VENEZIA 75 – MONROVIA, INDIANA di Frederick Wiseman

46188-Monrovia__Indiana_-_Frederick_Wiseman__Film_still__2_TITOLO: MONROVIA, INDIANA; REGIA: Frederick Wiseman; genere: documentario; paese: USA; anno: 2018; durata: 143′

Presentato fuori concorso alla 75° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Monrovia, Indiana è l’ultimo lavoro del celebre documentarista statunitense Frederick Wiseman.

Se in passato il maestro ci aveva mostrato aspetti di vita riguardanti università, biblioteche, singolari quartieri e, più in generale, grandi centri nevralgici, eccolo scegliere, in questa occasione, un piccolo paesino rurale del Midwest (Monrovia, appunto, nello stato dell’Indiana), in cui abitano soltanto 1400 cittadini e in cui il tempo, sotto molti aspetti, sembra essersi davvero fermato.

Con una struttura narrativa che tanto sta a ricordare il ciclo della vita (dalla prima infanzia, momento in cui ci viene mostrata la vita all’interno di una scuola, fino alla morte, quando assistiamo ai funerali di un’anziana signora), il regista si inserisce con il suo solito fare discreto e quasi “invisibile” all’interno di questa piccola comunità rurale, mostrandoci – come solo lui sa fare – scene di vita quotidiana riguardanti il lavoro all’interno di allevamenti, i momenti degli acquisti al supermercato, piccole assemblee cittadine, il lavoro del veterinario locale e persino la produzione di bistecche ed hamburger. Ed ecco che, dopo sole due ore e venti, anche noi ci sentiamo parte di quel piccolo mondo fuori dal tempo. Quasi come se lo conoscessimo da sempre.

Non ha paura, Wiseman, di giocare con gli stereotipi. Non ha paura di risultare eccessivo, nel mostrarci le piccole stranezze e le bizzarre abitudini di alcuni abitanti. La sua macchina da presa, al contrario, osserva – silenziosa e riservata come sempre – il tutto con sguardo benevolo, affettuoso, persino nostalgico, se si pensa che di realtà del genere ce n’è sempre meno nel mondo, a causa della globalizzazione. Frederick Wiseman, dal canto suo, è innamorato di ciò che ci racconta. E, ancora una volta, è riuscito a far suo quel piccolo, curioso mondo fino a poco tempo fa a lui così lontano.

Per il tema trattato, così come per la sua singolare struttura narrativa, questo prezioso Monrovia, Indiana può classificarsi di diritto quasi come una sorta di “opera definitiva”; a detta dello stesso regista, il giusto corollario della serie sulla vita americana contemporanea. Un’opera la cui durata è piuttosto contenuta, rispetto ai precedenti lavori dell’autore, ma che, forse anche grazie alla sua particolare struttura autoconclusiva, risulta, probabilmente, il suo lavoro più completo. Una finestra spalancata su un mondo a noi sconosciuto, da cui non vorremmo allontanarci poi così presto, ma che, ahimé, sta pian piano svanendo. Ma, si sa, la particolarità del cinema di Wiseman è proprio questa: tutti noi, davanti allo schermo, ci troviamo di punto in bianco catapultati in un nuovo mondo, che, ben presto, sentiamo come se fosse nostro da sempre.

VOTO: 9/10

Marina Pavido

 

VENEZIA 75 – PRESENTAZIONE

75-mostra-cinema-veneziaEbbene sì. Ci risiamo. Anche quest’anno, finalmente, ci si accinge a iniziare una vera e propria maratona cinematografica, in occasione della 75° Mostra del Cinema di Venezia, che avrà luogo nella suggestiva cornice del Lido dal 29 agosto al 9 settembre 2018, sotto la direzione artistica di Alberto Barbera. Questa edizione – che prevede la consegna del Leone d’Oro alla Carriera a veri e propri mostri sacri come Vanessa Redgrave e David Cronenberg – si è da subito presentata come un vero e proprio evento rivoluzionario.

