LA RECENSIONE – CATTIVISSIMO ME 3 di Pierre Coffin e Kyle Balda

despicablemeTITOLO: CATTIVISSIMO ME 3; REGIA: Pierre Coffin, Kyle Balda; genere: animazione; paese: USA, Francia; anno: 2017; durata: 98′

Nelle sale italiane dal 24 agosto, Cattivissimo me 3 è l’ultimo (per ora) capitolo della fortunata saga di animazione iniziata nel 2010 con Cattivissimo me, a cui sono seguiti Cattivissimo me 2 (2013) e lo spin-off Minions (2015). Anche in occasione di questo ultimo capitolo, la regia è stata affidata al francese Pierre Coffin – a lui, tra l’altro, il compito di doppiare i simpatici minions – mentre il suo braccio destro Chris Renaud è stato sostituito da Kyle Balda.

A distanza di ben quattro anni dall’ultimo capitolo, ritroviamo, come sempre l’ex cattivissimo Gru, felicemente sposato con la simpatica spia Lucy e papà realizzato delle tre orfanelle – Margot, Edith e Agnes – adottate nel primo film. Il capo della Lega Anti Cattivi, Silas Caprachiappa, è ormai andato in pensione e la nuova direttrice non ci metterà molto a licenziare, senza tanti complimenti, Gru e Lucy, dopo che entrambi hanno fallito la loro ultima missione, che consisteva nel catturare un nuovo, pericoloso criminale: Balthasar Bratt, ex bambino prodigio degli anni ’80 intenzionato a radere al suolo Hollywood, che, a distanza di anni, sembra averlo del tutto dimenticato. Le novità, però, non finiscono qui: ormai senza lavoro, Gru riceve, un giorno, una lettera inaspettata che lo informa circa l’esistenza di un suo fratello gemello – Dru – intenzionato a conoscerlo ed a riallacciare i rapporti. A cosa porterà la nascita di questo nuovo legame?

downloadRicco di spunti l’incipit, perfettamente all’altezza degli altri film – se non, per certi versi, addirittura più interessante – il resto del lungometraggio, Cattivissimo me 3, rispetto ad altre fortunate saghe di animazione che, man mano che si è andati avanti con i capitoli, hanno perso di mordente – come, ad esempio, la saga di Madagascar o di Kung fu Panda – si classifica come un prodotto ricco di interessanti riflessioni sul passato, sul presente, sulla società del consumismo e, non per ultimo, su Hollywood e sul mondo del cinema e dello star system in generale.

A tal proposito, la figura del cattivo Balthasar Bratt è emblematica: ex bambino prodigio, amante delle gomme da masticare – diventate, in seguito, la sua arma più terribile – e di Michael Jackson, di cui imita alla perfezione il look e le movenze, il criminale sta a rappresentare un passato che sembra ormai dimenticato da una “società dell’usa e getta”, la società dei fast food, degli speed date e di tutto ciò che non richieda troppo tempo e dedizione e che possa essere facilmente sostituito ogni volta da qualcosa di “nuovo”. Ed Hollywood stessa, in questo caso, non ne esce del tutto pulita, in quanto artefice della rovina dello stesso Bratt, così come di molti altri divi del passato.

cattivissimo-me-3-trailer-italiano-1280x720Alla luce di tali riflessioni, però, c’è qualcosa che, sebbene nato nei nostri giorni, sembra essere destinato, in un modo o nell’altro, a “passare alla storia”? Sembra proprio di sì. E sono proprio i minions il fortunato cavallo di battaglia di tutta la saga, che – piccoli, gialli e spassosi, pensati come una grade e chiassosa scolaresca di soli alunni maschi – fin dal primo Cattivissimo me hanno saputo conquistare grandi e piccini, al punto di diventare delle vere e proprie icone, spingendo la Universal a produrre uno spin-off a loro dedicato prima ancora di finire la saga. Senza contare che la Illumination Mac Guff, dove i simpatici esserini gialli hanno visto la luce, da grande sconosciuta qual era prima, adesso è diventata grazie a loro uno dei più acclamati studi di animazione. D’altronde, come non affezionarsi e divertirsi con questi simpatici personaggi?

