il giovane Hugo si rende conto dell’importanza di agire contro l’occupazione militare), così come di temi musicali ripetuti molto più spesso di quanto realmente necessario. Se, ad esempio, prendiamo in considerazione tutta la precedente filmografia di Diaz, possiamo convenire che, malgrado la lunghissima durata dei suoi lavori, ogni singolo elemento – all’interno della narrazione – era sfruttato come si deve e perfettamente pertinente al contesto. Proprio la durata, in quei casi, era pienamente giustificata. In Season of the Devil, però, forse proprio perché non perfettamente in sintonia con un genere come quello del musical, Diaz non sempre sembra a proprio agio e, di quando in quando sembra gestire male i tempi, oltre che i suoi stessi interpreti, molti dei quali sono chiaramente cantanti, al contrario di altri che si sono – in occasione delle riprese – improvvisati tali.

Detto questo, Season of the Devil è complessivamente un buon film. D’altronde, un autore come Lav Diaz sa il fatto suo e ci sa ben fare per quanto riguarda la messa in scena in generale e momenti di grande effetto come quelli in cui vediamo il protagonista da bambino incontrare una misteriosa figura in maschera o anche trovate indovinate come quella di aver creato il temutissimo comandante Narciso come una sorta di mostro a due facce.

Che, nonostante tutto, si voglia bene ad un cineasta come Lav Diaz, è praticamente scontato. Ed è forse proprio questo ad aver deluso maggiormente le aspettative dei suoi sostenitori. Sul fatto che, tuttavia, momenti di crisi possono capitare anche ai migliori, non vi sono dubbi. Bisogna, a questo punto, stare a vedere quale piega prenderà la sua carriera ed in che modo il celebre regista filippino saprà di nuovo sorprenderci ed emozionarci.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

68° BERLINALE – PRESENTAZIONE

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Finalmente ci siamo. Da giovedì 15 fino a domenica 25 febbraio, nella storica location di Potsdamer Platz avrà luogo la 68° edizione del Festival di Berlino, una delle manifestazioni cinematografiche più antiche e prestigiose del mondo che, celebre per le sue selezioni sempre ricche e variegate, fin da subito si è rivelata particolarmente attenta alle principali questioni politiche e sociali.

Sarà il cineasta statunitense Wes Anderson ad aprire il concorso per l’Orso d’Oro con il suo lungometraggio d’animazione Isle of Dogs. Insieme a lui, saranno parecchi i grandi nomi del panorama cinematografico mondiale a concorrere per l’ambito premio. Tra di loro, ad esempio, troviamo autori del calibro di Gus van Sant (con Dont’t worry. He won’t get far on Food), Alexej German jr. (Dovlatov) o il filippino Lav Diaz, che, fresco di Leone d’Oro per The Woman who left (2016), per l’occasione ci presenterà la sua ultima fatica: Season of the Devil.

Ma non finisce qui. Non dimentichiamo, infatti, che fuori concorso, così come nelle sezioni collaterali Panorama e Forum, sono comunque presenti nomi come Steven Soderberg (con Unsane), Kiyoshi Kurosawa (con il suo Yocho) o Sergei Loznitsa (con Victory Day), giusto per fare solo alcuni esempi.

In poche parole, ce ne sarà davvero per tutti i gusti, all’interno di un festival dove l’impresa più ardua sarà proprio tentare di vedere il maggior numero di lungometraggi possibili (molti dei quali, ahimé, difficilmente verranno distribuiti in Italia).

Noi di Entr’Acte saremo in prima linea a seguire questa prestigiosa manifestazione. Restate con noi per sapere cosa ha da offrirci uno dei festival più giovani e dinamici d’Europa, dove il buon Cinema ben si coniuga con la tipica efficienza teutonica, facendo sentire ogni accreditato ogni anno come a casa propria. Buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

VENEZIA 74 – PREMI E CONCLUSIONI

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Si è da poco conclusa la 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia con la cerimonia di premiazione nella storica Sala Grande, che ha visto il conferimento del Leone d’Oro a Guillermo del Toro, con il suo The Shape of Water.