Già ad una prima, sommaria lettura del programma, infatti, sembrerebbe esserci, quest’anno, un’offerta ricca e variegata come non mai, tra le più interessanti e raffinate degli ultimi anni. Oltre a un’apertura scoppiettante che prevede la proiezione di First Man, diretto dall’ormai celeberrimo Damien Chazelle, trepida è l’attesa di lungometraggi in concorso firmati Yorgos Lanthimos (The Favourite), Alfonso Cuaron (ROMA), Roberto Minervini (Che fare quando il mondo è in fiamme?), Luca Guadagnino (discussissimo il suo remake di Suspiria), ma anche Joel e Ethan Coen, i quali hanno presentato in concorso la loro serie The Ballad of Buster Scruggs. E questa è solo una minima parte di ciò che ci aspetta nei prossimi giorni.

Oltre a un interessantissimo concorso, dunque, non dimentichiamo i numerosi titoli fuori concorso, così come le sezioni collaterali Settimana della Critica, Giornate degli Autori, Orizzonti e, non per ultima, Venezia Classici – Restauri.

Che dire? Ce ne sarà davvero per tutti i gusti! Noi di Entr’Acte, come ogni anno, saremo presenti, in prima fila, per tenervi informati su tutte le più interessanti novità lidensi. Restate con noi per sapere quali interessanti sorprese ha in serbo per noi la nostra amatissima Settima Arte.

Buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

68° BERLINALE – PRESENTAZIONE

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Finalmente ci siamo. Da giovedì 15 fino a domenica 25 febbraio, nella storica location di Potsdamer Platz avrà luogo la 68° edizione del Festival di Berlino, una delle manifestazioni cinematografiche più antiche e prestigiose del mondo che, celebre per le sue selezioni sempre ricche e variegate, fin da subito si è rivelata particolarmente attenta alle principali questioni politiche e sociali.

Sarà il cineasta statunitense Wes Anderson ad aprire il concorso per l’Orso d’Oro con il suo lungometraggio d’animazione Isle of Dogs. Insieme a lui, saranno parecchi i grandi nomi del panorama cinematografico mondiale a concorrere per l’ambito premio. Tra di loro, ad esempio, troviamo autori del calibro di Gus van Sant (con Dont’t worry. He won’t get far on Food), Alexej German jr. (Dovlatov) o il filippino Lav Diaz, che, fresco di Leone d’Oro per The Woman who left (2016), per l’occasione ci presenterà la sua ultima fatica: Season of the Devil.

Ma non finisce qui. Non dimentichiamo, infatti, che fuori concorso, così come nelle sezioni collaterali Panorama e Forum, sono comunque presenti nomi come Steven Soderberg (con Unsane), Kiyoshi Kurosawa (con il suo Yocho) o Sergei Loznitsa (con Victory Day), giusto per fare solo alcuni esempi.

In poche parole, ce ne sarà davvero per tutti i gusti, all’interno di un festival dove l’impresa più ardua sarà proprio tentare di vedere il maggior numero di lungometraggi possibili (molti dei quali, ahimé, difficilmente verranno distribuiti in Italia).

Noi di Entr’Acte saremo in prima linea a seguire questa prestigiosa manifestazione. Restate con noi per sapere cosa ha da offrirci uno dei festival più giovani e dinamici d’Europa, dove il buon Cinema ben si coniuga con la tipica efficienza teutonica, facendo sentire ogni accreditato ogni anno come a casa propria. Buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

LA RECENSIONE – CHIAMAMI COL TUO NOME di Luca Guadagnino

chiamami col tuo nomeTITOLO: CHIAMAMI COL TUO NOME; REGIA: Luca Guadagnino; genere: drammatico; paese: Italia, Francia, Brasile, USA; anno: 2017; cast: Thimothée Chalamet, Armie Hammer, Michael Stuhlbarg; durata: 132′

Nelle sale italiane dal 25 gennaio, Chiamami col tuo nome è l’ultimo lavoro del cineasta italiano, ma trapiantato all’estero, Luca Guadagnino, presentato in anteprima alla 67° Berlinale e che ha recentemente ricevuto ben quattro Nomination ai Premi Oscar, tra cui Miglior Film e Miglior Sceneggiatura non Originale (scritta da James Ivory).

