TITOLO: WIND; REGIA: Tamara Drakulic; genere: drammatico; anno: 2016; paese: Serbia; cast: Tamara Staji, Erroll Bilibani; durata: 80′
Presentato in concorso – nella sezione Torino 34 – al 34° Torino Film Festival, Wind è l’ultimo lungometraggio della giovane regista serba Tamara Drakulic, tratto dal racconto Kites di Ana Rodic.
Ci troviamo sulle sponde del fiume Bojana. La sedicenne Mila sta trascorrendo qui le vacanze estive insieme a suo padre. Calma e riflessiva, ma anche in piena crisi adolescenziale, la ragazza è in costante conflitto con il genitore, dedito all’avventura, appassionato di windsurf ed alle prese con una storia d’amore travagliata. Con il passare dei giorni, Mila scopre pian piano di essere attratta da Saša, giovane insegnante di surf del posto e a sua volta fidanzato con Sonja. Passare del tempo insieme al ragazzo la aiuterà, ad ogni modo, a prendere lentamente coscienza di sé e del suo imminente ingresso nell’età adulta.
Tale importante passaggio viene qui messo in scena, come abbiamo detto, da qualcuno che conosce bene le varie sfumature che caratterizzano l’animo inquieto di un’adolescente, i suoi desideri, i suoi sogni ed il suo spaesamento nei confronti dei cambiamenti vissuti. L’inquietudine qui raccontata, però, si contrappone del tutto alle scelte registiche effettuate che prevedono, appunto, una messa in scena quasi teatrale, con inquadrature perlopiù fisse e personaggi statici, che raramente si spostano all’interno del quadro, siano essi seduti sulle rive del fiume che adagiati su di un’amaca. Stesso discorso vale per gli avvenimenti messi in scena: fatta eccezione per il finale, infatti, apparentemente la vita si svolge tranquilla e monotona. La vera battaglia ha luogo nell’animo della protagonista.
Altro importante elemento: la splendida location sul fiume Bojana, che qui viene considerata quasi alla stregua di co-protagonista. Merito di una buona regia, così come di una fotografia dai toni caldi e tendenti al pastello, dove le luci non sono mai troppo bruciate e le scene ambientate di notte riescono comunque a trasmettere un senso di calore e di tranquillità.
Viste tali premesse, verrebbe quasi da pensare ad un André Techiné stilisticamente più “statico” o, addirittura, ad un Éric Rohmer sulla linea de Il raggio verde. Ovviamente la giovane Drakulić ha ancora un bel po’ di strada da fare per raggiungere tali livelli. Eppure, vista l’attenzione dedicata ai suoi personaggi e la messa in scena curata e consapevole, oltre alle numerose capacità della regista stessa in ambito prettamente tecnico, vi sono molti elementi che fanno sperare in un futuro salto decisivo. Attenderemo fiduciosi!
VOTO: 7/10
Marina Pavido