PREAPERTURA VENEZIA 73 – TUTTI A CASA di LUIGI COMENCINI restaurato

Ricevo e volentieri pubblico

Tutti a casa 1la Biennale di Venezia

 Serata di Pre-apertura (martedì 30 agosto 2016)

della 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica

 In Sala Darsena al Lido

Tutti a casa (1960) di Luigi Comencini nel centenario del regista

in una nuova copia restaurata, presentata in prima mondiale

 Sarà dedicata al grande regista Luigi Comencini (1916 – 2007) in occasione del centenario della nascita, la serata di Pre-apertura di martedì 30 agosto della 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che si terrà nella Sala Darsena (Palazzo del Cinema) al Lido.

Sarà proiettato, in un restauro digitale a cura di Filmauro e CSC – Cineteca Nazionale di Roma, il capolavoro diComencini Tutti a casa (Italia/Francia, 1960), con Alberto Sordi, Serge Reggiani, Carla Gravina ed Eduardo De Filippo, prodotto da Dino De Laurentiis, sceneggiato da Age e Scarpelli e premiato all’epoca con due David di Donatello e un Nastro d’argento.

Tutti a casa 2Il restauro viene presentato in prima mondiale ed è stato realizzato in 4K a partire dai negativi originali messi a disposizione da Filmauro. Le lavorazioni in digitale sono state eseguite presso il laboratorio Cinecittà Digital Factory, Roma. Il ritorno in pellicola 35 mm è stato realizzato presso il laboratorio Augustus Color, Roma.

La 73. Mostra del Cinema di Venezia si terrà al Lido dal 31 agosto al 10 settembre 2016 diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla Biennale presieduta da Paolo Baratta.

Tutti a casa di Luigi Comencini è uno tra i più celebri e riusciti esempi di ciò che ha reso immortale la commedia all’italiana: l’impasto di comico e drammatico, di vero e grottesco, di coraggio e voglia di sopravvivere. Comencini, con la complicità autobiografica dei due grandi sceneggiatori Age e Scarpelli e con le amare risate provocate da un grandissimoAlberto Sordi, racconta tutto il caos dell’8 settembre 1943, quando con l’armistizio di Badoglio i soldati del re e del duce furono abbandonati a se stessi, tra mille paure. Nel film Alberto Sordi, al telefono sotto il tiro dei tedeschi, chiede ai superiori: “Signor colonnello, sono il tenente Innocenzi, è successa una cosa straordinaria, i tedeschi si sono alleati con gli americani. Cosa dobbiamo fare?”.

Tutti a casa è un film “on the road” lungo l’Italia disastrata e confusa di quel periodo, quando i soldati non ebbero più ordini e ciascuno decise di tornare al suo paese: tutti a casa, appunto. Nella vicenda, il sottotenente Alberto Innocenzi (Sordi), abituato a obbedire e a non contraddire, viene abbandonato dai suoi soldati e si mette in fuga dal nord al sud con l’amico ulceroso, il geniere Ceccarelli di Napoli (Serge Reggiani).  Incontra i tedeschi desiderosi di rappresaglie che gli sparano addosso, vede l’odissea di una ragazza ebrea in fuga (ci rimette la pelle un giovane soldato veneto), conosce un prigioniero americano nascosto in soffitta, si ricongiunge col padre (Eduardo De Filippo), che vorrebbe rimandarlo nelle file fasciste, fino al riscatto finale durante le 4 giornate di Napoli. Comencini dichiarò all’epoca: “L’8 settembre la gente fu abbandonata a se stessa, ed era questo che volevo descrivere”.  Il film fu premiato da un grande successo popolare, con oltre un miliardo di lire al box office.

Luigi Comencini (1916 – 2007), a cui la Biennale di Venezia ha attribuito nel 1987 il Leone d’oro alla carriera, è considerato uno dei grandi maestri della commedia all’italiana, nonché “il regista dei bambini”. Sul fronte della commedia il suo primo capolavoro è Pane, amore e fantasia (1953), con Gina Lollobrigida e Vittorio De Sica, vincitore dell’Orso d’argento a Berlino, prototipo del cosiddetto “neorealismo rosa” e uno dei più alti incassi nella storia del cinema italiano, seguito negli anni da altre commedie di successo come Pane, amore e gelosia (1954), Mariti in città (1957), Lo scopone scientifico (1972) e Mio Dio, come sono  caduta in basso! (1974).