Tratto dall’omonimo romanzo di André Aciman, il film – terzo capitolo della trilogia del desiderio dopo Io sono l’amore (2009) e A bigger splash (2015) ed ambientato nel 1983 – racconta la storia d’amore tra Elio, diciassettenne residente in un paesino del Nord Italia ed Oliver, giovane studente americano ospitato durante l’estate dalla famiglia del ragazzo. Non sarà facile per entrambi scoprire sé stessi ed ancor più difficile sarà, alla fine delle vacanze, separarsi.

Osannato dalla critica italiana ed internazionale, considerato da un cineasta del calibro di Paul Thomas Anderson uno dei migliori film del 2017, Chiamami col tuo nome ha tutte le carte in regola per passare alla storia. Almeno sulla carta. Nulla da dire, infatti, sulla regia, così come sulle atmosfere poetiche ed evocative ricostruite che, grazie alla bravura degli interpreti e, non da meno, ad un coinvolgente commento musicale, riescono fin da subito a far breccia nel cuore dello spettatore ed a far sì che egli stesso si senta parte integrante della storia. I sentimenti dei due giovani, dal canto loro, vengono messi in scena in modo discreto e delicato, quasi a voler richiamare alcune opere della Nouvelle Vague.

Ma allora, con tali premesse, cos’è che di un film come Chiamami col tuo nome proprio sembra non andare giù? Forse, paradossalmente, è proprio lo sguardo del regista. Non fraintendiamoci, dal punto di vista della messa in scena in sé stiamo parlando di un film inappuntabile. L’impressione che si ha – anche, e soprattutto, in luce di quanto un cineasta come Guadagnino ha girato in passato – è che lo stesso autore sia un po’ troppo distaccato da ciò che sta girando, quasi come se l’importante fosse autocelebrarsi come grande maestro, ma senza entrare davvero nel vivo della vicenda. Lo dimostrano, giusto per fare qualche esempio, i primi e primissimi piani troppo enfatici – ed anche piuttosto gratuiti – dei due protagonisti, così come campi lunghi che ci mostrano il paesaggio estivo e si soffermano fissi anche dopo che i personaggi sono usciti di scena, senza che ce ne sia una reale necessità.

Eppure, nonostante ciò, la confezione del prodotto in sé è riuscita eccome. E pare siano in tanti ad essersene accorti. Di fatto, Chiamami col tuo nome è un lungometraggio che da solo presenta parecchi spunti interessanti. Non ci resta che stare a vedere se l’Academy lo riterrà meritevole di qualche statuetta.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

VENEZIA 74 – CONSIDERAZIONI E PRONOSTICI

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Ci siamo. Anche quest’anno siamo giunti alla conclusione della tanto attesa Mostra del Cinema di Venezia. Festival, questo, che, in linea di massima, è stato in grado di soddisfare le aspettative di pubblico e critica, data la qualità mediamente alta dei film presentati.

Tra il Concorso, il Fuori Concorso e le sezioni Orizzonti, Settimana della Critica e Giornate degli Autori, ce n’è stato davvero per tutti i gusti.

Ovviamente, come ogni buon festival che si rispetti, non sono mancati lungometraggi contestatissimi, che hanno diviso e fatto parlare di sé più di qualunque altro film. Quest’anno, ad esempio, è stata la volta di mother!, ultima fatica di Darren Aronofsky, in corsa per il Leone d’Oro.

Restando nell’ambito del concorso, particolarmente degni di not sono EX LIBRIS di Frederick Wiseman, The Third Murder di Kore’Eda Hirokazu, ma anche la sorpresa Three Billboards outside Ebbing, Missouri di Martin McDonagh, La villa, del marsigliese Robert Guediguian e Angels wear white, della regista cinese Vivian Qu.

Fatta eccezione per il divertente Ammore e Malavita, dei Manetti Bros., nulla di particolarmente entusiasmante, per quanto riguarda i film italiani presenti in concorso, i quali possono sperare, però, in qualche Coppa Volpi.

Ormai, però, ci siamo. I giochi sono chiusi. Alle ore 19 prenderà il via, in Sala Grande, la cerimonia di premiazione. Nell’attesa di conoscere il verdetto della Giuria presieduta da Annette Bening, un po’ per gioco, un po’ per consuetudine, proviamo, di seguito, a fare qualche pronostico.

