LA RECENSIONE – THOR: RAGNAROCK di Taika Waititi

thor-ragnarok-hela-copertinaTITOLO: THOR RAGNAROCK; REGIA: Taika Waititi; genere: fantastico; paese: USA; anno: 2017; cast: Chris Hemsworth, Cate Blanchett, Mark Ruffalo; durata: 130’

Nelle sale italiane dal 25 ottobre, Thor: Ragnarock, diretto da Taika Waititi e basato sull’omonimo personaggio dei fumetti Marvel Comics, è il terzo film della saga di Thor (dopo Thor e Thor: The dark World), nonché diciassettesimo film della Marvel Cinematic Universe.

Thor, il potente dio del tuono, dopo aver perso il proprio martello, si trova imprigionato sul pianeta Sakaar. Sarà un’impresa piuttosto ardua tornare ad Asgard e fermare la pericolosa Hela, sua sorella (diventata dea della morte), al fine di impedire, così, il Ragnarock, terribile battaglia tra le potenze della luce e quelle delle tenebre.

Che l’ultimo film della trilogia di Thor sia uno dei titoli maggiormente attesi dai fan della Marvel, è cosa risaputa. Da subito, infatti, le vicende del fortissimo – e biondissimo – dio del tuono hanno avuto un effetto a dir poco magnetico sul pubblico. E Thor: Ragnarock, ultimo capitolo, di certo non ha deluso le aspettative. Al contrario, rispetto ai precedenti film – Thor e Thor: The dark World, appunto – questo ultimo lavoro si è rivelato addirittura ancora più interessante. Che sia merito dello spiccato tono da commedia che il giovane Taika Waititi ha voluto conferirgli? O invece dei personaggi di Hulk e della terribile Hela – interpretata da un’insolita, ma sempre vincente Cate Blanchett? Probabilmente, di un insieme di fattori che hanno contribuito alla realizzazione di una degna conclusione della trilogia.

Lo stesso Waititi – cineasta neozelandese, qui alla sua prima produzione con un importante budget alle spalle – sembra particolarmente a proprio agio in questo nuovo progetto. Particolarmente evidente è soprattutto il fatto che si sia addirittura divertito nel mettere in scena i vari combattimenti e le situazioni più estreme vissute dai protagonisti. Che venga scelto anche per qualche altro lungometraggio targato Marvel? A questo punto, non possiamo che augurarcelo. Una nuova avventura, tra l’altro, sembra essere imminente. Almeno secondo i titoli di coda che fanno tanto, ma proprio tanto saga di 007.

VOTO: 7/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA – LA CENA DI NATALE di Marco Ponti

1469625097218TITOLO: LA CENA DI NATALE; REGIA: Marco Ponti; genere: commedia; anno: 2016; paese: Italia; cast: Riccardo Scamarcio, Laura Chiatti, Michele Placido, Maria Pia Calzone; durata: 95′

Nelle sale italiane dal 24 novembre, La cena di Natale è il sequel di Io che amo solo te. Entrambi i lungometraggi sono diretti da Marco Ponti e sono tratti dagli omonimi romanzi di Luca Bianchini.

Polignano a mare, Vigilia di Natale. Chiara è incinta di otto mesi del suo compagno Damiano, che, a quanto pare, non ha mai smesso di correre dietro alle altre donne. Ninella, madre di Chiara, riceve la proposta da parte di Don Mimì – il suo grande amore di gioventù, nonché padre di Damiano – di scappare insieme a Parigi. Orlando, fratello di Damiano, è un brillante avvocato gay che sta cercando di mettere incinta la sua migliore amica lesbica Daniela e che, allo stesso tempo, viene corteggiato da Mario, suo amico di infanzia. Tutti i protagonisti della pellicola si ritroveranno insieme durante la cena della Vigilia, dal momento che Matilde, madre di Damiano, ha voluto invitare tutti a casa sua per far sfoggio dell’ultimo regalo di suo marito: un prezioso anello di smeraldo. Durante la cena, però, ne succederanno di tutti i colori e molti nodi verranno al pettine.

download-4Bene, già dalla trama si ha una vaga quanto irritante sensazione di déjà vu. E infatti, La cena di Natale non racconta alla fin fine nulla di nuovo. Ma questo, forse, è il male minore di tutti. Volendo sorvolare tutte le banalità e gli imbarazzanti luoghi comuni del film, vediamo, all’interno di una location che senza dubbio è di una bellezza quasi ipnotica, un cast ben nutrito e con interpreti capaci, ma evidentemente non proprio a loro agio nei panni dei personaggi loro assegnati e costretti a pronunciare battute piatte e scontate, dal dubbio effetto comico. Ne è un esempio particolarmente lampante, a questo proposito, il personaggio di Daniela – interpretato da una convincente Eva Riccobono – che di per sé suscita anche simpatia, ma viene caricato a tal punto da risultare alla fine eccessivamente costruito e poco credibile, quasi una sorta di macchietta. Anche gli espedienti comici – che risultano, nel contesto, fortemente prevedibili, oltre che già visti e rivisti – uniti ad una trama debole e quasi inconsistente, fanno sì che il pubblico non veda l’ora di arrivare, finalmente, ai titoli di coda, dove, tra l’altro, leggendo la dedica al compianto Bud Spencer, ci si emozione più che durante tutto il lungometraggio.

la_cena_di_natale_clip_esclusiva-660x350Piatto e banale nella sua realizzazione, La cena di Natale, però, è particolarmente urticante proprio per il fatto di essersi dimostrato, in sostanza, un film ipocrita e buonista. Perché declamare a gran voce quanto sia bello l’amore tra persone dello stesso sesso e quanto sia lodevole il desiderio di diventare genitori in una coppia omosessuale (cose indubbiamente condivisibili), quando poi – viste le scelte di sceneggiatura in chiusura del lungometraggio – si trasmette il sottotesto che, al di là di bugie e tradimenti, la cosa importante è che la famiglia rimanga a tutti i costi unita agli occhi della gente (basti pensare ai personaggi di Don Mimì e Ninella che – perdonate lo spoiler – alla fine scelgono di buon grado e senza sofferenza alcuna di continuare le proprie vite ricche di menzogne e bugie)? In poche parole, si strizza l’occhio al tema scottante del momento – al fine di accattivarsi le simpatie del pubblico – trasmettendo, però, alla fine della fiera, il solito messaggio bigotto e conservatore.

Ora, gentili signori del pubblico, in luce dell’analisi appena fatta, proprio perché a Natale siamo tutti più buoni, cerchiamo anche di volerci davvero bene ed evitiamo di spendere soldi per un prodotto del genere, scegliendo, invece, qualcosa di più stimolante e gratificante. Facciamoci questo regalo. Tanto, in ogni caso, chi decide di produrre film del genere non farà mai la fame, visto che, a quanto pare, un sostanzioso numero di spettatori sarà di certo impaziente di vedere l’ennesimo cinepanettone di turno. Questo è poco ma sicuro.

VOTO: 3/10

Marina Pavido