Al termine della visione di Cattivissimo me 3, non possiamo affermare con esattezza se questo sia o meno l’ultimo capitolo della saga, dal momento che il finale è stato volutamente lasciato in sospeso. Eppure ci auguriamo soltanto che la Universal stessa trovi sempre la chiave giusta per portare avanti la storia di Gru, dei minions, delle bambine e di tutti i personaggi a cui noi tutti siamo affezionati. Chissà come ne sarebbe contento Stefano – cugino della sottoscritta – a cui è dedicato questo articolo!

VOTO: 7/10

Marina Pavido

VENEZIA 73 – MONTE di Amir Naderi

1459871146048TITOLO: MONTE; REGIA: Amir Naderi; genere: drammatico; anno: 2016; paese: Italia, Iran; cast: Andrea Sartoretti, Claudia Potenza, Zaccaria Zanghellini; durata: 105′

Presentato fuori concorso alla 73° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Monte è l’ultimo lungometraggio del pluripremiato regista iraniano Amir Naderi.

Siamo in epoca medievale. Agostino e sua moglie Nina vivono – insieme al figlio Giovanni – in un piccolo villaggio pedemontano, dove – proprio a causa del monte su cui è situato – non arriva mai la luce del sole. Chiunque abbia vissuto lì ha avuto vita breve oppure è stato costretto a fuggire. Nina ed Agostino, però, hanno appena seppellito la figlioletta Sara e la donna non vuole allontanarsi dalla tomba della bambina. Essi sono gli unici abitanti rimasti.

Forte è l’impatto visivo fin dalla prima inquadratura, in cui viene mostrata l’abitazione dei protagonisti con il monte che si staglia sullo sfondo ed una fotografia con colori freddi e fortemente contrastati. Così forte da farci capire immediatamente che ci troviamo di fronte a puro cinema: a poco servono i dialoghi – a cui Naderi fa ricorso soltanto in caso di estrema necessità. Tutto viene comunicato quasi esclusivamente per immagini. Alle numerose panoramiche, ai campi lunghi, ma anche a primi piani di mani sporche di terra e volti rigati di lacrime il compito di raccontare il tutto. Ed ecco che, fin dai primi minuti, entriamo a far parte delle vite dei protagonisti e quel senso di angoscia, di claustrofobia che fin da subito ci viene trasmesso resta dentro di noi per tutta la durata del film, in un crescendo emotivo che diviene quasi insostenibile, fino all’agognata liberazione finale.

E la sfida, tema costante nelle opere del regista, anche in quest’ultima opera è di centrale importanza: riuscirà l’uomo ad avere la meglio sulla natura quando la natura stessa sembra non dargli scampo? Fino a che punto può spingersi l’essere umano? La risposta sta negli ultimi minuti del film, quando Agostino e suo figlio Giovanni si accaniscono per anni – fino ad invecchiare – contro quel monte che ha tolto loro la vita stessa. Immagini forti che raggiungono il climax quando vediamo la montagna finalmente sgretolarsi, con le inquadrature che si fanno più strette sui protagonisti, insieme ad un azzeccato slow motion.

Naderi, anche questa volta, ha dato prova di grande talento con un’opera che può essere definita monumentale, le cui immagini fanno quasi male per la loro bellezza e la loro potenza. Immagini che, però, non ci mostrano soltanto la natura, ma anche diversi spaccati di una cittadina medievale, con i suoi abitanti, le sue superstizioni e, infine, il suo forte credo religioso. Memorabile – a questo proposito – la scena in cui Agostino, sentendo di essere stato completamente abbandonato, non riesce a guardare – una volta entrato in chiesa – in direzione dell’immagine della Madonna, per poi spegnere con rabbia uno dei ceri accesi sotto al crocifisso.