 

Leone d’OroEX LIBRIS (Frederick Wiseman), Three Billboards Outside Ebbing, Missouri (Martin McDonagh), Mektoub, My Love: Canto Uno (Abdellatif Kechiche)

Leone d’Argento alla Miglior RegiaThe Third Murder (Kore’Eda Hirokazu)

Miglior sceneggiaturaThree Billboards Outside Ebbing, Missouri (Martin McDonagh), Angels wear white (Vivian Qu)

Coppa Volpi alla miglior interpretazione maschile – Donald Southerland (The Leisure Seeker), Sam Rockwell (Three Billboards Outside Ebbing, Missouri)

Coppa Volpi alla miglior interpretazione femminile – Frances McDormand (Three Billboards Outside Ebbing, Missouri), Charlotte Rampling (Hannah), Helen Mirren (The Leisure Seeker)

Premio Marcello Mastroianni Miglior Attore Emergente – Charlie Plummer (Lean on Pete)

 

A più tardi con tutti i premi della 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia! Buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

VENEZIA 74 – PIAZZA VITTORIO di Abel Ferrara

PIAZZA_VITTORIO_PIC002TITOLO: PIAZZA VITTORIO; REGIA: Abel Ferrara; genere: documentario; paese: Italia; anno: 2017; durata: 82′

Presentato fuori concorso alla 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Piazza Vittorio è l’ultimo documentario del celebre cineasta statunitense, ma di origini italiane, Abel Ferrara.

Sulla scia degli attuali dibattiti circa l’immigrazione e la difficoltà a far sì che i nuovi arrivati possano integrarsi nel nostro paese, Ferrara – con la sua piccola troupe e nell’arco di soli pochi giorni – ha realizzato una serie di interviste a clandestini, immigrati, artisti, clochards, politici e storici abitanti del posto, in modo da darci un ritratto completo e fedele di ciò che è oggi piazza Vittorio. Tra i vari interventi ricordiamo, in particolar modo, quello di Matteo Garrone e di Willem Dafoe, i quali, proprio per il fascino della piazza dato dalla sua multietnicità, hanno deciso di trasferircisi.

Il risultato finale è, come ben si può immaginare, un ritratto variegato e pieno di vita, dove l’amore per una città come Roma, in generale, è palpabile fin dai primi minuti. Particolarmente suggestive, a tal proposito, immagini di artisti di strada, di balli, di canti, di persone intente a fare la spesa nello storico mercato coperto, di mamme con neonati, di anziani seduti al parco e di bambini intenti a giocare a pallone. Si potrebbe quasi affermare che basterebbero soltanto tali immagini a fornirci un quadro esaustivo del tutto. Dal canto suo, anche lo stesso Ferrara vuole entrare a far parte del gioco, non esitando ad entrare in campo egli stesso, mentre interagisce con gli intervistati. Ed ecco che il metacinema anche stavolta svolge un ruolo quasi centrale nel dare al tutto quel tocco in più che non guasta mai.

Il problema di un documentario come Piazza Vittorio è, in realtà, proprio il fatto di concentrarsi esclusivamente sulla questione dell’immigrazione, quando, invece, sarebbe stato interessante dar vita ad un lavoro più complesso, che ci permettesse di conoscere anche la storia della piazza stessa e di come sia cambiata la vita nel corso dei decenni, all’interno di essa. A poco, di fatto, servono i brevi filmati di repertorio inseriti. Ciò che però maggiormente disturba è una battuta – risultante fastidiosamente ipocrita e buonista – dello stesso Abel Ferrara, rivolta ad uno dei clandestini al termine di un’intervista: “Anch’io qui in Italia sono un immigrato, sto cercando di vivere con la mia arte”.

Che peccato, quando accadono certe cose. Fino a prova contraria, di fatto, Abel Ferrara il suo lavoro sa farlo eccome. E senza questa cadute di stile avrebbe potuto realizzare indubbiamente qualcosa di davvero, davvero importante. Che dire? Sarà per la prossima volta!

