VENEZIA 73 – SAFARI di Ulrich Seidl

safari-678x373TITOLO: SAFARI; REGIA: Ulrich Seidl; genere: documentario; anno: 2016; paese: Austria; durata: 90′

Presentato fuori concorso alla 73° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Safari è l’ultima fatica del celebre e controverso cineasta austriaco Ulrich Seidl.

Una serie di quadri, ritratti di bizzarri personaggi accomunati da una grande passione: quella per la caccia. Il loro orgoglio nell’uccidere esemplari rari. I loro trofei. E, non per ultime, le loro spietate battute di caccia. Tutto questo ci viene mostrato in questo documentario di Seidl, che, anche stavolta, non potrà fare a meno di far parlare di sé. Nel bene o nel male.

Tema prinipale di Safari – così come di tutta la filmografia del cineasta austriaco – è una forte e spietata critica alla società contemporanea e a quel “fascismo latente” presente nel quotidiano. Tema, questo, caro a molti artisti. Basti pensare – volendo restare all’interno dei confini austriaci – anche al Teatro Sociale – nato negli anni Sessanta e che ha visto, tra i suoi maggiori esponenti, Thomas Bernhard, Elfriede Jelinek e Peter Turrini. Tema caro anche – volendo concentrare la nostra attenzione esclusivamente al cinema contemporaneo – al pluripremiato Michael Haneke. E, ovviamente, ognuno ha saputo raccontare la società a modo proprio: mediante l’ironia, attraverso il dramma o anche “giocando” con il pubblico con suggestioni visive ed uditive. Senza dubbio, Seidl è – rispetto ai nomi sopra menzionati – il più estremo di tutti.

Magistrale ed impeccabile la sua regia – ormai suo marchio di fabbrica – che prevede numerose inquadrature a camera fissa con personaggi in posa, statici ed orgogliosi delle loro vite e del loro modo di essere. I ritratti che ne vengono fuori sono quadri grotteschi di ciò che siamo noi oggi – immemori di quanto è avvenuto nei decenni scorsi. In Safari, in particolare, la brutalità dell’essere umano viene raccontata mostrando, appunto, ricchi borghesi appassionati di caccia. Ed il messaggio arriva. Ed anche forte. Il punto, però, è questo: per raccontare ciò che si vuol dire, sarebbe bastato un mediometraggio, dal momento che qui la macchina da presa si sofferma eccessivamente e gratuitamente sugli animali morti che vengono squoiati all’interno dei macelli, con tanto di primi piani sulle loro interiora. Allo stesso modo, la scena in cui viene mostrata una giraffa agonizzante dopo essere stata colpita – quanto di più forte sia mai stato mostrato in un film di Seidl – sta sì a simboleggiare la brutalità dell’essere umano, ma denota anche una non troppo velata compiacenza dell’autore stesso, il quale – perfettamente conscio del suo talento e dell’impatto emotivo delle sue opere – non esita – soprattutto in questo suo ultimo documentario – a calcare eccessivamente la mano. Ma il messaggio arriva. Arriva in ogni caso. E questo atteggiamento di Seidl non fa altro che far perdere parecchi punti ad un lavoro di tutto rispetto, che, malgrado tutto, fino ad ora risulta uno dei prodotti presentati in sala in questi primi giorni di festival.

VOTO: 7/10

Marina Pavido