renato-zero-a-roma-740x350.jpg.pagespeed.ce_.EdaFcoDRwsTITOLO: ZEROVSKIJ SOLO PER AMORE; REGIA: Renato Zero; paese: Italia; anno: 2017; durata: 143′

Nelle sale italiane solo il 19, 20 e 21 marzo, Zerovskij Solo per Amore è un documentario, diretto ed interpretato dal celebre cantante Renato Zero, il quale ci mostra la registrazione di un concerto durante la tournée dedicata all’uscita dell’album Zerovskij Solo per Amore, appunto.

Stazione Terra. Una serie di bizzarri personaggi fanno, uno dopo l’altro, il loro ingresso sul palco: da Adamo ed Eva in versione contemporanea a un giovane che da bambino è stato abbandonato da suo padre, da un singolare Amore sulla sedia a rotelle, fino alla Morte in carne ed ossa. Ad interagire, di volta in volta, con ognuno di loro, lui: il grande Renato Zero, con le sue riflessioni sulla vita e sull’umanità e, non per ultime, le sue performance canore.

Una riflessione sull’uomo, sul senso della vita e della morte, sull’arte, sulla cultura e sull’amore, questo importante lavoro di Zero, il quale, come sempre ironico e mai particolarmente ansioso di dare risposte definitive alle sopracitate questioni, riesce a tenere banco per oltre due ore, davanti ad un pubblico letteralmente in visibilio. E la macchina da presa, in tutto ciò, cosa fa? Con una serie di carrellate e dolly, non fa che seguire passo passo il cantante ed interprete per tutta la durata dello spettacolo, intervallando di quando in quando qualche breve controcampo sul pubblico o, addirittura – unico, vero elemento “esterno” – un Gigi Proietti in versione “bombarolo”, che si accinge a salire su di un treno fermo in stazione. Una regia semplice, pulita, che al massimo si concede qualche gioco di luce e di sovrimpressione, questa scelta da Renato Zero per la realizzazione del suo progetto, il quale, a sua volta, perfettamente in linea con le aspettative di ogni spettatore, non fa che rivelarsi, psichedelico, maestoso, addirittura travolgente.

Non vi sono intermezzi, interviste o ulteriori inserti, in Zerovskij Solo per Amore. Ciò che viene ripreso è semplicemente lo spettacolo, la realtà così com’è, la parola viene lasciata esclusivamente alle immagini, per un documentario che abbraccia Cinema, Teatro e Musica e che, al di là dei personali gusti del pubblico, in linea di massima funziona, pur senza particolari guizzi narrativi o sorprese che prescindano da ciò che accade sul palco dell’Arena di Verona, dove tutto ha luogo.

Una delle critiche che si potrebbero muovere contro un documentario come questo realizzato da Zero, probabilmente, è proprio l’assenza di un qualcosa in più, di uno sguardo che – nel mostrarci la performance del cantante romano – ci sappia regalare un suo personale punto di vista, una sua necessaria soggettività. Cosa, questa, tuttavia impossibile in questo caso, dal momento che è lo stesso Renato Zero ad aver ricoperto il ruolo di regista. E queste operazioni, si sa, non sempre finiscono per rivelarsi vincenti. Ma tant’è. Nel complesso, Zerovskij Solo per Amore è un prodotto gradevole e pulito, in grado di coinvolgere lo spettatore dall’inizio alla fine, senza mai particolari cali di ritmo. Indubbiamente, i numerosi sorcini apprezzeranno.

VOTO: 6/10

Marina Pavido

68° BERLINALE – EVA di Benoit Jacquot

evaTITOLO: EVA; REGIA: Benôit Jacquot; genere: drammatico, noir; paese: Francia; anno: 2018; cast: Isabelle Huppert, Gaspard Ulliel, Julia Roy; durata: 102′

Presentato in concorso alla 68° edizione del festival di Berlino, Eva è l’ultimo lungometraggio del cineasta francese Benôit Jacquot, con protagonisti la grande Isabelle Huppert e l’attore-rivelazione Gaspard Ulliel.

Intrigante l’incipit che vede un giovane Ulliel, il quale, costretto per ristrettezze economiche a prostituirsi, va a far visita ad un anziano drammaturgo e, in seguito all’improvvisa morte di quest’ultimo all’interno della vasca da bagno, decide di rubargli il manoscritto della sua ultima opera. Conseguentemente a ciò, nel momento in cui, con una forte ellissi temporale vediamo lo stesso giovane autore diventare un affermato commediografo, ci chiediamo quale sarà la pena da scontare per il furto precedentemente commesso. E invece, inaspettatamente, tale episodio finisce per non avere più alcun peso per tutto il resto del lungometraggio, in cui viene messa in scena – con trovate anche piuttosto discutibili e spesso poco credibili – la passione che scoppierà tra il giovane autore ed una donna più matura – interpretata dalla divina Huppert – che, mentre il marito è in carcere, per arrotondare si prostituisce anch’ella.

Come si può facilmente intuire da una sommaria lettura della sinossi, il principale problema di un lungometraggio come Eva è proprio lo script: tanti, troppi gli elementi tirati in ballo e lasciati in sospeso (il sopracitato furto del manoscritto è solo un esempio), così come numerose sono le situazioni decisamente poco credibili (come può il personaggio della Huppert mettere in piedi una tale messa in scena, senza che i numerosi conoscenti del marito – anch’essi residenti nella piccola cittadina in cui la donna lavora – vengano a conoscenza della situazione?). Per il resto, a fare da protagonisti sono una serie di snodi narrativi tanto deboli quanto inutili che vedono in prima linea, di volta in volta, la sfortunata fidanzata del protagonista ed il di lui capo.

Tale tentativo di Jacquot, se osservato con il dovuto distacco, sembrerebbe addirittura volersi rifare – senza riuscirci – a Paul Verhoeven o, addirittura, ad un Roman Polanski minore (giusto per non fare altri nomi come Claude Chabrol e via discorrendo), finendo per mettere in scena non solo qualcosa di trito e ritrito, ma, soprattutto, una brutta copia posticcia e raffazzonata di qualcosa che altri hanno saputo realizzare in modo indiscutibilmente encomiabile.

Ultima considerazione: le numerose ellissi presenti ed il susseguirsi eccessivamente vorticoso degli eventi non ha affatto aiutato la resa finale. Per non parlare degli imbarazzanti primi piani al ralenty che vedono prima la Huppert all’interno di una vasca da bagno e poi lo stesso Ulliel, poco prima dei titoli di coda, lungo le strade di Parigi. Un insuccesso decisamente poco in linea con il curatissimo programma della Berlinale 2018, ma che, visti i precedenti lavori del cineasta francese (primo fra tutti Tre Cuori, presentato in anteprima alla 71° Mostra del Cinema di Venezia) non è stato neanche del tutto inaspettato.

VOTO: 4/10

Marina Pavido