Un piccolo miracolo al Lido. Una storia semplice, ma attuale in qualsiasi contesto la si voglia collocare. Proprio come accade in alcuni dei grandi capolavori della storia del cinema. E se la definizione di capolavoro – di cui, spesso e volentieri, si fa un uso spropositato – non è del tutto adatta a questo ultimo lungometraggio di Naderi, difficilmente potrà essere associata – nell’ambito della produzione contemporanea – a qualche altra pellicola. Soprattutto in un’epoca come la nostra, in cui, ormai, in ambito cinematografico, è stato creato quasi di tutto. Quasi, però.

VOTO: 9/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA: MARGUERITE E JULIEN di Valérie Donzelli

marguerite-et-julienTITOLO: MARGUERITE E JULIEN; REGIA: Valérie Donzelli; genere: drammatico; anno: 2015; paese: Francia; cast: Anaïs Demoustier, Jérémie Elkaïm, Géraldine Chaplin; durata: 103′

Nelle sale italiane dal 1° giugno, Marguerite e Julien è l’ultima fatica della giovane regista francese Valérie Donzelli, presentato in concorso al Festival di Cannes nel 2015.

Marguerite e Julien sono due fratelli appartenenti ad una famiglia benestante, che, fin da bambini, sono sempre stati molto legati. Questo legame si rafforzerà nel corso degli anni, al punto di trasformarsi in una vera e propria passione. Ovviamente, la cosa susciterà un enorme scandalo e, malgrado le nozze di Marguerite con l’unico uomo disposto a sposarla in seguito alle voci diffusesi, la storia tra i due giovani sembrerà divenire di giorno in giorno sempre più solida, al punto di portare i ragazzi ad organizzare una fuga per poter vivere il loro amore senza doversi più nascondere.

marguerite_e_julien_-_la_leggenda_degli_amanti_impossibili_aurelia_petit_frederic_pierrotInteressanti le origini di questo ultimo lavoro della Donzelli, la quale, nonostante la sua per ora breve carriera, ha già avuto modo di rivelarsi un’autrice piuttosto discontinua. Si pensi al fatto che la sceneggiatura stessa – ispirata a fatti realmente accaduti – è stata scritta nel 1973 da Jean Gruault per François Truffaut, il quale, però, si rifiutò di metterla in scena – forse per la scabrosità dell’argomento trattato o, forse, per la sua problematica ambientazione in epoca medievale. Però, a quanto pare, l’involontaria influenza che Truffaut stesso ha avuto sulla realizzazione del lungometraggio è pericolosamente evidente. Al di là di particolari scelte registiche (prima fra tutte, la frequente presenza di iridi alla truffautiana maniera), al di là dell’adozione di una voce narrante – in questo caso una ragazza ospite di un orfanotrofio che racconta la storia dei due fratelli alle sue compagne di stanza – il tentativo che qui viene fatto è quello – più e più volte adottato dal grande cineasta nouvellevaguista – di mettere in scena un tema drammatico dandogli dei toni delicati e, per quanto possibile, “leggeri”. Ovviamente, questa scelta presuppone una notevole sensibilità, oltre ad una totale conoscenza del mezzo cinematografico. E se è Truffaut stesso a compiere questa operazione, andiamo quasi sul sicuro. Lo stesso non si può dire di Valérie Donzelli, la quale, malgrado le buone intenzioni, inciampa spesso in soluzioni poco felici, che vedono una notevole discontinuità di registro, oltre a numerose forzature che poco legano con il resto della sceneggiatura. Quasi come se il film girato non fosse completamente suo.

marguerite_e_julien_-_la_leggenda_degli_amanti_impossibili_geraldine_chaplinE volendo parlare proprio della sceneggiatura – qui riscritta dalla stessa Donzelli insieme all’interprete Jérémie Elkaïm – anche in questo ambito troviamo non pochi buchi, come, ad esempio, ellissi temporali poco giustificate – ad esempio quando i due giovani scappano insieme a cavallo e, senza motivo alcuno, si ritrovano dopo pochi minuti a scappare a piedi, nascondendosi dalle guardie, oppure quando Marguerite, dopo essere stata bandita da casa dei suoi genitori, si ritrova tranquillamente a dormire nel proprio letto dopo aver lasciato la casa di suo marito – oltre a momenti drammatici in cui è stata calcata la mano al punto da scatenare anche qualche risatina involontaria.

