11° FESTA DEL CINEMA DI ROMA -MOONLIGHT di Barry Jenkins

1663TITOLO: MOONLIGHT; REGIA: Barry Jenkins; genere: drammatico; anno: 2016; paese: USA; cast: Mahershala Ali, Naomie Harris, Trevante Rhodes; durata: 110′

Film di apertura dell’11° Festa del Cinema di Roma è Moonlight, diretto dal giovane regista statunitense Barry Jenkins.

Chiron è un bambino fragile, il quale viene bullizzato dai suoi coetanei e, come se non bastasse, vive una difficile situazione familiare, in quanto sua madre è dipendente dalla droga. Saranno l’incontro con uno spacciatore del luogo – che fin da subito prende a cuore la situazione del ragazzo – e l’amicizia con il coetaneo Kevin ad aiutare il ragazzino a sopravvivere all’ambiente in cui vive, a conoscersi e a crescere.

Apertura piuttosto deludente, quella di quest’ultima edizione della Festa del Cinema. Malgrado le attese, infatti, Moonlight risulta un prodotto decisamente deludente che non riesce a salvarsi da banali clichés, ma che, al contrario, si è classificato come un lungometraggio “furbo”, con il solo intento di accattivarsi consensi di pubblico e di critica. Senza riuscire del tutto nel suo scopo, però.

Facendo eccezione per la recitazione – di fatto, tutti gli interpreti si sono rivelati perfettamente all’altezza dei loro ruoli – e fatta eccezione anche per la regia – ottima la scelta dell’uso frequente di camera a spalla, così come particolarmente riuscita è l’operazione di ricostruzione di particolari ambienti ed atmosfere – questo ultimo lungometraggio di Jenkins, seppur adottando inizialmente un’interessante struttura narrativa (suddividendo il film stesso in tre sezioni: le principali fasi della vita di Chiron), non riesce a mantenere lo stesso ritmo durante tutta la durata, rendendo il tutto eccessivamente frammentato, fino a dargli pericolosamente la forma di una sorta di soap opera, man mano che ci si avvicina al finale.

Per quanto riguarda il tema trattato – la scoperta della propria omosessualità – va fatto un discorso a parte. Ora, volenti o nolenti, abbiamo avuto spesso modo di notare, negli ultimi anni, con quale frequenza analoghe situazioni siano state trasposte sul grande schermo. Ma, ovviamente, al di là di ciò che si vuole parlare, l’importante, alla fin fine, è come parlarne, come raccontarlo per immagini. E, purtroppo, in Moonlight troviamo una scarsa quanto raffazzonata indagine psicologica in merito, a causa della quale non ci si riesce a staccare da banali e sbagliati luoghi comuni. Oltre, ovviamente, a situazioni già abbondantemente viste e riviste.

Ultima considerazione: nel lontano 1959 un giovane critico cinematografico francese, tale François Truffaut, girò la sua opera prima, I 400 colpi: grande capolavoro della storia del cinema che si conclude con l’immagine del giovane protagonista Antoine Doinel, il quale, dopo una corsa sulla spiaggia, guarda in macchina. Bene, allora dov’è il problema? Il problema è che tale scena è stata citata e barbaramente scopiazzata così spesso che ogni volta che si presenta l’ennesimo film  con una simile conclusione, la reazione che si ha è quasi di rabbia, oltre che di sconforto. Non credo, a questo punto, serva dire altro.

VOTO: 5/10

Marina Pavido