VOTO: 6/10

Marina Pavido

VENEZIA 74 – IL SIGNOR ROTPETER di Antonietta De Lillo

coverlg (1)TITOLO: IL SIGNOR ROTPETER; REGIA: Antonietta De Lillo; genere: drammatico; paese: Italia; anno: 2017; cast: Marina Confalone; durata: 37′

Presentato fuori concorso alla 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Il signor Rotpeter è l’ultimo lavoro della regista partenopea Antonietta De Lillo, tratto da un testo di Franz Kafka, interpretato da Marina Confalone e facente parte del film partecipato L’uomo e la bestia.

Una poltrona vuota davanti alla macchina da presa. Un grande giardino con una sedia di vimini. Una casa apparentemente disabitata. Eppure, qualcuno c’è. Percepiamo la sua presenza nel momento in cui lo sentiamo russare in camera da letto, per poi vederlo in primo piano, seduto in poltrona, mentre, intervistato da una voce fuori campo, si accinge a raccontarci la propria storia: quella di uno scimpanzé divenuto uomo.

Il testo di Kafka ed il carisma della Confalone riescono indubbiamente a coinvolgerci fin dai primi momenti. E la storia del signor Rotpeter stessa è, per quanto singolare, una storia universale: la storia di chi, snaturato da sé, sente il bisogno di combattere al fine di sopravvivere. Istinto di sopravvivenza, il suo, che presto lo porterà a preoccuparsi non solo per sé stesso, ma anche per gli altri.

Le scenografie, le locations – quasi tutte in interni, tra la casa del protagonista ed un’aula universitaria, fatta eccezione per brevi momenti in cui vediamo Rotpeter/Confalone passeggiare sul lungomare di Napoli – ed una regia fatta perlopiù di camera fissa, rendono il tutto eccessivamente – e volutamente – essenziale: in linea con l’universalità della storia, non c’è probabilmente il reale bisogno di inutili orpelli per arrivare allo spettatore. Idea condivisibile, quello sì. Però, a questo punto, più che parlare di cinema verrebbe quasi di considerare il lavoro come teatro filmato. La stessa macchina da presa, non allontanandosi mai dalla protagonista, ci mostra quest’ultima come se ci trovassimo in platea davanti ad un palcoscenico. Stesso discorso vale per le musiche, totalmente assenti. L’impressione che si ha è che la regista stessa voglia restare quasi del tutto invisibile, lasciando il campo esclusivamente all’interprete, oltre che al testo.

Soluzione interessante, quello sì. Però, quando viene adottato un tipo di messa in scena del genere, il rischio è sempre quello di far sì che il prodotto finale risulti, in qualche modo, quasi “snaturato” dalla sua natura cinematografica. E che, almeno nell’ambito della settima arte, perda molte, molte potenzialità.

Ciò che ci resta dopo la visione de Il signor Rotpeter è, di fatto, oltre al sopracitato e sempreverde testo kafkiano, la grande interpretazione di Marina Confalone. A lei il merito di catalizzare l’attenzione del pubblico per oltre mezz’ora, senza pause, senza interruzioni alcune. Ma, alla fine dei conti, il cinema dov’è?

VOTO: 6/10

Marina Pavido

VENEZIA 74 – PRESENTAZIONE

mostra-del-cinema-di-venezia-2017Ci siamo. Ormai mancano soltanto poche ore e, come ogni anno, prenderà il via, nella suggestiva cornice del Lido, uno dei festival cinematografici più antichi (e amati!) del mondo. È qui, infatti, che mercoledì 30 agosto avrà inizio la 74° edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, presieduta da Paolo Baratta e sotto la direzione artistica di Alberto Barbera.

La manifestazione verrà preceduta, quest’anno, dalla proiezione in anteprima – ed in versione restaurata – del capolavoro di Ernst Lubitsch Rosita (1923). La pellicola, musicata dal vivo, verrà proiettata in sala Darsena, a detta di molti una delle sale più belle di tutto il Lido, martedì 29 agosto.