Cannes-va-in-scena-lamore-incestuoso-di-Marguerite-e-Julien-640x358Detto ciò, questo ultimo lavoro della Donzelli presenta anche aspetti piuttosto interessanti: la scelta di creare un’ambientazione variegata – con elementi che rimandano sia al Medioevo che all’epoca contemporanea – ad esempio, è uno degli aspetti più riusciti ed interessanti di tutto il film. E, infine, non dimentichiamo le immagini finali: astratte, oniriche, con una voce narrante che recita una poesia di Walt Whitman. Una soluzione che dimostra che, malgrado i numerosi scivoloni, forse la Donzelli un certo talento ce l’ha. Basterebbe solo maturare un altro po’, al punto di aver ben certa la strada da percorrere, ed evitare che i grandi maestri del passato esercitino un’influenza troppo marcata sulla lavorazione dei suoi film. Con queste premesse, non ci resta che sperare in suoi nuovi, interessanti lavori.

VOTO: 5/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA: WILDE SALOME’ di Al Pacino

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TITOLO: WILDE SALOMÉ; REGIA: Al Pacino; genere: documentario/drammatico; anno: 2011; paese: USA; cast: Al Pacino, Jessica Chastain, Kevin Anderson; durata: 88′

Nelle sale italiane dal 12 maggio, ecco finalmente – grazie a Distribuzione IndipendenteWilde Salomé, documentario diretto nel 2011 da Al Pacino, presentato in anteprima alla 68° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

La più controversa opera di Oscar Wilde, Salomé, viene qui messa in scena da Al Pacino a Londra. Contemporaneamente viene girato il presente documentario al fine di mostrare la laboriosa realizzazione della pièce teatrale stessa e di approfondire la vita del celebre scrittore inglese, analizzando in particolare la sua opera ed il suo pensiero illuminato quanto straordinariamente “scandaloso” per l’epoca.

Jessica-Chastain-dans-Salome-dAl-PacinoGirato in pochi giorni, il lavoro di Al Pacino racchiude in sé tutta la fatica e la passione necessarie alla riuscita di un prodotto non facile da trattare. E che, alla fine, ha prodotto risultati decisamente soddisfacenti.

Ma quali sono, nello specifico, le peculiarità di Wilde Salomé? Innanzitutto, ci troviamo davanti ad un’opera alquanto complessa, dal momento che in soli 88 minuti vediamo fondersi ed amalgamarsi alla perfezione tre differenti livelli: il teatro innanzitutto, il cinema ed il documentario. Cosa non facile da gestire, ma che il grande attore ha saputo rendere alla perfezione, grazie ad un perfezionismo al limite dell’ossessione – come si può vedere dal documentario stesso – oltre che ad una grande passione per ciò a cui si sta lavorando.

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Tralasciando gli approfondimenti sulla vita di Wilde e concentrandoci sulla messa in scena della sua pièce stessa, vediamo come una regia sapiente ed attenta ha saputo trasporre sul grande schermo ciò che avviene sul palcoscenico, soprattutto grazie ad un intenso uso di primi piani e ad una fotografia fredda e satura allo stesso tempo (opera di Benoît Delhomme). Perfetto connubio tra teatro e settima arte che fa sì che lo spettatore possa vivere sulla propria pelle le stesse emozioni che hanno attraversato gli animi degli interpreti, pur non trovandosi fisicamente di fronte ad essi.

Ed a proposito degli attori, oltre al grande Al Pacino, non possiamo non notare l’eccezionale bravura di Jessica Chastain – nel ruolo di Salomé – che già in Miss Julie – per la regia di Liv Ullman – ha dato prova di una grande maestria nel rapportarsi a controverse quanto poliedriche protagoniste di importanti opere teatrali.