Tutti a casa 3Sul tema dell’infanzia, Comencini cominciò subito nel 1946 con Bambini in città, il suo primo corto documentario (premiato a Venezia e col Nastro d’argento), mentre Proibito rubare (1948), ambientato tra gli scugnizzi di Napoli, è il suo primo lungometraggio. La sua importante linea “infantile” prosegue con La finestra sul Luna Park (1957), Incompreso (1966, in concorso a Cannes e premiato col David di Donatello), Voltati Eugenio (1980, presentato a Venezia), Un ragazzo di Calabria(1987, in concorso a Venezia), Marcellino pane e vino (1991), il suo ultimo film diretto con la figlia Francesca. Vanno inoltre ricordati gli incontri con due classici della letteratura infantile come Le avventure di Pinocchio (1972) e Cuore (1984).

Fondatore nel 1935 con Alberto Lattuada e Mario Ferrari della Cineteca italiana di Milano, Comencini ha diretto complessivamente una quarantina di lungometraggi, senza contare i documentari, gli sceneggiati e le inchieste per la Rai. Ha praticato molti generi oltre alla commedia, come il giallo (La donna della domenica, 1975), il melodramma (Incompreso, 1966), il film letterario (La ragazza di Bube, 1963), il film in costume (Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova veneziano, 1969), il film-opera (La Bohème, 1988), ma si è dedicato anche a film più singolari (Cercasi Gesù, 1982, premiato col Nastro d’argento). In un’intervista all’inizio degli anni ’80 Comencini dichiarò di essere disposto a difendere una decina dei suoi film, che però “non sarebbero mai nati se non avessi fatto altri film sbagliati, in parte o completamente. Ma film in cattiva fede non ne ho mai fatti”.

LA BIENNALE DI VENEZIA: JEAN-PAUL BELMONDO E JERZY SKOLIMOVSKI LEONI D’ORO ALLA CARRIERA ALLA 73° MOSTRA D’ARTE CINEMATOGRAFICA

Ricevo e volentieri pubblico

Jean-Paul_Belmondo_2013_2

Sono stati attribuiti all’attore francese Jean-Paul Belmondo e al regista polacco Jerzy Skolimowski i Leoni d’oro alla carriera della 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto – 10 settembre 2016).

La decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia presieduto da Paolo Baratta, su proposta del Direttore della Mostra del Cinema Alberto Barbera.

A partire da quest’anno, il Cda ha deciso l’attribuzione di due Leoni d’Oro alla carriera in ciascuna delle edizioni future della Mostra: il primo assegnato a registi o appartenenti al mondo della realizzazione; il secondo a un attore o un’attrice ovvero a personaggi appartenenti al mondo dell’interpretazione.

Jean-Paul Belmondo, icona del cinema francese e internazionale, ha saputo interpretare al meglio l’afflato di modernità tipico della Nouvelle Vague attraverso gli straniati personaggi di A doppia mandata (À double tour, 1959) di Claude Chabrol,Fino all’ultimo respiro (1960) e Il bandito delle 11 (1965, in concorso a Venezia) entrambi di Jean-Luc Godard, o La mia droga si chiama Julie (1969) di François Truffaut. In particolare, impersonando Michel Poiccard/László Kovács in Fino all’ultimo respiro, Belmondo ha imposto la figura di un antieroe provocatorio e seducente, molto diverso dagli stereotipi hollywoodiani ai quali lo stesso Godard si ispirava. La sua recitazione estroversa gli ha consentito poi di interpretare alcuni dei migliori gangster del cinema poliziesco francese, come in Asfalto che scotta (1960) di Claude Sautet, Lo spione (1962) di Jean-Pierre Melville e Il clan dei marsigliesi (1972) di José Giovanni, ottenendo un enorme successo popolare con i molti film successivi, da L’uomo di Rio (1964) di Philippe de Broca a Il poliziotto della brigata criminale (1975) di Henri Verneuil, da Joss il professionista (1981) di Georges Lautner a Una vita non basta (1988) di Claude Lelouch. “Un volto affascinante, una simpatia irresistibile, una straordinaria versatilità – ha dichiarato il Direttore Alberto Barbera nella motivazione – che gli ha consentito di interpretare di volta in volta ruoli drammatici, avventurosi e persino comici, e che hanno fatto di lui una star universalmente apprezzata, sia dagli autori impegnati che dal cinema di semplice intrattenimento”.