Tra giubilo e contestazioni, un po’ tristi per la conclusione del festival, ci accingiamo ad assistere alle proiezioni dei film vincitori, le ultime proiezioni di questa edizione della Mostra del Cinema.

Prima di salutarvi e di darvi appuntamento con la Mostra per il prossimo anno, però, ecco, di seguito, tutti i vincitori di questa – a suo modo – indimenticabile 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia! Buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

PREMI VENEZIA 74

CONCORSO

LEONE D’ORO The Shape of Water – Guillermo Del Toro

LEONE D’ARGENTO – GRAN PREMIO DELLA GIURIA Foxtrot – Samuel Maoz

LEONE D’ARGENTO – MIGLIOR REGIA Jusqu’à la garde – Xavier Legrand

COPPA VOLPI MIGLIOR ATTRICE Charlotte Rampling (Hannah)

COPPA VOLPI MIGLIOR ATTORE Adel Karam (The insult)

PREMIO MIGLIOR SCENEGGIATURA Three Billboards Outside Ebbing, Missouri – Martin McDonagh

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA Sweet country – Warwick Thornton

PREMIO MARCELLO MASTROIANNI MIGLIOR ATTRICE EMERGENTE Charlie Plummer (Lean on Pete)

PREMIO LEONE DEL FUTURO Jusqu’à la garde – Xavier Legrand

PREMI ORIZZONTI

PREMIO MIGLIOR FILM Nico, 1988 – Susanna Nicchiarelli

PREMIO ORIZZONTI MIGLIOR REGIA No date, no signature – Vahid Jalilvand

PREMIO SPECIALE GIURIA Caniba – Verena Paravel, Lucien Costaig-Taylor

PREMIO MIGLIOR ATTRICE Lyma Khaudri (Les bienheureux)

PREMIO MIGLIOR ATTORE Navid Mohammadzadeh (No date, no signature)

PREMIO MIGLIOR SCENEGGIATURA Los versos del olvido – Alireza Khatani

PREMIO MIGLIOR CORTOMETRAGGIO Gros chagrin – Céline Devaux

PREMI VENEZIA CLASSICI

PREMIO MIGLIOR DOCUMENTARIO SUL CINEMA The Prince and the Dybbuk – Elwira Newiera, Piotr Rosolowski

PREMIO MIGLIOR RESTAURO Va’ e vedi – Elem Klimov

VENICE VIRTUAL REALITY

PREMIO MIGLIOR STORIA Blodless – Gina Kim

PREMIO BEST EXPERIENCE La camera insabbiata – Laurie Anderson

PREMIO VIRTUAL REALITY Arden’s Wake – Eugene YK Chung

 

 

VENEZIA 74 – CONSIDERAZIONI E PRONOSTICI

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Ci siamo. Anche quest’anno siamo giunti alla conclusione della tanto attesa Mostra del Cinema di Venezia. Festival, questo, che, in linea di massima, è stato in grado di soddisfare le aspettative di pubblico e critica, data la qualità mediamente alta dei film presentati.

Tra il Concorso, il Fuori Concorso e le sezioni Orizzonti, Settimana della Critica e Giornate degli Autori, ce n’è stato davvero per tutti i gusti.

Ovviamente, come ogni buon festival che si rispetti, non sono mancati lungometraggi contestatissimi, che hanno diviso e fatto parlare di sé più di qualunque altro film. Quest’anno, ad esempio, è stata la volta di mother!, ultima fatica di Darren Aronofsky, in corsa per il Leone d’Oro.

Restando nell’ambito del concorso, particolarmente degni di not sono EX LIBRIS di Frederick Wiseman, The Third Murder di Kore’Eda Hirokazu, ma anche la sorpresa Three Billboards outside Ebbing, Missouri di Martin McDonagh, La villa, del marsigliese Robert Guediguian e Angels wear white, della regista cinese Vivian Qu.