LR-Wilde-Salome2Ma non dimentichiamo che Wilde Salomé è, prima di tutto – come lo stesso Al Pacino ha ammesso – un film su un’ispirazione (quella suscitata dall’opera di Wilde sull’attore), più che un lungometraggio che tratta la pièce teatrale in sé. E questa ispirazione viene sentita dal pubblico in maniera talmente forte da riuscire ad emozionare quest’ultimo come solo i documentari di grande qualità riescono a fare.

Tre livelli, tre diversi registri per tre grandi personalità: quella di Oscar Wilde in primis, quella di Al Pacino – con tutto il suo carisma e la sua dedizione – e, infine, quella di Erode, impersonato sul palcoscenico da Al Pacino stesso. Questo è Wilde Salomé: una vera e propria perla nel panorama cinematografico contemporaneo che, ci auguriamo, possa essere apprezzata da un nutrito numero di spettatori.

VOTO: 8/10

Marina Pavido

LA RECENSIONE DI MARINA: ABBRACCIALO PER ME di Vittorio Sindoni

190352457-99b817c9-78c6-44c2-bbdb-c07467699107TITOLO: ABBRACCIALO PER ME; REGIA: Vittorio Sindoni; genere: drammatico; anno: 2015; paese: Italia; cast: Stefania Rocca, Moisè Curia, Vincenzo Amato, Paola Quattrini; durata: 103′

Nelle sale italiane dal 21 aprile, Abbraccialo per me è l’ultimo lungometraggio diretto da Vittorio Sindoni, che tratta il delicato tema della malattia mentale.

Ciccio è un ragazzino allegro e vivace, con una grande passione per la musica. Il suo sogno, infatti, è quello di diventare, un giorno, un grande batterista. Fin da piccolo, però, ha spesso mostrato dei segni di squilibrio, sintomo di un disturbo psichico riconosciuto tale solo durante l’adolescenza. La sua situazione creerà non pochi problemi all’interno della famiglia: sua madre Caterina – che non ha mai voluto accettare l’idea che suo figlio sia malato – instaurerà con lui un rapporto quasi simbiotico, mentre suo padre Pietro farà da subito fatica a rapportarsi alla malattia di Ciccio e, allo stesso tempo si sentirà trascurato dalla moglie.

abbraccialo-per-meTema non facile, estremamente delicato, ma anche parecchio interessante, quello del disagio mentale. Numerosi, infatti, sono gli autori che hanno deciso di mettere in scena storie che trattassero l’argomento. Primo fra tutti, Robert Wiene, che già nell’epoca del muto – esattamente nel 1920 – decise di affrontare la questione nel suo capolavoro espressionista Il gabinetto del Dottor Caligari. Facendo un salto avanti di parecchi anni, non possiamo non ricordare l’ormai cult Qualcuno volò sul nido del cuculo – per la regia di Miloš Forman. E, infine, anche l’Italia, dal canto suo, si è più volte rapportata a questo mondo, sia con documentari (primo fra tutti Matti da slegare, di Silvano Agosti), sia con lungometraggi di finzione (ad esempio, con il recente Si può fare, per la regia di Giulio Manfredonia). Dopo aver letto questi titoli (e soprattutto dopo aver visto questi film) fa un effetto parecchio strano veder, in qualche modo, associato ad essi questo ultimo lavoro di Sindoni. Ma vediamo perché.

f869814937be1e6ab625fab6930072a4_1f45ef07Il lungometraggio in questione, più che sul disagio mentale in sé, è incentrato sul rapporto madre-figlio e su come la prima viva con difficoltà la malattia del secondo. Questo, però, presuppone, in ogni caso, al fine di sembrare un lavoro improvvisato, un’accurata ricerca in campo clinico. Ricerca, però, che qui non è stata fatta a dovere, per ammissione del regista stesso. E, purtroppo, i risultati si vedono. Seppur – dal punto di vista della scrittura – sia presente un certo crescendo narrativo, man mano che ci si avvicina al finale, non si riesce ad empatizzare a sufficienza con i personaggi raccontati, in quanto si ha subito l’impressione di trovarsi davanti ad un prodotto semplicistico, raffazzonato, che si muove più che altro per stereotipi.