Jerzy Skolimovski_credits Robert Jaworski Jerzy Skolimowski – ha dichiarato il Direttore Alberto Barbera nella motivazione – è tra i cineasti più rappresentativi di quel cinema moderno nato in seno alle nouvelles vague degli anni Sessanta e, insieme con Roman Polanski, il regista che ha maggiormente contribuito al rinnovamento del cinema polacco del periodo”. Lo stesso Polanski (che lo volle accanto come sceneggiatore nel suo film d’esordio Il coltello nell’acqua), ebbe a predire: “Skolimowski sovrasterà la sua generazione con la testa e le spalle”. In realtà, la carriera del “boxeur poeta” (secondo la definizione datane da Andrzej Munk, il “padre” cinematografico di Skolimowski), durata ben oltre cinquant’anni con diciassette lungometraggi realizzati, è stata tutt’altro che facile, segnata da continui dislocamenti – dalla Polonia al Belgio, dall’Inghilterra agli Stati Uniti, prima del definitivo ritorno in Patria avvenuto meno di dieci anni fa – che ne hanno contrassegnato l’opera: apolide in apparenza, perché assoggettata a strategie produttive eterogenee ed apparentemente diseguali, in realtà personalissima e originale in ciascuna delle opere in cui si è concretizzata. La trilogia realizzata in Polonia ai suoi esordi, Rysopis (1964), Walkover (1965) e Barriera (1966), fu per i Paesi dell’Est ciò che i primi film di Godard sono stati per il cinema occidentale, mentre i capolavori successivi – Il vergine (1967, Orso d’oro a Berlino), La ragazza del bagno pubblico (1970), L’australiano (1978, Grand Prix a Cannes), Mani in alto! (1981), Moonlighting (1982, migliore sceneggiatura a Cannes)sono tra i film più rappresentativi di un cinema moderno, libero e innovatore, radicalmente anticonformista e audace. I film più recenti realizzati dopo il ritorno in patria –Quattro notti con Anna (2008), Essential Killing (2010, Premio Speciale della Giuria a Venezia) e 11 minuti (2015, in concorso a Venezia)manifestano infine un’inesauribile e sorprendente capacità di rinnovamento, che lo collocano di diritto tra gli autori più combattivi e originali del cinema contemporaneo.

 Il programma completo della 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia verrà presentato alla stampa il 28 luglio p.v. a Roma, all’Hotel Excelsior (ore 11).

 Venezia, 14 luglio 2016

OGGI AL CINEMA: tutte le novità in sala del 09/06/2016

A cura di Marina Pavido

Anche questa settimana si preannuncia ricca di interessanti sorprese! Dall’ultimo lavoro di Nicholas Winding Refn, The Neon Demon – presentato in occasione dell’ultima edizione del Festival di Cannes – all’italiano Ciao Brother, dal francese In nome di mia figlia al biopic L’uomo che vide l’infinito. Come sempre, per voi, una breve guida per aiutarvi a scegliere ciò che maggiormente vi interessa e, sotto ad alcune trame, sarà possibile trovare anche qualche nostra recensione in merito. Buona lettura!

 

FRIEND REQUEST

Friend-Request-recensione-testa

REGIA: Simon Verhoeven; genere: thriller; anno: 2016; paese: Germania; cast: Alycia Debnam-Carey, William Moseley, Connor Paolo

Laura è una studentessa molto popolare che fa un grande uso dei social network. Un giorno le arriva una richiesta di amicizia da parte della sconosciuta Marina. Dopo averla inserita tra gli amici, Laura vedrà molti dei suoi conoscenti morire in circostanze misteriose ed avrà solo pochi giorni per risolvere l’enigma.