Fatta eccezione per il divertente Ammore e Malavita, dei Manetti Bros., nulla di particolarmente entusiasmante, per quanto riguarda i film italiani presenti in concorso, i quali possono sperare, però, in qualche Coppa Volpi.

Ormai, però, ci siamo. I giochi sono chiusi. Alle ore 19 prenderà il via, in Sala Grande, la cerimonia di premiazione. Nell’attesa di conoscere il verdetto della Giuria presieduta da Annette Bening, un po’ per gioco, un po’ per consuetudine, proviamo, di seguito, a fare qualche pronostico.

 

Leone d’OroEX LIBRIS (Frederick Wiseman), Three Billboards Outside Ebbing, Missouri (Martin McDonagh), Mektoub, My Love: Canto Uno (Abdellatif Kechiche)

Leone d’Argento alla Miglior RegiaThe Third Murder (Kore’Eda Hirokazu)

Miglior sceneggiaturaThree Billboards Outside Ebbing, Missouri (Martin McDonagh), Angels wear white (Vivian Qu)

Coppa Volpi alla miglior interpretazione maschile – Donald Southerland (The Leisure Seeker), Sam Rockwell (Three Billboards Outside Ebbing, Missouri)

Coppa Volpi alla miglior interpretazione femminile – Frances McDormand (Three Billboards Outside Ebbing, Missouri), Charlotte Rampling (Hannah), Helen Mirren (The Leisure Seeker)

Premio Marcello Mastroianni Miglior Attore Emergente – Charlie Plummer (Lean on Pete)

 

A più tardi con tutti i premi della 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia! Buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

VENEZIA 74 – PRESENTAZIONE

mostra-del-cinema-di-venezia-2017Ci siamo. Ormai mancano soltanto poche ore e, come ogni anno, prenderà il via, nella suggestiva cornice del Lido, uno dei festival cinematografici più antichi (e amati!) del mondo. È qui, infatti, che mercoledì 30 agosto avrà inizio la 74° edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, presieduta da Paolo Baratta e sotto la direzione artistica di Alberto Barbera.

La manifestazione verrà preceduta, quest’anno, dalla proiezione in anteprima – ed in versione restaurata – del capolavoro di Ernst Lubitsch Rosita (1923). La pellicola, musicata dal vivo, verrà proiettata in sala Darsena, a detta di molti una delle sale più belle di tutto il Lido, martedì 29 agosto.

Come già detto, però, l’inizio ufficiale avrà luogo mercoledì 30, con la proiezione di Downsizing, film d’apertura della 74° Mostra diretto da Alexander Payne ed in corsa per il tanto ambito Leone d’Oro. A tal proposito, il programma di quest’anno risulta tra i più discussi degli ultimi anni: estremamente innovativo ed interessante per alcuni, pericolosamente stantio e privo di spunti per altri. Solo nei prossimi giorni, però, potremo scoprire tutte le sorprese che avrà in serbo per noi. In ogni caso, ad un primo, sommario sguardo, di nomi interessanti ce n’è eccome: dall’artista contemporaneo Ai Weiwei (Human flow) al cineasta coreano Kore’Eda Hirokazu (The third murder), da Darren Aronofsky, con il suo controverso Mother!, al regista marsigliese Robert Guediguian (La villa), senza dimenticare il grandissimo documentarista Frederick Wiseman (Ex Libris). Altrettanto interessanti alcuni dei nomi Fuori Concorso come William Friedkin – che per l’occasione ci presenterà il suo ultimo documentario The Devil and Father Amorth – Stephen Frears (Victoria and Abdoul) o Abel Ferrara (Piazza Vittorio). E poi, non dimentichiamo le sezioni collaterali Orizzonti, Giornate degli Autori e Settimana della Critica, sempre ricche di grandi perle della cinematografia di tutto il mondo.