E questo effetto è amplificato da non pochi manierismi presenti all’interno del lungometraggio, come anche da scene prevedibili e macchinose (il tentato suicidio di Caterina, l’improvvisa morte di Pietro), oltre che da una direzione degli attori che – malgrado la presenza di un cast di tutto rispetto – ha fatto sì che ogni singola battuta pronunciata risultasse quasi “staccata” da quelle degli altri personaggi, privando così le scene di una necessaria fluidità.

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Tornando brevemente a parlare del cast, oltre a grandi nomi quali Stefania Rocca, Vincenzo Amato, Paolo Sassanelli e Paola Quattrini, si sono rivelati piacevoli sorprese i giovani Moisè Curia (nel ruolo di Ciccio) e Giulia Bertini (Tania, sorella del protagonista). Prestazioni, le loro, purtroppo poco valorizzate dal contesto in cui hanno avuto luogo, ma che comunque hanno rivelato interpreti decisamente promettenti.

In conclusione, Abbraccialo per me è, purtroppo, un prodotto poco riuscito, che parte da un tema delicato e di grande interesse, ma che – per tutto il lungometraggio – viene portato avanti a fatica.

VOTO: 4/10

Marina Pavido

VENEZIA 72: ITALIAN GANGSTERS di Renato De Maria in Concorso a ORIZZONTI

Ricevo e volentieri pubblico

Alla 72. Mostra del Cinema di Venezia

 in Concorso nella sezione ORIZZONTI

134_ITALIAN_GANGSTERS jITALIAN GANGSTERS

Il nuovo film di Renato De Maria.

Prodotto da Istituto Luce-Cinecittà, in associazione con Minerva Pictures.

Distribuito da Istituto Luce-Cinecittà

Un viaggio inedito e spettacolare nelle imprese più eclatanti della mala nostrana.

Trent’anni di storie violente consacrate dalla cronaca e dal cinema.

Una galleria di volti, testimonianze e filmati d’epoca.

117_ITALIAN_GANGSTERS - La banda CasaroliLa banda Cavallero, Ezio Barbieri, Paolo Casaroli ‘il Dillinger bolognese’, Luciano De Maria, Horst Fantazzini, Luciano Lutring ‘il solista del mitra’.

Nomi echeggianti e roboanti nella memoria e nell’oblio collettivo. Uomini che qui parlano attraverso filmati d’epoca – quelli storici del Luce e quelli familiari di Home Movies; attraverso la library di Rarovideo, con il meglio dei film di genere: da Di Leo a Bava e Deodato, ma anche con autori come Petri e Bellocchio; e parlano con le parole di interviste e libri che dedicarono loro – tale la loro presenza nel tempo – giornalisti/scrittori come Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Indro Montanelli.

06_ITALIAN_GANGSTERS  - A. Di CasaCon i volti e le voci di un pugno di interpreti di talento.

Parlano e raccontano la loro parte di storia, che diventa tumultuoso racconto delle trasformazioni sociali che hanno attraversato la storia del nostro paese.
RENATO DE MARIA

 

Nasce a Varese nel 1958, cresce a Bologna dove studia Filosofia. Con i suoi primi video sperimentali vince il primo premio al Festival di Torino del 1982.  Dirige poi video clip e pubblicità. Nel 1991 scrive dirige e produce il docudrama “Il Trasloco” sul movimento del ‘77, presentato al Festival di Torino. Seguono vari documentari, tra cui “Lu Papa Ricky”, sulla scena hip hop e “I figli dell’odio” sul genocidio in Ruanda. Nel 1996 scrive e dirige il suo primo film, Hotel Paura, in concorso a S. Sebastian.  Firma anche la regia di fortunate serie TV. Nel 2001 il film PAZ! ispirato ai fumetti di Andrea Pazienza. Del 2005 è Amatemi. Nel 2009 La Prima Linea, sul terrorismo italiano (Festival di Toronto). La vita oscena (2014), presentato in concorso nella sezione Orizzonti della 71° Mostra di Venezia è il suo quinto lungometraggio.

