19° FAR EAST FILM FESTIVAL – AT CAFE’ 6 di Neal Wu

e8517c51e9TITOLO: AT CAFÉ 6; REGIA: Neal Wu; genere: commedia, drammatico; anno: 2016; paese: Taiwan; cast: Zijian Dong, Cherry Ngan; durata: 103′

Presentato in anteprima alla diciannovesima edizione del Far East Film Festival, At Café 6 è l’opera prima del regista taiwanese Neal Wu, tratta dall’omonimo romanzo dello stesso autore.

Quanto può essere forte un amore nato tra i banchi di scuola? Dove è capace di arrivare la vera amicizia? È possibile che una storia resista alla distanza? Sono questi tutti gli interrogativi che il regista qui si pone, raccontandoci le vicende di Guan Ming-lu, studente liceale innamorato della bella Xin-rui. Tra litigi tra compagni di classe, gite e scherzi tra amici, i due alla fine si metteranno insieme. Le cose, però, si faranno complicate nel momento in cui i due ragazzi andranno a frequentare due università diverse.

Che questa sia l’opera prima del regista taiwanese si intuisce facilmente. Innanzitutto, ciò che contraddistingue At Café 6 è una particolare freschezza, una gioia di vivere che permea soprattutto la prima parte del film. È questo il momento in cui, spesso e volentieri, il montaggio sembra seguire delle regole tutte sue, quasi volesse seguire il ritmo di una musica ideale. Non a caso, infatti, è la stessa musica a fare da protagonista in molte sequenze (interessante, a tal proposito, la scena della rissa tra ragazzi, montata per intero al ralenty, con le note di Johann Strauss in sottofondo), stando quasi a ricordare un videoclip. Nella seconda parte del lungometraggio, però, le cose cambiano radicalmente: al via, ora, attese, viaggi, silenzi, litigi ed incomprensioni. Il tutto raccontato con una messa in scena decisamente più classica: montaggio lineare, uso moderato della musica, regia curata ed essenziale. Quasi come se la freschezza dell’adolescenza fosse pian piano svanita. Non sempre Neal Wu riesce a gestire come si deve tale cambio di registro. Più che altro fatica parecchio a dare al tutto una certa, necessaria fluidità. Stesso discorso vale per la gestione dei numerosi flashback presenti: troppi, troppo frequenti, decisamente eccessivi e a volte fuorvianti per una storia che pur partendo bene, man mano che ci si avvicina al finale tende ad essere sempre più forzata e stiracchiata, fino a risultare addirittura troppo caricata. Con tanto di inutile spiegone subito dopo i titoli di coda.

Nonostante ciò, come già è stato detto, questo lungometraggio di Neal Wu ha dalla sua una certa onestà e genuinità. Non pretende di essere più di quello che è e fin da subito si intuisce innanzitutto il fatto che la storia sia sentita dall’autore fino in fondo. Senza contare che, di quando in quando, vi sono non pochi momenti particolarmente interessanti – ed estremamente poetici – da un punto di vista prettamente registico (la scena della gita fuori città con i compagni di liceo ne è un esempio, così come l’immagine del migliore amico del protagonista – ormai adulto – che ricorda il passato in riva al mare, danzando come erano soliti fare entrambi da ragazzi).

Ad ogni modo, un’interessante operazione.

VOTO: 6/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA: TRUMAN di Cesc Gay

584678TITOLO: TRUMAN; REGIA: Cesc Gay; genere: commedia, drammatico; anno: 2015; paese: Spagna, Canada; cast: Ricardo Darin, Javier Cámara, Dolores Fonzi; durata: 108′

Nelle sale italiane dal 21 aprile, Truman è l’ultimo lungometraggio diretto dall’acclamato regista spagnolo Cesc Gay, presentato in concorso all’ultima edizione del Toronto International Film Festival e vincitore di numerosi Premi Goya.

Julián e Tomás sono amici da molti anni, anche se abitano a parecchi chilometri di distanza: il primo, di origini argentine, vive e lavora come attore a Madrid, mentre il secondo abita in Canada ed è professore universitario. Un giorno Tomás farà all’amico una visita a sorpresa: quest’ultimo, malato da tempo, ha deciso di sospendere le cure, le quali in ogni caso non lo aiuteranno a guarire. Prima che sia troppo tardi, però, dovrà occuparsi di una questione importante: trovare un degno padrone per il suo cane Truman, che egli considera al pari di un figlio.

truman-in-italia-dal-21-aprile-il-film-trionfatore-ai-premi-goya-2016-v2-256517-1280x720Il regista spagnolo (Krampack, Hotel room) si è distinto – fin dai suoi primi lavori – per la straordinaria capacità di indagare a fondo nell’animo umano, dando vita a personaggi ben caratterizzati, poliedrici, fragili, ma – allo stesso tempo – incredibilmente coraggiosi. E questo è anche il caso di Truman, dove i due protagonisti sono frutto di un accurato lavoro di scrittura, ben studiati e con numerose sfaccettature: estroso e bohémien Julián, più responsabile e pragmatico Tomás, volubile ma estremamente coraggioso il primo, generoso e a volte severo il secondo. E infine troviamo Truman, il meraviglioso bullmastiff di Julián, che qui, più che come un figlio, possiamo dire che viene considerato quasi alla stregua di “trasfigurazione” del protagonista stesso. E di questo avremo conferma soprattutto nel finale.

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Truman è la storia di un’amicizia, che tratta anche il tema della difficoltà nell’affrontare momenti difficili. Una storia sì toccante, ma anche – a tratti – eccessivamente didascalica. Il vero problema del lungometraggio, infatti (oltre alla conclusione prevedibile fin dai primi minuti) è un indugiare in modo quasi ossessivo sul tema della malattia, ma tentando – allo stesso tempo – di dare al lungometraggio i toni leggeri della commedia. Tentativo, questo, riuscito solo in parte. Il lungometraggio va avanti in modo ripetitivo, prendendosi un’ora e cinquanta di tempo, quando avrebbe potuto benissimo durare la metà. E, malgrado la buona caratterizzazione dei personaggi, alcune scene, alcune azioni sono pericolosamente prevedibili. Film che tratta temi non facili ed estremamente delicati, ma che fa di questa sua scelta virtù, ben consapevole del fatto che la presa sul pubblico è praticamente garantita.

truman2Una particolare nota di merito, però, è da attribuire agli interpreti (Ricardo Darin nel ruolo di Julián e Javier Cámara nei panni di Tomás), i quali hanno saputo cambiare di volta in volta registro, dimostrando grande talento ed una straordinaria sensibilità

Detto questo, Truman resta comunque un film sì gradevole, ma con parecchie cadute di stile, troppo importanti per rendere il lungometraggio pienamente soddisfacente. Un prodotto toccante e delicato, ma decisamente sopravvalutato.

VOTO: 6/10

Marina Pavido