SPECIALE BERGAMO FILM MEETING: conclusioni e vincitori

Bergamo-Film-Meeting-2016Eccoci giunti, dopo dieci giorni intensi e tante belle sorprese, alla conclusione della 34° edizione del Bergamo Film Meeting.

Come ogni anno, il programma presentato è stato ricco e variegato: di particolare interesse si è rivelata la retrospettiva completa dedicata al grande cineasta ungherese Miklós Jancsó, così come il ciclo dedicato all’icona della Nouvelle Vague Anna Karina. Senza dimenticare, poi, sezioni collaterali come Visti da vicino e Europe, now!, dove particolare attenzione è stata dedicata a registi contemporanei come Petr Zelenka, Shane Maedows e Jasmila Žbanić.

L’affluenza in sala, anche quest’anno, è stata notevole ed il Bergamo Film Meeting si è riconfermato uno dei festival cinematografici che maggiormente riesce a coinvolgere tutta la città. Merito di una grande passione, come di una grande attenzione nei confronti del cinema e del pubblico. Poco spazio all’immagine, molto alla sostanza. Il tutto in un ottimo mix tra classico e contemporaneo.

Come di consuetudine, ieri, sabato 12 marzo, presso l’Auditorium di Piazza della Libertà, si è tenuta la premiazione dei film in concorso. Anche quest’anno, è stato il pubblico a poter decidere quale tra i film presentati premiare e, in una sala quanto mai affollata e plaudente, ecco quali sono stati i lungometraggi maggiormente apprezzati:

 

SEZIONE VISTI DA VICINO:

Wir können nicht den hellen Himmel traumen di Carmen Tartarotti

 

SEZIONE MOSTRA CONCORSO:

1° CLASSIFICATO:  Enclave di Goran Radovanović

2° CLASSIFICATO:  Home care di Slávek Horák

3° CLASSIFICATO:  2 nights till morning di Mikko Kuparinen

 

Anche quest’anno hanno trionfato storie vere e delicate, ma anche ironiche al punto giusto. Storie di persone con le quali tutti noi siamo portati ad identificarci. Perché il cinema serve anche a questo: a vivere o rivivere sullo schermo emozioni che fanno parte della nostra vita di tutti i giorni.

Arrivederci, dunque, al prossimo anno e buon Cinema a tutti!

Marina Pavido

SPECIALE BERGAMO FILM MEETING: HOME CARE di Slavek Horak

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TITOLO: HOME CARE; REGIA: Slávek Horák; genere: commedia, drammatico; anno: 2015; paese: Repubblica Ceca, Slovacchia; cast: Alena Mihulová, Bolesav Polívka, Tatiana Vilhelmová; durata: 92′

Il settimo ed ultimo lungometraggio in concorso alla 34° edizione del Bergamo Film Meeting è Home care, opera prima del cineasta ceco Slávek Horák, nonché film presentato dalla Repubblica Ceca agli Oscar 2016.

Vlasta è una donna di mezza età che vive in un piccolo paese della Moravia insieme al marito Lada, uomo tanto di buon cuore quanto anaffettivo. Ella lavora come infermiera a domicilio ed ha trascorso una vita intera a prendersi cura degli altri. Una sera, tornando a casa da lavoro, accetta un passaggio in moto da un conoscente ed i due hanno un incidente. Fortunatamente non accade nulla di grave, ma la donna, in seguito ad accertamenti, scoprirà di essere ormai malata da tempo e che non le resterà molto da vivere.

domaci-pece-homecareQuesto primo lungometraggio di Horák tratta argomenti forti e non sempre facili da gestire, quali la compassione verso il prossimo, la conoscenza di sé e la consapevolezza di stare per morire. Temi, questi, spesso già trattati da molti altri autori in passato, che, qui, vengono letti in modo del tutto particolare ed estremamente personale. Il realismo estremo – spesso caratteristica fondante della cinematografia dell’Est Europa – viene qui, in parte, abbandonato, al fine di conferire all’opera un tono leggero, addirittura fiabesco, pregno di quella sottile quanto tagliente ironia, di cui i paesi dell’Est sono, ormai, maestri. Ed ecco che ci troviamo di fronte ad un lungometraggio, sì, delicato e sentito, ma anche leggero, a tratti grottesco, che provoca nello spettatore quasi un effetto catartico, portandolo a ridere di fronte a situazioni decisamente drammatiche.

Con una regia pulita e priva di fronzoli, il film presenta un forte simbolismo: la natura, innanzitutto, strettamente collegata all’animo umano (in una delle scene finali, per esempio, vediamo la protagonista che dà fuoco ad un vecchio albero, distruggendo così, metaforicamente, il proprio passato, in modo da poter guardare avanti ed iniziare una nuova vita), e gli animali, parte integrante della narrazione (le rane, ad esempio, numerose nel villaggio – che hanno bisogno di una sorta di “sottopassaggio” per essere, in qualche modo, guidate nel loro percorso ed evitare di finire sulla strada principale – sono considerate, qui, alla stregua di alter ego della protagonista, anch’ella bisognosa di una guida per poter affrontare al meglio la malattia e prepararsi alla morte. Nella scena in cui Vlasta aiuterà una rana ad attraversare il sottopassaggio, infatti, capiamo che ella stessa è già venuta a conoscenza della strada per affrontare al meglio quel tanto che le resta da vivere).

home_care_2Una particolare nota di merito è da assegnare a Alena Mihulová, intensa protagonista del film, che, per questa sua straordinaria interpretazione, ha già vinto numerosi riconoscimenti.

Pur presentando, al suo interno, un’alternanza di scene significative e momenti decisamente più deboli, il lungometraggio di Horák è un prodotto semplice, onesto e ben riuscito, il quale evita eccessivi buonismi ed autocommiserazioni superflue e prevedibili. Non vediamo la morte, non vediamo – se non accennata di tanto in tanto – la sofferenza della donna e dei suoi cari, bensì il tutto si conclude con una grande festa con balli e canti – in occasione delle nozze della figlia della protagonista – simbolo di un nuovo io ritrovato – quello di Vlasta – oltre ad essere un gioioso omaggio alla vita.

VOTO: 7/10

Marina Pavido