Nel 2015 con  Italian Gangsters, torna per il secondo anno consecutivo in Orizzonti al Festival di Venezia.

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ITALIAN GANGSTERS – con:  FRANCESCO SFERRAZZA PAPA, SERGIO ROMANO, ALDO OTTOBRINO, PAOLO MAZZARELLI, ANDREA DI CASA, LUCA MICHELETTI

Un film di RENATO DE MARIA soggetto e sceneggiatura VALENTINA STRADA,  FEDERICO GNESINI, RENATO DE MARIA montaggio LETIZIA CAUDULLO fotografia GIANFILIPPO CORTICELLI musica LELE MARCHITELLI fonico di presa diretta GUIDO SPIZZICO

Riprese DAVIDE TOVI  per Masterfive Cinematografica

ITALIAN GANGSTERS - Milano Calibro 9 - 2

filmati di repertorio tratti dagli Archivi ARCHIVIO STORICO LUCE, HOME MOVIES  i brani dei films di proprietà MINERVA PICTURES

produzione esecutiva MAURA COSENZA una produzione ISTITUTO LUCE CINECITTÀ in associazione con MINERVA PICTURES

una distribuzione ISTITUTO LUCE CINECITTÀ

distribuzione internazionale MINERVA PICTURES

AAA CASTING & PROVINI

Ricevo e volentieri pubblico

PER FILM CERCASI ATTORI E ATTRICI TOSCANI DOMICILIATI A ROMA
Per importante film cercasi attori e attrici (realmente) Toscani su Roma.
Se attori e attrici (Toscani su Roma) con esperienza inviare 3 foto e un curriculum (nel curriculum scrivere la città della Toscana) a: cinemotoreallcasting2003@gmail.com
CASTING APERTO: FILM PER IL CINEMA “T.P. INFINITY ‘900” PER LA REGIA DI ANDREA PRETI
“Le vicende sono ambientate in Puglia dal 1880 ai primi del ‘900 nel contesto rurale e signorile dell’epoca…Nel racconto, fantastiche locations della provincia di Bari e Lecce faranno da sfondo ad un’appassionante storia d’amore in cui gli attori ed i figuranti riprodurranno usi e costumi tra ambientazioni dell’epoca fedelmente ricostruite.”
Regia: Andrea Preti
Produzione: White Wolf Production
Si selezionano attori e caratteristi per i ruoli secondari con le seguenti specifiche:
Provenienza/residenza : PUGLIA (Provincia di Bari e Lecce)
età compresa tra i 18 ed i 25 anni – Ragazzi/e
età compresa tra i 25 ed i 45 anni – Uomini/Donne per piccoli ruoli
età compresa tra i 45 ed i 75 anni – Uomini/Donne per piccoli ruoli
MINORI:
– Bambini/e dai 5 ai 12 anni
– Adolescenti dai 13 ai 17 anni
Si selezionano, inoltre, figurazioni, figurazioni speciali e caratteristi
I candidati dovranno essere corrispondenti a volti e/o caratteri utili ad un film in costume nell’ epoca indicata
Per candidarsi alle selezioni compilare il link:
****CARICARE SULLA ALMENO TRE FOTO**** (anche non professionali ma utili ad una prima descrizione del soggetto)

***E’ FONDAMENTALE CHE NELLA SCHEDA DI CANDIDATURA SIANO COMPILATI TUTTI I CAMPI CON CURA***

*chi d’interesse sarà contattato via sms/mail – le selezioni procederanno secondo l’esigenze di regia a partire dallo : 13 03 2015.
*è sufficiente UNA sola candidatura!!!NON inviare candidature MULTIPLE!!!IL SISTEMA NON CONFERMA LA RICEZIONE.
*è fondamentale che gli artisti siano LIBERI da vincoli per lo sfruttamento dell’immagine e/o di management.
*comunicare preventivamente eventuali rapporti di ESCLUSIVA indicandolo sul proprio cv o nella scheda online.
*Non saranno forniti gli esiti “negativi” dei casting ma soltanto le eventuali “scelte”.
La selezione è stata affidata a: Ita Management
Responsabile: Cristiano ed Annalisa Frisullo