NOW YOU SEE ME 2

now-you-see-me-2-primi-character-poster-del-film-news

REGIA: Jon M. Chu; genere: azione, commedia, thriller; anno: 2016; paese: USA; cast: Daniel Radcliffe, Mark Ruffalo, Woody Harrelson

Un anno dopo aver ingannato l’FBI ed aver conquistato il pubblico con i loro spettacoli di magia, i Quattro Cavalieri si cimenteranno in una nuova impresa con il fine di smascherare le pratiche immorali di un magnate della tecnologia.

THE NEON DEMON

neon3

REGIA: Nicholas Winding Refn; genere: thriller, horror; anno: 2016; paese: USA, Francia; cast: Elle Fanning, Jena Malone, Bella Heathcote

Jesse, aspirante modella, si trasferisce a Los Angeles con l’intento di perseguire la sua carriera. In questo mondo non facile, però, la sua bellezza e la sua freschezza verranno fagocitate da un inquietante gruppo di colleghe che cercheranno di rubarle tutto ciò che ha. Presentato in concorso all’ultima edizione del Festival di Cannes.

CIAO BROTHER

04-Ciao-Brother

REGIA: Nicola Barnaba; genere: comico, commedia; anno: 2016; paese: Italia; cast: Pablo, Pedro, Benedicta Boccoli

Angelo, simpatico ed imbranato truffatore, si ritrova a dover fuggire a Los Angeles, dopo aver venduto dei quadri falsi. Qui incontra per caso George, figlio di un ricco imprenditore, appena rimasto orfano del padre. Notando la straordinaria somiglianza con il milionario, Angelo si presenterà a casa sua spacciandosi per suo fratello.

CRISTIAN E PALLETTA CONTRO TUTTI

cristian_e_palletta_contro_tutti

REGIA: Antonio Manzini; genere: commedia; anno: 2016; paese: Italia; cast: Libero De Rienzo, Pietro Sermonti, Rocco Ciarmoli

Christian, dopo essere entrato in conflitto con un pericoloso boss della zona, si troverà nell’insolita quanto bizzarra situazione di dover recuperare la pipì di un giaguaro nelle sperdute campagne pugliesi. Ad aiutarlo, ci sarà il suo amico di sempre Palletta.

IN NOME DI MIA FIGLIA

innomedimiafiglia-fotosito

REGIA: Vincent Garenq; genere: drammatico; anno: 2016; paese: Francia, Germania; cast: Daniel Auteuil, Sebastian Koch, Marie-Josée Croze

Nel 1982 Kalinka, una spensierata diciassettenne, muore improvvisamente durante le vacanze estive in Germania, a casa di sua madre e del patrigno. Dopo l’autopsia, il caso viene frettolosamente archiviato. Sarà compito del padre della ragazza portare avanti per trent’anni una battaglia al fine di far venire a galla la verità. Ispirato ad una storia vera.

LA RECENSIONE:

LA RECENSIONE DI MARINA: IN NOME DI MIA FIGLIA di Vincent Garenq

L’UOMO CHE VIDE L’INFINITO

l-8217-uomo-che-vide-l-8217-infinito-il-6-aprile-l-anteprima-al-bari-international-film-festival-256506-1280x720

REGIA: Matt Brown; genere: biografico, drammatico; anno: 2016; paese: Gran Bretagna; cast: Jeremy Irons, Dev Patel, Toby Jones

La vera storia di Srinivasa Ramanujan, genio indiano della matematica, completamente autodidatta, che, per perseguire i suoi studi, lascerà la sua famiglia per partire alla volta di Cambridge, dove stringerà un forte legame con il suo mentore, il professor G. H. Hardy.

UN AMERICANO A PARIGI

un-americano-a-parigi2

REGIA: Vincente Minnelli; genere: musical, commedia, sentimentale; anno: 1951; paese: USA; cast: Gene Kelly, Leslie Caron, Oscar Levant

Jerry è uno squattrinato pittore americano che si è trasferito a Parigi dopo la Prima Guerra Mondiale. Qui desterà l’attenzione di un’affascinante ereditiera, che gli prometterà una folgorante carriera. Il giovane, però, ben presto si innamorerà della commessa Lise, a sua volta fidanzata con un brillante pianista.

