TITOLO: QUALCOSA DI TROPPO; REGIA: Audrey Dana; genere: commedia; paese: Francia; anno: 2017; cast: Audrey Dana, Christian Clavier, Alice Belaidi; dirata: 98′
Nelle sale italiane dall’11 maggio, Qualcosa di troppo è l’opera seconda – dopo 11 donne a Parigi – dell’attrice e regista francese Audrey Dana.
Jeanne è una donna in carriera fresca di divorzio con due figli piccoli, che vede una settimana sì ed una no, ed innamorata di un collega sposato e donnaiolo. In seguito ad un temporale notturno, la donna si risveglia nel suo solito corpo, ma con un organo sessuale maschile. Nessuno saprà dare una risposta in merito, nemmeno il suo ginecologo. Superato il trauma, però, Jeanne imparerà presto a prendere il meglio da ciò che le è capitato e pian piano inizierà anche ad acquistare maggiore fiducia in sé stessa.
Una commedia senza apparentemente troppe pretese, questa della Dana. Senza voler a tutti i costi proclamare una tesi in merito. Oppure no? Il fatto è che Qualcosa di troppo solleva inizialmente un vero e proprio polverone, o, meglio, tenta di sollevarlo, senza però riuscire, nel corso della narrazione, a reggere la portata di ciò di cui si vuole inizialmente parlare. Ed ecco che una serie di luoghi comuni e banalità – conditi da qualche gag ben riuscita di quando in quando – diventano protagonisti assoluti della pellicola, senza mai giungere ad un’appropriata conclusione. Stesso discorso vale per il tema delle discriminazioni nei confronti delle donne sul posto di lavoro: argomento tirato in ballo fin da subito (con tre macchiette nel ruolo dei colleghi maschilisti), ma che poi viene lasciato in sospeso e mai più ripreso. Ciò che qui la regista fa è, dunque, cercare a tutti i costi un lieto fine, senza se e senza ma, dove o è tutto bianco o tutto nero, ma dove non vi è un reale “antagonista”. A tal proposito, persino il collega fedifrago viene, in modo assai macchinoso e poco convincente, completamente scagionato dalle iniziali accuse.
Dall’altro canto, però, non mancano, fortunatamente, elementi interessanti come la figura del ginecologo – un moderato, mai sopra le righe, ma carismatico Christian Clavier – o la scena in cui vediamo la protagonista aggirarsi, in abiti maschili, per le strade di notte, tentando di imitare i gesti di tutti gli uomini che le capita di incontrare: è questo, forse, l’unico, vero momento di cinema vero e proprio. Un momento in cui sono i gesti e le immagini a fare da protagonisti e dove la bravura della Dana attrice viene fuori tutta. Tutto il resto è pura banalità. Una modesta – garbata e mai volgare, quello sì, ma, si sa, c’est la France! – commediola che pretende di essere più di quello che è, ma che, trascorsi i novantotto minuti di durata, non è destinata, di fatto, a lasciare dietro di sé alcuna traccia. Tanto rumore per nulla.
VOTO: 5/10
Marina Pavido