In poche parole, ce ne sarà davvero per tutti i gusti! Noi di Entr’Acte, anche quest’anno, saremo in prima linea per presentarvi tutte le novità che la Settima Arte ci offrirà in questa torrida fine estate. Restate con noi per scoprire, giorno dopo giorno, tutte le sorprese di questa 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia! Buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

34° TORINO FILM FESTIVAL – A LULLABY TO THE SORROWFUL MISTERY di Lav Diaz

lav_diaz-a_lullaby_to_a_sorrowfully_mystery-2TITOLO: A LULLABY TO THE SORROWFUL MISTERY; REGIA: Lav Diaz; genere: drammatico; anno: 2016; paese: Filippine; cast: Hazel Orencio, Alessandra De Rossi, Bernardo Bernardo; durata: 480′

Presentato in anteprima alla Berlinale 2016 e – per la prima volta sugli schermi italiani – al 34° Torino Film Festival, nella sezione Festa mobile, A lullaby to the sorrowful mistery è il penultimo lavoro del regista filippino Lav Diaz – prima di The woman who left, vincitore del Leone d’Oro alla 73° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia – che racconta una porzione della storia delle Filippine, ossia la rivoluzione che ha avuto luogo tra il 1896 ed il 1897 contro l’occupazione spagnola.

Sullo sfondo della Rivoluzione Filippina si incrociano tante storie: quella di Gregoria de Jesus, alla disperata ricerca del corpo di suo marito Andres Bonifacio – uno dei padri della rivoluzione – catturato ed ucciso dai nemici, quella di Isagani e Simoun, impegnati in un lungo viaggio al fine di salvare la vita di quest’ultimo, vittima di un attentato per aver tradito il proprio paese schierandosi dalla parte degli spagnoli e, infine, il mito intorno alla figura mitologica dell’eroe nazionale Bernardo Carpio.

Da sempre attento alla storia del proprio paese, Lav Diaz ha dato vita, qui, ad un prodotto che vede un fortunato mescolarsi di generi: dalla storia, appunto, alla letteratura, fino alla mitologia vera e propria, che, soprattutto nell’ultima parte del lungometraggio, assume un ruolo sempre più importante. Pur tenendo presente la curatissima fotografia in un contrastato bianco e nero, insieme ad un uso copioso di camera fissa e lunghi piani sequenza che solo di rado vedono movimenti di macchina appena accennati, A lullaby to the sorrowful mistery non si differenzia dal resto della filmografia di Diaz solo per la commistione di generi presente, bensì anche – e soprattutto – per la forte componente narrativa – che prende il sopravvento sulla componente contemplativa, importante caratteristica della poetica dell’autore – e per i fitti dialoghi, presenti soprattutto nella prima parte dell’opera. Prima parte in cui i fatti storici vengono messi in primo piano e che funge quasi da “pretesto” per dare il via a ciò che accade dopo, quando la pellicola assume toni decisamente più “familiari” per il regista, che – a sua volta – decide, qui, di mostrarci le lunghe peregrinazioni dei protagonisti delle storie raccontateci, senza disdegnare elementi provenienti direttamente dalla mitologia filippina, che, di quando in quando, fanno capolino ed interagiscono con gli altri personaggi. Ulteriore figura che, nelle ultime ore, assume un ruolo fondamentale è il bosco, teatro dei lunghi viaggi dei protagonisti, testimone silenzioso delle loro sofferenze e, soprattutto, padre premuroso e protettivo che, con sguardo benevolo, segue il cammino dei propri figli.

Pur dando il proprio meglio nelle ultime due ore – in cui assistiamo ad un vero e proprio crescendo fino ad arrivare al sublime vero e proprio, A lullaby to the sorrowful mistery parte – forse per il grande numero di avvenimenti storici esposti – quasi in sordina, pur presentando dei momenti memorabili, come, ad esempio, quando viene organizzata una delle prime proiezioni cinematografiche nelle Filippine (subito dopo l’invenzione del cinematografo da parte dei fratelli Lumiére), o quando – in mezzo alla miriade di corpi di rivoluzionari massacrati – vediamo una delle protagoniste cantare, disperata, una triste litania.