Come già detto, però, l’inizio ufficiale avrà luogo mercoledì 30, con la proiezione di Downsizing, film d’apertura della 74° Mostra diretto da Alexander Payne ed in corsa per il tanto ambito Leone d’Oro. A tal proposito, il programma di quest’anno risulta tra i più discussi degli ultimi anni: estremamente innovativo ed interessante per alcuni, pericolosamente stantio e privo di spunti per altri. Solo nei prossimi giorni, però, potremo scoprire tutte le sorprese che avrà in serbo per noi. In ogni caso, ad un primo, sommario sguardo, di nomi interessanti ce n’è eccome: dall’artista contemporaneo Ai Weiwei (Human flow) al cineasta coreano Kore’Eda Hirokazu (The third murder), da Darren Aronofsky, con il suo controverso Mother!, al regista marsigliese Robert Guediguian (La villa), senza dimenticare il grandissimo documentarista Frederick Wiseman (Ex Libris). Altrettanto interessanti alcuni dei nomi Fuori Concorso come William Friedkin – che per l’occasione ci presenterà il suo ultimo documentario The Devil and Father Amorth – Stephen Frears (Victoria and Abdoul) o Abel Ferrara (Piazza Vittorio). E poi, non dimentichiamo le sezioni collaterali Orizzonti, Giornate degli Autori e Settimana della Critica, sempre ricche di grandi perle della cinematografia di tutto il mondo.

In poche parole, ce ne sarà davvero per tutti i gusti! Noi di Entr’Acte, anche quest’anno, saremo in prima linea per presentarvi tutte le novità che la Settima Arte ci offrirà in questa torrida fine estate. Restate con noi per scoprire, giorno dopo giorno, tutte le sorprese di questa 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia! Buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

67° FESTIVAL DI BERLINO – FINAL PORTRAIT di Stanley Tucci

finalportrait-tucci-659x371TITOLO: FINAL PORTRAIT; REGIA: Stanley Tucci; genere: biografico; anno: 2017; paese: USA; cast: Geoffrey Rush, Armie Hammer; durata: 90′

Presentato fuori concorso alla 67° Berlinale, Final Portrait è l’ultimo lungometraggio diretto dall’attore e regista Stanley Tucci, incentrato su un episodio della vita dell’artista Alberto Giacometti.

Siamo a Parigi, nel 1964, due anni prima della morte di Giacometti. Il giovane scrittore americano James Lord (Armie Hammer) è impegnato a farsi fare un ritratto dall’artista, così, ogni giorno, si reca presso il suo studio. Dai loro incontri nascerà un’amicizia destinata a durare sino alla morte di Giacometti stesso.

Perché, dunque, questo ultimo lavoro di Tucci risulta particolarmente interessante? Non solo, ovviamente, perché la figura dello scultore riesce già di suo a catturare l’attenzione, ma anche perché grazie all’ambientazione (la maggior parte del lungometraggio si svolge all’interno dello studio di Giacometti) unita ad una regia attenta e mai scontata, oltre ad un montaggio usato spesso in modo volutamente non convenzionale ci troviamo davanti ad un prodotto elegante ed a suo modo ricercato, che, se lo si osserva attentamente, risulta molto meno banale di quanto inizialmente possa sembrare.

È sui primi piani e sui dettagli, in particolare, che Tucci fa affidamento. Siano essi dettagli della mano dell’artista intento a dipingere, dettagli dei quadri o delle sculture stesse, o dettagli del volto dei due protagonisti. Soprattutto per quanto riguarda i volti, diverse inquadrature – con relativi scavalcamenti di campo in questo caso particolarmente azzeccati – si susseguono con un montaggio frenetico nelle scene in cui James Lord è intento a posare per Giacometti. Malgrado la rilevanza di tali scelte registiche, però, il momento di maggior impatto in assoluto è rappresentato dall’inquadratura che vede l’artista – a destra dello schermo – osservare attentamente un mezzo busto da lui scolpito – situato a sinistra – ed accarezzarlo con la mano. Al centro, la figura, fuori fuoco, dello scrittore che osserva entrambi, prima l’uno, poi l’altro.

Il ritratto che ne viene fuori è un Alberto Giacometti apparentemente ruvido, ma anche gaudente, a volte insicuro e, soprattutto, alla costante ricerca di affetto, sia esso da parte della moglie che da parte di Caroline, prostituta parigina con cui ha una relazione da anni. Un Alberto Giacometti, però, che non riusciremo mai, forse, a comprendere fino in fondo, ma che, spesso e volentieri, ci lascia fuori dalla sua intimità. Emblematiche, a tal proposito, le numerose inquadrature dell’artista, durante la sua quotidianità, con la macchina da presa posta fuori dalla finestra, addirittura dietro i vetri.