LO SPETTACOLO DELLA MODERNITA’ al MUSEO INTERATTIVO DEL CINEMA

Ricevo e volentieri pubblico

MIC – MUSEO INTERATTIVO DEL CINEMA

Viale Fulvio Testi 121, Milano

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LO SPETTACOLO DELLA MODERNITÀ

Expo Milano 2015 1906. Milano si apre al mondo

Domenica 14 dicembre h 15 ingresso gratuito

 

 

Domenica 14 dicembre 2014 presso il MIC – Museo Interattivo del Cinema, Fondazione Cineteca Italiana presenta LO SPETTACOLO DELLA MODERNITÀ, un progetto artistico e culturale nato dalla sinergia fra Fondazione Cineteca Italiana e Acquario Civico che permette alla città di Milano di ricordare un evento che ne ha segnato la storia: l’Esposizione Universale del 1906.

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Durante l’esposizione universale del 1906, infatti, Milano fu veramente “sorrisa dal sole”: la gara di palloni aerostatici, Buffalo Bill e le sue prodezze, la cucina cinese per la prima volta in Italia, la ricostruzione di un vero e proprio bazar arabo, con tanto di cammello in carne e ossa, animarono una città in piena corsa verso il progresso.

cartolina 3L’intento che caratterizzerebbe questa giornata consiste nel creare una sorta di spettacolo-conferenza che permetta a diversi relatori di comunicare e far conoscere la Milano del 1906.

cartolina 4Si ricorda infatti che l’Esposizione Universale si tenne dal 28 aprile all’11 novembre 1906 in padiglioni ed edifici appositamente costruiti alle spalle del Castello Sforzesco (l’attuale Parco Sempione) e nell’area dove dal 1923 sorgerà la Fiera di Milano. Il tema scelto fu quello dei trasporti. Per l’occasione furono investiti 13 milioni di lire dell’epoca, le nuove costruzioni furono 225 tra cui l’acquario civico. Le nazioni partecipanti furono 40, gli espositori 35.000, i visitatori furono stimati in più di 5 milioni, una cifra record per l’epoca.
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Attraverso questa giornata evento si rifletterà su cosa ha lasciato nel patrimonio culturale della nostra città il fermento creativo dell’esposizione del 1906. Si rivivrà lo spettacolo della modernità attraverso immagini d’epoca, filmati, letture di quotidiani, conferenze e ascolti musicali live. Si riaccenderanno le luci e l’ottimismo della Belle Époque; e tra i calici di un aperitivo d’epoca l’acquario civico non sarà più l’unica sopravvivenza di Expo 1906!

Ingresso libero con prenotazione obbligatoria allo 02.87242114

 

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INFO

h 15.00 Lo spettacolo della modernità: Expo 2015 1906. Milano si apre al mondo

A seguire aperitivo offerto da Ramazzotti.

 

Relatori conferenze:

Elisabetta Polezzo, “L’acquario delle meraviglie”

Luca Scalco, “Padiglioni, architettura e urbanistica a Milano nel  1906”

Monica Celi,  “Correva l’anno 1906… Curiosità fra storia e cronaca”

Marco Giarratana, “Dal caffè concerto all’opera liberty”

Matteo Pavesi, “Venghino signori ecco il cinematografo…” palinsesti cinematografici del 1906

 

 

INFO

info@cinetecamilano.it

www.cinetecamilano.it

T 02 87242114

Cineteca Milano @cinetecamilano

 

MODALITÀ D’INGRESSO

Ingresso libero con prenotazione obbligatoria allo 0287242114 in orario d’ufficio