È un grido di rabbia, quello che Lav Diaz ha qui messo in scena. Un grido di rabbia nei confronti di una ferita ancora aperta, ma che, tuttavia, non ha del tutto ucciso la speranza in un futuro migliore e, soprattutto, nei giovani, ai quali lo stesso Diaz si rivolge direttamente attraverso le parole del personaggio di padre Florentino, nella sua conversazione finale con il nipote Isagani.

In poche parole, un messaggio di speranza al termine di una visione, in seguito alla quale – come sempre accade con le opere di Lav Diaz – noi stessi ci sentiamo cambiati e, indubbiamente, arricchiti.

VOTO: 9/10

Marina Pavido

VENEZIA 73 – PREMI E CONCLUSIONI

imageSi è da poco conclusa la cerimonia di premiazione, in Sala Grande, di questa 73° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, culminata con il meritatissimo conferimento del Leone d’Oro al maestro filippino Lav Diaz, per il suo The woman who left. A parte Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza di Roy Andersson nel 2014, si tratta, senza dubbio, di uno dei migliori Leone d’Oro degli ultimi anni. La sua vittoria fa sperare in una riconsiderazione di un cinema considerato, a torto, élitario ed aprirà – grazie alla necessaria uscita in sala del lungometraggio – magari anche nuovi orizzonti a chi non è abituato a rapportarsi ad un certo modo di fare cinema.

Per quanto riguarda gli altri premi conferiti, in molti hanno storto (a ragione) il naso per l’ex aequo a Escalante (La region salvaje) e a Konchalovsky (Paradise), non essendo, appunto, tra i migliori titoli presenti in concorso (il film di Escalante è addirittura considerato uno dei peggiori lungometraggi presenti al Lido).

Grande soddisfazione, invece, per la vittoria di Oscar Martinez, il quale si è aggiudicato la Coppa Volpi alla miglior interpretazione maschile per El ciudadano ilustre. Insieme al Leone d’Oro, decisamente il premio più azzeccato del festival.

Di seguito, tutti i vincitori di questa 73° edizione. Il nostro speciale su Venezia 73 finisce qui. É stato un piacere condividere con voi tutte le emozioni che ci ha riservato questo festival! Grazie a tutti voi! E buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

PREMI VENEZIA 73

CONCORSO

LEONE D’ORO The woman who left – Lav Diaz

LEONE D’ARGENTO – GRAN PREMIO DELLA GIURIA Nocturnal animals – Tom Ford

LEONE D’ARGENTO – MIGLIOR REGIA La region salvaje – Amat Escalante / Paradise – Andrei Konchalovsky

COPPA VOLPI MIGLIOR ATTRICE Emma Stone (La La Land)

COPPA VOLPI MIGLIOR ATTORE Oscar Martinez (El ciudadano ilustre)

PREMIO MIGLIOR SCENEGGIATURA Jackie – Pablo Larrain (sceneggiatura di Noah Oppenheim)

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA The bad batch – Ana Lily Amirpour

PREMIO MARCELLO MASTROIANNI MIGLIOR ATTRICE EMERGENTE Paula Beer (Frantz)

PREMIO LEONE DEL FUTURO The last of us – Ala Eddine Slim

PREMI ORIZZONTI

PREMIO MIGLIOR FILM Liberami – Federica Di Giacomo

PREMIO ORIZZONTI MIGLIOR REGIA Home – Fien Troch

PREMIO SPECIALE GIURIA Big big world – Reha Erdem

PREMIO MIGLIOR ATTRICE Ruth Diaz (Tarde para la ira)

PREMIO MIGLIOR ATTORE Nuno Lopes (Sao Jorge)