LA RECENSIONE:

EVENTO SPECIALE: UN AMERICANO A PARIGI di Vincente Minnelli torna in sala dal 9 giugno

 

La nostra rubrica vi dà appuntamento alla prossima settimana. In attesa di nuovi, interessanti titoli, vi auguriamo delle ottime visioni! Buon Cinema a tutti!

LA RECENSIONE DI MARINA: IN NOME DI MIA FIGLIA di Vincent Garenq

innomedimiafiglia-fotositoTITOLO: IN NOME DI MIA FIGLIA; REGIA: Vincent Garenq; genere: drammatico; anno: 2016; paese: Francia; cast: Daniel Auteuil, Sebastian Koch, Marie-Josée Croze; durata: 87′

Nelle sale italiane dal 9 giugno, In nome di mia figlia è l’ultima fatica del giovane regista francese Vincent Garenq, che, per questo suo ultimo lavoro, si è ispirato a fatti realmente accaduti.

Siamo nel 1982. La giovane Kalinka, figlia quattordicenne di André Bamberski va a trascorrere le vacanze estive in Germania, a casa di sua madre e del nuovo compagno di lei. Improvvisamente, però, la ragazza muore in circostanze misteriose e, dopo una sommaria autopsia, le cause stesse della morte vengono attribuite ad un vecchio trauma cranico che aveva subito da bambina. Suo padre, tuttavia, da subito comprende che sotto c’è dell’altro e si batterà per molti anni al fine di riportare a galla la verità e di ottenere finalmente giustizia.

in_nome_di_mia_figlia_marie-jose_croze_daniel_auteuilAl di là dei fatti narrati, al di là dell’interesse che la storia in sé possa suscitare sullo spettatore, il lungometraggio di Garenq si distingue fin da subito per la particolare struttura narrativa adottata: lenta, ripetitiva, quasi meccanica. Ed il tutto si sposa perfettamente con l’attitudine del protagonista (magistralmente interpretato da Daniel Auteuil), nella sua lunga battaglia al fine di poter fare giustizia per sua figlia. Gli anni passano – a dispetto del ritmo narrativo adottato – piuttosto velocemente. La situazione sembra rimanere sempre uguale a sé stessa. André, nonostante tutto, sembra sempre ancorato sulle sue posizioni. Ed il suo stato d’animo viene sottolineato da una fotografia decisamente cupa – sia per quanto riguarda gli esterni che gli interni – e da una regia che, nelle scene in esterno, sembra prediligere i campi lunghi, al fine di sottolineare l’isolamento in cui l’uomo è avvolto. Operazione piuttosto riuscita, questa, al punto da rendere il tutto un film ben amalgamato, in cui tutte le componenti del linguaggio cinematografico vanno sapientemente nella stessa direzione, senza inutili e rischiose sfilacciature.

in_nome_di_mia_figlia_vincent_garenq_julien_rappeneauUn’unica pecca di In nome di mia figlia sta proprio nella caratterizzazione del personaggio della madre di Kalinka: eccessivamente fredda per quanto riguarda la morte di sua figlia, saldamente ancorata alle sue vacillanti convinzioni al punto da risultare poco credibile, dà tutta l’idea di essere una figura inserita in sceneggiatura con l’unico scopo di enfatizzare ulteriormente la solitudine del protagonista, come se si fosse fin troppo pesantemente calcata la mano in merito.

cinema : In nome di mia figliaMa, alla fin fine, quanto potrà mai influire un simile dettaglio, nella riuscita finale del prodotto? Il lungometraggio di Garenq, infatti, può tranquillamente classificarsi come un film accuratamente realizzato, con una sceneggiatura di ferro ed un ottimo cast, coinvolgente ed appassionante, il quale, pur ricalcando le orme di numerosi film di genere, evita il pericoloso effetto di déjà vu che capita fin troppo spesso di avere durante numerose altre visioni. Interessante sorpresa appena prima della conclusione di una stagione cinematografica che, tutto sommato, si è rivelata particolarmente interessante e variegata.

VOTO: 7/10

Marina Pavido