Può, dunque, la sola regia fare molto per una sceneggiatura che, in fin dei conti, si è rivelata piuttosto classica, anche se ben scritta? Può farlo eccome. D’altronde, è – soprattutto – questo il grande potere della Settima Arte.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

67° FESTIVAL DI BERLINO – PRESENTAZIONE

berlinale-film-festival-berlin-900-6-654x404Ci siamo. Uno dei più importanti appuntamenti cinematografici dell’anno – insieme alla Mostra del Cinema di Venezia ed al Festival di Cannes – sta per iniziare. Al via, dal 9 al 19 febbraio 2017, finalmente, la 67° edizione del Festival di Berlino. Anche quest’anno, come ogni anno, la selezione sarà molto ricca e variegata.

Per quanto riguarda il concorso ufficiale, ad esempio, non poca curiosità ha destato il biopic Django, film di apertura diretto da Etienne Comar che mette in scena la vita del musicista Django Reinhardt. E che dire dell’attesissimo The Other Side of Hope, del maestro finlandese Aki Kaurismaki? Non c’è da stupirsi del fatto che si tratti di uno dei film su cui pubblico e critica hanno maggiormente riposto le speranze in quanto possibile Orso d’Oro, all’interno di un concorso giudicato ad una prima, sommaria lettura dei titoli presenti, piuttosto tiepidino. Ma non traiamo conclusioni affrettate. Di fatto, qualche nome interessante c’è eccome. Basti pensare, ad esempio, al coreano Hong Sangsoo, con On the Beach at Night Alone, a Teresa Villaverde (Colo), o a Sally Potter (The Party). E che dire del film di animazione Have a nice day, del cinese Liu Jian o di Ana, mon amour, di Călin Peter Netzer? Di sicuro, ce ne sarà per tutti i gusti!

Tra i lungometraggi che non concorreranno all’ambito Orso d’Oro, uno dei titoli di cui si è maggiormente parlato è senza dubbio T2 Trainspotting, diretto da Danny Boyle, nonché – non serve neanche dirlo – attesissimo sequel di quello che ormai è diventato vero e proprio cult della storia del cinema. Ma non dimentichiamo anche la partecipazione di Alex De La Iglesia, con il suo The Bar o di Stanley Tucci, con Final Portrait, volendo solo fare qualche nome a caso.

Nessun italiano presente in competizione per l’Orso d’Oro, quest’anno. Eppure, all’Italia un importante riconoscimento andrà eccome. Basti pensare, infatti, al prossimo conferimento dell’Orso d’Oro alla Carriera alla costumista italiana Milena Canonero, entrata di diritto nella storia del cinema grazie ai costumi di pellicole del calibro di Arancia meccanica, Barry Lyndon, Shining, Momenti di gloria, Marie Antoinette e Grand Budapest Hotel – solo per citare alcuni titoli.

Ovviamente, però, il programma della Berlinale, come ogni anno, non si esaurisce qui. Di fatto ci sono anche le sezioni Panorama (dove troviamo il nostro connazionale Luca Guadagnino con il suo Chiamami col tuo nome, ad esempio), Forum e Generator, dove andare alla ricerca di perle della cinematografia di tutto il mondo non può che rivelarsi una sfida entusiasmante. Con l’unico rammarico che – di fatto – data la vastità del programma offertoci, sarà del tutto impossibile riuscire a recuperare anche solo la metà dei titoli presenti. Nonostante questo, però, siamo sicuri che anche questa 67° edizione – che vede come presidente di giuria il cineasta Paul Verhoeven, reduce dal successo del suo Elle, non ci deluderà. Basta soltanto lasciarsi incantare e trasportare da questa magica invenzione che è il Cinema.

Entr’Acte quest’anno sarà presente sul campo di battaglia! Continuate a seguirci per conoscere giorno dopo giorno tutte le novità di uno dei più amati festival del mondo! Buon Cinema a tutti!

Marina Pavido