PREMIO MIGLIOR SCENEGGIATURA Bitter money – Wang Bing

PREMIO MIGLIOR CORTOMETRAGGIO La voz perdida – Marcelo Martinessi

PREMI VENEZIA CLASSICI

PREMIO MIGLIOR DOCUMENTARIO SUL CINEMA Le concours – Claire Simon

PREMIO MIGLIOR RESTAURO Break Up – L’uomo dei cinque palloni – Marco Ferreri

VENEZIA 73 – THE WOMAN WHO LEFT di Lav Diaz

xmaxresdefault-jpg-pagespeed-ic-gd9ic1jyiiTITOLO: THE WOMAN WHO LEFT; REGIA: Lav Diaz; genere: drammatico; anno: 2016; paese: Filippine; cast: Charo Santos-Concio, Michael de Mesa, Nonie Buencomino; durata: 226′

Presentato in concorso alla 73° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, The woman who left è l’ultimo lungometraggio del pluripremiato regista filippino Lav Diaz, il quale, per questo suo lavoro, si è ispirato al romanzo di Lev Tolstoj Dio vede la verità ma non la rivela subito.

Horatia viene rilasciata, dopo trent’anni di carcere, in quanto dichiarata innocente. Una volta fuori scopre che suo marito è morto, riallaccia i rapporti con la figlia e parte alla ricerca di suo figlio, il quale ha deciso di sparire senza lasciare traccia. Durante il suo percorso, la donna farà degli incontri chela arricchiranno e le cambieranno la vita.

Anche questa volta il grande cineasta filippino non delude le aspettative. E lo fa mettendo in scena un dramma personale di cui – per il tema trattato, oltre che per la magistrale messa in scena – sentiamo subito di far parte. Ed è proprio questa messa in scena – ormai marchio stilistico collaudato – a rendere il lungometraggio un prodotto a dir poco monumentale, malgrado la durata di gran lunga inferiore ai precedenti lavori del regista. Vediamo perché.

Colpisce – fin dalla prima inquadratura – il curato e contrastato bianco e nero. I personaggi principali vengono rappresentati spesso in ombra, perfettamente in linea con i loro stati d’animo, mentre – soprattutto per quanto riguarda le scene diurne in esterno – i bianchi, quasi bruciati, rendono alla perfezione quel senso di agorafobia di chi – essendo stato rinchiuso per molti anni – fa fatica ad abituarsi nuovamente alla vita. Quel particolare senso di realismo – tipico del regista filippino – anche qui viene messo in scena con inquadrature a camera fissa (facendo uso solo sporadicamente – e quando strettamente necessario – di primi piani), mostrandoci la realtà così com’è, semplicemente. Solo nel momento in cui arriviamo al principale snodo narrativo la camera fissa viene abbandonata e le immagini sono fuori fuoco, rispecchiando il punto di vista dei personaggi (a cosa corrisponde, in fondo, la verità?). Ottima realizzazione per una storia tenera e commovente che prevede anche scene particolarmente toccanti destinate a restare nella memoria. Prima fra tutte, il momento in cui la protagonista ed il transessuale Hollanda da lei ospitato danzano e cantano insieme.

Uno dei momenti più alti del film, però, sta proprio nel finale, quando vediamo Horatia alla costante ricerca del figlio scomparso. Un plongé di ¾ ci mostra la donna che cammina in tondo su di un pavimento completamente ricoperto di volantini raffiguranti la foto del ragazzo. Ed ecco che la vicenda si trasforma quasi in un dramma di Ibsen, con le sue indimenticabili protagoniste. Picchi altissimi, per un lungometraggio che già di per sé mantiene un livello molto alto per tutta la sua durata.

È un film che fa male e, allo stesso tempo, lascia piacevolmente appagati, The woman who left. Una storia semplice, ma complessa. Un dramma personale, ma universale. Un’ulteriore conferma del regista filippino, il quale, a sua volta, si è già da tempo rivelato uno dei più interessanti cineasti contemporanei. Un film di che, forse, non verrà apprezzato come merita. Soprattutto guardandolo nell’ottica di un possibile Leone d’Oro. Una visione, però, a dir poco imprescindibile nell’ambito di un concorso che quest’anno, purtroppo, fatta eccezione per pochi titoli, si è rivelato piuttosto tiepido.

VOTO: 9/10

Marina Pavido