TITOLO: 2557; REGIA: Roderick Warich; genere: drammatico, thriller; paese: Germania, Thailandia; anno: 2017; cast: Leonel Dietsche, Wason Dokkathum; durata: 111′
Presentato alla 35° edizione del Torino Film Festival nella sezione Onde, 2557 è l’opera prima del giovane regista e sceneggiatore tedesco Roderick Warich.
Ci troviamo a Bangkok, nell’anno 2557. Due studenti tedeschi passano le loro serate a bere e divertirsi nei locali della città. Una sera, uno di loro fa la conoscenza e si innamora di una bella ragazza del posto, al punto di decidere, insieme all’amico, di tornare nel suo paese e recuperare dei soldi necessari ad aprire un ristorante in Thailandia. Una volta tornato, però, verrà derubato di tutto il denaro dalla sua stessa ragazza, la quale sparirà misteriosamente.
Un thriller/non thriller, in realtà, questa opera prima di Roderick Warich. Una volta avvenuto il furto, infatti, tutto il lungometraggio sembra abbandonare i toni iniziali, per cominciare una riflessione sul tempo e sulla caducità dell’esistenza umana. Cosa, questa, spesso in linea con autori come Hou Hsiao-Hsien o Wong Kar-Wai, a cui lo stesso Warich si ispira dichiaratamente.
L’operazione, tuttavia, pur essendo sotto molti aspetti piuttosto interessante, può dirsi riuscita solo a metà. Ottima la regia, che prevede intense carrellate ed immagini di una Bangkok notturna non sempre a fuoco, con tutte le sue luci ed i suoi colori. Stesso discorso vale per le poche scene in diurna, dove vediamo la giovane rifugiarsi insieme a due amici in una casa in riva al mare. L’andamento volutamente lento, tra l’altro, rende bene il concetto della precarietà della vita e dello scorrere del tempo che lo stesso regista ha voluto trasmetterci. Il reale problema di un lungometraggio come 2557 è, in realtà, proprio la mancanza di spontaneità dello stesso Warich. Si ha l’impressione che il regista, volendo a tutti i costi rifarsi agli autori sopracitati, si sia lasciato prendere eccessivamente la mano, perdendo pericolosamente di genuinità e svolgendo quasi un compitino impeccabile nella sua forma, ma, in fin dei conti, praticamente fine a sé stesso.
Sia ben chiaro, se tutte le opere prime che ogni anno vengono prodotte fossero allo stesso livello di 2557, non potremmo far altro che gioire. Il livello complessivo dell’opera, di fatto, è piuttosto alto, malgrado tutto. I problemi sopracitati sono, in questo caso, frutto di un’evidente immaturità stilistica, come se Warich dovesse ancora trovare una propria dimensione all’interno dell’universo cinematografico. Poco male, però. Giovane com’è, ha tutto il tempo di scoprire quale sia la sua strada.
VOTO: 6/10
Marina Pavido